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Autore: Lily Juvenile    06/03/2013    2 recensioni
Che nessuno si offenda leggendo il titolo della OS. Se vi irrita, fatemelo sapere.
Una piccola fic che ha come tema il razzismo.
Dal testo:
"Wafa è nera. O meglio dire, è negra, come la chiamano i suoi compagni di classe.
Wafa viene dal Camerun ed arrivata in Italia un anno fa; la prima cosa che ha imparato è stata vaffanculo, parola che le ripetevano praticamente tutti i suoi compagni bianchi di classe appena passava."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                       Negra
 
 
Wafa è nera. O meglio dire, è negra, come la chiamano i suoi compagni di classe.
Wafa viene dal Camerun ed arrivata in Italia un anno fa; la prima cosa che ha imparato è stata vaffanculo, parola che le ripetevano praticamente tutti i suoi compagni bianchi di classe appena passava.
Una volta ha parlato alla professoressa di tecnica, blaterando in francese qualcosa di incomprensibile, talmente veloce che anche la stessa prof di francese avrebbe fatto fatica a capirla. Alla fine della frase ha esclamato vaffanculo! e tutti ci siamo messi a ridere.
Probabilmente se fosse stata chiara di pelle sarebbe arrossita fino alla punta dei capelli.
Si è guardata semplicemente in torno, cercando di capire cosa avesse detto di male, spaesata. Poi si è seduta, senza dire niente.
E la prof ha chiesto chi le diceva quella parola, con una faccia schifata. Tremai, guardando un paio di miei amici.
Una compagna tradusse quello che aveva detto alla prof, visto che anche lei parlava francese.
Wafa ha indicato tre persone. Loro, contemporaneamente hanno esclamato “Non è vero!” anche se un paio si sono permessi di dissentire, di dire il contrario. Fra loro c’ero anche io.
Ci fulminarono con lo sguardo.
Ma, alla fine, la prof non concluse niente.
A volte, quando passavi e le dicevi ciao, lei ti rispondeva con fanculo, tutta sorridente.
E allora la chiamavano stupida, scema, negra. Dicevano che non capiva niente.
Ma lei non sapeva niente della nostra lingua. Pensava, semplicemente, che il vero significato di quella parola non fosse poi tanto brutto. Che fosse un saluto.
Cercai di spiegarle che era una parolaccia e Wafa fece un cenno per dire con la testa.
Le dissi di non ascoltare quei ragazzi e lei mi disse, convinta e sorridente: ”Loro sono scemi.” con i suo accento africano.
In quel momento sorrisi, perché capii che ce l’avevo fatta. L’avrei difesa.
Mi mostrò di nuovo quella fila di denti perfettamente bianchi e puliti. Sorrise.
 
Wafa puzza.
Era quello che si era cominciato a dire. E in effetti era vero.
Puzzava. Ma lei era così. Come i marocchini puzzano di mangiare e gli indiani puzzano di quello strano olio o non so che, anche lei puzzava. Puzzava di se stessa.
Era un odore strano, fastidioso. Africano, selvaggio.
E un paio si giravano, guardavano il suo banco e le dicevano: “Lavati, negra! Puzzi di merda.”, mentre io ribattevo che non avevano tatto e che non era educato, loro rispondevano che “non gliene fregava un cazzo” e si giravano di nuovo, sotto gli occhi un po’ confusi e un po’ delusi di Wafa.
Lei l’italiano un po’ sapeva parlarlo, dopo mesi, e diceva “Girati”. Ignorandola, la chiamavano negra.
Io le spiegai di non dare ascolto a loro. E lei mi sorrise, di nuovo.
 
Wafa a scuola c’era e ci stava volentieri. Si dimostrò capace di capire molto più di quanto alcuni alunni capivano.
Wafa era intelligente e si vedeva.
Aveva voglia di imparare.
Ogni volta che io facevo presente questo fatto, mi rispondevano sempre così: “È solo una stupida negra”.
 
“Ma proprio con lei dovevamo fare la ricerca?! Stupidissima professoressa!” esclamò irritato Corrado.
“Diamole poca roba e soprattutto semplice da studiare. Quella non capisce niente, ci rovinerà la presentazione e la mia media!” aggiunse arrabbiata Annalisa.
Avevamo preparato la ricerca di geografia su Parigi insieme. Mentre Wafa non c’era, ecco che quei due iniziavano a fare commenti razzisti su di lei.
“Guardate che Wafa non è affatto stupida, anzi è molto sveglia.” ribattei.
Non glielo avrei permesso, non questa volta.
“È solo cogliona!” Corrado insistette.
“È come me e te, Corrado. Cogliona come te.”
Ma questo lo fece veramente arrabbiare.
“Non provare mai più a fare questi paragoni idioti! Io e quella negra non abbiamo niente in comune. Non provarci mai più!”
“È vero! E se fai così sei ancora peggio di lei. Idiota, ecco cosa sei.”
 
Un giorno passai per caso di fronte alla fermata dell’autobus.
Ero sola.
Da lontano, intravidi un giubbetto rosa fluorescente, in contrasto con la pelle scurissima della ragazzina.
Lei mi salutò e riconobbi Wafa.
“Che fai qui?” chiesi.
“Aspetto l’autobus. Ho lezione di italiano a Parma.”
“Non sei andata a casa?”
“No.”
“Quindi non hai mangiato?”
“No.”
Rimasi un po’ attonita.
“Perché non ti sei portata la merenda…insomma, qualcosa?”
“Io ce l’avevo,” rispose lei, amaramente. “Ma oggi Luca e gli altri me l’hanno mangiata.”
Avevo notato qualcosa di strano. Quel golosone di Luca non butterebbe mai cibo a terra.
Ma tanto non era il suo, vero?
In quel momento mi arrabbiai. Era come se avessero fatto un torto a me.
“Tieni” le dissi. “Prendi i miei Crackers.”
Lei sorrise, ringraziandomi. Non fu la sola a sorridere.
 
Era comodo avere Wafa da insultare. Orami lei aveva capito cosa volessero dire tutte le parolacce.
Nonostante tutto, però, lei continuava a sorridere.
Imperterrita. E in quel momento, anche io sorridevo, vedendo la sua felicità.
Sorridi, Wafa. Ti prego, sorridi ancora.
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Hey, hello a tutti.
Sì, beh, questa è una piccola OS, fatta per andare contro il razzismo. Sapete perché? Perché oggi mi sono veramente stufata. Ho sentito cose schifose e orribili su questa mia compagna di classe, anche se non si chiama Wafa.
Non sentitevi chiamati in causa solo perché vi chiamate Luca, Corrado o Annalisa. Ho cercato di usare nomi non proprio tanto usati (fatta eccezione x Luca che è il primo nome che mi è venuto in mente).
Detto questo, vi saluto :)
Un bacio <3 
  
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