Anime & Manga > Hakuouki
Segui la storia  |       
Autore: AliceInHeartland    07/03/2013    1 recensioni
Dopo la vita, vi sono i ricordi.
E grazie ai ricordi, si può tornare a vivere.
Posso tornare con la mente a quando eri con me...
Lo ricordo ancora benissimo, quel giorno, la mia promessa che tu, forse per tenermi contenta, o forse anche per gioco, accettasti.
...
"Ah, Hikaru, sei stata bravissima. Hai raccolto tutti questi fiori" . La mamma mi sorrise,sedendosi elegantemente vicino il tavolino della stanza in cui ricevevamo gli ospiti.
"Che ne dici se li mettiamo nel portafiori?"
"No!" . La mia risposta fu decisa. E con eguale determinazione, mi voltai verso di te, porgendoti il mazzetto profumato di margherite e lavande.
"Voglio darli a Sou-nii! Perchè... Perchè io diventerò la tua sposa!"
Genere: Azione, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Okay, è successo un guaio con questo capitolo =w=”
La sottoscritta mentre aggiungeva il seguito della storia ha cancellato la prima parte del capitolo, quindi ora mi trovo nella difficile situazione di doverlo ripubblicare pur avendolo già fatto =w=”
Mi scuso con tutti quelli che avevano commentato il capitolo, tra cui Midna-chan! Purtroppo non l’ho fatto a posta!
Ora lo ripubblicherò, sperando di non commettere più errori tanto idioti =w=”
Un salutone a tutti e beh… Per quelli che leggono la prima volta… ecco… *cerca di ricordarsi cos’aveva scritto nella presentazione, la volta scorsa*
Dunque, il seguente capitolo diciamo che è introduttivo alla scena-madre.
Non ci sono elementi “decisamente” importanti, ma se non leggete questa prima parte del capitolo non capirete “quasi” niente della seconda, che è invece importantissima al fine della storia e della relazione tra Souji e Hikaru =w=
Be’, detto questo… Buona lettura e spero di non annoiarvi con questo lungo capitolo!
Un bacione!

Alice <3

 

***


Non so quanto piansi quella sera. Probabilmente per delle ore, se non per tutta la notte.
Avevo sempre saputo, in cuor mio, che effettivamente la promessa fatta tanto tempo fa per te non era mai stata nulla di speciale, ma constatarlo di persona era stata una delle cose che, in assoluto, mi aveva ferita più di tutte.
Non ti eri preso neanche la briga di fingere…
Ancora te lo rimprovero: perché non avevi finto? Perché non avevi continuato ad illudermi? Se avevi cominciato il gioco, tanto valeva finirlo allo stesso modo, no? Perché illudermi e farmi toccare il cielo con un dito, per poi svegliarmi dal mio sogno e farmi precipitare di colpo all’inferno?
Eri stato crudele verso di me – lo pensavo davvero – . Ma io ero ancora più crudele di te nei miei stessi confronti, perché continuavo a provare quei sentimenti profondi e malati, che non riuscivo in alcun modo a sopprimere.

Autunno. 21 Ottobre, 1866. Kyoto.

“Hikaru-chan!” mi sentii chiamare all’improvviso. “Hikaru-chan!” .
Nonostante lo squillare della sua voce, riuscii bene a percepire la sua dolcezza di fondo.
Mi meravigliava quanto femminile e mielosa potesse risultare la voce di quel ragazzo. Era delicata e gentile: non aveva decisamente nulla di mascolino.
“Hikaru-chan, avanti, è ora di svegliarsi” insistette Chizuru-san, cercando di farmi alzare dal futon caldo che mi avvolgeva.
Per quanto mi riguardava, l’idea di alzarmi non mi attizzava neanche un po’, ma dato che, un po’ per l’insistenza del mio salvatore-angelo custode, un po’ perché con l’arrivo del nuovo giorno mi stavano tornando in mente le parole della notte precedente, dovetti farlo per forza, senza lamentarmi troppo.
“Buongiorno, Chizuru-san” gli augurai, portandomi una mano davanti alle labbra per coprire lo sbadiglio che, naturalmente, mi stava venendo fuori.
“Buongiorno” mi rispose lui, sorridendomi cordialmente. “Dormito bene?” .
“Benissimo, grazie” ricambiai il sorriso io. “Scusa se non ho potuto esserti d’aiuto già da ieri sera”
“Oh? Non importa, non devi preoccupartene” mi rassicurò. “Eri stanca. Era naturale che avessi bisogno di riposarti, no?”.
Gli sorrisi nuovamente, un po’ rossa sulle gote. Quel ragazzo era di una dolcezza quasi spaventosa… Come faceva a resistere in quel covo di tiranni? Doveva per forza essere uno di quelli di cui tutti si approfittavano…
Eppure lo trattano tutti con cura, nonostante il suo modo di fare…
Ci pensai, mentre stavo aprendomi il kimono per la notte, da sostituire a quello per il giorno, che Chizuru-san mi aveva appena portato lì e posato vicino al guanciale del futon.
Fu allora che mi accorsi che lui mi stava osservando sorridente, in ginocchio, al mio fianco.
E allora? Perché è ancora qui…?
“Ehm… Chizuru-san…” borbottai, alquanto imbarazzata.
“Mh? Sì? Dimmi pure, hai bisogno di qualcosa?” mi rispose, di tutto sorriso. “Cosa posso fare per te?”.
Non sapevo come dirglielo… Davvero non ne avevo idea. “Ecco… Niente, va tutto bene così. Solo… sai, dovrei cambiarmi…”.
Are?” fece, alquanto sorpreso. Il che fu alquanto strano, perché era quasi indice che non si aspettasse che lo cacciassi via. “Oh, perdonami… Non pensavo ti desse fastidio… Scusami tanto. Ti aspetto di sotto, allora”. E, facendomi un inchino, lentamente si chiuse il fusuma alle spalle e incominciò a scendere le scale.
Co… Come sarebbe a dire “non pensavo ti desse fastidio”?!
Rimasi alquanto scioccata dalle parole di Chizuru-san. Non riuscivo davvero a spiegarmi il perché di quella risposta e di quella reazione.
Sì, insomma, era pur vero che di mascolino aveva ben poco, ma… Cielo, era pur sempre un ragazzo!
A quale donna non avrebbe dato fastidio essere osservata senza veli da un uomo a lei estraneo? E a cui, per giunta, non era né stata promessa in sposa, né in fidanzata!
E poi…
Ragionavo, ancora imbarazzata e diventata di un colore simile al bordeaux.
Io appartengo a Sou-nii… Non potrei mai accettare di essere vista da nessun altro, a parte lui.
Fu allora che mi tornò tutto in mente: le tue parole fredde, i tuoi gesti distaccati e la tua aria infuriata.
Mi intristii così subito che, se mi avesse vista qualcuno, avrebbe pensato che lo avevo fatto a posta, per quanto celermente avevo cambiato umore.
Sou-nii… Bugiardo…
Scossi la testa, cercando di reprimere la rabbia e darmi, nel contempo, forza. “Avanti, è ora di mettersi al lavoro!” esclamai, dopo essermi infilata il kimono da lavoro: era un kimono giallo decorato con una fantasia autunnale color d’arancio, l’obi, invece, era di un rosso accesso. Si vedeva che era un kimono vecchio, ma non per questo usurato o logorato. Nonostante si notasse quanti anni avesse (e gliene davo anche sei o sette), era stato mantenuto perfettamente intatto.
Appoggiai il kimono di cui mi aveva fatto dono la mamma (al contrario, ormai logoro e sporco) vicino il mio futon. Sorridendogli, quasi avesse preso il posto della mamma, gli augurai il buongiorno, mi misi in piedi e corsi oltre lo fusuma per incominciare il mio lavoro.
E fu così che ebbe inizio il periodo di tempo che passai come residente in quel tempio antico, situato a Kyoto, divenuto già da tempo la base degli… Shinsengumi!

Premettendo che, di questo, non ne sapevo davvero nulla, ero venuta a conoscenza della verità il giorno precedente, dopo che i miei genitori insieme alla zia Kin avevano acconsentito (grazie alla richiesta e all’intervento di Chizuru-san) alla mia “temporanea” permanenza in quel luogo.
Una volta che se ne furono andati, Chizuru-san mi aveva portato all’interno del tempio, stringendomi ancora tra le sue braccia, per cercare di calmarmi. Appena sorpassata la soglia, ci si affiancarono Harada-san, Nagakura-san e Toudou-san.
Non avevo la più pallida idea di dove fosse finito Saitou-san, ma avevo presupposto si trovasse presso il seguito di Hijikata-san, giacché anche lui non si vedeva più in giro.
Senza parlare di te, poi, di cui avevo perso le tracce già da un po’. Chissà dov’eri finito… Anche se in quell’attimo non m’interessò più di tanto, visto che ero arrabbiata proprio con te.
“Wow, Hikaru-chan… Sei stata grandiosa!” aveva affermato Nagakura-san, con aria quasi soddisfatta. Mi parlava con tono adoratore, quasi mi stesse ammirando per qualcosa.
“Già!” lo aveva assecondato Harada-san, tutto sorridente. “Non avevo mai visto nessuno sgridare Souji in quel modo. In realtà non avevo mai visto nessuno sgridare Souji, in generale, ma… vederlo fare da una ragazzina di poco più di tredici anni ed in quel modo… Hikaru-chan! Sei stata assolutamente favolosa!” .
Non avevo dubbi sul fatto che i loro propositi fossero, tutto sommato, buoni e che il loro obiettivo voleva essere quello di tornare a farmi sorridere e di darmi man forte, ma… l’effetto che sorbirono le frasi dette fu esattamente l’opposto.
Invece che esserne soddisfatta, ero tornata a pentirmi di quelle parole che ti avevo rivolto e, in un attimo, ero tornata a piangermi addosso.
“Ah!!! Siete incorreggibili!” li sgridò Todou-san, quasi fosse il più maturo dei tre. “L’avete fatta piangere di nuovo!”
“Ma… Non è colpa nostra!” precisò Shinpachi-san. “Noi volevamo soltanto…”
“Minna-san…” li interruppe Chizuru-san che, come al solito, aveva compreso come mi sentivo e cosa sarebbe stato meglio per me. “Penso che adesso la cosa di cui abbia più bisogno Hikaru-chan è un bel po’ di riposo”.
Lo guardai in volto, con le lacrime agli occhi, quasi adorante.
“Riposo sia fisico, che morale” ci tenne a precisare. “Per cui adesso l’accompagnerò nella sua stanza. A più tardi”. Fu così che li aveva liquidati in poco tempo e mi aveva portata nella camera in cui mi ero svegliata quella stessa mattina.
