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Autore: Ryta Holmes    04/03/2013    8 recensioni
“Se è tardi a trovarmi, insisti, se non ci sono in un posto, cerca in un altro, perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.„ [Walt Whitman]
Spoiler 5 stagione
Fu a quel punto che si inginocchiò per guardare meglio quel vecchio e… non vide nient’altro che un vecchio. Sporco e impaurito. Ed esausto. Con gli occhi di un azzurro vivido che adesso ricambiavano lo sguardo.
“Non dovrebbe stare qui. Quest’uomo va portato in ospedale o in un osp-“ non concluse la frase. La voce gli morì in gola, quando la mano raggrinzita ma forte del vecchio lo arpionò sull’avambraccio. Vide quegli occhi azzurri sgranarsi di sorpresa e poi quella bocca nascosta dalla folta barba bianca spalancarsi come per dire qualcosa.
Ma non ne uscì nulla alla fine. Il vecchio lo guardò iniziando inspiegabilmente a piangere. E lui si sentì a disagio.
“Mi… occuperò io di lui.”
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Desclaimer: Merlin e tutti i suoi personaggi non mi appartengono, se lo fossero sarei ricca, la serie non sarebbe finita e Ginevra avrebbe sposato Lancillotto.

 

MENTRE TI ASPETTO


 
Capitolo 10
 
"Questo è ciò che voglio portare avanti e se mi voterete, potete star certi che...."

Il monologo di Lucius andava avanti già da un po'. Non tantissimo, perché per ordine di Jennifer tutti i suoi discorsi dovevano essere brevi, per evitare cali di attenzione, ma abbastanza perché Merlin desiderasse avesse finito.

Primo perché quelle parole le aveva sentite negli ultimi giorni, fino alla nausea e poi perché erano sue. Quel famoso discorso che tutti elogiavano e che Lucius aveva imparato con una memoria certosina, in realtà era farina del suo sacco.

Ormai si era rassegnato al fatto che Lucius fosse più un uomo di azione che di parole e quindi aveva preso l'abitudine di controllare tutti i suoi discorsi, spesso trovandosi costretto a rifarglieli da capo. Buffo che volesse fare il politico, ma d'altronde Lucius mirava a governare, non a chiacchierare. Aveva lasciato gli onori al suo datore di lavoro ma non mancava mai di fargli notare - in privato - di quanto fosse fondamentale la sua presenza. E ogni volta Lucius gli rispondeva che fino a prova contraria era sopravvissuto benissimo senza di lui per 32 anni e avrebbe potuto continuare a farlo.

Merlin non gli aveva mai creduto.

 
Il monologo era finito e così il comizio: Lucius scese dal pulpito e si portò sul retro della sala congressi, seguito da uno scroscio di applausi. Si avvicinò a Merlin e a Jennifer che lo avevano ascoltato dal fondo e sbuffò esasperato.

"Bene, dove mi tocca, adesso?"

Merlin gli passò velocemente un fazzoletto perché si asciugasse la fronte imperlata di sudore a causa dei riflettori della sala e poi gli fece sfilare la giacca, porgendogliene una pulita e identica alla prima.

"C'è l'inaugurazione di un asilo nido, devi presenziare al taglio del nastro." Jennifer rispose prontamente, passandogli un foglio dove c'erano le parole che avrebbe dovuto dire alla cerimonia e poi si voltò.

"Veloci, siamo già in ritardo."

Lucius non se lo fece ripetere due volte, seguito a ruota da Merlin che nel frattempo gli passava una bottiglietta d'acqua e si riprendeva il fazzoletto. I loro gesti, in perfetta sintonia, non fecero che dare credito al fatto che senza di lui, Lucius non sarebbe sopravvissuto a quella campagna a estenuante che ogni giorno si faceva sempre più faticosa.
Lucius bevve un sorso d'acqua e poi lanciò la bottiglietta a Merlin che la prese al volo.

"Non arriverò vivo fino alla fine." Commentò stancamente, mentre raggiungevano tutti e due Jennifer, già pronta in macchina.

"Lo dici in continuazione, eppure sei sempre qui a brontolare." Gli fece notare Merlin e Lucius fu costretto a sorridere.

