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Autore: Strega_Mogana    21/09/2007    7 recensioni
Mi mordo un labbro, non vorrei andarmene, non ora. Ma non posso restare. Soffrirei troppo.
- Farà sempre così male vederti?
Lo sento sospirare, è tutto così reale…
- Mi piacerebbe poterti rispondere...
Sì, piacerebbe anche a me avere questa risposta.
ATTENZIONE SPOILER SUL HD!!! SPOILER SPOILER SPOILER!
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cammino spedita per i corridoi del castello.
Non mi fermo. Non mi guardo attorno. I ricordi sono peggio di una maledizione senza perdono. Se mi fermo sono perduta in un mare di nostalgie e rimpianti.
Il rumore dei miei tacchi risuona in modo innaturale in questi corridoi. Non ho mai camminato con dei tacchi qui dentro.
Mi sembra tutto così diverso da quando studiavo qui. Mi ricordavo le armature più grandi, i corridoi di pietra più lunghi, i quadri molto più spaventosi.
Forse sono solo io che sono cresciuta.
In fondo sono passati vent’anni dall’ultima volta che ho messo piede qui dentro.
Una ragazzina di Tassorosso corre per i corridoi, ha una borsa piena di libri che pende in modo inquietante da un lato. Per un attimo il mio istinto di Prefetto, e mai assopito, mi dice di intimarle a non correre per non farsi male ma poi sorrido e la lascio passare senza dire nulla.
Mi ricorda tanto me stessa.
Respiro piano, chiudendo gli occhi. Mi sono fermata e i ricordi mi hanno travolto come un’onda gigantesca. Un’oda da cui è impossibile fuggire.
Mi guardo attorno, i quadri non sono cambiati. Le pietre sono sempre le stesse. L’atmosfera è sempre quella. Sono solo io che sono cambiata.
Cambiata in qualcosa che non avrei mai immaginato.
Sono una donna. Una moglie. Una madre. Una donna in carriera.
Sono tutto e niente.
E’ crudele da parte mia dirlo, la vita è stata indulgente con me. Ho avuto fortuna in più di un’occasione. Sono scampata ad una guerra, ho una famiglia felice, un marito affettuoso, dei figli sani e svegli e il mio lavoro mi piace.
Ma non sono felice.
Non come avevo sognato quando avevo solo diciassette anni.
Appoggio la mano al freddo muro. L’altra accarezza piano il petto all’altezza del cuore. Batte forte in attesa del ricordo più doloroso della mia vita.
Ed infine arriva.
Forte, irruente, smuove il mio animo. Smonta le mie deboli difese. Distrugge le poche sicurezze degli ultimi anni.
Credevo di averlo superato.
Ma non tutto fa parte del passato.
Forse non dovevo tornare qui.
Respiro piano, calmando il dolore, cercando di controllarlo e non di fargli prendere il sopravvento.
Respingo con forza, con risolutezza, le lacrime dietro le palpebre serrate. Apro gli occhi. Un leggero velo mi annebbia la vista ma dura poco, solo alcuni attimi.
Stacco la mano dal muro e riprendo a camminare, veloce, decisa. Non mi volto. Non mi volto mai… sarebbe la fine di tutto.
Arrivo davanti al grande gargoyle di pietra e pronuncio la parola d’ordine che il nuovo Preside di Hogwarts mi ha scritto nel messaggio che mi ha fatto arrivare in ufficio l’altra mattina. Voleva vedermi per un incarico non ben precisato.
Ho accettato solo perché volevo rivedere Hogwarts, quella che è stata la mia casa per tanto anni. Quella che mi ha visto crescere e diventare quella che sono oggi. Quella che conosce tutti i miei segreti. Segreti che non sa neppure mio marito.
Salgo le scale piano, senza fretta. Prima di bussare faccio un profondo respiro. Improvvisamente mi sento una ragazzina che sta per incontrare il Preside dopo per aver infranto le regole.
- Avanti.
Faccio capolino dallo spiraglio che mi sono aperta. Il nuovo Preside è seduto alla sua scrivania. E’ totalmente diverso da Silente. Non ha una barba lunga come lui ma solo un piccolo pizzetto grigio che lo fa sembrare più vecchio di quello che è in realtà. Silente era alto e magro. Lui è più basso, il fisico di un ex atleta. Gli occhi del vecchio Preside erano vispi, brillanti anche dietro gli occhiali con le famose lenti a mezzaluna. I suoi occhi sono penetranti, neri come l’oblio, avvolgenti come le fiamme di un camino. Silente amava i vestiti con i colori accesi. Lui veste in abiti quasi del tutto babbani se non fosse per capello a punta. Il completo marrone scuro con la camicia ocra e la cravatta nera lo fanno sembrare un impiegato qualsiasi e non il Preside della scuola di magia più prestigiosa dell’Inghilterra se non del mondo.