Senza cambiarmi di kimono (anche perché, in quel momento, non ve n’erano altri disponibili per me) mi ero infilata sotto il futon e Chizuru-san era rimasto con me per tanto tempo, tenendomi stretta per mano.
Aveva detto che sarebbe rimasto al mio fianco fin quando non mi fossi addormentata.
“Mi dispiace…” avevo esordito, dopo tanto tempo di silenzio. “di aver causato tanto trambusto. E mi dispiace di averti coinvolto”.
Lui mi sorrise gentilmente. “Ma non sei stata tu a coinvolgermi. Sono stata io che, anzi, mi sono intromessa in affari che non erano i miei. Sono stata sfrontata ed impudente…”
“Niente affatto!” lo avevo interrotto io, girandomi di scatto verso di lui. “Niente affatto! Se non fosse stato per te, io…  Io non sarei qui! Ti ringrazio, perciò, di essere stato tanto buono da arrivare a prenderti la briga di aiutare una come me…”.
“Non dirlo neanche, Hikaru-chan” mi aveva rassicurato. “Soltanto un cieco non si sarebbe accorto dei fortissimi sentimenti che provi per Okita-san. Non potevo vederti in quelle condizioni… Volevo assolutamente darti un mano. Perlomeno volevo che risolveste le vostre divergenze. Sembra che ne abbiate non poche…” .
Aveva capito tutto: era saggio ed era gentile. Ero arrossita e avevo distolto lo sguardo da lui, per evitare di divenire bordeaux.
Avevo pensato che era davvero un ragazzo meraviglioso e che, se non fossi stata già innamorata di te, dopo tutto quello che aveva fatto per me quel giovane, me ne sarei invaghita follemente.
Dopo avermi fatta calmare ulteriormente, accompagnata dalla fioca luce della candela e dal tepore della mano di Chizuru-san che stringeva la mia, avevo raggiunto il mondo dei sogni.

Fu, poi, verso le nove di sera che fui svegliata proprio da Chizuru-san che, sorridendomi non aveva accennato a nascondere la sua espressione mortificata. “Mi spiace di averti dovuta svegliare, Hikaru-chan, ma c’è una persona che devi assolutamente conoscere”.
Io, ancora sbadigliante, avevo preso a stropicciarmi gli occhi, una volta messami a sedere sul futon. “Una persona… che devo assolutamente conoscere…?” chiesi, ancora assonnata. “Chi è…?”.
“Il capo della Shinsengumi”.
Lo aveva detto in tono così spedito, naturale e tranquillo che avevo sgranato immediatamente gli occhi ancora chiusi e lo avevo guardato a bocca aperta.
“C…Come?”.
LA SHINSENGUMI?!
In un primo momento la cosa mi sembrò tanto strana da pensar di star ancora sognando, solo dopo mi tornò in mente che eri entrato a far parte di quel gruppo, e la cosa mi risultò essere molto più normale.
“Oh, non devi preoccupartene. Kondou-san è una persona gentilissima e affabile” mi aveva garantito. “Vedrai che non avrai nulla da temere, una volta conosciuto”.
Kondou-san…?
Mi chiesi, sentendo quel nome.
Che strano… Non credo di averlo mai incontrato, eppure il suo nome mi sembra famigliare…
Tuttavia, nonostante questa strana sensazione, l’angoscia che m’aveva invaso a seguito di quella notizia non era stata tanto facile da reprimere: “Ma… Ma… Perché lo devo assolutamente conoscere?!” esclamai. “Insomma…Addirittura il comandante…”
“Mi spiace enormemente, Hikaru-chan, ma Hijikata-san è solo il vice-comandante della Shinsengumi. Ed essendo tale, non può prendere una decisione importante come tenerti qui alla base, senza prima consultare il comandante vero e proprio”.
“Ma… Ma c’è proprio bisogno che lo conosca? Non può semplicemente parlargliene?”.
Lui mi aveva sorriso. “Una volta tornato, Hijikata-san non ha perso tempo a parlargliene e raccontargli tutta la storia”.
“E allora a che serve?”
“Beh, Kondou-san aveva detto che andava bene tutto così, anche perché, sapendo che stavi riposando, non voleva disturbarti, affermando che poteva incontrarti anche l’indomani, ma…”
“Ma…?”
“Hijikata-san ha insistito perché ti conoscesse in questo momento. Ha detto che era assolutamente necessario”.
Qu… Quel dannato…! Ma cos’è, ci prende gusto a farmi soffrire? E’ uno di quei demoni che si nutre del dolore della gente?!
Tuttavia non potevo realmente odiarlo, dato quello che aveva detto a mio padre la stessa mattina, prendendosi tutta la responsabilità di ciò che poteva succedermi su di sé. Detto onestamente, era uno degli uomini col senso di responsabilità più alto che conoscessi. Anche se, a dirla tutta, ancora non mi spiegavo il motivo per cui si era preso tutta la responsabilità, nonostante fosse del tutto contrario all’idea di farmi restare lì.
Avevo sospirato, per poi uscire definitivamente dal futon, darmi una sistematica ai capelli ed alla faccia (i cui occhi erano ancora arrossati per le troppe lacrime). Quindi avevo seguito Chizuru-san attraverso il lungo corridoio che sembrava non finire mai.
Beh, in realtà non era molto lungo (anche se il tempio era bello grande), ma per tutto il nervosismo che mi ero sentita addosso quel piccolo tragitto mi era sembrato il viaggio più lungo che avessi mai fatto. Dopo qualche passo già m’era venuto il fiato corto.
Una volta raggiunta la stanza, Chizuru-san mi aveva fatto segno di entrarvi e di tranquillizzarmi. Io l’avevo guardata, complice, le avevo sorriso per risponderle che andava tutto bene (anche se per me non era affatto così) e avevo fatto dei lunghi respiri per calmarmi.
Dunque, entrai.
Nella stanza accuratamente decorata da decorazioni floreali variopinte di arancione e arredata col massimo del gusto dell’epoca, vi si erano appostati tre uomini. Il primo che avevo riconosciuto era Hijikata-san che sedeva alla sinistra di quello che stava al centro.
I miei occhi erano fuggiti istintivamente alla figura che, invece, sedeva alla destra della figura centrale: un uomo apparentemente alto e tutto sommato abbastanza giovane, aveva un bel viso, dei capelli castani lunghi fino alle spalle, leggermente scompigliati e dei grandi occhiali sotto i quali si potevano benissimo intravedere gli occhi color giallo-sabbia, leggermente tendenti al verde. Al contrario di tutti gli uomini della Shinsengumi che avevo incontrato fino ad allora, quell’uomo non mi era apparso molto muscoloso, né molto allenato. Aveva più l’aria da intellettuale, da stratega. Non mi era parso affatto portato per le battaglie.
Quest’ultimo uomo mi aveva sorriso gentilmente ed io, un po’ per l’imbarazzo, un po’ perché temevo che una mia qualsiasi reazione fosse sbagliata, istintivamente posai lo sguardo, infine, sull’uomo che stava al centro: il comandante della shinsengumi.
Questo è… Kondou-san?
Avevo pensato, sgranando gli occhi, appena lo vidi; era un omone, alto e della stazza più o meno di Nagakura-san. Forse anche un po’ più grande. Tuttavia, nonostante l’imponenza della figura (lui, sì, era molto muscoloso) aveva un viso gentile, anche se i suoi lineamenti erano un po’ marcati. Aveva degli occhi color bronzo che avrei definito “buoni” anche se non lo avessi potuto vedere.
Va bene, forse è un po’ improbabile come esempio, ma è per far comprendere come l’aria di quell’uomo fosse tutt’altro che cattiva e fredda. Anzi, probabilmente, dopo te, Sou-nii, era colui che mi aveva ispirato più fiducia in assoluto.
Mi sorrideva così docilmente ed innocuamente che non potei non ricambiare il suo sorriso, facendomi trasportare dalla dolcezza della sua espressione.
“Kondou-san, questa è Hikaru-ch… Ehm…” si era corretto Chizuru-san. “Volevo dire Okita Hikaru-san”.
“Ah, non preoccuparti, Chizuru-san. Hikaru-chan andrà benissimo” aveva esordito, sorridendo, quel Kondou-san. Per poi rivolgersi a me. “Sempre che alla signorina non disturbi. Se vuoi, possiamo chiamarti anche Hikaru-san, oppure… Okita-san… Anche se…” e si era messo a ridere tra sé e sé. “… mi suona davvero così strano…!”.
La risata di quell’uomo mi rimbombò nella testa e mi rese notevolmente più tranquilla.
“N… No, signore, Hikaru-chan andrà benissimo, se vi aggrada…” mi ero precipitata a rassicurarlo, mentre mi stavo inchinando verso di loro.
“Oh, per favore, Hikaru-chan! Non ce n’è affatto bisogno! Suvvia, basta con queste formalità!”
“Oh… Ehm…” . Ero rossa come un papavero, ma cercai di non darlo a vedere. O, almeno, di non evidenziarlo maggiormente. “Co… Come desiderate…”.
“Ah, com’è carina… E’ diventata rossa per l’imbarazzo!” aveva affermato, mettendosi a ridere nuovamente. “Non la trovate carina, Sannan?” aveva domandato, rivolto all’uomo alla sua destra.
L’uomo con gli occhiali, allora, aveva annuito e aveva volto a me la sua attenzione. “Davvero adorabile”.
Dopo quel commento, ero arrossita ancora di più e fu solo per educazione che non mi ero portata le maniche del kimono al viso, per coprirmelo dalla vergogna.
“Comandante, per favore… un po’ di contegno…” lo aveva pregato, Hijikata-san, alquanto contrariato di quanta cordialità mi stava rivolgendo, pur essendo un uomo tanto importante.
“Perché? Cosa c’è che non va, Toshi? Non la trovi carina anche tu?”.
Fu così che aveva preso anche lui a guardarmi e a scrutarmi, poi si era rivolto nuovamente a Kondou-san e aveva affermato: “Decisamente non rispecchia i miei gusti”.
Beh, non mi ero aspettata una risposta diversa da lui, solo che sentirselo dire in faccia era un po’… come dire… deludente?
“Aspetti, un attimo, comandante, ma non era di questo che dovevamo discutere!” lo riprese nuovamente, Hijikata-san.
“Avanti, si può sapere di che cosa stai parlando? Ti avevo già detto che non c’erano problemi a farla restare qui, no?” concluse Kondou-san, con un sorriso a trentaquattro denti. “Perché ti fai tanti problemi?”
“Perché non pensa mai a quello che fa, prima di aprire bocca!”
“E tu pensi troppo, invece, sai? Dovresti concederti una pausa ogni tanto, o prima o poi la tua testa ci esploderà dinnanzi!”