"Giusto. A tal proposito, perché non mi hai procurato un caffè?"

Merlin sollevò gli occhi al cielo e sospirò. "Vai avanti, sto arrivando!"

Lucius si fermò assieme a lui e lo guardò nervosamente. "Guarda che è tardi ormai, dovevi pensarci prima!"

"Vai!" Gli ordinò spingendolo avanti e lui alla fine cedette dandogli le spalle ma continuando a lamentarsi. "Peggio per te! Te la vedi tu con Jennifer!"

Nell'esatto momento in cui aveva smesso di guardarlo, gli occhi di Merlin si erano tinti di oro e in un attimo si era ritrovato un bicchiere di caffè fumante tra le mani. Poi aveva affrettato il passo fino all'uscita ed era entrato in macchina giusto in tempo, mentre Jennifer si chiedeva dove diavolo fosse finito.

"Sua altezza voleva il caffè!" Spiegò, mentre Lucius rispondeva con un lamento e intanto sorrideva contento. Poi però lo aveva guardato di sottecchi, mentre sorseggiava rumorosamente dal bicchiere di carta.

"Come hai fatto?"

Merlin, che già guardava il panorama sfrecciare dal finestrino, si voltò verso di lui sollevando le sopracciglia. Poi sorrise enigmatico.

"Magia..."

Lucius aveva fatto schioccare la lingua convito della ridicolezza di quella risposta e aveva continuato a dedicarsi alla sua bevanda rigenerante.

"Posso dire che l'asilo accoglierà i mocciosi pestiferi delle famiglie del quartiere?"

"Lucius!"

Quando Jennifer si accorse che l'altro stava scherzando, lui e Merlin erano ormai scoppiati a ridere.

"Fate poco gli spiritosi, tutti e due!"
 

***

 
Non era stanco, di più. Controllò l’orologio appeso alla parete e poi sospirò, le mani tra i capelli a reggersi la testa che sarebbe potuta crollare tranquillamente sul ripiano della scrivania a cui era seduto. Merlin non ricordava più da quante ore fossero a lavorare su quel piano di sicurezza.

Di lì a due giorni si sarebbe tenuto un importante incontro tra tutti i candidati alla carica di Primo Ministro con i reali d’Inghilterra e il distretto interessato era quello in cui Lucius era l’Ispettore Capo.

Questo aveva comportato non soltanto un lungo lavoro di presentazione per dare il meglio di sé come politico ma anche una strategia perfetta che avrebbe dovuto valorizzarlo nel suo importante ruolo di Ispettore. Jennifer non aveva avuto dubbi: “Fatti apprezzare dai reali per il tuo lavoro, aumenterà la tua credibilità! E a queste elezioni sfondiamo!!”

Per quanto fosse una donna seria e professionale, anche lei ormai si era lasciata coinvolgere dall’entusiasmo di quella campagna sempre più pressante e avvincente. La sintonia con cui lavoravano lei, Lucius e adesso anche Merlin si era consolidata a tal punto che il loro rapporto era andato ben oltre i confini lavorativi ed era sfociato in legami ben più importanti di amicizia e di affetto.

Per Merlin era un po’ come avere di nuovo Gwen accanto, l’amica Guinevere, poi Regina che per tanti anni aveva accompagnato la sua vita a Camelot. La stessa Regina che aveva poi regnato su Albion con coraggio e forza fino alla fine dei suoi giorni. E a cui aveva dato l’ultimo saluto, con la consapevolezza che con lei morivano le ultime speranze di un regno unito.

Gwen era stata una grande amica per Merlin e una persona che aveva sentito molto vicino, perché avevano condiviso un sentimento comune di totale dedizione verso la stessa persona. Non aveva mai invidiato il rapporto che lei aveva con Arthur, perché semplicemente era diverso da quello che aveva avuto lui. Erano due cose completamente diverse, perché il Re aveva diviso se stesso in due parti ben distinte senza togliere niente all’una o all’altro. Gwen era stata per Arthur una moglie, lui invece l’altra faccia della medaglia. E quando il Re era venuto a mancare, entrambi avevano vissuto un dolore di uguale entità che li aveva legati per sempre in un sentimento di fraterna amicizia, che era continuata negli anni immediatamente successivi, quando Merlin era tornato più volte a Camelot e si era poi spenta con la morte della Regina, ormai anziana e debilitata.

