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Autore: Kitri    05/03/2013    13 recensioni
"Ancora una volta il ragazzo non rispose. Si limitò a seguire con gli occhi quella meraviglia, che passando davanti al suo tavolo non si era sottratta ad un nuovo gioco di sguardi, regalandogli l’ultima intensa emozione".
Un colpo di fulmine e una serie di coincidenze, un amore che porterà i due protagonisti a riscoprire se stessi.
La mia prima fanfiction!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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INNAMORARSI 
 
 
Un tenue raggio di sole filtrava attraverso le tende, andando a posarsi sul letto.
Mamoru era già sveglio da un po’ e, con tenerezza, la guardava dormire beatamente, deliziandosi di quello splendido spettacolo di nome Usagi.
Le accarezzava il viso delicatamente per paura di svegliarla e si sentiva stranamente felice, a contatto col tepore del suo corpo.
Quella notte lei era stata sua, ma la sensazione che adesso provava non era la stessa che aveva provato con altre donne. Non era stato un capriccio, capiva che il suo bisogno era molto più profondo e andava al di là del possedere il corpo di quella donna.
Si sentiva completo ed era stata lei a donargli quella sensazione.
“È questo che si prova ad innamorarsi?” si chiese, per provare a spiegare a se stesso quella sensazione sconosciuta.
Usagi aprì gli occhi lentamente e la prima cosa che vide furono gli occhi di lui e il suo bellissimo sorriso.
«Buongiorno, piccola!» le sussurrò lui dolcemente.
“Allora non è stato un sogno!” pensò lei felice.
«Buongiorno!» rispose sorridendo.
Accolse sulle proprie labbra il bacio delicato di lui, lasciandosi andare a quella meravigliosa sensazione di calore e intimità.
«Oh, buongiorno anche a te là sotto!» aggiunse, poi, con uno sguardo malizioso, sentendosi sfiorare il ventre.
«Guarda che mi fai! – rispose Mamoru mordendole un orecchio – Non sono ancora sazio di te».
Usagi a quelle parole fu percorsa da mille brividi. Si avvicinò a lui e catturò le sue labbra in un bacio caldo e sensuale.
Nuovamente si fusero in un unico corpo.
I respiri irregolari e gli occhi chiusi per assaporare meglio tutto il piacere di quell’atto così profondo, fino a perdersi insieme, ancora una volta, nell’estasi che si propagava nei loro corpi e nelle loro menti.
 
Mentre Mamoru era in bagno a fare una doccia, Usagi infilò una culotte bianca e un top coordinato. Voleva andare in cucina a preparare la colazione, ma seduta sul letto i suoi pensieri la distolsero da quell’intenzione.
Tutto quello che era successo quella notte, l’aveva portata a riscoprire se stessa, a ritrovare quella Usagi che credeva morta quasi tre anni prima.
Si era lasciata andare completamente e non per il bisogno di sentirsi desiderata e amata, bensì per il desiderio più profondo di dare voce a quel sentimento che sentiva scoppiarle nel petto.
E ora era felice!
Si era accorta che, per la prima volta, non sentiva più quel senso di vuoto e solitudine che l’attanagliava ogni volta che stava con un uomo e che la spingeva a scappare e a chiudersi sempre di più in se stessa.
Mentre lei sognava a occhi aperti, Mamoru uscì dal bagno con l’asciugamano bianca attorno alla vita e i capelli bagnati. Usagi lo trovò bello, tremendamente bello.
«Dove posso trovare il phon?» le chiese, mentre lei era lì immobile ad ammirare il suo dio greco.
«Te lo prendo subito» rispose, riprendendosi dalla tachicardia che le aveva appena procurato quella visione.
Si alzò dal letto per andare a prendere il phon, mentre Mamoru osservava ebbro la sua bellezza e la sua perfezione, messe in risalto da quel completino bianco di pizzo.
La afferrò da dietro, cingendole la vita.
«Lo sai che sei bellissima?» le sussurrò baciandole la spalla nuda.
Usagi sorrise compiaciuta.
«Non mi dire che non sei ancora sazio, dottore! Se continuiamo così penso che a fine turno non ci arriviamo!».
Mamoru rassegnato sciolse l’abbraccio e la voltò delicatamente verso di lui.
«Hai ragione, dottoressa! Riprenderemo il nostro discorso dopo il lavoro» le disse con un sorriso malizioso, posandole un bacio sulla punta del naso.