Alza lo sguardo dai fogli che sta scarabocchiando, mi sorride. Anche se l’aspetto può ingannare Laurence Timoty Cox è un ottimo Preside e un brav’uomo.
- Oh, Signora Granger. - dice con un sorriso caldo sulle sottili labbra rosee – Benvenuta, mi stavo quasi dimenticando che avevamo appuntamento. Entri pure.
Solitamente le streghe tendono a prendere il nome del marito, io ho preferito tenere il mio. Non per egoismo ma solo per comodità. Sia io che mio marito siamo persone influenti al ministero, usando lo stesso cognome avremmo creato solo confusione.
Entro nello studio circolare. Un tempo era pieno di oggetti magici appartenuti a quello che ritengo il mago più potente che questa società abbia mai visto. Ora non ci sono più monili o vecchi attrezzi, i tavolini con le gambe coperte di fumo sono stati sostituiti da semplici tavolini di legno. Una montagna di libri ricopre le pareti. Il pensatoio e il trespolo di Fanny non ci sono più.
L’unica cosa immutata sono i quadri dei predecessori di Cox appesi al muro. Alcuni dormono russando debolmente, altri mi guardano curiosi. Vado verso la scrivania e miei occhi si dirigono immediatamente dietro le spalle del mago davanti a me.
Silente mi saluta, il suo sorriso nascosto dietro la lunga barba argentata. Accanto a lui una cornice vuota.
Sorrido come risposta e mi siedo sulla poltrona che Cox mi indica con la sua grande mano.
- Scommetto che é curiosa di conoscere il motivo per cui sei qui.
- Effettivamente sì, - annuisco dimenticandomi per un attimo della cornice vuota – spero che Rose e Hugo non c’entrino.
- Può stare tranquilla,- mi rassicura ridacchiando – non si sono cacciati nei guai. Non fino adesso almeno.
Sorrido come solo una madre sa fare. Non mi preoccupo per Hugo, è un ragazzo tranquillo, studioso, legato più ai libri che alla vita sociale. Ma Rose ha preso da suo padre e non solo nel colore dei capelli. Quando succede qualcosa a scuola il novanta percento delle volte è colpa sua.
- Allora perché sono qui?- domando di nuovo accavallando le gambe.
Un lampo nero dietro le spalle di Cox mi fa sussultare appena.
- Volevo chiederle Signora Granger…
- Hermione…- lo corressi gentilmente – Signora Granger mi sa sentire vecchia.
Fa un sorriso imbarazzato e annuisce.
- Bene, Hermione, abbiamo avuto un problema con la professoressa di Rune Aniche. Ha avuto un leggero incidente con paio di creature curate da Hagrid.
Trattengo a stento un sorriso, Hagrid non ha mai perso il vizio di curare creature pericolose.
- Spero che non sia nulla di grave.
- Oh no… ma si è presa un bello spavento e le ho dato un mese per riposarsi. Vorrei che la sostituisse per quel periodo. Lei è stata una delle poche studentesse a ricevere il massimo dei M.A.G.O. in quella materia. Nessuno ha i suoi requisiti.
- Sono lusingata dei complimenti. – dico spostandomi appena sulla sedia quando vedo uno sguardo indagatore alle sue spalle – Ma non credo di avere il tempo necessario per seguire gli studenti.
- Andiamo Hermione è solo un mese.
La realtà è che stare qui fa maledettamente male.
Troppi, troppi ricordi per qualcosa che non ci sarà più.
Sto per rispondere quando qualcuno bussa alla porta.
- Avanti. – ordina Cox serio in volto.
- Mi scusi signor Preside. – dice titubante Gazza, la sua micia si struscia attorno alle caviglie del custode – Ci sono stati problemi con due ragazzi di Corvonero. Sembra che abbiano fatto esplodere dei calderoni in aula pozioni.
Cox sospira alzandosi pesantemente dalla sedia.
- Sarà il figlio di Paciock…- mormora più a se stesso che a me – Hermione aspettami qui. Torno subito.
Annuisco tenendo il capo chino.