Quando Gwen era scomparsa, Merlin era stato male, perché con lei se n’era andata l’ultima persona a cui lui fosse veramente legato: prima c’era stata sua madre, prima ancora Gaius. Guinevere rappresentava l’ultimo appiglio a cui aggrapparsi e quando era venuta a mancare, era rimasto definitivamente solo. Era stato difficile, molto difficile, ma nel frattempo tempi oscuri si erano affacciati all’orizzonte perché con la morte della Regina che non aveva lasciato eredi, il regno stava per disgregarsi ed era stato a quel punto che Merlin aveva iniziato a sperare che Arthur risorgesse. E aveva iniziato ad aspettare.

“Lucius per l’ultima volta, spiegami perché vuoi far passare i reali da una strada invece che dall’altra! Cosa cambia!”

La disperazione di Jennifer lo distolse dai pensieri e dai ricordi in cui si era perso. Sollevò la testa per osservare la donna agitare le braccia animatamente, mentre Lucius scuoteva il capo incrociando le sue.

“Cambia, ti dico.”

“Certo, cambia che devi rifare daccapo tutto il piano!” Jennifer non avrebbe dovuto aiutarli in quel compito – e nemmeno Merlin, a detta tutta avrebbe dovuto farlo ma questi erano dettagli – però non aveva saputo resistere alle loro facce stanche dopo un intero pomeriggio passato a preparare discorsi e a pianificare al meglio ogni minuto della giornata che di lì a due giorni li avrebbe impegnati il doppio.

“Ma no, non necessariamente. Ho predisposto la sicurezza in modo molto schematico, basterà cambiare i punti di controllo.”

“Sì, ma continuo a non capirti! Sono ore che disponiamo tutto e ora mi dici che non ti convince?”

Lucius strinse le labbra pensieroso, guardando davanti a sé. Quando faceva così, Merlin sapeva benissimo che non era convinto neanche un po’ di ciò che faceva e Lucius doveva essere sempre convinto di tutto, prima di muoversi.

“Questa è strategia militare, Jennifer. Quella strada è meno sicura di questa qua. Non vorrai mica rischiare qualcosa a poche settimane dalle elezioni!”

E’ fatta, pensò Merlin con un sorriso. Lucius sapeva benissimo quali tasti toccare con la sua addetta stampa. La campagna elettorale. Jennifer si sarebbe persino esibita nuda nella pubblica piazza, se questo avesse giovato ad aumentare consensi per Lucius Chaste. Non a caso nel suo lavoro era la migliore.

La donna infatti, sollevò le mani in segno di resa. “Ah no no! Allora il discorso cambia! Per quel che mi riguarda, puoi anche ficcarli in un carro armato invece che farli arrivare in Rolls Royce!”

Merlin rise, attirando la loro attenzione un momento, poi Lucius sospirò stancamente e si stropicciò gli occhi con due dita. “D’accordo, ora dobbiamo solo fare qualche modifica. Jennifer vai a casa o Carter se la prenderà con me… non fa che ripetere che ti sto stressando troppo!”

Jennifer fece schioccare la lingua, decidendo però di raccogliere la giacca e la sua valigetta di pelle. “Lascialo perdere… non ne capisce niente di queste cose!”

“Ma non è il tuo ragazzo?” Merlin la guardava con una mano che reggeva la guancia e gli deformava un po’ il viso. La donna sorrise al suo indirizzo, prima di lanciare un bacio ad entrambi e di andarsene.

“Certo! Ma resta che non ne capisce niente! Buonanotte ragazzi!”

Lucius e Merlin si scambiarono uno sguardo divertito mentre Jennifer lasciava casa Chaste chiudendo la porta dell’ingresso. Poi Lucius guardò l’orologio da polso e sospirò.
“Merlin va’ a casa anche tu, il tuo orario di lavoro è passato ormai.”

Il diretto interessato scrollò le spalle per non dare peso alle sue parole. “Non c’è problema, finiamo qui prima, non mi pare fosse solo qualche modifica.”

