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Autore: Amy Tennant    06/03/2013    6 recensioni
L'ultimo Signore del Tempo ha perso la sua sposa e il dolore lo sta facendo impazzire. Un uomo che non è un uomo, sta diventando un terribile dio vendicativo. Desidera salvare l'unica cosa che per lui abbia senso a costo della sua anima e dei mondi. Ma va fermato. E ucciso.
Un universo parallelo a quello conosciuto mentre il tempo e lo spazio si stanno sgretolando.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Rose porse il tè al signore al bancone e poi si diresse verso il fondo della saletta della caffetteria. Si tolse il grembiule e si mise di fronte al ragazzo che la guardò tristemente. Rose si morse il labbro inferiore abbassando lo sguardo. Attorno rumore di tazze e bicchieri, mezza mattina inoltrata di una giornata così grigia da sembrare già sera. Qualcuno iniziava a pensare ad un rapido pranzo per poi tornare a lavoro. Il silenzio tra Rose e il ragazzo venne spezzato da entrambi nello stesso momento. Un accenno di parola, una sopra l’altra. Si sorrisero, facendo un gesto simile. Succedeva spesso. Si conoscevano da una vita.
-          Rose…  fai parlare me, è meglio – disse piano il ragazzo.
-          Eppure sono io che devo farti le mie scuse, Mickey. E’… tutta colpa mia – lui abbassò lo sguardo. Rose continuava a segnare con le dita nervosi cerchi su quel tavolo, quei continui cerchi complicatissimi che poi cancellava quasi con paura. Mickey strinse le labbra e cercò di poggiare la mano su quella di Rose ma lei si ritrasse – Mickey… - mormorò quasi con tono che voleva scusarsi.
-          Rose… davvero, non può continuare così – disse amaramente – ma non per me, non solo. Lo sai che non te lo dico perché io… - esitò – credi che io non sia tuo amico?
-          Tu sei il mio migliore amico, Mickey – Rose lo guardò con gli occhi lucidi.
-          Allora dammi ascolto: devi parlarne con qualcuno. Devi farti curare… - una scintilla brillò negli occhi scuri di Rose. Di nuovo. L’aveva detto un’altra volta.
-          Io non sono malata! – sussurrò con tono tagliente  – io sono perfettamente sana – Mickey scosse il capo.
-          Ah, davvero? Davvero, Rose?... vediamo un po’, come definire il tuo essere sana? – strinse una mano a pugno, quella sul tavolo che aveva fatto per stringerla – è sano non riuscire a lasciarsi andare? Non dico con chiunque ma nemmeno con me…!
-          Ci abbiamo provato… non funziona.
-          Funziona benissimo, Rose! Stiamo… bene…
-          Ti ho spiegato cosa succede, Mickey. Io… ti voglio bene ma… - si interruppe. Mickey aveva uno sguardo terribilmente affranto.
-          Rose… tu non riesci ad amare, non riesci – lei si morse ancora le labbra nervosamente - sei una ragazza che combatte, combatte furiosamente! In palestra lo dicono tutti: Rose è una furia. Rose… è una furia come avesse paura di perdere…!
-          Io devo avere paura! Loro sono ovunque…
-          Loro chi, Rose!
-          Mickey… li sento, li intravedo tra la gente, mi fissano ovunque. So che mi tengono d’occhio che aspettano qualcosa. Io lo so. Non chiedermi come ma… lo so! – Mickey la guardava con pena. Il delirio di persecuzione di Rose era iniziato da quando aveva compiuto diciannove anni ma già da molto prima si preparava ad affrontare un nemico. Anche quello, inesistente.
Rose, che nonostante il fisico minuto era in grado di atterrarlo con un gesto, avesse voluto. Tutti avevano finito per avere paura di lei, sebbene nessuno come lui sapesse quanto fosse dolce e sensibile. Una ragazza spaventata.
Determinata ad affrontare qualcosa di terribile che non esisteva e che era, come per alcuni bambini, la paura del buio. Ma Rose aveva ventisei anni.
Mickey emise un sospiro amarissimo.
