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Autore: Cristal_Lily    05/03/2013    4 recensioni
- Io non sono come le altre persone, io non so cosa significhi amare - lo sguardo della più piccola era rivolto altrove, eppure dietro a quelle gemme fredde vi leggeva la sofferenza che stava provando in quel momento. E lei, nonostante non riuscisse a sopportare la vederla in quello stato, non era certa di poter andare avanti. Non in quel modo. Vederla vicino a quell'uomo le provocava una sofferenza che mai aveva provato.
- Neppure io ho mai amato, eppure ci voglio provare - sussurrò facendo un passo avanti, la mano tesa. Ma si bloccò quando la più piccola scosse il capo.
- Mi dispiace, non posso fare soffrire anche te - la guardò allontanarsi, restando da sola sotto quella pioggia incessante. Aveva il cuore spezzato, eppure non si sarebbe fermata.
Lei doveva essere sua.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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La ragazza dagli occhi freddi ed assenti camminava lentamente tra quei corridoi, completamente indifferente agli sguardi altrui che la fissavano con odio e scherno. 

La scenata della bionda di quel pomeriggio aveva fatto ben presto il giro di tutta la scuola, e se prima era relativamente sconosciuta, ora sapevano tutti chi fosse. Ma lei era abituata a tutto quello, non era la prima volta che veniva presa di mira da ragazze gelose che non sapevano tenere a freno la lingua e le mani dei loro uomini. Lei non faceva nulla di male, lei si limitava ad assecondarli. Quando loro le si avvicinavano, lei non faceva nulla per respingerli. Ma non era una facile come tutti pensavano. Lei li aveva amati tutti, ed era sempre stata fedele. Non era lei la traditrice, erano gli altri a farlo. 

E ora, nel suo cuore, c'era un nuovo uomo. 

Era successo tutto qualche mese prima. Esattamente una settimana dopo che Tommy, il ragazzo della bionda, la lasciasse perchè aveva il timore di essere scoperto e perdere così tutta la sua popolarità. Lui era sempre stato gentile con  lei, ma alla giovane non erano sfuggiti i suoi sguardi di fuoco quando la guardava in classe. Ma non aveva fatto nulla per incoraggiarlo. Lei non lo faceva mai. 

Ancora non capiva come potessero gli uomini sentirsi tanto attratti da lei, dalla sua essenza. Sembravano ammagliati, caduti preda della sua ragnatela che tendeva senza rendersene conto. Tutto ciò che faceva, non era fatto con intenzione. Era quello che nessuno capiva, neppure la madre che si vergognava di se. 

Il chiacchiericcio attorno a se non le provocava alcun fastidio. Tutti quelli che la chiamavano, che cercavano di spingerla o  di attirare la sua attenzione fallivano miseramente nella loro impresa. Lei non li guardava neppure negli occhi. Aveva la sua meta, e nessuno l'avrebbe distolta da essa. Come ogni giorno lei si stava dirigendo verso l'aula di musica. Era sempre libera, erano in pochi ad usarla, e non lo facevano a quell'ora. Inoltre, quell'ala della scuola era meno frequentata dalla gente, dunque nessuno la vide sparire dietro quella porta bianca, forse un po' scolorita dal tempo. Quello era un edificio vecchio, e solo l'ala principale e centrale era stata ristrutturata. Tutto il resto lo avevano quasi abbandonato. Non cadeva a pezzi, ma certamente erano ale ben poco frequentate. 

La stanza era grande e ariosa. L'acustica era perfetta, lei lo sapeva bene, e le pareti erano insonorizzate per non creare alcun disturbo alle aule vicine. Le pareti bianche, i mobili in legno scuro lucido, c'era solo una grande finestra che interrompeva quel candore. E lei, come ogni volta, si avvicinò al vetro, per osservare il giardino lontano. Nessuno la poteva vedere, ma lei poteva osservare tutto. 

Il sole brillava alto nel cielo azzurro, nessuna nuvola che interrompeva quel mare chiaro. Il prato era deserto, nessuno vi andava dato che era situato nel retro della scuola e, difatti, era trascurato. Un po' le somigliava: nessuno si curava di lui, nessuno lo sistemava, però veniva usato dagli studenti per fare qualcosa di proibito, qualcosa che nessuno doveva sapere. E, esattamente come lui, lei era usata dagli uomini per essere soddisfatti, tenendo tutti all'oscuro perchè desideravano mantenere il segreto. Ma a lei non importava, le piaceva la sua vita. Lei aveva il suo mondo, la sua fantasia e si accontentava. 

Ogni giorno, ogni istante della sua vita, lei sognava ad occhi aperti. Un mondo saturo di colori, un mondo in cui nessuno la infastidiva e in cui poteva sentirsi bene. Ma nessuno conosceva quel meraviglioso luogo, lei era l'unica detentrice della chiave, e la custodiva gelosamente. 

E si stava perdendo tra i propri pensieri quando, ad un tratto, due figure comparvero nel suo campo visivo. Erano lontane, ma subito riconobbe la sagoma femminile che, a braccetto con il ragazzo, camminava con un ghigno sulle labbra. 