“Ma si sente quando parla? Dovrebbe almeno pensarci un po’, prima di accettare così superficialmente!”.
“Certo, hai ragione, ma sai non credo davvero ci sia nulla di male nel farla restare qui, se è lei a volerlo”.
“Ma…” stava per ribattere Hijikata-san, quando lui lo troncò sul nascere e riprese, stavolta con un’aria decisamente seria: “Toshi, questa è la nipote di Souji. E’ una parente di Souji. E, per me, è come se fosse anche una mia parente. Certo, sono cosciente del fatto che tutti siate preoccupati per lei, dato che ultimamente la zona è poco tranquilla, ma… Se lei è tanto convinta di voler restare qui, tanto da aver sfidato i suoi genitori e lo stesso Souji, allora significa che lo vuole davvero. Non è forse così?” . Si era rivolto a me, mentre aveva pronunciato quelle parole.
Io, allora, avevo annuito, con sguardo languido, quasi vicina al pianto.
Le parole di Kondou-san furono le più gentili e rassicuranti che avessi sentito da quando ero entrata in quel luogo.
“Dunque, se è così, non posso davvero permettermi, né permettere a te o nessun altro, di ostacolarla o negarle questo desiderio. Permettiamole di stare qui, Toshi. Almeno fin quando la faccenda non si fa ingestibile. Fin quando possiamo permetterci di proteggerla, la proteggeremo”.
Dopo quelle parole, vi era stato un attimo di silenzio da parte di tutti, fin quando non era intervenuto anche l’uomo di nome Sannan: “Concordo col comandante. Se la qui presente ragazza si è ribellata alle persone a lei più care, pur di rimanere qui, allora credo dovremmo farla restare. D’altronde Okita-san è legato familiarmente a lei, no? Non ci saranno problemi, allora”.
“Mm! Mm!” aveva annuito, Kondou-san. “Sante parole!”
“Gra… Grazie!” avevo esclamato all’improvviso, stupendo tutti e portando su di me la loro attenzione. “Davvero… grazie! Grazie per permettermi di rimanere qui! Vi giuro su Kami-sama che non vi sarò di alcun intralcio! Farò qualsiasi cosa mi ordinerete di fare e seguirò le vostre istruzioni! Non mi lamenterò mai di niente e sarò sempre pronta ad obbedire, qual’ora aveste degli ordini da impartirmi!” . Cercai disperatamente di trattenere i singhiozzi che, però, una volta ogni tanto si facevano largo nel discorso. “Posso essere d’aiuto nelle cucine, se desiderate. Laverò e rammenderò i vostri abiti e, all’occorrenza affilerò le vostre katane e potrei anche…”
“Hikaru-chan” m’aveva interrotto Kondou-san, all’improvviso. “Basta così. Ti ringrazio davvero per le tue proposte. Sei davvero gentile. Per il momento, ti limiterai ad aiutare nelle cucine e a lavare i nostri abiti (nel caso, li rammenderai anche). Ma niente più di questo, siamo intesi?”.
Ricordo distintamente di aver sorriso di pura gioia alle sue parole e di aver annuito, entusiasta.
Lui aveva ricambiato il mio sorriso. “Ed ora, non credo di essermi ancora presentato: sono Kondou Isami, comandante della Shinsengumi”. Poi aveva fatto  per indicare Sannan-san. “Questo invece è il colonnello della shinsengumi, nonché  nostro abilissimo stratega, Sannan Keisuke”.
Costui non aveva trattenuto un inchino e un gentile sorriso. “Molto piacere di conoscervi, Hikaru-san”.
“Oh… sì!” avevo risposto, molto imbarazzata, inchinandomi a mia volta. “Il piacere è tutto mio”.
Dopodiché Kondou-san aveva indicato con un cenno di capo Hijikata-san alla sua sinistra. “E penso avrai avuto già la fortuna di conoscere vice-comandante della shinsengumi, Hijikata Toshizo”. E non era venuta meno neanche la sua risata. “O forse dovrei dire sfortuna?”.
Hijikata-san, alla battuta, gli aveva indirizzato uno sguardo torvo e decisamente infastidito, ma, da bravo pitbull maturo quale doveva dimostrare d’essere, la mandò giù quasi subito, senza tornare a pensarci più di tanto.
Dopo le varie presentazioni ed avermi più o meno riferito i ruoli dei migliori soggetti della Shinsengumi, Kondou-san mi aveva fatto segno di alzarmi e di seguirlo di fuori, nel cortile.
Io, di parte mia, lo aveva seguito senza dire una parola. Quando mi chiusi il fusuma alle spalle, come mi aveva imposto di fare lui, mi aveva fatto nuovamente cenno di avvicinarmi.
Timidamente mi avvicinai a quella figura tanto imponente che prima mi guardò quasi severamente, poi mi poggiò una mano sulla testa, scompigliandomi amorevolmente i capelli.
“Sei davvero piccola, eh? Mi hanno riferito che hai solo tredici anni”.
“A breve quattordici” avevo precisato io. “Sono una donna, ormai. Posso farcela”.
“Oh, certo… una donna…” aveva riso, per poi sorridermi nuovamente. “Nonostante tu sia così piccola, hai avuto un così grande coraggio. Il tuo desiderio di stare con Souji deve essere più forte di quanto tu stessa immagini”.
Ero diventata color porpora dopo quelle parole così veritiere. Era come se quell’uomo mi avesse messa a nudo davanti a lui. Probabilmente se mi avesse spogliata in quello stesso momento, l’imbarazzo non sarebbe cresciuto più di così.
“Non so se sei cosciente di quello a cui vai in contro, ma penso saprai che qui le cose non saranno facili da gestire. Ci saranno battaglie. Ci saranno scontri. Ci saranno tanti morti e tanto sangue” aveva cercato di avvertirmi. “Sei disposta lo stesso, dunque, a rimanere qui? Potresti anche rimetterci la vi…”.
“Non importa” lo avevo interrotto io. Non so chi mi aveva dato il coraggio di farlo, fatto sta che lo avevo fatto. “Ora che l’ho ritrovato, non potrei mai separarmi da Sou-nii. E’ tutta la vita (praticamente da quando ho memoria) che aspetto il giorno in cui l’avrei ritrovato. Non pensavo ad altro! Anche se ci fosse di mezzo la fine del mondo, non me ne andrei comunque”.
Le mie parole dovevano aver avuto un effetto davvero efficace su Kondou-san, perché lo vidi sfregarsi gli occhi dall’emozione.
“Così piccola… e così determinata! Sei davvero speciale, Hikaru-chan” aveva proseguito, continuando a scompigliarmi i capelli.
Io ero arrossita ancora, quando concluse: “Beh, non per questo sei la nipote di Souji!”.
E così avevo annuito e gli avevo sorriso di cuore.

Dopo quella discussione Kondou-san era rientrato nella stanza, ordinando a Chizuru-san di riaccompagnarmi in camera e di darmi un cambio di kimono per la mattina successiva, dato che aveva notato che il mio (almeno fin quando non l’avessi riparato) sarebbe stato troppo logoro e rovinato da indossare. Dopodiché le aveva anche detto di assicurarsi che continuassi a riposarmi fino a domattina, perché mi avrebbe atteso il lavoro. E fu così che, dopo un saluto generale ai tre comandanti, Chizuru-san mi aveva riaccompagnata nella mia camera e si era preso cura di me fin quando, nuovamente, non presi sonno.

Quella stessa sera, a dire il vero, avrei potuto dare una mano a Chizuru-san quantomeno per la cena, ma Kondou-san aveva insistito affinché mi riposassi e riprendessi le forze. Inoltre aveva chiesto gentilmente al mio salvatore di curarmi le ferite agli arti dei piedi che ancora perdevano sangue, nonostante fosse passato un bel po’ di tempo.
E dovevo ammettere che, risvegliatami al mattino, mentre mi dirigevo verso la sala ove gli shinsengumi facevano colazione  (che mi aveva fatto visitare, dopo la conoscenza di Kondou-san, Chizuru-san), notai che Chizuru-san aveva fatto un buon lavoro: già la prima volta che mi aveva fasciata, le garze si erano riempite di sangue. Quante volte mi aveva cambiato, dunque, quelle bende? Era stato vicino a me tutta la notte?
Non lo sapevo, fatto stava che lo avrei ringraziato a dovere per tutto quello che aveva fatto, che stava facendo e che, sicuramente, avrebbe fatto ancora per me.
Però, ciò non toglie, che prima si è comportato davvero stranamente…
Voleva vedermi nuda?
Ipotizzai, per poi scuotere vigorosamente la testa: no, mi rifiutavo di credere che una persona così dolce potesse essere in realtà un pervertito. Quindi, cercai al più presto di concentrarmi su qualcos’altro.
E la cosa mi riuscì perfettamente una volta entrata nella sala riservata ai pasti. Di fatti, già seduti ai loro posti vi erano Harada-san, Saitou-san e, purtroppo, anche Hijikata-san.
Tutti (a parte Saitou-san), una volta notata la mia presenza, portarono la loro attenzione verso di me. Harada-san mi rivolse un sorrise tranquillo e cordiale, Hijikata-san, invece, la solita aria severa ed intransigente. Saitou-san si limitava a rimanere seduto, con gli occhi socchiusi (quasi stesse meditando) e immobile. Non mi degnò nemmeno di un’occhiatina.
“Ah, buongiorno!” esclamai, inchinandomi.
“Buongiorno a te, Hikaru-chan” mi ricambiò Harada-san. “Dormito bene?”.
“Eh? Ah… Sì” borbottai, un po’ nervosa. “Davvero bene”.
“Mi fa piacere! Avanti, siediti qui e mangia con noi!” affermò, facendomi segno di sedermi vicino a lui.
Il che mi lasciò letteralmente di stucco.
Perché dovrei sedermi?
“Ah, ecco… Io in realtà…”
“Mi spiace interrompere la vostra discussione e deludere le tue aspettative, Sano, ma è Okita-san che deve occuparsi della colazione, insieme a Chizuru” s’intromise Hijikata-san. “Quindi, se non vogliamo restare digiuni, non credo sia fattibile che si sieda e aspetti comodamente di essere servita”. Detto ciò, mi rivolse un’occhiata torva. “Dico bene, Okita-san?”.