A quel gesto di tenerezza Usagi arrossì, mentre lui restava ammaliato da quel suo lato così tenero.
Per un istante, rimasero in silenzio, ma i loro occhi raccontavano più di mille parole.
All’improvviso un beep ruppe l’idillio.
«È il mio cercapersone – esclamò Mamoru – Devo correre in ospedale!».
«Vestiti! – gli disse Usagi – Io nel frattempo ti preparo almeno un caffè».
Dopo dieci minuti, il giovane medico era già pronto per andare via. Bevve al volo il suo caffè e salutò Usagi con un bacio sulle labbra.
«A che ora inizi il tuo turno?» le chiese accarezzandole i capelli.
«Alle due».
«Ci vediamo dopo, allora».
Usagi lo accompagnò all’uscita e aspettò che Mamoru scomparisse dietro le porte dell’ascensore, da cui le rivolgeva un ultimo saluto con un cenno della mano.
Ma, non appena ebbe richiuso la porta alle sue spalle, un’improvvisa ansia l’assalì.
Dalla sera precedente fino a quel momento aveva vissuto in un limbo dorato, oltrepassando tutti i limiti che si era imposta anni prima, lasciandosi amare e, soprattutto, amando per prima, ma adesso la sua parte razionale cominciava a riemergere, in forte contrasto con i suoi sentimenti.
Fino a poco prima era felice, adesso aveva paura della sua stessa felicità.
Prese il telefono e compose il numero della persona con cui in quel momento voleva sfogarsi, l’unica che avrebbe potuto darle il consiglio giusto.
«Pronto, Rei».
  •  
«Sì. Come stai?».
«Io bene, e tu? Non sei in ospedale?».
«Inizio il turno dopo pranzo».
«Capisco. Ma cos’hai? Che cos’è questa voce?».
«Ecco, vedi, avevo bisogno di parlare con te».
«Che cosa è successo? Dimmi tutto, non mi far preoccupare».
«Rei, - esclamò Usagi dopo un lungo sospiro - credo di essermi innamorata!».
 
Poco prima delle due, Usagi arrivò in ospedale.
Per tutta la mattinata non aveva fatto altro che pensare a come la sua vita era stata stravolta in meno di ventiquattro ore e a quello che le aveva detto la sua amica Rei a riguardo.
«Usa-chan, non posso dirti cosa fare. In amore non esistono strategie, deve essere il tuo cuore a guidarti. Però, non fasciarti la testa prima di cadere! Già solo il fatto che ti sia innamorata, lo dovresti considerare una grande benedizione. Vuol dire che sei guarita, che sei tornata la persona che eri, magari più matura, meno ingenua, ma sei di nuovo la vera Usagi e non sai come sono felice di questo. L’unico consiglio che posso darti è di lasciarti andare. Tu credi di essere libera, ma non ti rendi conto che sei solamente schiava dei limiti che ti sei imposta. Così facendo prendi solo in giro te stessa. Vivi questo amore, giusto o sbagliato che sia, ovunque ti porti. Anche se non sarà ricambiato e ti farà soffrire, almeno non avrai rimpianti».
La saggia Rei!
Tutto quello che aveva detto era giusto, ma per Usagi non era affatto facile lasciarsi andare dopo gli ultimi anni passati a scansare l’amore come una grave malattia contagiosa.
E poi, aveva paura delle ripercussioni di questa storia sul suo percorso di studi, delle chiacchiere della gente, e, soprattutto, aveva paura che per Mamoru, lei fosse stata solo il capriccio di una notte, un diversivo, benché quella mattina fosse stato molto dolce e premuroso.
Ma perché doveva essere sempre tutto così complicato?
Pronta per il suo turno, si stava dirigendo in ortopedia per assistere la dottoressa Tenou, quando, persa ancora nei suoi pensieri, scorse Seiya in fondo al corridoio.
“Cavoli – pensò infastidita – ci manca solo lui!”.
Si voltò per tornare indietro e raggiungere il reparto dall’altro corridoio, quando lui la bloccò dopo averla raggiunta di corsa.
«Aspetta, Usagi, ti devo parlare» le disse con il respiro affannato.
