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Autore: adocchispenti    05/03/2013    1 recensioni
Arrivare a casa e rinchiudersi in camera ormai era diventata un'abitudine. Come la porta viene richiusa l'obbiettivo è solo uno: la lametta.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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" Girl let me love you
And I will love you
Until you learn to love yourself
Girl let me love you
And all your trouble
Don’t be afraid, girl let me help
Girl let me love you
And I will love you
Until you learn to love yourself
Girl let me love you
A heart of numbness, gets brought to life
I’ll take you there "
Let me love you, Ne-Yo


Arrivare a casa e rinchiudersi in camera ormai era diventata un'abitudine. Come la porta viene richiusa l'obbiettivo è solo uno: la lametta. Appena butto la borsa in un angolo remoto della stanza inizio a salire le scale del soppalco che portano al mio letto. Prendo il piccolo astuccetto conservato dalle elementari nascosto sul comodino accanto al letto e ne tiro fuori l'oggetto cercato. Me lo rigiro tra le mani, accarezzo la lama affilata; indugio un'attimo, soffermandomi a fissare quel piccolo oggetto che ogni giorno mi aiuta così tanto. Prendo un respiro profondo e alzo la sottile manica della mia maglietta a maniche lunghe, che continuo ad indossare non ostante sia maggio inoltrato. Porto gli occhi sul mio braccio mutilato, è pieno di graffi e ferite. I tagli più freschi e ancora aperti sono contornati da quelli già rimarginati e cicatrizzati. Cerco uno spazio ottimale, tra quella quantità di graffi e ferite che ornano il mio avambraccio in maniera così spettrale. Appoggio la lametta vicino al polso, chiudo gli occhi e inizio a farla scorrere sulla mia pelle. Riapro gli occhi e sollevo l'oggetto argentato, in pochi secondi appare una linea rossa nel punto dove poco prima mi ero tagliata. La pelle inizia a bruciare e il sangue sale in superficie. Ormai non sono più spaventata da tutto questo, anzi mi sento come in extasi alla visione del sangue che sgorga dal mio braccio. Sento che con esso escono pure tutti i miei dolori, le mie sofferenze, le preoccupazioni; come se l'amore che provo per lui uscisse dal mio corpo accompagnato dal mio sangue. Così ripeto l'azione un'altra volta, con più furia. E lo rifaccio, ancora e ancora. Ripasso la lama pure dove si stanno creando le croste; li fa più male, ma non importa. Mi inizio a sentire meglio, mentre mi auto-infliggo questa pena quasi sorrido sollevata. Sento il dolore provocato dal mio cuore spezzato sciamare, come se una potente morfina sia stata appena iniettata nelle mie vene e stesse iniziando a fare effetto. Troppo concentrata su quello che sto facendo non mi accorgo che qualcuno sta salendo le scale e quando improvvisamente mi sento toccare una spalla con un tocco delicato, lascio cadere la lametta insanguinata a terra e mi volto di scatto trattenendo il fiato. E me lo ritrovo davanti, con i suoi occhi azzurri che mi scrutano preoccupati. Mi immobilizzo, blocco il respiro e inizio quasi a tremare. Lui porta lo sguardo sull'oggetto appena caduto dalle mie mani, lo scruta con attenzione poi passa a guardare il mio braccio sanguinante e torna a piantare i suoi occhi nei miei. Corruga la fronte in un'espressione indecifrabile: è un misto tra preoccupazione e delusione. Non riesco a sostenere il suo sguardo, mai ci sono riuscita, così lo abbasso sulle punte dei miei piedi. Lui schiude le labbra, prende un piccolo respiro e “El, perché?” mi chiede preoccupato. E sentendo il tono della sua voce così profonda e triste, il mondo mi crolla addosso. Come se tutta la felicità che ero riuscita ad acquistare prima fosse andata via improvvisamente, sento un grande peso all'altezza del cuore, le gambe molli. Inizio a respirare affannosamente, mentre scuoto la testa a destra e a sinistra ad un ritmo irregolare