-          Sei paranoica! Pensi di essere seguita, spiata. Pensi che qualcuno voglia il tuo male e invece…  - la guardò tristemente – non ti accorgi di chi ti vuole bene davvero. Ti perdi la vita, Rose! Quella vera  – gli occhi di lei si erano fatti più lucidi. Mickey odiava quello sguardo, farla soffrire. Ma Rose non poteva continuare a negarsi un’esistenza normale a causa di quella fantasia di bambina. E ancora si chiese cosa fosse successo, quel pomeriggio. Chi fosse la persona che Rose aveva incontrato e di cui gli aveva parlato solo dopo anni. Ammesso che costui fosse mai esistito – pensi ancora al tuo dottore, vero? – Rose sgranò gli occhi ma solo un momento.
Non passava un attimo senza che ripensasse a lui. Così reale, così vicino. Anche se non c’era se non nei suoi sogni. E solo davanti alla riva del mare, quando aveva modo di andarci come per fuggire lontano da tutto il resto, le pareva di poter quasi sfiorare il suo spettro.
La ragione le diceva di rinunciare, che forse si era trattato di una fantasia, di un ricordo cambiato dal tempo in qualcosa che non era e non esisteva.
Ma il cuore, e non altro, le imponeva di aspettare. E fare come le aveva detto: difendersi.
Nei suoi sogni lui era cambiato.
Era stato lo strano amico che per mano l’aveva portata in tanti assurdi posti. Posti così reali che sembravano veri e non sogni, come altri che faceva. Avevano giocato insieme, riso.
Poi però tutto era diventato… differente. E lei si era innamorata del suo amico immaginario. Perché era quello, era amore. Una cosa impressionante, dolorosissima. Come la sua assenza.
Nei sogni lui restava distante da lei. La teneva per mano, la abbracciava quando sentiva quella tristezza terribile salirle dall’animo anche quando era lì. Mai le loro labbra si erano sfiorate, solo le loro mani, le sue dita fredde su di lei con delicatezza; le ricordava sulle sue tempie, le ricordava...
Mai aveva potuto accarezzarlo più profondamente. Mai neanche lì, dove esisteva.
Lui la vegliava come fosse uno strano angelo custode.
In attesa di ritornare da lei.
Lo sentiva, lo sentiva chiaramente. 
Ma era umana e aveva disperato.
E un giorno, ascoltando quella canzone, aveva pianto amaramente tutte le sue lacrime come davanti ad una fine.
“Sembra che io sia stata trattenuta in una specie di stato di sogno…
…Basta sognare come una ragazza troppo innamorata…
… nel mondo sbagliato…”
Blinding.
Accecante davvero, come il risveglio certe volte.
Aveva provato quindi a rinunciare a Lui, a lasciarsi amare e amare un altro.
Ma non funzionava.  Non vi era attrazione, non vi era passione. E cosa fosse lei lo sapeva perché era qualcosa di bruciante mentre continuava a guardare le stelle ogni notte, mentre continuava a desiderare qualcuno di cui sapeva, sentiva, di conoscere ogni cosa fino in fondo.  
Non era qualcosa che aveva a che fare solo con l’anima, con qualcosa di sottile ed etereo ma indistinto. Era qualcosa che le scuoteva i sensi.
Era un tormento, una mancanza terribile e continua, come ripetere quel gesto sapendo che era chiamarlo.
Ed era ciò che sentiva dentro di sé per quell’uomo che non esisteva…
…forse…
che aveva impedito al suo corpo di amare Mickey. E prima ancora chiunque altro.
Aveva cercato la normalità. Era sempre stato il silenzio, con tutti. L’angoscia, dopo. Il rimpianto.
Era terribile cercare di placare quelle fiamme con qualcosa che invece le spegneva del tutto.
E il sentimento di un ragazzo che pure, nonostante tutto, accettava ogni cosa tacendo dolorosamente e con pazienza, non le era bastato. Non era fare l’amore; era sbagliato, era… nulla. La sua pelle urlava il silenzio, così i suoi sensi, il suo cuore stesso che non accelerava ma rallentava, ad ogni bacio, ad ogni carezza, ad ogni notte con Mickey. Non poteva continuare a mentirgli e mentire a sé stessa.
Non poteva essere solo quello, l’amore.
Non lo era. Lo sapeva.