Non sapeva come si chiamava, in realtà non le interessava. Eppure quegli occhi erano riusciti a catturarla quella mattina. Mai aveva visto delle gemme più candide e pure nonostante la malignità che, superficialmente, le avevano dimostrato. 

Quel blu le aveva ricordato le profondità dell'oceano, un blu reso brillante da quei riflessi dal colore dello zaffiro. Le labbra carnose tinte di rosso, gli occhi truccati accuratamente, i capelli impeccabili e vestiti alla moda. Quella ragazza era popolare, quella era l'unica cosa che sapeva. Lo aveva capito da come tutti gli altri avevano seguito ogni sua mossa, neppure fosse stata il capo indiscusso della scuola.

Seguì con lo sguardo i due, erano lontani per spere ciò che dicevano, ma lei non voleva sapere ciò che dicevano. Lei volva solamente osservare lei. C'era qualcosa in quella ragazza che era riuscita a catturarla per qualche istante. Forse era proprio grazie a quegli occhi tanto saturi che si era sentita per la prima volta incantata, ma tutto ciò era finito ben presto. Ben presto era ritornata alla realtà, e se ne era andata. 

- Amelis, sei in anticipo - una voce irruppe nella stanza, rompendo il silenzio di quel luogo. La voce di lui era lusingata e quando la ragazza si voltò, notò subito il suo sguardo bramoso che rivolgeva al suo corpo. Rimase immobile mentre l'uomo si avvicinava, lentamente, la mano  tesa verso di lei. Quando quella mano grande e calda le carezzò il viso, lei lo alzò impercettibilmente, osservando quegli occhi scuri, neri come la pece. Due baratri che riuscivano a portarla nell'oscurità. 

- Sei tu in ritardo - sussurrò veritiera, il tono della voce piatto, invariato. Neppure quando era con un uomo riusciva a dare del calore alla propria voce, ma non vedeva perchè farlo.

Un ghigno spuntò su quel viso dai lineamenti perfetti, e la mano che poco prima carezzava il proprio viso, si fece più decisa, quasi violenta. Le sue dita stringevano il proprio mento mentre la obbligava a mettersi sulle punte dei piedi, ritrovandosi così a pochi millimetri da quelle labbra sottili e rosee, il suo alito sul proprio viso. 

- Non è colpa mia, se tu non ti mettessi nei guai sarei arrivato molto prima - sussurrò, le labbra che subito si impossessarono del proprio collo, iniziando a lambirlo con la lingua, con le labbra. Amelis, senza alcun indugio, si aggrappò a quel corpo per non cadere, appoggiandosi al vetro freddo mentre sentiva l'eccitazione salire. Il cuore stava aumentando i suoi battiti, la voglia di averlo era sempre più forte. Le piacevano quelle labbra sul proprio corpo, erano decise e delicate allo stesso tempo. 

Lei lo amava. Amava quell'uomo, esattamente come aveva amato tutti gli uomini che aveva avuto prima. Sapeva che era un sentimento effimero, nell'istante in cui lui l'avrebbe lasciata, lei sarebbe andata avanti, senza soffrire. Quello era il suo destino: amare e non amare, sentirsi legata a qualcuno e poi dimenticarlo nell'istante in cui non lo aveva più, senza alcun rimorso. Lei non si sentiva in colpa, mai. 

- Non metterti mai più nei guai, non posso espormi troppo per te, lo sai. Sono il tuo professore, verrei cacciato se ci scoprissero - le morse il collo, facendola ansimare pesantemente. Si, lo sapeva. Il segreto era fondamentale in tutte le sue storie, ora più che mai. Era vietato avere relazioni con gli insegnanti, eppure lui le si era avvicinato qualche tempo prima. Inizialmente le si era avvicinato con una scusa: desiderava aiutarla dato che era la nuova arrivata. Era stato gentile, comprensivo. E lei era restata solamente perchè non le cambiava nulla. Ma poi, tutto quel parlare, si era trasformato. Si vedevano tutti i giorni, dopo le lezioni. Lui le parlava del più e del meno mentre lei ascoltava, come sempre. Amelis non era una grande chiacchierona. 

E poi, un giorno, le aveva chiesto di seguirlo. L'aveva condotta in quella stanza, quella di musica, con una scusa ove l'aveva presa senza vergogna, facendola urlare dal piacere, chiedendole poi di continuare quella loro storia. E lei, ovviamente, aveva accettato. Da allora si vedevano sempre alla stessa ora li, e facevano sempre le stesse cose. Non parlavano più, ma era piacevole stare assieme. 

- Io non ho fatto nulla, è lei che ha iniziato e non mi lasciava più stare - lei non aveva fatto proprio nulla. Non aveva colpe se la bionda si sentiva tradita, era stato il suo uomo a cercarla, non il contrario.

Un brivido le percorse il corpo, e quando le labbra di lui raggiunsero le proprie, lei ricambiò quel bacio carico di desiderio e passione. 

- Non mi interessa, stai più attenta - sussurrò tra un bacio e l'altro prima di sfilarle le calze scure che aveva indossato. 