e sconnesso sento gli occhi inumidirsi. “Io..” provo a dire, ma le parole mi muoiono in gola. Non ho più saliva, provo a deglutire per alleviare il fastidio alla bocca ma è inutile. Le sue grandi mani mi accarezzano il viso e mi incoraggiano a far incontrare i miei occhi con i suoi e quando “Tranquilla, non lo voglio sapere. Voglio solo aiutarti.” sussurra piano iniziano a scendere copiose le lacrime. Non le riesco più a fermare, bagnano le mie guance e le sue mani. I miei occhi sono ancora dentro i suoi, il mio respiro è ancora affannato ma mi sento meglio: mi sento protetta. Improvvisamente mi stringe in un abbraccio e “per favore, non piangere.” mi supplica nell'orecchio. Mi sfugge un singhiozzo più profondo degli altri e, come se non avessi sentito le sue parole, inizio a piangere più forte. Lo stringo forte a me affondo la testa nel suo petto. Mi sovrasta, nella sua altezza, ma mi fa sentire più protetta. “Ti aiuterò io” mi sussurra all'orecchio prima di allontanarsi leggermente da me. Mi fa sedere sul letto e si siede accanto a me. Vorrei chiedergli cosa ci facesse in casa mia, ma ho la gola troppo secca per parlare. Mi volto leggermente verso di lui e lo fisso attentamente: anche lui mi guarda, ha lo sguardo leggermente sconvolto, la maglietta stropicciata, le labbra semi aperte. Se solo sapesse che sono arrivata fino a questo punto per causa sua. “Io, io credo di saperlo già.” sussurra. “Ma cercavo di non crederci, avevo le prove, ti avevo anche intravisto le cicatrici una volta, ma facevo di tutto per credere di essermelo immaginato.” dice più sicuro, portando lo sguardo sulle sue mani. “Non voglio sapere perché hai iniziato, voglio solo aiutarti a smettere. Farò tutto il possibile per aiutarti.” continua, a quelle parole ricomincio a piangere. Mi sento una stupida, una deficiente. Come ho fatto a dubitare di lui? Quando inizio a singhiozzare lui riporta lo sguardo su di me e immediatamente mi abbraccia. Lui ci tiene a me. Sono una stupida. “So che sarà difficile, ma io ci proverò. Lo farò per te, per noi. Non voglio più vederti soffrire, non voglio più vederti triste. Promettimi che ti farai aiutare.” Mi parla nell'abbraccio, mentre mi accarezza dolcemente la schiena. Che stupida, non avrei mai dovuto soffrire per lui. Mi stacco dall'abbraccio, mi asciugo le lacrime, decisa nel farmi aiutare. Lo guardo negli occhi, sicura e “si, mi farò aiutare. Ma tu promettimi che non mi abbandonerai più.” rispondo guardandolo intensamente negli occhi. Per la prima volta riesco a sostenere il suo sguardo e lo vedo rasserenarsi. Accenna un piccolo sorriso, prende le mie mani nelle sue e “certo El, mai più.” sussurra con gli occhi accessi da un barlume di speranza. Appena sussurra quelle parole non posso fare a meno di sentirmi meglio. Il peso all'altezza del petto si fa meno intenso permettendomi di riprendere a respirare regolarmente. Mi inizio a calmare, ma quando il mio sguardo si posa sulla lametta insanguinata non posso fare a meno di aver voglia di ricominciare. Così capisco che sarà difficile, sarà tremendamente difficile stare meglio. Ma anche che grazie a lui, il ragazzo che mi ha fatta sprofondare, riuscirò a tornare felice. Così riporto i miei occhi ancora arrossati nei suoi e “grazie, grazie di tutto Andrea.” sussurro.

Riapro gli occhi, mi trovo sul mio letto. Mi guardo in torno per cercarlo, ma non c'è. Mi sollevo e noto la lametta vicino a me, controllo il mio braccio: è ancora pieno di ferite. Sprofondo in un'amarezza mai provata prima quando mi rendo conto che la mia vita continuerà ad essere uno strazio, che continuerò a tagliarmi e che lui non mi aiuterà mai. Non uscirò mai dal circolo vizioso dell'autolesionismo. Nessuno saprà mai niente. Saremo solo io, il sangue e quel piccolo oggetto di metallo. Era solo un sogno, un'altro fottutissimo sogno.
   
 
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