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Autore: Gio10_7    05/03/2013    3 recensioni
Cosa succederebbe se Jace fosse già stato fidanzato da 7 anni anni con Alexis prima di incontrare Clary? Si sarebbe comunque innamorato di lei o sarebbe stato fedele alla ragazza che dice di amare? Alexis non è una Shadowhunter qualsiasi, ha dei poteri di cui nessuno tranne i suoi amici dell'istituto sono a conoscenza. Riuscirà a tenersi stretto Jace?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con un nuovo capitolo! Spero che vi piaccia! Ringrazio sempre chi legge, chi recensisce, chi aggiunge la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite. Buona lettura (:

Una neonata ancora in fasce con gli occhi celesti accesi da una luce particolare per i bambini di quell'età. Un uomo col viso nascosto da un mantello con un cappuccio nero che si allontanava silenziosamente, quasi con circospezione. Una donna dai lunghi capelli neri e qualche ruga intorno agli occhi gentili anch’'essi neri come la pece. Al suo seguito un uomo con gli occhi azzurri e un filo di barba.

- Alexis... la figlia di Danielle - disse la donna prendendo la bambina in braccio. Una lacrima le scese lungo la guancia. L'uomo le mise una mano sulla spalla.
- Andrà tutto bene, Maryse. Tutto bene. Vedrai.
- Lei è morta. Non posso credere che sia vero... lei... era... - la donna scoppiò in lacrime, turbando la bimba che cominciò a emettere piccoli mugolii per attirare l'attenzione su di sé.
- Lo so, lo so - disse l'uomo dandole dolci colpetti di conforto sulla schiena. - Ma ora cerchiamo di preoccuparci del problema più imminente: la bambina. Che cosa vuoi farne?
- La terremo. E' la sua bambina capisci? Non posso abbandonarla, l'hanno già fatto i suoi genitori. La cresceremo come se fosse figlia nostra, poi quando sarà abbastanza grande, le racconteremo la verità. Non dovremo dirlo nemmeno ad Alec e Isabelle. - Disse con decisione Maryse asciugandosi il viso.
Cambio di scena.
La bambina, Alexis, ora doveva avere sette anni. Girava per l'Istituto con altri due bimbi: un maschio e una femmina. Lui era più grande di un paio d'anni. Entrambi con capelli neri, lui corti, lei lunghi. Unica differenza: gli occhi blu di lui e neri di lei. Stavano giocando, quando una voce li chiamò con tono serio.
Era Maryse che teneva per il braccio un altro bambino, anche lui con età intorno ai sette anni.
- Lui è Jace - disse indicando il nuovo arrivato. Era un bel bambino, abbastanza alto, occhi color ambra, capelli dorati. Alexis lo guardava con fervido interesse, come solo i bambini fanno; Isabelle con un appena accennato sorrisino compiaciuto: un'altra vittima per i suoi scherzi. Alec lo guardava come si può guardare solo un altro peso a cui badare. - Vivrà con noi nell'Istituto, come membro ufficiale della famiglia. Mi raccomando: mi aspetto che lo trattiate bene. Cercate di fare amicizia.
Detto questo se ne andò a passo veloce.
Alexis percepiva nello sguardo di quello strano bimbo una certa sicurezza, un senso di abbandono della fanciullezza e la consapevolezza di essere più sveglio di quanto sembrasse. Non le piaceva quell'impressione che le dava.
Altro cambio.
Questa volta la scena si svolgeva nella serra. Alexis e Jace -che dovevano avere circa un anno in più dell'ultimo ricordo- erano da soli. Stavano parlando. - Com'erano i tuoi veri genitori? - Chiese Alex, con l'innocenza della fanciullezza.
- Ve l'ho già raccontato. Sono morti.
- E' tutto quello che hai detto. Ed io ti ho chiesto com'erano.
Pausa. Poi: - mia madre non lo so. Mio padre era un tipo severo. Ma mi dava sempre ciò che volevo. Una volta mi regalò un falco e mi disse di insegnargli a obbedire. A me non piaceva, ma volevo che fosse fiero di me, così cercai di fare in modo che il falco si fidasse di me. Quando alla fine riuscii a insegnargli a obbedire, corsi da mio papà e gli feci vedere ciò ero riuscito a fare. Invece di farmi i complimenti lo uccise.