-          Sai che anche fosse esistito, anche fosse… ora sarebbe decisamente troppo vecchio per te? – Rose non lo considerava possibile ma doveva essere così. Ma poteva qualcuno che la trovava nei sogni e al di là di tutto, essere ed esistere come chiunque altro?  – mi hai anche detto che ti ha parlato di sua moglie…!
-          No, mi ha solo detto che andava da sua moglie – e nella sua mente le parole che non aveva detto: tornava da sua moglie.
…tornava da lei?
Lo aveva promesso.
-          E’ folle… tutto questo è folle… - Rose non sapeva che rispondergli se non il fatto che sapeva benissimo di non essere pazza. Che non fosse solo l’immaginazione malata di una ragazza…
... chiusa in un altro mondo…?
-          Mickey…
-          Tu davvero non provi niente per me, Rose? – le chiese per l’ennesima volta, gli occhi rassegnati ma ancora quella speranza impossibile da cancellare, a causa di ciò che provava. Rose lo guardò addolorata. Perché non era vero che non provava nulla per lui. Ma non era quello che lui desiderava.
-          Non possiamo stare insieme, Mickey – concluse Rose.
-          Perché ami lui?  - chiese rabbioso – perché tu pensi di amare… qualcuno che non esiste, che non c’è e non ci sarà mai? – sbatté la mano sul tavolo e più di qualcuno, accanto, rivolse lo sguardo su di loro. Rose abbassò gli occhi e scosse il capo – Rose, ti prego… ti stai rovinando la vita, devi parlare con qualcuno… devi assolutamente risolvere questa storia e per il tuo bene. Solo… per il tuo.
-          Io devo difendermi, Mickey. Devo…aspettare e difendermi – disse Rose facendosi forza di tenere un tono fermo. Senza neanche rendersene conto, rovesciò di proposito un po’ di zucchero sul tavolo e con le dita iniziò a fare dei cerchi, dei cerchi complessi, degli ingranaggi. Mickey pensò che era tragico come quel gesto tradisse tutta la follia di quella ragazza che nonostante tutto continuava ad amare. La ragazza che aveva stretto a sé, che aveva amato con tutto il cuore. Ma lei non era con lui quando accadeva ma altrove. Con un altro.
Era terribile.
Per l’ennesima volta maledì quell’uomo, se esisteva, e il fatto che quel giorno fosse passato di lì. Quei suoni inesistenti che diceva di sentire, i sussurri dentro le stelle, quella stranezza che la rendeva speciale ai suoi occhi, si era da allora trasformata in altro. In una continua ricerca di qualcosa, di qualcuno…
Che purtroppo non sarebbe mai stato lui.
Mickey guardò il complesso disegno di Rose e lei, quasi impaurita, lo cancellò subito con un gesto.
-          È una parola..? – chiese ancora una volta, sapendo che non gli avrebbe risposto. Rose abbassò lo sguardo un lunghissimo momento. Come si aspettava, tacque. Scuotendo il capo Mickey si alzò in piedi – Rose, vengo a prenderti quando stacchi così facciamo insieme un po’ di spesa per tua madre, ok? – lei annuì. Mickey, sempre premuroso e presente. Sempre lì.
-          Grazie… - mormorò con un filo voce. Lui annuì con tristezza e le fece una carezza sui capelli, un gesto che sarebbe voluto essere tenero ma che a Rose non piaceva, non era mai piaciuto.
Solo una volta. E fu doloroso pensare che il breve sorriso non fu alla gentilezza di Mickey ma a qualcuno che, per l’ennesima volta, aveva sentito vicinissimo a sé.
Mickey uscì dalla caffetteria e Rose si alzò per riprendere a lavorare, dopo la breve pausa.
Fuori il tempo era terribile, il cielo plumbeo.
Notò stranamente che la cicatrice sul suo ginocchio bruciava. Bruciava moltissimo e non succedeva da anni, ormai. Strano.
Il cielo diceva che stava arrivando la tempesta.
 
**
Il giovane Dottore del futuro entrò nella sala tattica, praticamente nella penombra. Lui era lì. Rimasto dopo tutto. Dopo quella surreale riunione, dopo aver ascoltato quello che avevano da dire sul signore del Tempo impazzito. C’era troppo da dire, da chiarire.