«Ti prego, Seiya, non ho voglia di ascoltarti! È già una pessima giornata e poi non voglio far tardi con la dottoressa Tenou! - gli rispose la ragazza con un tono alquanto irritato. Poi aggiunse beffarda - Sai, ho deciso di fingere una forte attrazione per lei per godere di tutte le agevolazioni e fare carriera … ».
«Smettila di fare la cretina! – la rimproverò lui alzando la voce – Volevo solo chiederti scusa per come mi sono comportato ieri e per le cose cattive che ti ho detto».
Poi, davanti allo sguardo diffidente e accigliato della ragazza, continuò a giustificare il proprio comportamento.
«Avevo bevuto un po’ ed ero arrabbiato perché tu mi avevi respinto. Ma ho sbagliato! Ho agito accecato dalla gelosia, perché ho visto come vi cercate, tu e lui, e avrei voluto le tue attenzioni solo per me».
Parlava così mentre lo sguardo di lei si addolciva un po’.
Seiya le poggiò le mani sulle spalle e Usagi abbassò gli occhi.
«Tu mi piaci tantissimo, e lo sai! – aggiunse il ragazzo abbassando il tono della voce - Non penso assolutamente quello che ho detto ieri, lo so bene che non sei quel tipo di donna e che hai tutte le capacità per diventare un bravo chirurgo, altrimenti non mi sarei mai interessato a te. Vorrei che mi dessi almeno una possibilità!».
Lo sguardo di Seiya era supplichevole, quasi disperato.
Usagi vi lesse amore.
Sì, era proprio amore quello che lui provava per lei.
Si sentì quasi in colpa di non ricambiare quel sentimento. Seiya era bello, intelligente, simpatico, decine di ragazze avrebbero fatto follie per lui. Ma lui aveva scelto lei, quella sbagliata, quella che non avrebbe mai potuto dargli l’amore che cercava e che meritava.
Lei era quella che era sempre scappata e che, ironia della sorte, alla fine, aveva ceduto gettandosi tra le braccia di un amore che aveva tutti i presupposti di un amore sbagliato.
«Seiya, io … io non … » farfugliò Usagi con uno sguardo che sembrava quasi implorare perdono.
Il ragazzo intuì.
«Ti prego, ascoltami, lascialo perdere! Non cadere nella sua trappola. Lui è un dongiovanni, è risaputo, e ti farà solo soffrire».
Usagi sospirò a quelle ultime parole e la sua espressione si fece inquieta, mentre una miriade di pensieri confusi le offuscava la mente.
Seiya non ebbe bisogno di altre parole per capire. Il suo volto si oscurò.
«Sono arrivato tardi, vero? È già successo!» chiese profondamente deluso, pur conoscendo la risposta. Anche se Usagi negò, il suo viso e i suoi occhi erano eloquenti.
 
In quel momento, Mamoru girava nel reparto in cerca di Usagi, affinché si occupasse della signora Watanabe, che in mattinata era stata ricoverata di nuovo e operata d’urgenza.
In realtà, aveva pensato a lei tutto il giorno e ora, sapendo che il suo turno era appena cominciato, aveva una voglia irrefrenabile di vederla. Per questo non aveva mandato un’infermiera, ma era andato personalmente a cercarla.
La scenetta che si trovò davanti, quando finalmente la trovò, lo mandò su tutte le furie.
Quell’imbecille di Kou le teneva le mani sulle spalle e le parlava a pochi centimetri dal viso, mentre lei, anche se sembrava infastidita, non reagiva.
Il sangue gli salì al cervello. Se si fossero trovati per strada, un pugno in pieno viso a Seiya certamente non glielo avrebbe tolto nessuno.
Mentre cercava di darsi un contegno percorrendo il lungo corridoio, vide che Seiya improvvisamente si era staccato da lei, rimanendo a fissarla con un’espressione sconvolta.
Che cosa cavolo si erano detti?
La curiosità lo stava divorando e decise che sarebbe stata la stessa Usagi a spiegarglielo privatamente.
«Cercavo proprio voi» esclamò con tono grave non appena li raggiunse.
I due, che non si erano ancora accorti di lui, trasalirono a quell’esclamazione.
Il cuore di Usagi accelerò trovandoselo davanti per la prima volta, dopo quello che era successo quella notte e dopo tutti i pensieri confusi che ancora la opprimevano.
«Dottoressa Tsukino, stamattina c’è stata un’emergenza, la signora Watanabe è stata di nuovo ricoverata e operata d’urgenza. Vorrei che tu l’assistessi finchè io sarò impegnato» le spiegò, chiarendole anche il motivo per cui quella mattina era dovuto scappare.