Lucius sorrise con fare colpevole. “Potevo forse dire a Jennifer che dobbiamo davvero rifare tutto daccapo?”

“E se li ficcassi davvero in un carro armato come ha detto lei?”

“Non male come idea. Poi magari piazziamo la Regina Madre a cavalcioni sul cannone così può salutare i suoi sudditi.”

Merlin ridacchiò mentre Lucius si avvicinava a lui e gli sedeva di fronte. “Perché no! Sarebbe originale!”

“Facciamo poco gli spiritosi! O domani il piano di sicurezza dovremo inventarcelo su due piedi!”

Tornarono a lavorare con impegno, il desiderio di chiudere quel documento quanto prima e togliersi un peso dal cuore. Da quell’incontro e dalla sua buona riuscita dipendeva troppo per la carriera di Lucius e persino Merlin non poteva non lasciarsi entusiasmare da tutta quella faccenda.

Anche se bisognava ammettere che il pensiero di poter evitare tutto quel lavoro e affidarsi a lui e alla sua magia, gli aveva più volte attraversato il cervello – soprattutto nei momenti di maggiore stanchezza – ma questo avrebbe comportato il dover rivelare a Lucius di essere un mago e allora sarebbe stato preso per pazzo, oppure odiato, oppure… chissà. Non voleva saperlo.

Ci vollero altre tre ore prima di poter vedere completo quel piano di sicurezza. Quando videro uscire dalla stampante l’ultimo foglio – oltre a scriverlo, Merlin era stato costretto pure a ricopiarlo al computer – un enorme sospiro di sollievo si liberò dalle rispettive labbra.

“E’ finita, non ci credo…” mormorò Merlin stiracchiandosi le braccia e poi lasciandosi sfuggire uno sbadiglio.

Lucius controllò velocemente tutti i fogli, per dare retta alla sua meticolosità e non rispose all’altro che intanto si era alzato e si era stirato anche la schiena intorpidita dalle tante ore seduto.

Merlin sbadigliò ancora e guardò l’orologio. Erano le tre e mezzo del mattino. “Beh, credo sia il caso torni a casa.”

Solo allora Lucius sollevò lo sguardo su di lui interrompendo la lettura. “Resta a dormire qui.”

“Come?” chiese Merlin, sorpreso.

“Ormai è tardi per tornare a casa, a piedi poi! Resta qui a dormire, c’è la stanza che prima usava tuo nonno che è libera.”

Merlin scosse il capo. “Ma no, non preoccuparti! Faccio due passi a piedi!”

Lucius sollevò un sopracciglio facendolo sentire stupido. “Ma se dormi in piedi.”

“Ma…” perché non voleva restare? Cosa glielo impediva?

“Non ti farai problemi spero.”

“Ma ho lasciato casa nel caos totale…”

“Potrai sistemarla domani mattina. Hai un paio d’ore mentre io sarò in riunione con il personale.”

“…e non ho un cambio di biancheria…”

“Ti presto una mia camicia se vuoi, anche se ne entrano due di te dentro.”

“… e poi quella stanza la terrai pronta se torna mio nonno!”

Silenzio. Lucius lo guardava come se avesse davanti un cretino. Proprio come si sentiva lui. Perché si era agitato tanto? Aveva già vissuto in quella casa e adesso doveva solo stendersi su un letto per qualche ora, per non dover tornare a casa così tardi. Lucius gli stava facendo soltanto un favore… che bisogno c’era di animarsi in quel modo?

“Sei un idiota lo sai?” Lucius sorrise passandogli accanto. “Va’ a riposarti, la stanza è la seconda a destra dopo le scale. Io vado a dormire.” Prima di uscire dallo studio, lo colpì sulla testa con il plico dei fogli che aveva in mano.

«Merlin… »

Un soffio, debolissimo. Nell’esatto momento in cui aveva avvertito i fogli sul capo, l’aveva sentita di nuovo. La voce di Arthur. Guardò in silenzio Lucius che usciva dallo studio e spariva attraverso la porta. Poi chinò gli occhi al pavimento e strinse le labbra.

Stavolta no.