Aveva compreso subito come l’odio della donna che in quel presente si chiamava Melanie Williams era più personale e meno indotto, di quanto non fosse nella sua linea temporale. Lei non era stata condizionata ad odiarlo; o almeno, non nello stesso modo. Le intenzioni del Silenzio erano manifeste: uccidere il signore del Tempo. Ucciderlo perché assassino dei mondi e del tempo.
Condivideva l’idea, era la cosa più giusta da fare. Ma non per la sua morte, non per quello. C’era un modo, un unico modo di rimettere a posto ogni cosa o almeno provarci. Ma non avrebbero potuto mai farlo con lui in vita. Glielo avrebbe impedito.
Ma quella soluzione non era quella cercata dal Silenzio, neanche nel luogo dove si trovava. C’era sotto qualcosa, qualcosa di differente. Melanie era uno strumento.
-          Voi signori del Tempo assumete sempre fattezze attraenti per manipolare gli altri? – gli aveva sorriso, come al solito. A quel modo che gli piaceva e lo preoccupava insieme.
-          No… la rigenerazione è un processo rischioso. Una.. lotteria  – le aveva risposto guardandola fisso negli occhi chiari che lei aveva assottigliato maliziosamente. Non aveva potuto fare a meno di arrossire. Con lei era così.
-          Lotteria… Sei fortunato al gioco allora – aveva mormorato squadrando anche l’uomo che era stato in passato – e in amore, come te la cavi?
-          Perché non me lo dici tu…? – non aveva alluso a quello che c’era tra lui e la donna che era lei altrove, complicato e straordinario in vari sensi. Ma il pensiero era andato subito alla causa di tutto il disastro in cui si trovavano. E la schermaglia tra loro si era conclusa amaramente.
Perché ogni cosa che stava accadendo dipendeva dal fatto che Lui avesse amato.
La dottoressa Williams aveva lasciato il suo posto e poi si era diretta verso il quadro comandi e ancora una volta, attivato il dispositivo aveva fatto apparire l’immagine del tremendo signore del Tempo, del presente impossibile che vivevano. Lo aveva guardato stranamente.
Il Dottore aveva capito che provava verso di Lui, come era accaduto nell’altra linea temporale con la sua generazione invece, quel misto di attrazione e odio che era stato evidente quando l’aveva avvelenato. E poi salvato a costo delle proprie vite.
-          Sei bello e terribile, tesoro – aveva sussurrato all’immagine ma poi guardato sia lui che l’altro Dottore. In un certo senso, quelle parole valevano per Lui in ogni tempo  – so dove trovarlo…- aveva detto staccando lo sguardo da quell’immagine - ha sfruttato una coincidenza temporale e stavolta ha fatto qualcosa di nuovo … - aveva dunque spiegato l’ultima follia del signore del Tempo malato. Un doppio nodo in due punti della stessa linea temporale. Quella di Rose Tyler in quel mondo. Forse nessuno come il Dottore poteva comprendere esattamente cosa volesse dire, ma era qualcosa di possibile solo visto lo stato terribile del tempo e dello spazio.
Contro ogni cosa ma affascinante.
-          Geniale… - aveva commentato il giovane Dottore con ammirazione. Perché lo era. Ma l’altro Dottore aveva ancora taciuto.
-          Geniale… Sì… lo è – lei lo aveva detto quasi dolcemente -ma non sottovalutare me…
-          Credimi, non lo faccio mai – aveva detto inclinando lo sguardo verso di lei. Che non era “lei” ma così simile…
-          Bene. Perché, sappiatelo: Quando lo troverò lo uccideròe voglio che soffra molto mentre muore… - aggiunse con un tono che non le aveva mai sentito nella voce.
-          Sempre ammesso che non arrivi prima io – e tutti avevano guardato il Dottore passato, che aveva pronunciato quelle parole con voce ferma e occhi terribili.
Chiunque fosse lì, aveva rabbrividito. A ragione. La sua ira era tremenda come dicevano ed era una delle cose che non era mai cambiata di lui.
Ma in quell’uomo sofferente vi era anche quel qualcosa che nessuno, tranne lui, poteva capire.
Il Dottore futuro sapeva che sarebbe stato difficile per la sua generazione passata ma non fino a quel punto. Il fatto che il signore del Tempo avesse sposato Rose Tyler aveva sconvolto ogni cosa per sempre. In ogni caso.