«Ma oggi sono con la dottoressa Tenou e … ».
«Ho già avvisato Heles. Conosci bene il caso della paziente e quindi sei l’unica che possa assisterla al meglio, mentre io non ci sarò, senza contare che lei stravede per te».
«Ok, va bene! » annuì Usagi, mentre nel frattempo Seiya osservava la scena attento, come per cercare ulteriori conferme a ciò di cui ormai era più che certo.
«Tu, dottor Kou, vai a prepararti. Penso che sia giunto il momento per te di assistere a un intervento di neurochirurgia » esclamò Mamoru rivolto al ragazzo.
“Così potrò tenerti sotto controllo!” aggiunse tra sé.
«Va bene, dottor Chiba» rispose Seiya col tono di voce abbattuto.
In un’altra situazione avrebbe fatto i salti di gioia per quella nuova inattesa opportunità, ma adesso non c’era assolutamente niente di esaltante nel trascorrere tutta la giornata con il suo rivale, l’uomo che gli aveva tolto definitivamente la possibilità di conquistare Usagi.
«Potete andare - disse Mamoru. Poi rivolto ad Usagi aggiunse - Anzi, tu no, Tsukino! Seguimi prima nel mio ufficio, sarà meglio che ti dia un paio di indicazioni su come agire in caso di emergenza».
Seiya si allontanò scuotendo la testa, con il volto segnato da un sorriso sprezzante, mentre il suo cuore andava in frantumi.
Usagi seguì Mamoru, che camminava davanti a lei senza dire una sola parola.
 
Usagi richiuse la porta dell’ufficio, mentre Mamoru se ne stava in piedi davanti alla sua scrivania, in silenzio, dandole le spalle.
Le opinioni divergenti di Seiya e Rei continuavano a rimbombare nella mente della ragazza e non riusciva a stabilire a quale voce dare ascolto.
«Si può sapere cosa voleva da te quell’idiota di Kou?» chiese Mamoru, all’improvviso, con tono freddo, voltandosi verso di lei e interrompendo quel lungo silenzio.
Usagi rimase sconcertata da quella domanda. Dove voleva arrivare?
«Che c’è? Sei geloso?» disse poi con sarcasmo, sostenendo lo sguardo severo di lui.
La ragazza aveva fatto centro.
Mamoru distolse i suoi occhi da quelli azzurri e penetranti di lei, che in quel momento gli stavano facendo male. Cercò poi di giustificare la sua domanda.
«Vorrei solo capire la persona che ho di fronte».
«Ti ho già spiegato che è solo un amico».
Usagi era stizzita. Odiava dare spiegazioni, soprattutto adesso che la sua mente era offuscata da mille pensieri.
«Già, un amico che non vede l’ora di venire a letto con te!» l’apostrofò lui con tono arrogante.
«Beh, io non ho alcun interesse per lui e, anche se fosse vero il contrario, non ti ho detto di avere l’esclusiva!» rispose lei, spietata, innalzando di nuovo la sua barriera protettiva, mentre la voce di Seiya riecheggiava nella sua mente.
Ti farà solo soffrire!”.
Quelle parole colpirono Mamoru come un pugno. Ancora di più dello sguardo gelido di lei, che fino a poche ore prima le era sembrata un angelo.
Un sorriso triste e sprezzante si dipinse sul suo volto.
«Avrei dovuto immaginarlo! Dopotutto, ti ho visto molto affiatata con due uomini diversi nel giro di due sere, le stesse sere in cui flirtavi con me. Poi, Seiya ti ronza intorno continuamente e non sembra che ti dispiaccia, ma nel frattempo, però, vieni a letto con me … ».
Gli occhi di Usagi divennero due fiamme.
«Mi stai dando della sgualdrina?» disse con tutta la rabbia che aveva in corpo, senza dargli la possibilità di concludere il discorso, profondamente ferita da quell’uomo completamente diverso da quello di cui si era innamorata quella notte.
Ti farà solo soffrire!” ripeteva la voce di Seiya.
«Lo stai dicendo tu, io non l’ho mai pensato» le rispose lui con sguardo serio.