Uscì anche lui dalla stanza e si avviò verso le scale del primo piano.
 

***
 

Doveva avere qualche problema. Non c’erano dubbi. Altrimenti si sarebbe addormentato, invece di fissare il soffitto e contare le lame di luce dei lampioni che attraverso le fessure delle persiane, rimbalzavano sopra la sua testa.

Eppure cascava dal sonno fino a poco prima e mentre concludevano quel dannato programma di sicurezza non aveva fatto altro che agognare il suo lettino.

Peccato che poi era finito in un altro letto e la cosa lo aveva scombussolato a tal punto da svegliarlo completamente e da togliergli il sonno.

Si era chiesto il perché e l’unica spiegazione logica che aveva trovato era stata che il fatto di allontanarsi così dal lago, lo innervosiva. Perché in fondo aveva sì, ripreso a vivere decidendo di non starsene più lì seduto ad aspettare, però quando la sera rientrava nella sua casetta umida da pescatore, uno sguardo al lago era d’obbligo. Non succedeva niente, però in qualche modo si sentiva giustificato come se così non avesse mai smesso di aspettare Arthur, anche se durante il giorno era così impegnato che quasi non ci pensava.

Adesso invece, aveva rifiutato anche quello sguardo, andando avanti. Decidendo volontariamente di restare in quella casa accanto a Lucius Chaste – che non poteva essere Arthur – e persino ignorando quel richiamo che troppo spesso negli ultimi tempi aveva udito. E che per contro, non aveva prodotto nient’altro che agitarlo inutilmente, visto che di Re del passato e del futuro non se n’era vista nemmeno l’ombra.

Sbuffò rigirandosi un paio di volte tra le coperte, sapendo perfettamente che ormai non avrebbe dormito più. Lo avrebbe fatto il giorno dopo, in piedi, beccandosi sicuramente qualche rimprovero da parte di Chaste che al momento immaginava nel mondo dei sogni meglio di un pargolo nella sua culla.

Decise allora di alzarsi, sperando di combattere la frustrazione dovuta all’insonnia almeno con un po’ di mobilità. Avrebbe potuto farsi in the o guardare la tv. Quando scese le scale nel più assoluto silenzio però, si sorprese di sentire dei rumori provenienti dalla cucina. Vi si affacciò con circospezione, preoccupato che fosse entrato qualcuno in casa e poi si fermò sulla soglia, stupito.

Chaste trafficava ai fornelli per preparare qualcosa che gli parve del the. Merlin lo fissò in silenzio chiedendosi perché diamine anche lui fosse sveglio a quell’ora della notte e soprattutto perché avessero avuto la medesima idea. Restò lì impalato per un tempo interminabile, finché a un certo punto Lucius lo scorse con la coda dell’occhio e si voltò sobbalzando leggermente.

“Che ci fai qui?”

Merlin scrollò le spalle. “Potrei farti la stessa domanda.” Entrò in cucina, cercando di apparire a suo agio. “Non riuscivo a dormire…”

“Strano… ti credevo nel mondo dei sogni.”

“Anch’io.”

C’era nell’aria una sorta di imbarazzo, come se entrambi si fossero scoperti in un momento di intimità e la cosa li avesse turbati. Lucius spense il gas, quando il bollitore prese a fischiare. “Ne vuoi una tazza?”

Merlin nel frattempo ne aveva già prese due dal lavello e gliele aveva porte tenendole per i manici. Lucius aveva versato perciò l’acqua bollente nei due recipienti.
“Domani dormirai in piedi e mi farai perdere un sacco di tempo.”

Merlin sogghignò. “Dimentichi che io ho due ore libere domani mattina, sei tu quello che farà il Bello Addormentato.”

Lucius imbronciò le labbra indispettito. Prese la sua tazza e ci piazzò dentro l’infuso, avvicinandosi al tavolo. “Potrei revocartele quelle due ore, magari ti faccio sistemare l’archivio dell’ufficio.”

“Schiavista.” Lo rimbeccò Merlin indignato, sedendo di fronte a lui.

“Non ne ho mai visti di schiavi bianchi come mozzarelle. E magri come un giunco per di più.”