Al che, davvero non so come feci, trattenni l’istinto di prenderlo a sberle. Gli sorrisi falsamente, per poi affermare: “Difatti non avevo alcuna intenzione di sedermi comodamente ed essere servita” ci tenni a precisare. Chiunque, guardandomi, avrebbe capito che il mio era un sorriso più che forzato. Ed era chiaro, come il fatto che senza respirare non si può vivere, che la mia permanenza in quel luogo non fosse tanto apprezzata da Hijikata-san. Anzi, per nulla apprezzata. E lo dimostrava il fatto che mi trattava con freddezza, che non mi avesse rivolto un solo sorriso da quando ero lì, che mi chiamasse “Okita-san” anche quando lo stesso comandante mi si era rivolto meno formalmente e che pensasse a me come nient’altro che una ragazzina viziata e capricciosa, che faceva le cose perché le andava di farle e che non accettava rifiuti in alcun modo. Insomma, pensava a me come una di quelle ragazzine di buona famiglia, abituate al lusso e allo strumentalizzare le persone. Ma si sbagliava di grosso! E gliel’avrei dimostrato senz’altro. “Anzi, se non ricordo male, la sera scorsa sono stata proprio io ad offrirmi volontaria”.
D’accordo, forse non era il caso di mettersi a bisticciare di prima mattina, ma cosa potevo farci? Dopo aver rivolto a te, Sou-nii, quelle parole così dure… A te, che non avrei mai osato immaginare di poter dir qualcosa che ti avrebbe fatto in alcun modo irritare, non mi avrebbe spaventata neanche rivolgermi sfrontatamente all’imperatore stesso.
Non c’era nessuno più importante di te che non volessi ferire, dunque, una volta assaggiata l’amarezza dell’averti delusa o fatto arrabbiare, non mi sarei di certo sentita peggio alzando un po’ la cresta con Hijikata-san.
Non potei fare a meno di notare, dunque, che Hijikata-san aveva alzato un sopracciglio e non solo per lo stupore, ma anche per l’impertinenza che avevo usato nel rispondergli. Beh, quello non era certo un commento offensivo, né altro, ma suppongo che la cosa che l’abbia infastidito più di tanto fu, di per sé, il fatto stesso che avessi osato rispondergli.
“Ah! Già pimpanti di prima mattina, eh? Come siamo energici!” esclamò una voce alle mie spalle. Quando mi voltai, vidi Nakagura-san, seguito da Todou-san.
“Ah, Shinpatsu-san! Qua di energico ci sei solo tu, a quest’ora del mattino” commentò il ragazzo, dandogli una pacca sulla schiena. “Ah, buongiorno, Hikaru-chan!” mi si rivolse, una volta notata la mia presenza.
“Buongiorno anche a voi” risposi, rivolgendomi ad entrambi ed inchinandomi formalmente.
“Ancora con queste formalità, Hikaru-chan? Ti avevo detto che non ve n’era bisogno, no?”.
Beh, nonostante non ci avessi parlato molto, avrei riconosciuto quel tono gentile e sempre fin troppo allegro, anche in mezzo ad una folla di centinaia di persone.
“Buongiorno, Kondou-san, Sannan-san” sorrisi gioiosamente a quelle due figure che stavano entrando ora e che mi stavano già sorridendo apertamente. Erano due delle persone che più mi erano risultate simpatiche, al momento. Beh, a prescindere da quella specie di trio comico che avevo capito essere quello di Harada-san, Nakagura-san e Todou-san.
“Buongiorno, Hikaru-san” mi si rivolse Sannan-san, inchinandosi leggermente verso di me. “Mi spiace dovermi rivolgere a voi in quel modo tanto confidenziale, ma temo che se optassi per il cognome, farei una tremenda confusione tra voi e vostro zio”.
“Vostro zio”…
Vi riflettei su.
Non mi piaceva affatto quando si riferivano a te come “mio zio”. Era una cosa che detestavo. In realtà non perché odiassi il fatto di essere imparentata con te, ma… La verità era che ricordare che eri un mio parente così stretto e, dunque, ricordare l’impossibilità di amarti come donna, mi faceva tremendamente male.
“No, non vi è alcun problema. Capisco perfettamente che si potrebbe creare non poca confusione, quindi…” borbottai, ancora un po’ scossa per i pensieri che stavano attraversando la mia testa. “Ora, se permettete, vado in cucina ad aiutare Chizuru-san. Avrà sicuramente bisogno di una mano”. Detto ciò, m’inchinai e feci per dirigermi verso la porta che dava sulla cucina, adiacente alla stanza, dove, per l’appunto, trovai intento Chizuru-san a cucinare il riso.
“Chizuru-san, sono arrivata” lo avvisai. “C’è qualcosa in cui posso esserti utile?”.
“Oh, Hikaru-chan! Sei arrivata al momento giusto! Ti spiacerebbe controllare il pesce? Dato che sono occupata col riso, non vorrei che si bruciasse”.
“Oh, certamente!” mi affrettai a rispondere io, tirandomi su le maniche del kimono, come per dar segno a me e a lui, che avrei cominciato a lavorare. Indi corsi in direzione del pesce che, nel cortiletto, stava abbrustolendosi vicino al fuocherello acceso sicuramente da quel ragazzo così diligente.
La cottura è perfetta!
Non potei fare a meno di notare, accovacciandomi vicino al piccolissimo falò.
Sarà meglio che incominci a toglierli dal fuoco. Altrimenti si abbrustoliranno sicuramente.
Fu allora che pensai che Chizuru-san doveva davvero essere abituato a cucinare. Proprio poco prima mi aveva raccomandato di guardare il pesce perché temeva si bruciasse. Quindi, logicamente, doveva essere sicuro che in quel frangente di tempo, si fosse già ben cotto.
E’ davvero un ragazzo eccezionale! Oltre che far parte della Shinsengumi sa fare anche di queste cose… E così bene, poi!
E così, dopo aver tolto tutti gli spiedini di pesce dal fuoco ed aver spento quest’ultimo con un secchio d’acqua posto lì vicino, mi voltai ed entrai nuovamente nella cucina, dove Chizuru-san era intento a disporre sui vassoi appositi le hashi.
“Ah, hai già fatto” constatò.  “Ti ringrazio davvero dell’aiuto, Hikaru-chan” .
“Non dirlo neanche!” affermai, posando il vassoio con i pesci dalla crosta dorata, sulla mensola, vicino il contenitore del riso che stava ancora cocendo.
Lui mi si affiancò, incominciando a disporre le varie ciotole che avrebbero contenuto i vari cibi sui vassoi.
“Mi spiace per le parole di Hijikata-san” esordì, ad un certo punto, spezzando il silenzio momentaneo che si era venuto a creare.
Mi voltai verso di lui, perplessa, ma Chizuru-san non stava fissando me: teneva la testa bassa, mentre continuava a sistemare le ciotole.
“Eh?” domandai io. “A che ti riferisci?”
“Alle parole che ti ha rivolto prima, nella sala a fianco e… ieri sera, quando ha continuato ad insistere per mandarti via”
“Oh…” . Rimasi in silenzio per un po’, mentre mi occupavo di tagliare il pesce dalla parte inferiore del corpo, togliere la lisca e le eventuali spine. “Non importa. Ho capito che non approva la mia permanenza qui. Va tutto bene”.
“Mi dispiace davvero per come si sta comportando con te” continuò, con tono mortificato. “Però, credimi, anche se può non sembrare, non è che lui non ti capisca, o non voglia appoggiarti. E’ solo che…”. Notai che era po’ spaesato. Indice che non sapeva bene cosa dire. Solo poco dopo lo vidi proseguire: “… è solo che non vuole altre persone sulla coscienza”.
“Mh?” . Lo guardai nuovamente. Stavolta chi si trovava alquanto stupita e spaesata ero io. Che cosa significavano quelle parole?
Altre persone sulla coscienza?
Che cosa voleva dirmi Chizuru-san?
Probabilmente, se fossi stata un po’ più grande, o un po’ più matura, avrei capito subito di che stesse parlando. Probabilmente, anche se avessi fatto più attenzione alle parole che avevano pronunciato ieri, per tante volte, sarei riuscita a capirlo senza alcuna difficoltà. Ma in quell’attimo,  a ciò che quel ragazzo volesse farmi comprendere, io proprio non c’ero arrivata.
Solo in seguito avrei capito. Molto, molto tempo più tardi.
Dischiusi appena le labbra: avevo intenzione di chiedergli che cosa intendesse con quella frase, ma lui mi precedette ancor prima ch’io iniziassi a formulare la domanda nella mia mente. “Allora, Hikaru-chan, iniziamo a fare le porzioni adesso, va bene?”. Mi si rivolse con un fulgido sorriso. Era così luminoso che non me la sentii di ritornare al discorso precedente, apparentemente così triste e malinconico.
Beh…
Pensai tra me e me.
Ho tanto tempo a disposizione per chiederglielo, in fondo!
“D’accordo!” esclamai io, ricambiando il suo sorriso. “Allora, partiamo dal ris…?” ma non feci in tempo a finire la mia domanda, che sentimmo il rumore dello fusuma aprirsi e poi richiudersi subito dopo.“”
“Ah, Souji! Eccoti finalmente!” sentii esclamare dalla voce di Kondou-san.
“Era ora che ti facessi vivo! Stavamo temendo che fossi stato sbranato lupi!” . Questa, invece, era senz’altro la voce altisonante di Nakagura-san.
“Perché proprio dai lupi?”
“Beh, non c’è una vera e propria ragione. Mi andava di dire così! Non rompere, Sano!”.
“Ahahah” .
Sussultai, sentendo quella risata. Era la tua. L’avrei riconosciuta anche se mi avessero reciso le orecchie. “Sempre vivaci, sin dal primo mattino. Sono queste le cose belle della vita”.
“Seriamente, Souji” riprese la voce alquanto sospettosa di Harada-san. “Di solito sei così mattiniero. Non saprei dire chi tra te e Saitou sia il primo a metter piede qui dentro”.
“Beh, diciamo solo che non ho dormito molto ieri sera. Ho solo recuperato un po’ stamani”.
“Che cosa insolita…” constatò Todou-san. “Davvero insolita da parte tua…”.
“Forse dipende dalla cara Hikaru-chan?” ipotizzò il rosso, con aria alquanto maliziosa. “Ci ho azzeccato, vero?”.
“In un certo qual senso” ti limitasti a rispondere, con tono tranquillo, anche un po’ scherzoso. “E’ tutta colpa sua. Mi ha fatto passare una nottataccia”.
Sentendo queste parole, per poco non spezzai le hashi che avevo tra le mani.
“Mh? Che hai, Hikaru-chan?” mi chiese, vedendomi tremante, Chizuru-san, chiaramente impegnato a fare altro e che, quindi, non aveva prestato attenzioni alla discussione che stavano avendo gli shinsengumi nell’altra stanza. “Qualcosa non va?”
“Eh?” . Mi rivolsi di scatto verso di lui, mascherando il mio nervosismo con un finto sorriso e cercando di controllare la rabbia che continuava a crescere in me. “No, niente. Figurati”.