«Sai cosa ti dico, caro dottor Chiba? Che tu non sai niente di me! – lo aggredì puntandogli l’indice contro – Sai il mio nome, hai conosciuto il mio corpo, ma della vera Usagi non conosci niente».
Il volto di Mamoru cominciò ad assumere un’espressione meno fredda e accigliata. Si rese conto che la gelosia che non aveva voluto ammettere gli aveva fatto perdere il controllo. Le afferrò la mano che lei aveva puntato contro il suo petto e l’attirò verso di sé, cominciando a parlarle con più calma.
«È quello che sto cercando di dirti. Fatti conoscere, Usagi! È così difficile per te? Sei partita in quarta, come una furia, non mi hai dato neanche la possibilità di parlare e subito sei arrivata alle tue conclusioni! Perché?».
A quelle parole gli occhi furiosi di Usagi furono coperti da un velo di tristezza.
«In passato ho sofferto tanto e ho deciso che non sarebbe più successo – rispose alla domanda di Mamoru – Ho messo me stessa, i miei sogni e la mia felicità prima di ogni altra cosa. Ma adesso ho paura, perchè sento che sto per perdere il controllo della mia vita».
Il giovane medico fece un profondo respiro e abbassò lo sguardo. Poi, tornando a fissare i suoi occhi azzurri, sorrise e decise di parlarle con sincerità.
«Forse non lo sai, ma da ieri per me ci sono state solo prime volte. Ho fatto l’amore con una donna e con lei ho dormito e fatto colazione, io che ero abituato solo al sesso fine a se stesso e senza coinvolgimenti, dopo il quale scappavo a casa. E oggi mi sento diverso, quasi ridicolo, perché sono felice che quella donna sia stata mia … perché ho pensato solo a lei tutta la giornata … perché non vedevo l’ora di rivedere i suoi occhi … perché le ho appena fatto una scenata di gelosia … perché le sto dichiarando quanto mi abbia stravolto la vita in pochi giorni … e perché sto sperando che mi dia almeno una possibilità per conoscerla e capire i miei sentimenti».
Usagi non parlava, ma continuava ad ascoltare le sue parole così dolci e a guardare i suoi occhi che sembravano così sinceri.
Aspettò che finisse di parlare.
Un leggero sorriso ricomparve sul suo volto, leggermente arrossato da tutte le emozioni che aveva provato in quei pochi minuti, lì in quell’ufficio.
«Abbiamo preso solo il caffè!» gli sussurrò teneramente.
Al che Mamoru, incurante del luogo in cui si trovavano e che qualcuno potesse entrare all’improvviso, la portò più vicina a sé e posò delicatamente le sue labbra su quelle di lei.
Usagi si lasciò andare tra le sue braccia forti e virili, accogliendo quel dolce bacio d’amore.
“Vivi questo amore, giusto o sbagliato che sia, ovunque ti porti!”.
Alla fine, Usagi aveva deciso di dare ascolto alla voce di Rei.
 
Qualcuno aveva bussato alla porta dell’ufficio di Mamoru.
I due si staccarono rapidamente da quel bacio clandestino, cercando di ricomporsi alla svelta.
«Avanti!» esclamò il giovane medico, accomodandosi dietro la sua scrivania.
Motoki entrò e rimase piuttosto attonito nel trovare Usagi lì.
Pochi secondi di imbarazzante silenzio, poi un timido « Disturbo? » da parte del ragazzo.
«Entra pure, Motoki! La dottoressa Tsukino stava per andare via» gli disse Mamoru, cercando di sembrare più disinvolto possibile.
Non aveva ancora parlato ai suoi due amici di quello che era successo con Usagi, ma per ora preferiva non farlo e lasciare che rimanesse solo un pettegolezzo privo di conferme. Poi si rivolse a lei.
«La situazione della signora Watanabe dovrebbe essere tranquilla, in ogni caso passerò per un rapido controllo prima di entrare in sala operatoria. Per qualunque problema chiama la dottoressa Haruna».
«Lo farò dottor Chiba, stia tranquillo!» rispose Usagi, rossa in viso e piuttosto agitata dalla situazione.
«Vi auguro buona giornata!» aggiunse poi, salutando entrambi i suoi superiori e uscendo rapidamente dalla stanza.
Motoki assistette alla scena perplesso, guardando di sottecchi prima l’uno poi l’altra.
Appena Usagi lasciò la stanza un sorriso malizioso si dipinse sul suo volto.