“Invece di viziati babbei come te ne ho conosciuto anche un altro!” buttò lì Merlin, senza pensarci. Quando si rese conto di cosa aveva detto però, trattenne il fiato stringendo le labbra. Pensò di dissimulare la reazione – visto che Lucius lo aveva guardato sollevando un sopracciglio – bevendo un sorso di the ma troppo tardi si ricordo che c’era ancora l’infuso dentro, che non era zuccherato e che per di più era incandescente.

Il risultato fu che allontanò la tazza dalle labbra con un lamento di dolore e il liquido dentro ondeggiò finendogli anche sulla mano e sul braccio, ustionandolo.
“Ahia!” esclamò alzandosi in piedi, avvertendo la pelle bruciare. Riuscì miracolosamente a poggiare la tazza sul tavolo e poi agitò la mano colpita e dolorante, mentre con l’altra si teneva il labbro che bruciava ancora di più.

Nel frattempo Lucius lo guardava immobile e vagamente divertito dai suoi movimenti sbadati. Quando Merlin riuscì a recuperare un panno per asciugarsi e ritrovare sensibilità alla mano, si voltò a guardarlo, trovandolo nella medesima posizione, con la tazza a mezz’aria e quel sorrisetto ironico che tanto gli ricordava Arthur. Anzi, in quel momento sembrava proprio lui.

“Hai mai pensato di lavorare in un circo? Saresti più bravo lì che qui con me come assistente…”

“Fai pofo lo spiritofo…” lo redarguì Merlin tenendosi il labbro dolorante tra i denti e passandoci sopra la lingua sperando inutilmente di attenuare il fastidio.

Lucius sorseggiò il suo the, dopo aver tolto l’infuso e lo fece con cura, soffiandoci sopra, prima di portarlo alle labbra. “Guarda che dico sul serio. Non c’è bisogno nemmeno che qualcuno ti metta in difficoltà per avere quelle reazioni, fai tutto solo…”

“E’ che…” Merlin chinò il capo tornando al suo posto e asciugando il the versato sul tavolo. Il tono di voce, contrariato. “Lascia perdere…”

“Davvero hai già conosciuto uno come me? Devi essere un masochista per aver accettato questo posto di lavoro…”

Merlin sollevò lo sguardo e poi con naturalezza gli venne da sorridere. “Ne sono sempre più convinto…”

“Chi era?”

La domanda a bruciapelo lo costrinse a trattenere nuovamente il fiato. Fissò Lucius sgranando un poco gli occhi e poi tossicchiando, per dissimulare di nuovo quello stato di agitazione. Lucius era solo curioso, non poteva certo sapere tutte le implicazioni di quella domanda.

Ad ogni modo Merlin tornò a guardare il piano del tavolo e il sorriso ancora sul volto che si tinse improvvisamente di malinconia. “Era un mio amico. Un mio caro amico.”
“Non lavoravi per lui, spero.”

“Sì! Cioè no… no, ok, lavoravo per lui. Ma non c’era solo un rapporto di lavoro tra noi… eravamo amici…” le parole, senza che se ne accorgesse, scivolarono via con una facilità inaspettata per essere quello un rapporto che aveva tenuto nel cuore per tanti secoli e di cui non ne aveva parlato mai a nessuno. “Eravamo molto più che amici. Era come… una parte di me e io ero una parte di lui… un tizio che conoscevo una volta mi disse che eravamo due facce della stessa medaglia. E all’inizio non ci credevo, perché era davvero un babbeo odioso e arrogante ma poi… scoprii che era anche buono e generoso e che era pronto a tutto pur di fare la cosa giusta… perciò decisi di servirlo e di seguirlo nella sua strada… finché non se n’è andato.”

Calò il silenzio per un momento, Merlin continuò a fissare il tavolo ripensando a quella confessione e chiedendosi perché lo avesse fatto proprio con Lucius. Poi l’uomo posò la tazza sul piano facendo rumore.

“E’ lui che stai aspettando?”

Merlin annuì, brevemente, chiudendo gli occhi e immaginando ancora una volta la superficie del lago di Avalon, immobile e nebbiosa.

“E… sei convinto… che tornerà?” la voce di Lucius gli parve titubare per un momento e lo convinse a sollevare lo sguardo.

