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Autore: Laylath    07/03/2013    2 recensioni
Una storia che narra l'arrivo del giovanissimo soldato Kain Fury nel team del Colonnello Mustang.
Non sempre gli inizi sono facili, soprattutto quando si è privi di esperienza e si ha a che fare con compagni così diversi da se stessi: bisogna lavorare bene l'impasto per creare un team affiatato.
E soprattutto bisogna saper crescere
Storia finita di revisionare l'11 novembre 2013
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 5. Guadagnarsi il rispetto.


Il giorno dopo, mettendo la mano sulla maniglia dell'ufficio, Fury dovette trovare tutto il coraggio del mondo per entrare ed affrontare gli sguardi di tutti per via di quei due vistosi cerotti che aveva in viso.
E difatti, come entrò, cercando di essere più silenzioso del solito, l'attenzione dei suoi colleghi si volse immediatamente verso di lui.

“Ecco il nostro tiratore scelto!” annunciò Breda che in quel momento si trovava vicino alla porta. 
Il giovane arrossì a quella battuta, ma poi rimase incredulo quando il sottotenente rosso gli sollevò il mento con la mano e lo squadrò con cura. Fu un'analisi di pochissimi secondi, prima che il robusto soldato facesse un lieve cenno del capo e gli desse una lieve spinta verso la sua scrivania.

“Ehi, Fury – sorrise nel frattempo Mustang, alzando lo sguardo dal giornale che stava leggendo – vacci piano con l’entusiasmo. Mi hanno raccontato che hai avuto un’esperienza al dir poco esplosiva.”
Il soldato non seppe come reagire e si augurò che il buonumore del colonnello significasse che non lo considerava un inetto e che non avesse cambiato idea su di lui. D'impulso cercò con lo sguardo il tenente Hawkeye, ma notò con rammarico che non era presente.
“E’ stato un incidente, signore, – disse arrossendo – ma cercherò di migliorare. Mi eserciterò ogni giorno, lo prometto.”
“Lo spero proprio. Si presume che tu debba sparare agli altri e non a te stesso. Havoc ci ha fatto un ampio resoconto della tua prodezza: non credo di aver mai sentito una storia simile.”
“Sicuramente non nel Quartier Generale dell’Est, colonnello” ghignò Havoc, soddisfatto delle parole del suo superiore.
“Comunque voglio che tu impari a usare quell’arma come si deve, Fury. E chi può farti da maestro meglio del nostro Havoc?” sorrise l’alchimista di rimando.
“Cosa?” replicarono in coro i due interessati.
“Dato che hai descritto così dettagliatamente la prodezza del nostro soldato semplice, di certo sei in grado di correggere i suoi errori, sottotenente. – dichiarò Mustang tornando a guardare il giornale e girando pagina – Penso che non ci siano problemi a iniziare già da stasera, dopo che terminate di lavorare qui: non credo che tu abbia impegni importanti, vero Havoc?”
Fury immaginò che le porte dell’inferno si aprissero davanti a lui: adesso si sarebbe trovato faccia a faccia con Havoc, senza nessuna possibilità di salvezza. Aveva supposto, anzi sperato, che se proprio qualcuno l’avrebbe aiutato sarebbe stato il tenente Hawkeye; aveva anche pensato di chiederglielo lui stesso. Quest’idea del colonnello aveva spiazzato tutti. Si arrischiò a lanciare un’occhiata ad Havoc e vide gli occhi azzurri del sottotente fissarlo pericolosamente. Con una morsa allo stomaco capì che le lezioni con questo nuovo maestro sarebbero stato veramente orribili.
“Ahi, ahi, ahi. – commentò Breda – non vorrei essere nei tuoi panni, soldato semplice Fury.”
 
