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Autore: Darksaurus 97    05/03/2013    2 recensioni
So che prima dovrei perlomeno completarne una ma era da tanto che volevo fare questa. Spero vi piacerà. Potrei dirvi di che tratta ma poi mi toccherebbe uccidervi, quindi... sappiate solo che il protagonista è un ragazzino di tredici anni, solo che non ha tredici anni, è molto più vecchio, e non è neanche un ragazzo normale, e che per farla mi sono ispirato a una canzone degli Skillet. Se vi ho incuriosito, leggete e se volete recensite!
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una notte…

 

Quella notte non era diversa dalle altre. Non so che ora fosse ma io sarei già stato nel mondo dei sogni se non fosse per quella sirena della polizia di mia sorella. Aveva da poco compiuto un anno ma urlava più forte di tutti i cantanti di un’opera lirica. O almeno così sembrava a me che c’ero accanto.

 Mi giravo e rigiravo nel letto come un posseduto ma non c’era verso. Se poi oltre alle strilla della bambina aggiungiamo un letto che era solo un ammasso di paglia, la situazione non migliora. Infatti io non sono nato nel 21° secolo. Né nel 20°. Io sono nato alla fine del 18° secolo. E quella era la mia stanza. Un buco in cui si poteva a mala pena respirare e dove la culla di mia sorella a un dito di distanza da me.

 D’un tratto sentii dei passi dall’esterno. Con la mia mentre ringraziai Dio di aver mandato i miei a placare quella rottura di scatole. Poi la porta si aprì e i miei finalmente entrarono.

 - Clara – sbadigliò mia madre – Perché devi fare sempre così?

 La sentii prendere la bambina e cantarle una ninna nanna. Poi quando finalmente si è addormentò e la rimise nella culla. Mi chiese se fossi sveglio ma qualcosa mi disse che avrei fatto meglio a tacere.

 - Andiamo – sussurrò la mamma.

 - Aspetta – rispose papà.

 - Che… - la domanda le morì in gola per qualche istante.

 - Che vuoi fare con quello? – chiese infine.

 - Debbie, devo farlo!

 - Tom, rispondimi. Che diavolo vuoi fare con quel coltello?! – urlò.

 - Devo farlo.

 - No. Non devi. E non credere che te lo permetterò. Dovrai calpestare la mia carcassa prima!

 - Rifletti. Da quando è nata Clara non ha fatto altro che piangere ogni notte. Ogni notte a mezzanotte per un anno intero non ha fatto altro che piangere!

 - E allora? Potrebbero essere solo incubi, no?

 - Ogni notte a mezzanotte per due anni? – rispose scettico.

 - Beh... – mia madre si bloccò un attimo. Poi sentì dei passi veloci e la sentii urlare: - Se vuoi lui, dovrai prendere anche me allora!

 Lo sentii respirare in modo forzato. Mio padre non ha mai alzato le mani né a me né alla mamma. Eppure sentivo che qualcosa gli suggeriva di farlo proprio in quel momento.

 - Mia madre è morta, Debbie.

 Non ebbi bisogno di guardarla in faccia. Sapevo già com’era…

 - Perché non me l’hai detto? – disse a bassa voce.

 - Dovevo riflettere.

 Sentii le guance umide. Stavo piangendo e non me n’ero nemmeno accorto. Lei non ha mai voluto vedermi. Ha sempre detto che ero posseduto da qualcosa di cattivo, di pericoloso, facendosi dare della sciocca da mio padre. Però la sera prima, solo perché sapeva che io ero fuori, venne a vedere la piccola. Quando tornai però lei era ancora lì e ha dato di matto per tutto il resto della serata, causandomi un dolore che non avevo mai provato prima. D’un tratto mi ritrovai a desiderarne la morte, a volerla vedere soffrire e urlare dall’agonia, e tutto questo nella solitudine più assoluta. Fu proprio così che morì, a casa sua, nel suo letto e di una malattia che causava dissanguamento. Quando la trovarono la sua stanza era totalmente rosso sangue.

 - E’ morta. Di una malattia che nessuno nella mia famiglia ha mai avuto. E il giorno dopo averlo visto – la sua voce si fece singhiozzante – Devo farlo. Credimi, io non vorrei ma devo.

 Mia madre non riuscì a reprimere le lacrime ed esplose in un pianto a dirotto. Sapevo cosa provava. Lo sentivo anch’io.

 - Ma se… - singhiozzò mia madre – Ma se ti sbagliassi, allo…

 - No. Non mi sbaglio. Ne sono certo.

 I miei occhi si riempirono di lacrime ma non volevo piangere. Non volevo piangere. Non volevo che loro sapessero che io avevo sentito tutto…

 - Oh Dio – sospirò mia madre – Se sei così sicuro allora fallo. Non ti fermerò.

 Lo sentii dare un bacio a mia madre, che nel frattempo piangeva, e si avvicinò a me ripetendo preghiere. Respiravo a fatica. La sola idea di muoversi era impossibile. Non riuscivo a capire. Io ero loro figlio. Sangue del loro sangue e adesso… Come potevano farlo? COME?! Era sempre più vicino, il coltello in mano e la voce ancora più affilata. E poi… il dolore e più nulla. Solo che il dolore non veniva dall’esterno…
  
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