“Mi è stato promesso. Tornerà.”

“Sì, tornerà.”

Rimase sorpreso, quando vide sorridere Lucius. Di quello stesso sorriso rassicurante che il suo Re tante volte gli aveva regalato nei momenti di maggiore sconforto, donandogli un calore al centro del petto che sovrastava ogni preoccupazione, ogni ansia, ogni fardello. Merlin ebbe un fremito osservando quel profilo nella penombra che mai come in quel momento gli sembrò Arthur in persona.

«Merlin…»

E poi di nuovo, la sua voce. Merlin si alzò in piedi, di scatto, facendosi leva con le mani.

“Credo… credo che tornerò a letto. Sì… vado…”

Sparì dalla cucina mentre alle spalle la voce di Lucius lo seguì indistinta lungo la strada.

“Buonanotte, Merlin…”
 

***

 
Alla fine si era addormentato. La stanchezza era stata più forte delle sue paturnie e aveva vinto più o meno quando il cielo aveva iniziato a schiarire, poco prima dell’alba. E decisamente lo aveva sconfitto, perché quando si era svegliato, era ormai giorno fatto.

Non appena si era reso conto di dove fosse e poi si era ricordato di dove avrebbe dovuto essere, era schizzato dal letto come un grillo, rischiando persino di ribaltarsi sul tappeto. Poi aveva controllato l’orario: a quell’ora Lucius avrebbe dovuto essere in riunione.

Merlin aveva controllato nella sua stanza e poi nel resto della casa e non lo aveva trovato. Nessun messaggio lasciato da qualche parte, come se Chaste lo avesse abbandonato lì o – miracolo? – avesse deciso di farlo riposare dopo la nottata di lavoro.

Sorridendo, ormai propenso verso la seconda opzione, si era fatto una doccia, aveva cambiato gli abiti con la magia e si era diretto verso il distretto, dove sapeva che Lucius era in riunione. Avrebbe atteso che finisse e si sarebbe fatto trovare pronto con il caffè “bollente” come piaceva a lui.

La giornata era calda e luminosa e Merlin fu felice di dover fare la strada a piedi. In quelle settimane era capitato spesso che diluviasse al mattino o che l'umidità fosse così eccessiva da fargli battere i denti e lui, che non aveva altri mezzi di trasporto se non i suoi piedi, aveva spesso maledetto la lontananza della sua casetta da villa Chaste.
Si ritrovò a sorridere al pensiero che per una volta che avrebbe potuto risparmiarsi il tragitto visto che aveva dormito lì, il tempo era stato clemente.

Il sorriso si spense un po' quando ricominciò a riflettere su quanto accaduto quella notte. Si era confidato con Lucius, rivelandogli dell'esistenza di Arthur o meglio di quella persona che lui stava aspettando e che tanto lo tormentava. E la cosa, nonostante il momento di imbarazzo iniziale che poi lo aveva spinto a tornarsene a letto, gli aveva in qualche modo alleggerito l'animo. Era contento di aver parlato con Lucius perché si stava affezionando e sapeva che per arrivare ad abbattere quel muro che lui stesso aveva eretto nel corso dei secoli, doveva essere nato senza volerlo, un affetto sincero per quell'uomo così simile eppur così diverso dal suo Arthur.

Era così contento, Merlin, che raggiunse in un attimo il distretto e salì le scale senza neanche fermarsi al bancone delle informazioni per salutare il poliziotto di turno, come era solito fare.

Una volta agli uffici, si diresse velocemente verso la sua postazione, rispondendo qua e là ai saluti dei colleghi e si avvicinò alla porta dell'ufficio di Chaste per accertarsi che la riunione fosse ancora in corso. Da dietro il vetro provenivano le voci degli ispettori e dei collaboratori di Chaste che avrebbero poi divulgato le direttive a tutti gli agenti in servizio per l'incontro coi reali.

Merlin guardò l'orologio e sorrise ancora. La riunione sarebbe finita di lì a poco, poi Lucius aveva un impegno in un centro sociale e lui si sarebbe già fatto trovare pronto con il caffè e la lista delle cose da fare. E una battutina irriverente sulle labbra, ovviamente.