“D’accordo…”. Non molto convinto della mia risposta, non insistette oltre e proseguì quel che stava facendo.
Al che tornai a far finta di preparare il tutto, quando, invece, continuai ad origliare quello che dicevano dall’altra parte.
“A proposito!” sentii intervenire all’improvviso Todou-san. “Lo sai chi cucina oggi, insieme a Chizuru?”.
“Forse volevi dire, chi cucinerà d’ora in poi insieme a Chizuru?” lo corresse Harada-san. “Avanti, Souji. Indovina”.
“Eh?” . Il tuo tono era leggermente perplesso. “Non ditemi che…”
“Esatto!” proseguì Nakagura-san. “La tua dolce nipotina è di là che sta cucinando per noi. Non sei felice?”.
“Oh, davvero?” . Ora il tuo tono non era né perplesso, né altro. Era semplicemente un tono di constatazione. “Beh, buona fortuna, Hikaru-chan”.
Que… Questo è tutto quello che hai da dire?!
Lo pensai istintivamente, mentre mi ribolliva il sangue nelle vene. Ero certa che la mia temperatura corporea stesse salendo in maniera del tutto anormale.
Così? Come se niente fosse? Dopo la faccia arrabbiata che hai fatto ieri? E, per giunta, non ti degni neanche di venirmi a salutare!
“Chissà se cucina bene” si domandò la voce di Todou-san. “Sono davvero curioso. Non puoi anticiparci niente, tu?”. Evidentemente si era rivolto a te. Non perché lo sapessi con certezza, o perché lo avessi visto, ma quel tipo di domanda, così posta, poteva essere rivolta soltanto a te, dato che eri l’unico che poteva anticipare qualcosa agli altri sul mio conto.
“Effettivamente, anche se è mia nipote, la conosco davvero poco” ti accingesti a spiegare, con aria (si capiva) noncurante, come se stessi parlando del più e del meno. E non potei fare a meno di notare come avevi accentuato quel “mia nipote”. E la cosa in sé mi diede davvero tanto fastidio. In un modo che forse sarebbe difficile da spiegare.
“E, comunque,” proseguisti. “non sono mai stato a casa di mia sorella così a lungo da assaggiare la sua cucina, figuratevi quella di Hikaru-chan. Non sapevo neanche che avesse imparato a cucinare. Quindi non posso anticiparvi niente. Spero solo, però, che non avveleni nessuno”. E da qui partì una tua risata accompagnata, in seguito, da alcuni dei tuoi compagni.

CRACK.
“Oh, Hikaru-chan!” vidi accorrere Chizuru-san verso di me con aria preoccupata, guardando le hashi spezzate che avevo tra le mani. “Che è successo? Ti sei fatta male?”.
“No, no” cercai di rassicurarla. Nuovamente un falso sorriso, evidente come il cielo azzurro, tornò ad invadermi le labbra. “Non è niente, davvero. Credo di aver fatto troppa pressione e così le ho spezzate. Ma non mi son fatta niente, non preoccuparti”.
Ora…
“Sicura?” mi chiese lui, ancora un po’ titubante.
Ora sì che sono davvero furiosa…
“Sicurissima! Anzi, scusami tanto per averle rotte”.
“Ah, non devi preoccuparti per quello. L’importante è che tu non ti sia fatta male. Un paio di hashi si possono sempre sostituire, ma le tue mani no” mi sorrise alquanto rincuorato.
Al che io dovetti fare lo stesso, anche se in cuor mio ardevo dalla rabbia.
Come ha potuto dire queste cose? Perché mi ha screditata in questo modo?
Pensai, non riuscendo a controllare la collera.
“A proposito, Chizuru-san, perché non vai a sederti? Ci penso io a finire qui”
E davanti a tutti, per giunta!
“Cosa? Ma no, perché mai?”.
Questa davvero non gliela perdono! Mi ha presa in giro! Di nuovo!
“Voglio sdebitarmi per ieri sera, per tutto quello che hai fatto per me”
Anzi… e stavolta platealmente! Senza curarsi dei miei sentimenti! Perché lo sa che sto ascoltando!
“Eh?” . Aveva un’espressione alquanto perplessa sul volto.
Lo sa anche fin troppo bene! Ed è per questo che non si è trattenuto!
“Sì, lo sai, per avermi cambiato le bende”
“Oh, ma quello non è niente”
“Ma come non è niente? Sei andato avanti per tutta la notte!”
“Come? Veramente io…”
“Su, non fare tante storie!” tagliai corto, spingendolo verso l’altra sala, dalle spalle. “Per favore, lascia che mi sdebiti, o mi sentirò in colpa fin quando non l’avrò fatto…” lo supplicai, con sguardo docile e innocuo.
“Oh, va bene…” si arrese lui, sorridendomi. “Se me lo chiedi così, non posso fare altrimenti. Vorrà dire che andrò fuori a controllare in che condizioni è il pavimento del corridoio (in caso abbia bisogno di una pulita). Ma chiamami subito, se ti serve una mano, d’accordo?”.
Io, allora, ricambiai il suo sorriso. “Ma certo! Adesso, però, vai!”. E fu continuando a spingerlo in questo modo che praticamente lo catapultai fuori dalla cucina, verso il cortile esterno, per andare a controllare altre cose.
Mi ha umiliata e dato colpe che non ho, prendendomi in giro… Gli piace così tanto farsi beffe di me? Cos’è, una sorta di punizione perché non gli ho obbedito?
Mi misi davanti la mensola e cominciai a distribuire le porzioni, ciotola per ciotola, vassoio per vassoio.
Dovrebbe sapere che so cucinare! Ed anche se non lo sapesse, gentilezza vuole che si cerchi di adulare chi cucina per te, non di degradarlo! E poi che colpa ne ho io se non ha dormito questa notte? Solo perché era arrabbiato e non riusciva a prendere sonno, non può certo farmene una colpa!
Dopo pochi minuti avevo finalmente finito di preparare il tutto. Sorrisi soddisfatta di fronte a quell’opera.
Ma adesso vedrà di cosa sono capace, quando mi si mette alla prova!
“Chizuru-san!” chiamai all’improvviso. “Chizuru-san!” ripetei, affacciandomi verso il cortiletto.
Vidi, così, il ragazzo accorrere verso di me, in fretta e furia. “Che c’è, Hikaru-chan? Hai bisogno di qualcosa?”.
“Sì, effettivamente…” risposi, con aria mortificata. “Per favore, c’è qualcosa che vorrei chiederti”.
Lui mi guardò con aria perplesso, però annuì distintamente, segno che mi avrebbe ascoltata e mi avrebbe assecondata.
Dopodiché gli spiegai tutto, in poche e coincise parole, gli sorrisi e gli chiesi: “Va bene?”.
“Ma non sarebbe più giusto che servissi tu Okita-san?” . Aveva un’aria insolitamente preoccupata.
“Avrei tanto voluto farlo, in circostanze normali, ma…” scossi la testa, in senso di diniego. “Ora come ora, sono un po’ arrabbiata con lui. Anzi, no… troppo arrabbiata per essere gentile e cordiale nei suoi confronti. Sono disposta persino a servire Hijikata-san, ma Sou-nii… Non se ne parla!”.
Lo sentii sospirare. “E va bene. Se vuoi che lo faccia io, lo farò io”
Lo guardai con occhi pieni di gratitudine e gli sorrisi nuovamente. “Che bello! Ti ringrazio!”.
“Però…” proseguì, accarezzandomi i capelli gentilmente. “Dovresti cercare di risolvere le tue divergenze con Okita-san. Non puoi andare avanti così, no? D’altronde sei rimasta qui proprio per stare con lui. Non ha senso che tu stia facendo tutti questi sacrifici, se poi devi rimanere in collera con lui, non trovi?”.
Lo guardai un po’ intristita, con sguardo velatamente malinconico.
Aveva ragione. Aveva senz’altro ragione. Ero voluta rimanere lì proprio per stare con lui ed ora mi stavo comportando in quel modo, però…
Però… voglio soltanto una rivincita! Solo una!
“Mi dispiace” risposi, chinando il capo. “Ma ti prometto, Chizuru-san, che questa sarà l’ultima volta. Per cui, ti prego, accontentami. Solo per stavolta… te lo chiedo per favore”.
Lui, allora, mi sorrise e si allontanò in direzione dei vassoi, poggiati sulla mensola. “Allora? Qual è quello di Okita-san?”.
Sorridente, gli indicai il predestinato. Al ché, lui mi guardò serio e disse: “Però sembrerebbe strano che stia portando solo quello di Okita-san. Ne servo altri anche a qualcun altro, così nessuno sospetterà di niente, va bene?”.
Io annuii, tenendogli presente di non scordarsi quale fosse per te.
“Ma cos’hai fatto? Ci hai messo qualcosa di speciale dentro, dato che vuoi che proprio questo vada ad Okita-san?”.
Non trattenni un risolino. “Diciamo… più o meno di sì”.
Chizuru-san mi sorrise di nuovo ed insieme incominciammo a servire i nostri ospiti dall’altra parte della stanza che erano ancora occupati a conversare.
Appena uscita dalla cucina il primo vassoio che servii fu quello ad Hijikata-san che mi guardò freddamente e con un’aria taciturna da silenzioso “Finalmente! Quasi, quasi si faceva notte e noi dovevamo ancora fare colazione!”. Lo ignorai, semplicemente limitandomi a sorridergli, cosa che feci anche quando incontrai il tuo sguardo verde-foglia che si era momentaneamente posato su di me.
Onestamente non guardai la tua reazione al mio finto sorriso, anche perché ero troppo nervosa e su di giri per farlo. Doveva andare tutto secondo i piani. Se mi fossi comportata in modo strano, o mi fosse sfuggita qualche strana parola, sarebbe andato tutto in fumo.
Il secondo fu Harada-san che, invece, così come Todou-san, mi aveva sorriso e mi aveva ringraziato, non risparmiandosi qualche battuta e mezza-lode sul come ero educata e come ero servizievole.
Chizuru-san, invece, si era preoccupato di servire Kondou-san, Sannan-san, Nakagura-san e, come da previsto, ora si stava accingendo a servire te.
Ci trovammo affiancati (io e Chizuru-san), in quanto io dovetti preoccuparmi di servire Saitou-san, che era alla tua sinistra. Una volta raggiunta la nostra destinazione, ci piegammo entrambi contemporaneamente e posammo i loro vassoi quanto più lentamente possibile. Mentre stavo per rialzarmi, poi, incontrai nuovamente il tuo sguardo che mi stava osservando ora molto più intensamente. Cercai con tutta me stessa di non arrossire, tornando a sorriderti e ad augurarti: “Buon appetito, Sou-nii”.