In quel presente, in quella situazione, tutti affrontavano qualche paradosso personale rispetto alla propria vita precedente; qualcuno ripensava a dolorose perdite. Valeva per lui più che per chiunque altro.
Non riusciva a non pensare ad Amy e Rory, a cosa dovesse essere successo perché la figlia fosse ancora una volta nel Silenzio, sebbene con un altro ruolo rispetto alla sua linea temporale; avrebbe voluto chiedere alla Melody di quel momento, la donna dal nome diverso, perché odiasse il Dottore così intensamente e con tanta consapevolezza personale. Lui doveva averle fatto qualcosa di terribile.
Si sentiva male per questo. Molto male.
Riusciva a dominare quel dolore perché sapeva che nessuno di coloro che lo circondava era chi aveva conosciuto davvero. Lo sentiva chiaramente, sebbene tutto si sfumasse per lo stato precario dell’universo.  
Tutti erano altri tranne…
Jack, lo stesso ovunque. Martha, sfilata dal suo tempo perché l’aiutasse muovendosi nell’unico senso che avrebbe potuto, nel suo futuro. E poi…
Un’ultima persona. Sé stesso.
LUI. L’uomo che aveva perso tutto.
 
Non aveva cercato di trovarlo ma era naturale che si incontrassero negli stessi posti. Erano pur sempre, entrambi, il Dottore. Per lo stesso motivo, neanche la sua rigenerazione passata si meravigliò di vederlo lì.
-          Non potevi essere in un altro posto, visto che non dormi…  – disse il Dottore venendo verso di lui che lo fissava con iridi del colore della brina.
-          Tu invece hai tenuto sveglio qualcuno fino ad adesso? Sei di ritorno da qualche intima chiacchierata con la dottoressa Williams? – il tono ironicamente disturbato dalla cosa lo avrebbe fatto sorridere se gli occhi gelidi del Dottore passato non fossero stati così sofferenti. Quella generazione era complessa, con un carattere molto chiuso e tormentato. Non diverso dal suo come pensava. Non diverso da quello di colui che dovevano uccidere  – io… ho difficoltà ad accettare tutto questo. Più di te e sappiamo entrambi perché.
-          Sì…  – mormorò il giovane e rivolse gli occhi all’immagine che aveva di fronte – tu ti chiedi come sia stato… con lei. E ti chiedi anche… chi sia Lui.
-          Mi chiedo chi sia io, Dottore – aggiunse piano.
Lui. Quella generazione aveva avuto grandi occhi penetranti, che sembrano fissarti anche da altrove.
Il Dottore futuro non lo avrebbe mai ammesso ma lo inquietava nel profondo.
Certo per altri motivi rispetto a chiunque altro nell’universo ma quel viso, quegli occhi… quel corpo che aveva davanti, smuovevano in lui ricordi di sensazioni che aveva cercato di allontanare per sempre dalla propria vita. Il ricordo dell’innamoramento, dello smarrimento dei sensi. Il ricordo dell’effetto che gli faceva lei…
L’aver sofferto, sofferto tantissimo, come in nessun altra vita. Fisicamente ed emotivamente logorato, distrutto. E non ultimo il brivido lunghissimo del suo non volere morire e morire, da solo. Da solo.
E dimenticato dall’altra donna che amava profondamente e che era diventata… come lui.
Eppure la sua morte era stata la sua vita.
Non fosse morto, lui non sarebbe esistito.
Ma guardarlo, in quegli occhi scuri e profondi che aveva, sia pure nell’immagine simulata, lo smarriva.
Il suo sé stesso lo comprese d’istinto.
-          Non sei freddo come dicono – disse il Dottore passato.
-          Può darsi…  – mormorò il giovane Dottore – ad ogni modo so… che è difficile per te…
-          Più di quanto credi. Perché non capisco… !  - a stento represse un gemito di rabbia impotente - non capire non mi succede spesso ma questa volta – spalancò gli occhi sui suoi – è la fiera dell’assurdo all’ennesima potenza! E’ oltre l’inconcepibile in tutti i sensi ed al centro… IO. Causa di tutto, rimedio di tutto. Probabilmente un disastro.