“Tieni quella dannata schiena dritta e le gambe larghe, idiota!”
Fury cercò di fare quanto gli veniva richiesto e tese di nuovo la pistola verso il bersaglio. Era notte fonda ed era ormai più di due ore che stava al poligono con Havoc che non gli aveva dato un attimo di tregua. Le braccia gli tremavano per lo sforzo e le mani erano sudate e piene di crampi: trovare il feeling con quella pistola era tutto meno che facile. Era riuscito finalmente a non farsela scappare di mano e a non cascare all’indietro per il rinculo, ma pensare a stare in piedi, con le gambe che non sentiva quasi più, gli impediva di prendere una buona mira e il bersaglio aveva ricevuto ben pochi colpi, nessuno dei quali letale. Come se non bastasse le ferite del giorno prima gli pulsavano dolorosamente e il fatto di avere la protezione premuta contro la fronte e il naso peggiorava la situazione di minuto in minuto.
A questo si aggiungeva il livello di difficoltà dato dal suo insegnate. Il sottotenente, infatti, ci andava giù pesante con i commenti sarcastici e gli insulti, proprio come il peggiore degli istruttori, e Fury aveva la netta impressione che ci trovasse parecchio gusto ad umiliarlo così.
“Ma come cavolo hai fatto a passare il corso? Due anni in uno in Accademia! Che diamine… spara meglio mia nonna in sedia a rotelle! Si può sapere a chi hai dato le chiappe per entrare nell’esercito?”
Quella frase arrivò nel delicato attimo in cui premeva il grilletto e la pistola esplose il colpo per poi cadere a terra.
Fury si accasciò sulle ginocchia levandosi disperatamente la protezione dagli occhi e dalle orecchie, in preda a un pesante attacco di claustrofobia. La testa gli pulsava in maniera dolorosa e si sentiva addosso un crescente senso di nausea.
“Raccogli la pistola, tappo! – disse Havoc portandosi minacciosamente vicino a lui – non abbiamo ancora finito. Non ci muoviamo di qui finchè non colpisci quel dannato bersaglio in un punto vitale. Ho dovuto rinunciare a un appuntamento con una ragazza per colpa tua.”
“Signore, – supplicò il ragazzo al limite delle lacrime – potrei andare un attimo fuori a prendere un po’ d’aria? Solo un minuto”
“E magari vorresti anche una tazza di caffè? Alzati subito!”
“Credo… di star per vomitare… ” mormorò Fury sentendosi percorrere da brividi freddi lungo la spina dorsale.
“Cosa?! Prova a vomitare qui e giuro che ti faccio pulire tutto con la lingua!”
“Va bene… riprendiamo… ” mormorò a denti stretti il ragazzo, deciso a non arrendersi; ma fu costretto a serrare gli occhi per trattenere un conato improvviso.
“Sei sicuro di farcela?” chiese dubbioso il sottotenente notando il pallore estremo sul viso del suo allievo.
“Nessun… problema, signore!” replicò lui prendendo la pistola e rimettendosi encomiabilmente in piedi.
Non si sarebbe arreso, era deciso a rialzarsi anche questa volta, altre cento se necessario. Anche a costo di svenire avrebbe dimostrato che ce la poteva fare. Con tutta la forza rimasta, ignorando una nuova vertigine, tese la pistola e sparò. Questa volta il rinculo non incontrò resistenza e il ragazzo fu catapultato all’indietro, ma invece di cadere a terra venne afferrato dalle braccia di Havoc.
“Non sei più nelle condizioni di sparare” dichiarò l’uomo.
Fury avrebbe voluto ribattere che poteva ancora andare avanti, ma il forte odore di sigaretta emanato da Havoc fece avere la meglio alla nausea e fu obbligato a inginocchiarsi per contrastare un’attacco di vomito.
Passarono interminabili secondi prima che la voce di Havoc, non priva di una certa gentilezza, dicesse:
“Stai male davvero, eh? Vai in bagno a riprenderti. Per stasera mi sa che ne hai avuto abbastanza”
Fury cercò di raddrizzarsi, ma il sapore della polvere da sparo che aveva in bocca divenne così forte da scatenare un nuovo conato che trattenne a stento. Il suo corpo gli mandava chiari segnali che muoversi era fuori discussione.
“Non trattenere l’aria che è peggio, – disse Havoc – usa il naso per respirare. Bravo… così. Mi sa che il bagno non lo raggiungi manco in due mesi. Forza, andiamo!”
Fury sentì una mano prenderlo per la collottola proprio come un gattino e in un attimo si ritrovò in piedi.
“Pensa a trattenere il vomito e a muovere le gambe. Se ti aiuta tieni gli occhi chiusi – ordinò il sottotenente - ti guido io, nanetto”
Iniziò a camminare, tenuto in piedi dalla presa del sottotenente. Un passo dopo l’altro, mentre la nausea lo travolgeva sempre di più, cercando prepotentemente di uscire. Fu solo dopo interminabili minuti che sentì la mano di Havoc mollarlo.
“Ok, credo che da qui possa farcela da solo… poi tieni il viso sotto l’acqua fresca per qualche minuto. Vedrai che dopo sarai in grado di tornare al tuo alloggio.”
Sentendo i passi che si allontanavano Fury cercò di ringraziare il sottotenente per l’aiuto, ma l’unico impulso che gli mandò il suo corpo fu di inginocchiarsi nel gabinetto e dare sfogo alla bile che lo stava travolgendo.
Quella notte imparò che il suo corpo poteva rigettare una quantità inimmaginabile di roba.