Detto ciò, mi alzai e seguii Chizuru-san verso i nostri posti che erano uno a fianco dell’altra. Alla mia sinistra avevo Chizuru-san, mentre alla mia destra Todou-san. Alla sinistra di Chizuru-san, invece vi era Nakagura-san.
“Bene, allora: itadakimasu!” augurò, in generale, Kondou-san, mentre si accingeva, un po’ come tutti, a togliere il copri vassoio.
Una volta che quest’azione fu compiuta da tutti, specialmente da te, mi affrettai a rivolgerti tutta la mia attenzione con aria attenta e velatamente soddisfatta.
“Wow! Che porzioni enormi!” sentii affermare, all’improvviso.
Perfetto: il mio piano stava funzionando.
“Hai ragione, Heisuke! Guarda la mia: è enorme!” concordò Harada-san, per poi guardarsi un po’ intorno. “Oh, ma mi sembra che il servizio sia andato più o meno così a tutti”.
“Cos’è questa buffonata?” intervenne, quindi, Hijikata-san, mentre indicava, irritato, la valanga di riso che vi era nella sua scodella – come in quella di tutti gli altri – (e non scherzo quando dico che era una valanga: avevo abbondato così tanto con le porzioni che in ogni ciotola si era formata una vera e propria montagnola… con tanto di cucuzzolo!).
Chizuru-san si voltò preoccupato verso di me, vedendo, poi, che la sua montagnola era quella più alta in assoluto. “Hikaru-chan… Ma che hai combinato?”.
“Eheh!” non trattenni un risolino io. “Un ringraziamento speciale verso tutti! Siccome era la prima volta che cucinavo per voi, ho voluto abbondare un po’ con le porzioni”.
“Abbondare? Con una sola di queste ciotole si possono sfamare decentemente tre di noi!” continuò a lamentarsi Hijikata-san. “Questo si chiama spreco, lo sai?”.
Interruppe le sue lamentele Kondou-san con una delle sue possenti risate. “Avanti, cosa c’è di male, vice-comandante? Ogni tanto abbondare non fa male!” .
“Ma, comandante, se la lasciamo fare, le scorte di cibo che conserviamo per mesi e mesi se ne andranno via nel giro di una settimana!”
“Avanti, non esagerare! Oggi è una giornata speciale: è il primo giorno di Hikaru-chan qui da noi. E’ per questo che ha voluto renderci più felici col suo gesto, non è forse così?”.
“Certamente!” affermai, contenta dell’appoggio di Kondou-san.
“Diamine… E’ maledettamente delizioso!” sentii affermare da Nakagura-san, già intento a divorare la sua porzione di riso e il suo pesce.
“Beh, devo dire che è davvero gustoso” confermò Sannan-san, rivolgendomi un sorriso.
“Vi ringrazio infinitamente” risposi io, altrettanto sorridente.
E notai che, nonostante il suo costante, tenebroso, nonché inquietante silenzio, anche Saitou-san stava gradendo tutto. 
Nel giro di pochi secondi mi furono rivolte lodi, commenti su come migliorare qualcosa, oppure taciti consensi. Neanche uno (tranne l’iniziale dissenso di Hijikata-san)  di tutto il gruppo osò lamentarsi.
Almeno fin quando…
“Ecco… Non vorrei sembrare indiscreto, ma… Si può sapere che cos’hai in mente, Hikaru-chan?” azzardò una voce, all’improvviso, interrompendo il temporaneo silenzio del nostro pasto. Alzai compiaciuta lo sguardo, rivolgendolo verso di te, che mi fissavi sorridente. Ma era evidente (e lo era agli occhi di chiunque) che quel sorriso mascherava ben altre sensazioni. Di certo non era un sorriso gentile. Eri chiaramente arrabbiato, anche se dalla tua espressione non si sarebbe mai detto.
Dato che avevi attirato l’attenzione di tutti, fu inevitabile notare la differenza che vigeva con i membri dell’intera stanza: nel tuo vassoio c’era la solita ciotola di riso, la scodella del pesce e la tazza del tè verde. Solo che al contrario degli altri nella ciotola che ti avevo preparato vi erano appena dieci chicchi di riso, sempre per te avevo scelto appositamente il pesce più piccolo a disposizione e per quanto riguardava il tè, te ne avevo versato sì e no un quarto della tazza. Insomma, in confronto al resto della Shinsengumi, eri davvero messo male.
“Hai per caso intenzione di farmi morire di fame?” intervenisti, con tono chiaramente indispettito, ma con quel costante sorriso sulle labbra. E come non notare il sopracciglio destro danzante tra su e giù (segno di pura irritazione), così evidentemente?!
“Incredibile… Souji, hai appena la quantità di cibo necessaria per sfamare un ratto!” commentò Nakagura-san, non trattenendo un riso. “Però non preoccuparti: parlo di un ratto bello grosso”.
“Grazie della comprensione, Shinpachi-san” gli rispondesti, maggiormente irritato.
Chizuru-san, allora, si voltò nuovamente verso di me, stavolta con aria molto più preoccupata e velatamente scontenta. “Hikaru-chan! L’hai fatto a posta!” sussurrò. “Anche queste porzioni così giganti a ognuno di noi… L’hai fatto a posta per far notare la differenza di trattamento!”
Risi tra me e me soddisfatta di quello che avevo fatto. “Effettivamente sì” mi limitai a rispondere, senza scusarmi. Era davvero troppo divertente.
La tua faccia non sapeva che espressione assumere per non dare a vedere l’evidente irritazione.
“Ti ha trattato davvero male, Souji! Questo è perché l’hai presa in giro!” ti chiarì Harada-san, dandoti una pacca sulla spalla.
“Ahahah! L’hai fatta arrabbiare!” constatò, tra le risa, Kondou-san. “Adesso te la vedrai brutta”.
Fa arrabbiare una donna,” incominciò a citare, Sannan-san, continuando ad assaggiare il pesce dalle squame dorate. “e il mondo ti crollerà addosso in men che non si dica”.
“Ha davvero ragione!” concordò Harada-san.
“Ah, basta così!” interruppe il discorso Hijikata-san. “Che razza di comportamento infantile!”
Ti sentii sospirare, mentre ti rivolgevi a Chizuru-san. “Chizuru-chan, per favore, potresti essere così gentile da portarmene una quantità degna di un essere umano?”.
“Ah!” esclamò lui, facendo per alzarsi. “Certamente, Okita-san!”.
“E’ inutile” lo fermai io, senza scostarmi di un centimetro. “Ho consumato tutto. Non c’è più neanche una goccia di tè verde nella cucina”.
“Eh?!” esclamaste all’unisono sia tu che Chizuru-san.
“Cavolo… Hikaru-chan, sai essere davvero crudele!” affermò Todou-san, per poi alzarmi in su il pollice. “Non fraintendere: io sono con te!”
“Heisuke! Smettila di incoraggiarla a comportarsi così!”
“Avanti, Hijikata-san, che bisogno c’è di essere così severi?” s’intromise Nakagura-san. “Si è solo presa una piccola rivincita. Che c’è di male?”.
“Infatti!” concordò Harada-san. “E’ un piccolo dispetto. Non c’è da essere così duri!”
“C’è che se voi continuate ad appoggiarla, lei continuerà a fare di queste cose!”
“Intanto la vostra scodella ve la state gustando, vero, Hijikata-san?” . La tua voce rimbombava nella stanza. Il sorriso che ancora permaneva sul tuo volto. L’irritazione stava cominciando a farsi sentire… e non solo dalla voce.
“Chizuru-chan… Anche tu stavi preparando il tutto, giusto?” le domandasti. Il tuo cupo sorriso stava iniziando a farsi inquietante.
“Ehm… Ecco, sì…”
“E dov’eri mentre lei era tutta intenta a manomettere la mia sacrosanta colazione?”.
“Ecco, in verità, io…”
“Adesso non vorrai mica dare la colpa a Chizuru!” lo difese a spada tratta Hijikata-san. “Prenditela con tua nipote! E’ stata lei, no?”
“Eccome se è stata lei! Ma Chizuru-chan poteva anche degnarsi di controllarl…”
“L’avevo mandato via” t’interruppi, improvvisamente. Avevo smesso di mangiare, anzi, ormai avevo finito, a dirla tutta. Il tuo sguardo cadde nuovamente su di me. Anche se avevo avuto bisogno della complicità di Chizuru-san, non ero la tipa che metteva nei guai qualcun altro, se la colpa era la mia. “Sapendo che non avrebbe accettato di collaborare, ho trovato il modo di mandarlo via per un po’ di tempo”.
Tuttavia ero ben consapevole di star dichiarando, in parole povere, di essere stata infantile, subdola e ingiusta nei confronti delle persone che si erano spinte a tantissimo per me e che mi avevano anche accolta. Il problema era che in quel momento non ci avevo pensato due volte a preparare quel piano: volevo semplicemente farti capire che mi avevi ferita e non avendo il coraggio di rivolgerti la parola, avevo trovato quello stratagemma.
“Ed ora, se volete scusarmi, vado ad occuparmi di altre faccende” conclusi, mentre mi inchinavo formalmente, e uscivo lentamente dalla stanza, richiudendomi il fusuma alle spalle, una volta fuori.
L’imbarazzo era stato troppo e rimanere ancora in quella sala, con tutti loro, e specialmente con te, mi avrebbe fatta stare ancora più male di quanto già non stessi, quindi… preferii uscire e dedicarmi a tutt’altro, ben consapevole di aver lasciato implicitamente a Chizuru-san l’incarico di sparecchiare e lavare le stoviglie.

Passai l’intera mattinata a pulire i vari corridoi del tempio che ci ospitava. Onestamente parlando fu un lavoro alquanto sgradevole e faticoso. Non che non ci fossi abituata: a casa pulivo sempre il nostro tatami e il nostro corridoio, ma… la nostra casa era notevolmente più piccola di un intero tempio.
Nel mezzo del lavoro incrociai spesso Nakagura-san e Todou-san che, vedendomi indaffarata, non persero molto tempo a parlarmi, ma con qualche parola si limitarono a tirarmi su e a consolarmi, affermando che non era successo nulla di grave e che tutti avrebbero presto scordato l’accaduto.
Avrei tanto voluto rispondere loro che la cosa non sarebbe stata così semplice, soprattutto agli occhi: di Hijikata-san, che adesso aveva un pretesto in più per mandarmi via, di Chizuru-san che adesso mi avrebbe odiata per averlo coinvolto in quella storia, senza parlare, poi, di te a cui avevo fatto quella specie di torto.
Tuttavia, vedendoli così preoccupati e così intenti a risollevarmi il morale, decisi di non far discussioni e di non crear loro ulteriori problemi. Mi limitai a sorridere e ad annuire.