«Sbaglio o quella era la tua specializzanda? » chiese enfatizzando la parola tua.
Mamoru lo guardò aggrottando la fronte, come per dirgli “E allora?”.
«Non guardarmi con la faccia di chi cade dalle nuvole, Chiba! C’era un’atmosfera di tale imbarazzo qui dentro fino a pochi secondi fa, che quasi avrei voluto scomparire. È chiaro che io abbia interrotto qualcosa» lo rimproverò Motoki.
«Ancora questa storia! Abbiamo solo preso una birra insieme per festeggiare il suo primo intervento e Heles ci ha ricamato su, come suo solito  rispose Mamoru infastidito dal dover dare continuamente spiegazioni sull’argomento.
«Non mi pare che Heles sia solita inventare storie – lo riprese l’amico – e poi, come fai a dire solo una birra? E gli improvvisi cambi di turno, le scenate di gelosia, i tuoi sbalzi di umore? E poi, dove accidenti sei finito ieri sera? Improvvisamente sei scomparso senza neanche salutare!».
Motoki era arrabbiato, più che altro perché non riusciva a comprendere il motivo per cui Mamoru si ostinasse a negare l’evidenza. È vero, lui era tornato solo da un giorno, non sapeva niente di tutta quella storia nata durante la sua assenza, ma conosceva Mamoru da anni e il suo cambiamento era palese.
«Neghi l’evidenza! – gli disse ancora – e non capisco perché non ti fidi dei tuoi migliori amici».
Mamoru era dispiaciuto per quella situazione, e così, messo alle strette, cercò di giustificare il proprio atteggiamento.
«Non è che non mi fidi di voi – disse – è solo che per me è una situazione nuova, non ci capisco più niente anche io! E poi non è successo ancora nulla, se accadrà sarete i primi a saperlo».
E su quest’ultima frase abbassò lo sguardo come per non far trasparire la sua piccola bugia.
«Come preferisci! – esclamò Motoki con un sospiro di rassegnazione – Comunque ero venuto qui per chiederti un parere su un mio paziente. Appena ti liberi, passa a dargli un’occhiata. Questa è la copia della sua cartella!».
«Ok, lo farò!» rispose Mamoru, come se soddisfare immediatamente la richiesta di Motoki potesse in qualche modo redimerlo dal proprio comportamento sbagliato. Accennò poi un sorriso di gratitudine verso il suo amico per aver compreso la situazione e non aver insistito oltre, al contrario di quanto, invece, avrebbe fatto Heles.
 
Usagi era tornata a casa da poco più di dieci minuti. Non aveva molto tempo a disposizione, Mamoru sarebbe passato a prenderla tra meno di mezz’ora e lei non aveva intenzione di fare da subito, anche con lui, la solita figura della ritardataria.
Dopo una rapida doccia, in intimo e con i capelli ancora bagnati avvolti nell’asciugamano, rimase imbambolata davanti al suo armadio aperto.
«Ufff che mi metto?» sbuffò davanti a quell’ardua decisione da prendere in pochi minuti.
Avvilita, alla fine, scelse quello che la faceva sentire più a suo agio: jeans scuri comprati la settimana precedente e maglione nero a collo alto. Si soffermò con lo sguardo sui décolleté neri.
«Naaaa, ho ancora male ai piedi dopo ieri sera!» esclamò guardandoli quasi con ribrezzo e afferrando, invece, con soddisfazione, il suo caro e comodo paio di anfibi. Dopotutto, lei e Mamoru sarebbero rimasti in casa.
Ripensò sorridendo all’invito di lui.
Nel tardo pomeriggio, il giovane medico era passato nella stanza della signora Watanabe per visionare le condizioni della sua paziente. L’aveva visitata con attenzione, mentre Usagi era lì a osservare. Poi aveva cominciato a scrivere qualcosa sul suo ricettario.
«È tutto a posto, Tsukino! Se la temperatura dovesse salire, somministrale queste medicine» le aveva detto senza neanche rivolgerle uno sguardo ed era andato via, consegnandole quel foglio piegato in due parti.
Usagi lo aveva aperto e con suo grande stupore, oltre al nome della medicina, aveva letto un messaggio per lei:
 
“Stasera pizza da me! Passo a prenderti alle 10.
PS. sei bellissima!”
 
In quel momento, era rimasta senza fiato e, ancora adesso, mentre asciugava i lunghi capelli, il cuore le batteva forte al pensiero di quell’invito così dolce e insolito.