 
Proprio mentre Fury aveva quell'incontro ravvicinatto con il gabinetto, il tenente ed il colonnello si apprestavano ad uscire dall'ufficio dopo una nottata di straordinari per recuperare il lavoro arretrato dell'alchimista.
“Colonnello posso parlarle?” chiese il tenente Hawkeye, mentre rimetteva a posto la scrivania.

“Dimmi pure, tenente. Hai altre pratiche da farmi sbrigare per punire la mia negligenza di stamattina, mentre eri assente?” disse Mustang sbadigliando e stiracchiandosi.
“Signore, lo sa bene che non deve trascurare il lavoro. Anche in mia assenza.” replicò la donna seccamente, sottolineando quell'ultima frase con una pila di fogli sbattuti sulla scrivania.
“Va bene, va bene! Comunque fammi indovinare: volevi parlarmi di Fury e Havoc, vero?”
“Sì, colonnello. Ho saputo da Falman della sua idea di mettere quei due insieme nel poligono di tiro”
“E sei preoccupata per il tuo protetto, vero?” la squadrò lui con maliziosa attenzione.
“Sì, colonnello. – ammise la donna – Ieri non si è fatto nulla di grave per miracolo: avrei dovuto capire prima che aveva bisogno di maggiori avvertimenti. Avrei dovuto occuparmi io di queste lezioni; del resto è sotto la mia responsabilità per sua stessa richiesta, signore”
“Non hai nulla di cui rimproverarti per ieri. – sorrise l’uomo – Comunque oggi mi sono permesso di mandarti a fare quelle commissioni proprio perché ho ritenuto che fosse il momento opportuno per mettere Havoc alle strette.”
“Alle strette?”
“Se ho visto bene la determinazione del nostro soldato semplice, credo che Havoc da stasera inizierà a rispettarlo; anche se sarà difficile per lui ammetterlo. Lo so che forse da un lato sarebbe stato meglio che Fury facesse pratica con te che sei meglio disposta nei suoi confronti, ma dall’altro era il momento giusto per far entrare quei due in contatto diretto.”
“Forse ha ragione, signore” sospirò il tenente
“Ti sei davvero affezionata al nostro Fury – constatò l’alchimista alzandosi dalla sedia e andando a mettersi il cappotto nero – e questo è un bene. Ma permettigli di spiccare il volo, tenente.”
“E’ un membro della squadra, signore. E’giusto dargli tutto il mio appoggio” si giustificò la donna.
“Come fai con tutti noi, del resto. – sorrise Mustang - Comunque sono sicuro che se il ragazzo supera lo scoglio del sottotenente, tutto sarà in discesa. Andiamo adesso, stare in ufficio a quest’ora è deprimente”
  
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