Contenti del fatto che apparentemente mi fossi risollevata, se ne andarono a svolgere le loro mansioni, lasciando me alle mie.
Proseguii con le pulizie fino, circa, le tre del pomeriggio. Raggiunta quell’ora, esausta com’ero, mi sedetti sul pavimento del corridoio che dava sul cortile esterno. L’intento era quello di riposare.
Fino a quell’ora – e la cosa mi parve anche un po’ strana – nessuno di coloro che conoscevo (perché di uomini che non conoscevano, ne avevo incontrati a bizzeffe) mi venne incontro. Mi chiesi, così, se non fosse per quello che avevo combinato e se non mi stessero evitando.
Molto probabile…
Pensai tra me e me.
Meglio così, in fondo. Non avrei il coraggio di guardare in faccia nessuno, ora come ora.
“Hikaru-chan” mi sentii chiamare all’improvviso. E così notai che Chizuru-san era in piedi a qualche centimetro di distanza da me, che mi stava guardando.
Mi sarei aspettata di tutto dalla sua espressione, ma non quel sorriso così calmo e gentile.
Sussultai, vedendolo avvicinarsi e distolsi lo sguardo da lui. “Dimmi…”.
“Vedo che qui hai finito. Sei stata davvero bravissima. Deve essere stato faticoso, vero?”.
Perché è così gentile?
“Non era niente” borbottai, appena percettibilmente. “Era il minimo”.
“Capisco…”
La sua calma mi distruggeva. Perché si comportava così? Come poteva essere così tranquillo, anche dopo quello che gli avevo fatto?
“Senti, Hikaru-chan… Riguardo… Riguardo stamattina, ecco…”
“Mi dispiace!” esclamai, all’improvviso, alzandomi di scatto. “Mi dispiace davvero tanto, Chizuru-san, ma… mi sono ricordata di avere ancora una cosa da fare!”
“Eh…?”
“Mi spiace davvero. A dopo!” tagliai corto, voltandomi di scatto e incominciando a correre verso la mia stanza. Avevo il capo chino e non mi sarei voltata per nulla al mondo.
Era difficile esprimere quanta amarezza stessi provando in quell’attimo, avendolo ignorato in quel modo, anche se lui continuava ad essere gentile. Ma era proprio la sua gentilezza che mi faceva star male. Probabilmente se fosse stato arrabbiato, o freddo nei miei confronti… se mi avesse sgridata, sarebbe andato tutto bene. Avrei recepito il messaggio e sarebbe tornato tutto alla normalità, in men che non si dica. Il problema era che non ero abituata a quel tipo di reazione. Sapevo come comportarmi di fronte ad un rimprovero o ad uno schiaffo, ma… di fronte ad un sorriso di comprensione, non sapevo davvero come comportarmi. Cos’avrei dovuto fare?
Raggiunsi la mia camera in fretta e furia e mi ci chiusi subito dentro.
Istintivamente mi accovacciai dietro il fusuma per evitare che Chizuru-san mi seguisse ed entrasse anche senza ch’io volessi.
Non avevo voglia di vederlo. Almeno finché avrebbe avuto quel sorriso sulle labbra, finché non mi avrebbe sgridata per bene.
Non c’era che dire: avevo combinato proprio un bel guaio. Da uno scherzetto innocuo era nato il finimondo. Non stavano esagerando un po’ tutti? A cominciare da te stesso, Sou-nii!
Perché non si è lamentato in silenzio, senza fare tante questioni?!
Mi chiesi tra me e me.
Perché ha dovuto sollevare un tale polverone, per due miseri chicchi di riso ed un pesciolino da quattro soldi? Persino il cibo è più importante di me?!
Quella sensazione di tristezza non mi lasciò per un bel po’. Continuavo a chiedermi se non ti fossi messo d’accordo con Hijikata-san per mandarmi via e pensavo che ormai non t’importasse niente di me.
Ti confrontavo con il te stesso di sei anni fa, di quando scambiasti quella promessa con me e, anche se all’apparenza sembravi non essere affatto cambiato, riscossi che come carattere eri notevolmente mutato. Anzi no, non era esattamente così. Eri lo stesso di una volta, nei confronti di tutti, ma verso di me… eri decisamente cambiato.
A quell’epoca ero certa che non mi avresti mai trattata come stavi facendo adesso. Non avresti mai osato prendermi in giro davanti a tutti, alla mia rivincita infantile avresti sicuramente riso di gusto, e principalmente ero sicura che mi avresti permesso di restare alla base, dov’eri tu…
Ci riflettei su.
No, non è vero che è cambiato… Non è cambiato neanche con me.
Poggiai la testa contro le mie ginocchia, accovacciandomi sempre di più, fino a diventare minuscola.
Neanche allora… mi portò con sé, né rimase con me.
Mi trattenni per non piangere, nonostante i singhiozzi fossero evidenti. Non volevo piangere. Non di nuovo. Ne avevo abbastanza di piangere. Erano due giorni che non facevo altro!
Non è cambiato niente… Proprio niente…
Ma il solo pensiero che per te non ero mai contata niente mi fece quasi cadere in un oblio, in cui non mi accorsi che le gote erano rigate da quei ruscelli a gocce.
Fu allora che sentii bussare sul fusuma dietro le mie spalle. Qualcuno mi cercava. La domanda era: chi?
Pensai istintivamente a Chizuru-san. Pensai che mi aveva inseguita e che voleva assolutamente parlarmi.
“Okita-san, sono il vice-comandante Hijikata. Vi spiacerebbe lasciarmi entrare?”.
Cosa?
La cosa mi sorprese più di quanto non diedi a vedere.
Cosa ci faceva lì Hijikata-san? Perché voleva entrare nella mia stanza? Voleva parlarmi?
Ah… Forse… vuole mandarmi via…
Pensai, sorridendo con malinconia tra me e me.
Non avrebbe tutti i torti, ora come ora.
“Mi spiace, Hijikata-san, ma proprio non posso”.
“La ragione?” chiese, schietto.
“Non sono in condizioni tali da presentarmi ai vostri occhi”
“Siete nuda?”
“No”
“Vi stavate spogliando?”
“No”
“Allora siete presentabilissima” tagliò netto. “Sto entrando…”. E vidi, così, far forza sul pannello della porta. Feci, però, appena in tempo a spingere con tutta la mia forza dal lato opposto per impedire, invece, che venisse aperto.
“Okita-san, che cosa state facendo?”
“Ve l’ho già detto: non sono affatto presentabile in questo momento”.
“Non siete nuda, né eravate in procinto di spogliarvi, quindi, a mio parere, non potreste essere in condizioni migliori”. Era talmente ostinato che quasi mi diede ai nervi. E, siccome non ero proprio dell’umore per litigare con lui, decisi di dargli scacco matto.
“Se la mettete in questi termini, allora mi spoglierò in questo momento!”
“Cosa?”
“Se insistete col voler entrare, mi spoglierò non appena il fusuma si scosterà anche solo di qualche millimetro!”.
Non volevo che mi vedesse piangere. Tra tutte le persone in quel luogo, una di quelle che non avrei mai e poi mai voluto mi vedesse piangere era lui. Perché era stato lui a mettermi i bastoni tra le ruote per primo ed era lui che cercava a tutti i costi di mandarmi via. Farmi vedere in quello stato, significava non solo garantirgli un’altra vittoria (oltre quella di stamani), ma anche dargli una gran bella soddisfazione, che io non avevo affatto intenzione di concedergli.
La pressione sulle porte finì presto, quindi anche io finii di mantenerle dal lato opposto. E potetti percepire un profondo sospiro. “Avete idea di quel che state dicendo? Siete davvero un’ingenua”.
“Io… Io potrò essere anche un’ingenua,” insinuai, cercando di non fargli percepire i miei singhiozzi. “ma voi siete troppo insistente! Se vi ho detto che non potete entrare, allora non potete farlo!”.
“E per evitarlo minacciate un uomo, che tra l’altro non conoscete, di spogliarvi? Avete idea di che cosa gli state proponendo? Non conosco le abitudini di dove vivete voi, ma qui da noi, non tutti gli uomini, dopo aver sentito parole del genere, rimarrebbero calmi a discutere pazientemente”. Un altro sospiro. “Souji aveva davvero ragione a volervi rimandare a casa a tutti i costi…”.
Non posso ancora perdonarmi per essere stata così stupida quella volta.
Se fossi stata solo un po’ più intuitiva… se avessi ben compreso il significato di quelle parole, avrei evitato di starci così male.
Perché non capii che cosa voleva dire in realtà Hijikata-san. Avevo solo inteso, da quelle poche parole, che tu non volevi proprio avermi lì vicino a te.
Se lui non vuole, che senso ha?
“Cos’è? Siete solo venuto a farmi la predica, o vi decidete a mandarmi via, una buona volta? Siete riuscito a convincere tutti, infine?” gli chiesi, con voce strozzata dal pianto. “Avete già informato mio padre? Quando me ne andrò? Domattina? O forse… stasera stessa?”
“Purtroppo per voi, né domattina, né tanto meno stasera. Per ora continuerete a restare qui” proseguì, senza curarsi del fatto che stessi piangendo. O, semplicemente, non se n’era accorto. “Ma se voi volete andarvene, nessuno vi trattiene. Potevate dirlo subito. Vado immediatamente ad avvisare un messaggero di far arrivare Okita-dono il prima possi…”
“No!” lo interruppi. “Non voglio andarmene! Per favore, non lo chiamate! Non andate, per favore!” . La mia era una supplica. Tanto che per farla mi ero praticamente incollata al fusuma da cui intravedevo l’ombra di Hijikata-san che prima si stava allontanando e solo dopo le mie parole la vidi rifarsi vicina. “Allora posso entrare?”
“No”
Nuovo sospiro. “Avete un carattere davvero difficile da gestire. L’uomo che vi sposerà sarà da lodare”.
E la donna che sposerà voi sarà da far visitare… Dovrà avere davvero qualcosa che non va, in testa!
Avrei voluto rispondergli, ma ebbi il buon senso di rimanermene in silenzio.
“Non importa. Vorrà dire che vi parlerò da qui dietro”.
Non accennai a rispondergli, solo mi limitai ad annuire, sapendo che lo avrebbe notato dalla mia penombra.
“Sapete già riguardo cosa voglio parlarvi, vero?”.
“Penso di sì”
“Allora immagino che saprete anche che cosa voglio dirvi”.
“Penso di sì…” tentennai in un sussurro, intristendomi ancora di più. “Mi dispiace…” . Cominciai a singhiozzare nuovamente. “Sono davvero dispiaciuta per l’accaduto. Non volevo che succedesse tutto questo… Era una semplicissima rivincita che volevo nei confronti di Sou-nii… Non pensavo di alzare tutto questo polverone!”.