“Che pazzo!” pensò divertita.
Non le aveva dato modo neanche di rispondere, il suo più che un invito era stato un ordine categorico. E se invece lei avesse rifiutato, facendosi trovare già con il pigiama e a letto?
«Non ne avresti avuto il coraggio, stupida Usagi!» disse, facendo una smorfia e tirando un enorme sospiro di rassegnazione verso la sua immagine riflessa nello specchio.
Da quella mattina nella sua testa c’era solo un grande caos.
Prima era stata felice, poi spaventata dalla sua stessa felicità, poi fredda e distaccata, poi arrabbiata, poi di nuovo felice e adesso rassegnata. Era proprio un gran casino!
Appena provava a ragionare sulla situazione, l’immagine di Mamoru, così bello e così sensuale, le si presentava davanti e, a quel punto, di che avrebbe potuto ragionare ancora?
 
Mamoru aveva appena finito di lavorare. Il tempo di fare una doccia e indossare gli abiti puliti, che teneva sempre nel suo armadietto per le emergenze, e corse via come un fulmine, tanta era la voglia di rivederla.
Pensò che forse avrebbe dovuto invitarla a cena e non a casa sua, magari così aveva dato l’impressione di avere solo un secondo fine, mentre in realtà il suo intento era di tenerla lontano da altre chiacchiere inutili.
E poi non le aveva dato neanche la possibilità di replicare. E se lei avesse deciso di dargli buca?
«Uffà!» sbuffò cercando di cacciare via tutti quei pensieri negativi, mentre si dirigeva all’uscita del reparto di chirurgia.
«Mamoru, vieni con noi al Crown? C’è anche Reika» gli chiese Motoki, vedendolo andar via.
«No, vi ringrazio, ragazzi! Sono stanco, vado a casa a dormire. Buona serata e salutami tua moglie!» rispose lui, senza neanche fermarsi un attimo con loro.
«A te sembra uno che sta andando a casa a dormire?» chiese Heles a Motoki, mentre entrambi perplessi lo guardavano andar via di fretta.
«Decisamente no! – rispose il ragazzo secco – La Tsukino è ancora qui?».
«È andata via un’oretta fa! » esclamò lei.
I due amici si scambiarono un sorriso d’intesa.
«È così sfuggente. Ci sta evitando, non si fida più di noi!» aggiunse poi Motoki con tono deluso, dopo qualche secondo di silenzio.
«Dai, non te la prendere – fece Heles sollevando le spalle – è comprensibile! Dagli prima il tempo di capire quello che ha nella testa».
«Tu l’hai già conosciuta. Che tipo è lei?» chiese ancora il ragazzo.
«È sveglia, intelligente, una ragazza dal carattere molto forte e deciso».
«Credi che possa aver puntato Mamoru solo per avere dei favori?».
«Che c’è, sei preoccupato per le sorti del tuo amico? – esclamò Heles ironica – Mamoru non è stupido, e poi lei non mi sembra quel tipo di ragazza. È in gamba nel suo lavoro e molto indipendente. E sinceramente, per quel po’ che ho potuto vedere, anche lei mi sembra cotta».
Motoki sembrò rassicurato dalle parole della sua amica.
«Speriamo bene, allora!» sospirò.
 
Alle dieci, il suono del citofono mandò Usagi in tilt. Lui era arrivato e la stava aspettando sotto casa.
«Sono pronta!» gli disse alzando la cornetta.
Alla svelta, indossò giacca, sciarpa e cappello, prese la borsa e, in preda a una grande agitazione, scese di corsa le scale, come un ragazzina alla prima cotta che corre dal fidanzatino pronta a saltargli addosso. Questa buffa immagine nella sua testa la indusse a bloccarsi di colpo e a cercare di darsi un contegno prima di aprire il portone. Attraversò con calma il vialetto fino al cancello, dove vide lui che l’attendeva appoggiato alla sua macchina, sorridente e bello come sempre. Gli sorrise timida.
«Ciao!» lo salutò dolcemente quando gli fu vicina.
Lui le accarezzò il viso e le posò un bacio casto sull’angolo della bocca.
«Ciao!» disse anche lui.
 Nel silenzio di quella fredda sera di inverno l’unico suono percepibile fu il battito accelerato dei loro cuori.
  
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