-          Probabilmente – il Dottore futuro accennò ad un lieve sorriso abbassando gli occhi.
-          Ma stavolta non è divertente! 
Era furioso. Stava calmo a stento. Ne aveva ogni motivo. Anche di rivolgersi con tanto rancore verso il simulacro di quell’uomo che ancora non era e che fissava qualcosa oltre di loro, qualcosa di lontanissimo. E nonostante tutto era lì. Dentro entrambi. E lo sentivano.
-          Doveva lasciarla, Dottore! – protestò ma voltandosi verso l’immagine – doveva… andare oltre!... perché non lo hai fatto? Era solo una donna, una donna come molte altre! Tu sei andato avanti, a quanto sembra! – disse con tono amaro.
-          Se ti riferisci a quel che succederà con la donna che io ho conosciuto con altri nomi… è qualcosa di diverso…
-          Sei andato avanti. Poteva farlo anche lui – chiuse gli occhi stringendo forte i pugni al corpo – poteva…!
-          Ci ha provato. Ma non è successa quella cosa necessaria all’universo perché Lui non diventasse la sua fine – disse con tono tranquillo il Dottore del futuro avvicinandosi alla sua passata rigenerazione. Guardò anche lui, di nuovo, il sé stesso che era stato – Dottore… nella mia linea temporale Lui ha potuto rinunciare a lei perché… l’universo ha staccato questo corpo e tutto quel che siamo in un uomo a parte. Un umano – il Dottore passato ebbe un vero e proprio scatto, represso a stento; poi lo fissò stupito e forse inorridito insieme. Il Dottore futuro abbassò lo sguardo con un lieve sorriso e poi gli mise per un momento la mano su una spalla – Lei ha avuto Lui. Ma… Lui non ha potuto avere lei. Si è però rassegnato sapendo che in un altro mondo, in un’altra vita… sarebbero stati insieme. E lo sono! Rose Tyler e il Dottore. Come doveva essere – aggiunse più piano.
-          E dopo questo, dopo tutto questo…?
-          Poco dopo è morto – disse lasciandolo e il tono che aveva avuto, sebbene neutro in apparenza, fece comprendere istintivamente alla rigenerazione passata, che Lui doveva aver sofferto molto. E tutto quel che era stato, pesava sull’animo di chi aveva accanto.
-          Qualunque sia il mio futuro è di sofferenza. Il suo qui, il suo nel tuo universo…
-          È sempre stato così. Tutti ci lasciano, io resto solo…
-          Ma inizia a diventare insopportabile. Non è vero, Dottore? – la rigenerazione futura lo guardò fisso un lungo momento. E non c’era bisogno di dire altro. Perché il dolore pesava ed era in quegli occhi più vecchi dei suoi e che erano i suoi, dopo molto altro dolore.
-          A volte penso che un signore del Tempo viva troppo… - disse il giovane Dottore abbassando lo sguardo e poi rivolgendolo verso l’immagine della Decima vita che aveva avuto – lo ha detto… Lui.
-          Lo penso spesso – il Dottore del passato lo sussurrò quasi tra sé – è una vita troppo lunga…
-          Ma una vita avventurosa, splendida… intrigante, come l’hai sempre voluta! E lui – esitò ma poi sorrise - Lui è stato… speciale. Sentiva le cose molto intensamente, tutto lo eccitava, ha scoperto la profondità di altri sentimenti e quanto potessero essere intensi…! Ricordi terribili ma altri… altri che mi mantengono in vita! – e per un momento sembrò che la passione di cui parlava, qualunque essa fosse, non si fosse spenta in quell’uomo nuovo ma solo nascosta, cambiato forma. Fu solo un attimo però, perché quel folle vecchio ragazzo si rivolse a lui nuovamente calmo, all’apparenza – ora…dimmi, Dottore… Davvero vorresti perderti tutto questo? – gli occhi della rigenerazione passata erano trasparenti in quel momento. Come acqua. Sapeva cosa pensava. Lo aveva pensato anche lui, più volte.
Arrendersi. Il pensiero di arrendersi era continuo, in lui. Non veniva dal nulla ma da tanta stanchezza e troppa sofferenza. Anche per i due cuori di un signore del Tempo.