Alex lo guardò con disgusto. - Perché?
- Era stata colpa mia. Non gli avevo insegnato la cosa giusta. Il falco mi voleva bene e mi obbediva solo per quello.
- Che cosa sciocca. Maryse è severa, ma non credo che ci ucciderebbe mai un animale. Non è strano?
- Cosa?
- Come le rose crescano con colori diversi. Quella è bianca e di fianco ce n'è una rossa e di fianco ancora una rosa - disse Alex, indicando verso il pezzetto di terreno di fronte a loro.
- Sì, è strano - replicò Jace. Andò verso le rose e ne staccò una pungendosi il dito.
- Cosa fai? - Chiese Alex aggrottando le sopracciglia.
In risposta Jace le porse la rosa a cui ava staccato la parte di gambo con le spine. Lei la prese e andò ad abbracciare Jace. La cosa lo sorprese. - Perché l'hai fatto?
- Cosa?
- Perché mi hai abbracciato?
- Perché è questo che si fa quando si vuole ringraziare qualcuno.
Un vortice: di nuovo la scena cambiava. Un’Alexis di tredici anni parlava con Maryse. Le stava raccontando la verità sulla sua identità: suo padre era morto e sua madre l’aveva abbandonata sui gradini dell’Istituto.
Un’infinità di ricordi cominciò a riprendere il proprio posto nella mia mente fino a quando un altro lampo di luce accecante perforò l’oscurità dietro le mie palpebre. Aprii di scatto gli occhi e mi ritrovai sdraiata su un lungo tavolo di pietra. Intorno a me c’erano le figure di due delle persone più care che avevo: Jace e Isabelle. Sui loro volti leggevo la paura, l’ansia e la preoccupazione. Con loro c’erano Fratello Geremia e altri membri della Città Silente, con i volti sfigurati, le labbra cucite e le orbite senza occhi. Mi misi a sedere e mi passai una mano sulla fronte sudata. Jace mi si avvicinò con cautela. Ora ricordavo. Ricordavo di come mi aveva mentito, ricordavo di come era stato freddo nel dire quell’unica parola prima che uscissi per andare a caccia di demoni e distrarmi. Ricordavo di come mi ero persa a contemplare la vita nel parco e di come il sensore aveva captato la presenza del demone Raum. Ricordavo ogni colpo che mi aveva inflitto fino a che non ebbi perso i sensi. Avevo anche un vago ricordo di un corpo familiare che mi trasportava via da quell’inferno mentre ogni parte del mio stava bruciando dall’interno. Ricordavo il risveglio nell’infermeria dell’Istituto e l’arrivo di Jace. Ricordavo tutto.
Isabelle cominciò a tempestarmi di domande per testare la mia memoria, ma non riuscivo a starle dietro. I miei occhi erano fissi in quelli di Jace. Leggevo la pena sul suo viso. Scesi dal tavolo e gli corsi incontro, gettandogli le braccia al collo. Lui non esitò un secondo a stringermi a sé.
-Alex, io…
Lo zittii con un bacio veloce. Dopo che avevo perso la memoria, lui era rimasto con me, sempre. Non c’era dimostrazione d’amore più grande di questa. Avevo visto il dolore, la tristezza dei suoi occhi quando gli avevo detto che non ricordavo. E comunque non mi aveva lasciato. Aveva cercato in ogni modo possibile di aiutarmi a ricordare, anche le più piccole cose. E di Clary non si era interessato nemmeno una volta. Avevo buone ragioni per poterlo perdonare.
Mi staccai da lui e abbracciai anche Isabelle, che nel frattempo si era zittita.
-Io lo prenderei come un sì, se fossi in te – scherzò Jace.
Scoppiammo tutti a ridere.
-Bene, Alexis Starlight. Sei riuscita nel tuo intento. Mi raccomando, fai attenzione quando combatti da sola contro certi tipi di demoni – mi congedarono. Annuii in segno di ringraziamento.