Sono appena tornata l’adolescente diciassettenne che scappava di notte nei corridoi del castello.
La porta si chiude alle mie spalle con un tonfo sordo, i Presidi nei quadri sonnecchiano tranquilli, il ticchettio dell’orologio a pendolo nell’angolo è quasi ipnotico.
Stringo le mani sulle gambe, non devo cedere… non devo cedere… non devo…
- Beh? Non si saluta un vecchio professore?
Non riesco a fare a meno di sorridere.
Avevo dimenticato quanto poteva esser profonda la sua voce.
- Andiamo Severus,- fa Silente – non fare l’antipatico solo perché nessuno ti saluta quando entra in questo studio. Neppure con me lo fanno.
Sbuffa e io rido a bassa voce, posso vedere con la mia mente il suo sguardo accigliato, la piega buffa che prendevano le sue labbra quando metteva quel broncio incredibilmente innocente.
Finalmente alzo lo sguardo. Incontro i suoi occhi neri, profondi, glaciali. Mi mettevano i brividi. Sempre in qualunque occasione.
- Salve Severus.
Lo vedo inclinare appena un sopracciglio, per esser solo una copia dipinta rende molto bene l’idea. Sembra quasi si averlo qui di nuovo.
Il mio cuore si riempie di malinconia.
- Perché quella faccia?- mi domanda – Non sei contenta di rivedermi?
- Non è questo. – spiego con un filo di voce- Sapere che sei un dipinto e non qui mi ricorda che… che…
- Che sono morto?- domanda lui, la sua voce indescrivibile.
Mi mordo un labbro chiudendo gli occhi.
Non posso piangere. Non posso, non posso proprio piangere.
- Sapevi che sarebbe successo.
Annuisco con vigore ma non apro gli occhi.
- Ti sei sposata. – la sua voce è triste, forse malinconica.
Io non riesco a parlare, il groppo che ho in gola mi fa troppo male. Annuisco di nuovo, in silenzio.
- Hai due bellissimi bambini. – mi dice dolce, come lo era solo con me – Hugo ti assomiglia molto. – resta un attimo in silenzio, è assurdo come anche i suoi occhi dipinti possano mettermi così soggezione - Hermione?
- Dimmi. – rispondo continuando a tenere gli occhi chiusi.
- Ami Ron?
La sua domanda mi colpisce come una secchiata di acqua gelida. Non me l’aspettavo.
- Sì. – la mia risposta esce con un esile sussurro dalle labbra, apro gli occhi e alzo lo sguardo appannato dalle lacrime che continuo a trattenere – Ma non come ho amato te.
Sorride il Severus Piton dipinto appeso al muro dell’ufficio del Preside Cox. Sorride compiaciuto dalla mia risposta.
Amo Ron ma, forse, non come meriterebbe. Quell’amore profondo, completo, immenso e che ti fa fare follie l’ho provato solo per un uomo.
Severus Piton.
Ho pianto molto per la sua morte.
- Per questo non sei mai venuta a trovarmi?- continua lui, la sua voce, ora, ha preso una sfumatura di rimprovero – Perché ti sentivi in colpa per Ron?
Annuisco mentre le lacrime scivolano sulle guance, mente le mani stringono con forza la stoffa della mia lunga gonna bianca.
Mentre la ferita più profonda che mi ha lasciato la guerra si riapre piano, distruggendo tutto quello che ho faticosamente costruito in vent’anni.
Mi ricompongo subito, asciugo le lacrime con le mani e respiro piano.
- Mi dispiace averti lasciato sola.
- Lo so.
- Accetterai la proposta di Cox?
Scuoto il capo:
- No, non credo.
Mi mordo un labbro, non vorrei andarmene, non ora. Ma non posso restare. Soffrirei troppo.
- Farà sempre così male vederti?
Lo sento sospirare, è tutto così reale…
- Mi piacerebbe poterti rispondere, Hermione.
Sì, piacerebbe anche a me avere questa risposta.
Mi allungo sulla scrivania, prendo un foglio di pergamena e una penna d’oca. Scrivo un veloce messaggio al Preside e mi alzo dalla sedia.
- E’ meglio che vada.
Metto la mano sul pomello della porta quando la voce di Severus mi raggiunge per l’ultima volta.
- Ti amerò per sempre, Hermione. Sempre.
Mi volto appena, l’ultima lacrima scorre sulla pelle seguendo il percorso delle sue sorelle.
- Anch’io, Severus. Sempre.
   
 
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