-          Mi aspetta… la sofferenza o la fine.
-          La fine in ogni caso – disse piano il giovane Dottore – ma sappi che alla fine, nonostante tutto…Lui… non voleva morire. Ha pianto, mentre succedeva – sorrise appena al sé stesso passato – tu invece hai addirittura sorriso. Perché c’era lei, con te! E Lui è stato così per lei. Per …  - esitò e poi non lo disse. Non c’era bisogno di dirlo.
Si scambiarono un’altra occhiata che fu di totale comprensione. Perché fra loro erano più simili di quanto non lo fossero rispetto all’angelo nero di quel presente impossibile.
-          Dottore… non lo dirai, vero? – disse ad un tratto il Dottore del passato.
-          No. Non è necessario che sappiano.
-          Hai mentito. E ho mentito anch’io.
-          Il Dottore mente – accennò ad un sorriso il giovane Dottore – ma… sapevo che lo avresti capito, nonostante i tempi confusi e il paradosso complesso – gli occhi chiari del Dottore passato diventarono più scuri e lucidi.
-          La stessa materia non può occupare lo stesso spazio…  in linea di massima…
-          Il Tardis ha il nostro stesso problema ma può esistere… solo in due versioni diverse, nel medesimo tempo. Il tuo Tardis…
-          È il suo Tardis. Il Tardis che ora è una macchina paradosso, a quanto pare… - emise un lungo sospiro -  e così io sono… il passato del mondo di Jack, del mondo di Martha e del suo mondo. Era logico. Tu hai potuto inviare il messaggio solo attraverso una crepa e da questa, avanti nel tempo per mezzo del passato…
-          E proprio perché dal futuro altrove, sono potuto venire a prenderti – disse il giovane Dottore. Lui annuì.
-          Tutto questo…  - abbassò lo sguardo un momento - mi fa così male perché succederà a me e perché Lui è me, proprio Lui, proprio colui che vediamo e che distruggerà tutto…! Io… mi guardo e lo vedo dentro di me. Lo sento, dentro di me.
-          Anche io. Lui è me. Ma…Ricorda che tu non hai a che fare con tutto questo e il futuro può essere riscritto. Soprattutto se è come non sarebbe dovuto essere.
-          Non accadrà niente di questo, non lo permetterò mai! – disse con occhi fiammeggianti il Dottore passato e dopo un’ultima occhiata all’immagine dell’angelo nero che sarebbe stato, lasciò la stanza a capo chino.
Tremava di rabbia, lo aveva visto.  
Il Dottore futuro però sapeva che quell’uomo era così turbato perché stava succedendo. Incredibilmente ma stava accadendo di nuovo. Non poteva impedirlo.
Si stava innamorando di lei, senza volerlo. Proprio come la prima volta. Ma stavolta, senza neanche conoscere la sua voce, senza neanche sapere perché.
Lei era ineliminabile dalla sua vita, ormai. Era nelle sue ossa, in tutte quelle che avrebbe avuto; era nella sua anima. Per sempre.
Il giovane Dottore fece un lungo sospiro davanti a sé stesso e con il cacciavite sonico alterò a distanza i comandi del dispositivo di aggregazione particellare. Le sembianza di chi era stato si persero come in una tempesta di scintille di sabbia dorata che iniziarono ad ordinarsi diversamente.
Un istante dopo…
…era Lei, che aveva davanti.
Il Dottore pensò che era diversa, per lui. Ancora diversa. Ma sempre Lei.
Poggiò la mano nervosa sul cilindro trasparente che conteneva il suo simulacro. Lo accarezzò, come avrebbe voluto fare con lei e lo fece senza pensarci, a capo chino. Poi finalmente rivolse i suoi occhi verso quelli dell’immagine della ragazza, come fossero stati davvero i suoi. Ed erano lucidi, anche se non avrebbe voluto. Le sue labbra si piegarono in un sorriso tristissimo.
-          Ciao, Rose Tyler – disse in un sussurro e ancora una volta abbassò lo sguardo quasi timidamente.
Chissà se l’avrebbe riconosciuto, ancora una volta. Lui era un altro uomo.
Chissà se…
Nessuno vide una silenziosa lacrima scendere lungo il suo viso.
  
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