Preparò il caffè e intanto dalla stanza le voci si fecero un poco più concitate, segno che la riunione era finita e già qualcuno commentava le disposizioni.

La porta all'improvviso si aprì e Merlin guardò sfilare gli ispettori davanti la sua scrivania, attendendo pazientemente che la stanza si svuotasse per poter entrare da Lucius.
Non si aspettò invece, che uscisse fuori anche lui, con un plico di fogli in bocca e le mani impegnate a infilarsi in fretta la giacca.

Quando lo vide, Merlin sorrise e sollevò la tazza con il caffè. "Lucius!" Lo richiamò.

L'altro sollevò le sopracciglia e poi continuò a tirare dritto.

Merlin immediatamente pensò fosse irritato dal fatto che avesse dormito troppo e allora lo inseguì porgendogli la tazza in segno di pace.

"Andata bene la riunione? Ora dobbiamo andare al centro sociale."

Lucius a quel punto si fermò, lanciando uno sguardo alla tazza ma senza prenderla. Si tolse i fogli dalla bocca e guardò Merlin piuttosto seriamente.

"Ti sbagli, io andrò al centro sociale. Con Jennifer, che sta arrivando."

Merlin pensò si fosse davvero arrabbiato ma in fondo lui aveva due ore libere, che cosa voleva? Fu per questo pensiero che gli attraversò il cervello, che decise di smetterla con quel tono conciliante e rispondergli per le rime.

"Andiamo, Chaste, te lo avevo detto che non avrei riordinato l'archivio! Mi spettavano due ore libere questa mattina."

"Non solo due ore." Merlin improvvisamente si rese conto di quanto fosse diventato freddo. Il modo con cui gli parlò non era il solito falsamente irritato con cui lo redarguiva in continuazione e lo minacciava. C'era risentimento nelle sue parole e anche il gelo.

"Per quel che mi riguarda hai l'intera mattinata libera. E anche il resto dell'anno. Sei licenziato."

Merlin rimase con la tazza in mano e un'espressione stupefatta in viso. "Posso sapere perché?" Si azzardò a chiedere poi, assordato da quel silenzio imbarazzante che era sceso all'improvviso.

Lucius gli diede le spalle. "Ho i miei buoni motivi."

"Stai scherzando spero." Per quante volte Lucius aveva minacciato di farlo, quella era la prima volta che Merlin ci credeva davvero. E la sensazione che lo colse fu di nausea.

"Questa volta no. Ora lasciami andare."

Lo lasciò solo, la tazza ancora in mano e una sgradevole sensazione addosso. Come di abbandono, come di tradimento. Come se ancora una volta fosse stato lasciato solo da chi voleva bene.

Strinse le labbra, mentre nella sua testa risuonò ancora la Sua voce.
 

«Merlin… »



/////////
 
Hola! Pensavate mi fossi dimenticata, eh? :D e invece dovevo soltanto finire questo capitolo. Per fortuna due ore di treno e una buona dose di minacce mi hanno dato la possibilità di concluderlo giusto stasera! Ad ogni modo, questo anche per dirvi che l'undicesimo capitolo ancora non esiste, quindi non posso garantire la pubblicazione lunedì prossimo! Mi spiace tanto >_<

Come sempre però vi esorto a commentare, chissà che le vostre recensioni non mi spingano ad abbandonare il resto della mia vita per scrivere XD hahahahaha

Comunque scherzi a parte, ringrazio di cuore tutti coloro che leggono questa storia, chi la continua ad inserire tra i preferiti e le seguite e soprattutto il mio grazie speciale va alle mie adorate fedelissime, che non mancano mai di commentare!

Grazie quindi ad Emrys, AsfodeloSpirito, Gosa, Parre, None to Blame, Strangerinthistown, Jaya eSheireen_Black 22! E scusate se non ho risposto questa volta ma proprio mi è mancato il tempo! Magari lo faccio ora che pubblico XD

Mi dispiace di non potervi dare la solita anticipazione ma almeno vi posso dire che nel prossimo capitolo uscirà la verità :) quindi rimanete sintonizzati! XD un bacione grande a tutti! E alla prossima!

Ryta
   
 
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