Fu una cosa veloce, frettolosa. Il corpo percorso dai fremiti, gli ansiti e le urla impossibili da sentire oltre quelle pareti. La prese di fronte  quel prato, contro quella finestra, certo che nessuno li vedesse, perdendosi in lei e raggiungendo l'apice del piacere assieme alla compagnia che urlò forte, solo perchè piaceva a lui. Lei tendeva sempre a compiacere i suoi compagni, forse era un modo per dimostrare il proprio affetto, e quando poteva cercava di far capire all'altro ciò che sentiva. E loro apprezzavano sempre. 

Si rivestirono velocemente, come sempre, e quando lui si fu sistemato le rivolse un delicato sorriso, accompagnato da una dolce carezza. 

- A domani piccola, fai la brava - e con quelle parole sparì dalla sua vista. Amelis attese dunque qualche minuto, e poi uscì dalla classe, lenta e rilassata come sempre. Non avrebbe guardato in faccia nessuno, sarebbe tornata direttamente a casa, o forse si sarebbe fatta un giro per le strade deserte. Non aveva voglia di sentire sua madre urlarle dietro per quel segno che il professore le aveva appena lasciato sul collo. La odiava, ma era costretta a conviverci dato che un lavoro non ce l'aveva. 

Uscì dalla scuola oramai deserta. In pochi erano rimasti, e quasi tutti o per dei corsi di recupero o più semplicemente per qualche corso extra scolastico. Lei li dentro non aveva altro da fare e dunque si avviò verso i grandi cancelli. La borsa appesa per la spalla, quando ad un tratto fu affiancata da due figure, una da una parte e una dall'altra, lei non si scompose. Continuò per la sua strada, come se nulla fosse. 

- Finalmente sei uscita ragazzina dai facili costumi. Che facevi? Ti facevi un altro uomo impegnato? - la voce della ragazza la fece voltare, ritrovandosi così nuovamente incatenata in quei lapislazzuli brillanti di cattiveria ed ironia. Si divertiva a prenderla in giro. Era quel tipo di ragazza che, per vivere in pace con se stessa, doveva essere maligna con gli altri. Ma aveva sbagliato soggetto, lei non si sarebbe lasciata intimorire. 

- Dubito che siano affari tuoi - distolse lo sguardo e varcò i cancelli della scuola, iniziando a camminare per i marciapiedi gremiti di persone che la evitavano. 

- Dici di no? Io credo proprio di si. Vero Craig? Una come deve imparare la giusta lezione. Guarda quel segno, prima non ce lo avevi vero? Chi è lo sfigato che viene con te? - scoppiò a ridere, una risata priva di allegria ma che, nonostante tutto, era bella e melodiosa. La sua mano, delicatamente, andò a carezzare il livido che aveva sul collo. Era per quello che preferiva che non le lasciassero dei segni. Dovette bloccare la propria camminata quando la ragazza si parò nella propria strada, un ghigno sulle labbra mentre le prendeva il viso esattamente come il professore, poco prima, aveva fatto. Solo che quella mano era differente: era morbida, e liscia. Dita piccole ma che avevano una presa ferrea sul proprio volto. 

- Secondo me pure tu ti trovi disgustosa, solo che non lo ammetti, vero? - non c'era disprezzo nella sua voce, lei non la trovava disgustosa. Sapeva che aveva semplicemente voglia di prendersela con qualcuno, ma lei non era quel genere di persona debole ed indifesa che si abbatteva. Lei proseguiva per la sua strada.

- No. E neppure tu mi trovi tale. Credi di potertela prendere con me perchè sono sempre sola, e tutti mi stanno alla larga per ciò che faccio. Ma a me non interessa ne di te, ne degli altri - quelle parole sorpresero la ragazza di fronte a lei che, per qualche istante, si perse nell'eco di ciò che aveva appena detto. Il tempo necessario per permetterle di fare un passo indietro e voltarsi, portandosi sul bordo del marciapiede così da attraversare. 

- Non finisce qui mocciosa! - la rabbia la investì in pieno, eppure, nonostante quella minaccia, lei era tranquilla. Non la temeva. Alla fine sarebbe andata come sempre: si sarebbe arresa. 

 

* * * 

 

Ed eccomi qui con il secondo capitolo di questa storia. Che dire? Avete scoperto il nome della "ragazza misteriosa", ovvero Amelis. Alisia è pronta a darle guerra, vuole metterla alle strette, mentre lei..be, se ne frega. Giustamente, altrimenti non sarebbe lei. 

Con questo capitolo ho voluto dare uno scorcio sulla vita di Amelis, e infatti già si è scoperto com'è, e chi è l'uomo misterioso. Per quanto rimarrà segreto? O per quanto durerà questa storia? E come si evolveranno le cose tra le due ragazze?

Spero che questa storia vi piaccia, è un po' differente dall'altra e infatti non sono ancora molto brava a muovermi ma ci prenderò la mano U_U

Fatemi sapere cosa ne pensate, sono ben aperta a consigli e a suggerimenti :D

Al prossimo capitolo!

  
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