Insieme, percorremmo il percorso a ritroso per quei corridoi così pieni di tristezza e morte finché non uscimmo sullo spiazzo con l’angelo. Una volta fuori dal cimitero i Fratelli ci misero a disposizione una delle loro macchine e tornammo all’Istituto. Durante il tragitto raccontai loro nei dettagli cosa era successo dopo aver litigato con Jace – che si dimostrò molto imbarazzato a riguardo.
Alla fine della spiegazione, Isabelle mi disse: -Ma sei impazzita a combattere contro un demone di quel livello da sola?
-Non era la prima volta che ne sconfiggevo uno. E comunque non ero proprio a posto con la testa in quel momento!
- Ragazze, non mi sembra il caso di rovinare il giorno in cui Lexy ha recuperato la memoria! – Ci rimproverò Jace.
- Sì, però… - cercò di ribattere Isabelle, ma fu interrotta una brusca frenata. Eravamo arrivati.
Non feci in tempo a mettere un piede giù dalla vettura che subito fui assalita da un Alec tutt’altro che tranquillo. – Allora? Com’è andata? Hai recuperato la memoria? Ti ricordi chi sono, adesso? Ti hanno fatto qualcosa di sbagliato? Guarda che se…
-Alec respira. – Lo interruppi. – Sto bene. Sì, ho recuperato la memoria. Non mi hanno fatto niente di male, come puoi costatare tu stesso. E comunque i Fratelli Silenti non sono né cattivi, né tantomeno pericolosi in alcun modo.
Mi afferrò per un braccio e mi tirò a sé. – Grazie al cielo, sei tornata la te stessa di sempre!
Gli diedi delle pacche sulla schiena. Alec era sempre Alec.
-Sarà meglio avvisare Hodge – disse poi.
-Già – concordai.
Entrammo all’Istituto. Era confortante vedere i familiari muri bianchi e le stregaluce nelle torce lungo le pareti. Per una settimana mi ero mossa senza sapere con esattezza dove andavo ed ero quasi sempre accompagnata per evitare che mi perdessi. Il poter riconoscere ogni curva, ogni porta, ogni difetto nel muro, ogni corridoio era decisamente una cosa bellissima.
Mentre camminavamo, facevo scorrere le dita lungo il profilo degli angoli, assaporandone la familiarità che avevo con quel luogo.
Ci fermammo davanti alla biblioteca, il ‘mio secondo mondo’. Quando entrammo, trovammo Hodge seduto sulla sedia dietro alla scrivania in legno. L’amato odore dei libri mi colpì più del riconoscimento del luogo dov’ero cresciuta.
Hodge alzò la testa e mi guardò da sopra il libro che stava leggendo.
-  Alex! – Esclamò quando mi vide. – Tutto bene?
-Si, tutto a posto. I miei ricordi sono ancora saldi nella mia mente – dissi, picchiettandomi un dito sulla fronte.
Mi sorrise. Per me, oltre che a un tutore, Hodge era come un padre. Robert era sempre via e lo vedevo pochissimo anche da piccola. Ora invece lo vedevo ancora meno. Maryse all’inizio non andava con lui a Idris, la città madre degli Shadowhunters, per stare con noi, ancora troppo piccoli per rimanere all’Istituto soli. Quando nacque Max, Maryse non poteva continuare a far andare il marito a ogni incontro, quindi se lo portava dietro. In parte era un bene per lui: ogni Shadowhunter sogna di vedere Idris, molti anche di viverci. Ma non è concesso: gli Istituti resterebbero vuoti e le città sarebbero continuamente attaccate dai demoni.
-Credo che v’interessi sapere che la ragazza, Clary, si è svegliata poco fa – ci informò Hodge.
Guardai Jace di sottecchi. I suoi occhi erano brillanti di vivido interesse. Non devo essere gelosa. No. Lui ama me. Me l’ha dimostrato nel corso di questa settimana. Strinsi le mie dita con le sue e presi un respiro profondo.
-Andiamo da lei allora.
  
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