“Ascoltate...” m’interruppe. “Io non sono arrabbiato per ciò che avete fatto e neanche Chizuru lo è. Ma sono arrabbiato per come lo avete fatto”.
Eh?
“Cosa?”
“Insomma, alla vostra età, capisco benissimo che queste cose siano naturali. Un innocente scherzo non può farmi arrabbiare tanto, ma… è stato il modo in cui l’avete fatto che mi ha fatto saltare i nervi”.
“Il modo…?”.
“Innanzitutto, è uno scherzo davvero infantile. In secondo luogo, avete coinvolto Chizuru, facendole quasi attribuire la colpa” esordì. “E, terza cosa, avete consumato un sacco intero di riso, che sarebbe potuto durare benissimo una settimana”.
“Mi… Mi dispiace…” borbottai. “Non ci avevo pensato su”.
“Ed è questo che non funziona” mi chiarì. “Se volete fargli un dispetto, va benissimo, ma che, per favore, non coinvolga niente e nessuno, oltre l’interessato. Dovete pensare anche alle conseguenze”.
“Sì…” mi limitai a rispondere, per poi rimanere in silenzio.
Ed ecco arrivare un altro sospiro. Avevo perso il conto di quante volte l’aveva fatto, durante tutto il discorso. “Sapete, Chizuru era davvero molto preoccupata per voi. Mi ha riferito di avervi incontrata, ma che voi siete scappata all’improvviso. Temeva che ce l’aveste con lei”.
“Come potrei mai avercela con lui?!” ribattei, piagnucolante. “E’ lui che, semmai, dovrebbe avercela con me. Viceversa, è stato molto gentile con me. Ed è questo l’unico motivo per cui sono scappata”.
“Siete scappata perché è stata gentile con voi? Che razza di ragionamento è mai questo?”
“E’ che… ecco, mi sarei aspettata più un rimprovero, come il vostro, ma… al contrario, lui è stato così gentile che mi sono sentita in colpa. Talmente in colpa che non avevo quasi il coraggio di vederlo in volto, figuriamoci di parlargli!”.
Silenzio. Non sentii altro che questo per un po’ di tempo.
Dopodiché: “Dunque siete cosciente che ciò che avete fatto stamani è stato scorretto nei suoi confronti”.
Annuii. “Non solo nei suoi confronti, ma in quello di tutti voi. Mi dispiace davvero, Hijikata-san, ma… Per favore, non mi mandate via. Mi farò perdonare, ve lo giuro”.
“Mi sembra di avervi già detto che non vi manderò via” replicò lui, con tono un po’ seccato. “Quante volte volete farmelo ripetere?”.
“Davvero?” esultai io, con le lacrime agli occhi, stavolta di gioia.
Hai”.
“Davvero, davvero?!”
“Basta, non vi rispondo più” proseguì, con tono burbero. “Quel che dovevo dirvi, ve l’ho detto. Adesso posso anche ritirarmi”. Detto ciò, vidi la sua ombra allontanarsi, ma feci ancora in tempo ad aprire frettolosamente il fusuma, sporgermi poco di fuori e rivolgergli la mia riconoscenza: “Grazie, Hijikata-san! Grazie davvero!”.
Lui, quindi, che era sostanzialmente a pochissima distanza da me (dato che aveva iniziato a muoversi pochi secondi prima che io uscissi allo scoperto), si voltò verso di me. “Ah, quasi dimenticavo: è vero che non ti vieto di fare questi scherzi, ma…”. Ora mi fulminò con quelle ametiste che si trovava. “Vedi di non creare scompiglio. Non tollererò di nuovo una confusione del genere”.
“Oh… Sì…” risposi, un po’ mortificata, ma comunque troppo contenta del fatto che Hijikata-san non si fosse arrabbiato troppo.
Ed, effettivamente, ora che ci pensavo, la cosa era alquanto strana. Da come l’avevo visto furioso quella mattina, non pensavo davvero che potesse parlarmi con tale calma e limitarsi soltanto a ciò che mi aveva detto.
Poi ripensai a quel che mi aveva detto: “Chizuru era davvero molto preoccupata per voi. Mi ha riferito di avervi incontrata.... Temeva che ce l’aveste con lei”.
Ma… era ovvio! Ora sì che avevo capito tutto!
“Hijikata-san, certo che dovete tenere davvero tanto a Chizuru-san…” constatai, sorridendogli apertamente.
“Cos…?!” ribatté lui, notevolmente rosso in viso. Da lì notai il suo imbarazzo.
Beh, era praticamente impossibile non notarlo: quando Chizuru-san era intervenuto per aiutarmi contro mio padre, lui lo seguì immediatamente, prendendosi la responsabilità di tutto; quella stessa mattina lo aveva difeso a spada tratta quando tu, Sou-nii, gli avevi dato parzialmente colpa dell’accaduto ed ora, dopo che Chizuru-san gli aveva riferito tutto, era venuto a parlarmi, usando quel tono gentile e comprensivo, sicuramente non da lui.
In effetti, non che lo conoscessi al punto tale da dire se fosse o meno da lui, ma in tutto l’arco di tempo che ero stata lì, non l’avevo visto sorridere neanche una volta.
Che ora, proprio con me, si mettesse a discutere con tale calma e non rimproverandomi in fondo poi tanto per come l’aveva presa quella mattina, non era decisamente farina del suo sacco. Chizuru-san doveva aver fatto da intermediario e averlo pregato di non essere troppo duro.
“Di che state parlando?!” proseguì, sempre con quell’espressione un po’ tipica dei ladri che sono stati scoperti a rubare. “Non dite assurdità!”.
Risi tra me e me. “Non credo davvero siano assurdità. Dovete volergli molto bene, per essere così buono e gentile con me”.
“Ehi” . Il suo tono era diventato indubbiamente freddo. “Invece di preoccuparvi di queste cose, evitate di combinare pasticci e di creare scompiglio, chiaro?!” . Detto ciò, si voltò di scatto e cominciò a camminare lungo il corridoio, finché non lo vidi rallentare e, continuando a restare di spalle, affermare: “Ad ogni modo, vi consiglio di lavarvi la faccia. Avete degli occhi rossi che farebbero invidia a quelli dei demoni”. E così ripartì per la sua strada e lo vidi molto presto voltare l’angolo e scomparire del tutto dalla mia visuale.
Rimasi leggermente stupita da ciò che mi disse quell’uomo, a tal punto da rimanere impalata lì a fissare il punto in cui aveva voltato l’angolo per circa tre minuti, senza distogliere lo sguardo.
Allora… lo aveva notato, che stavo piangendo?
Non lo avrei mai detto, onestamente parlando. Pensavo che, ammesso e non concesso che se ne fosse accorto, non gliene sarebbe importato proprio niente, avrebbe fatto finta di non aver capito. Beh, non che mi fosse venuto incontro, abbracciandomi e consolandomi (anche perché era assolutamente impossibile che accadesse, perfino se fossi stata in punto di morte), però almeno mi aveva dato segno di averlo notato.
Dopo essermi guardata ben bene di fronte allo specchio ed essermi accorta che Hijikata-san aveva perfettamente ragione, mi inginocchiai di fronte alla bacinella dell’acqua e mi sciacquai più volte il viso. Anche se non sortì effetto tutto d’una volta. Ci vollero ben trenta minuti prima che i miei occhi riacquistassero la naturalezza di sempre.
Così, non appena fui abbastanza presentabile, decisi di rassettarmi un po’ e di andare in cerca di Chizuru-san per scusarmi dell’accaduto e rassicurarlo di non avercela con lui.
Mi chiedevo se non l’avesse già fatto Hijikata-san, ma tanto valeva provare a cercarlo, no?
Ora che ci penso… Chissà perché quell’uomo tiene così tanto a Chizuru-san… Sarà un suo parente?
Ma dopo averci riflettuto per un po’, scossi istintivamente il capo.
No, non può essere assolutamente. Non hanno niente in comune.
Indi incominciai la mia serie di supposizioni.
Allora, magari, sarà un amico d’infanzia, o forse una specie di protetto, o anche l’ultimo arrivato che ha trovato in Hijikata-san il fratello maggiore ideale e viceversa!
Tuttavia nessuna delle mie ipotesi mi portava ad una soluzione soddisfacente. Anche se facevo di tutto per immaginarmi in che rapporti potessero essere quei due, non riuscivo a darmi una risposta che combaciasse più o meno con la realtà.
No, così non va… Non sembrano proprio conoscersi da tanto tempo. Sembra più Sou-nii il suo amico d’infanzia, perché li ho visti parecchio affiatati e meno formali l’uno verso l‘altro, ma con Chizuru-san non sembra esserci tutta questa familiarità.
Ci stavo rimuginando su con aria palesemente e assurdamente seria. Se qualcuno mi avesse vista da lontano avrebbe potuto immaginare che stessi pensando a chissà cosa di una certa importanza. Ma in fin dei conti era una delle mie specialità impegnarmi anche in queste cose di nessunissima rilevanza, o utilità.
Hijikata-san è molto protettivo nei confronti di Chizuru-san ed è sempre pronto a difenderlo, a qualunque costo. Anche durante la nostra prima discussione, quando si è arrabbiato tanto, a tal punto da dire delle parole davvero poco cortesi, e Chizuru-san era quasi sul punto di piangere, l’ha consolato senza pensarci due volte, nonostante chi stesse venendo ferita fossi in primo luogo io!
D’altra parte anche Chizuru-san è parecchio accorto nei suoi confronti. Ad esempio, quando stamani, mentre stavamo preparando la colazione, mi ha chiesto scusa al posto di Hijikata-san per come mi si era rivolto prima che entrassi in cucina, e ha cercato di tutelarlo.Senza parlare del fatto che ogni volta che ha a che fare con Hijikata-san, noto che è l’unico con cui arrossisce molto spesso. Persino davanti a Kondou-san, Chizuru-san sembra molto più sollevato, che di fronte al vice-comandante.
Ah! Anche Hijikata-san è arrossito, prima, quando gli ho fatto notare le sue attenzioni e premure verso Chizuru-san…
Mmmm… Sembra quasi…
Mi fermai, mentre quel pensiero mi sorvolava la mente. Sgranai gli occhi e dischiusi leggermente le labbra.
No, non era possibile…
Sembra quasi il tipo di rapporto che c’è tra due innamorati!
Dire che praticamente ero rimasta scioccata dai miei stessi pensieri era poco.
No, non è possibile… Forse mi sto sbagliando! Sì, dev’essere senz’altro così!
Cercai quindi di analizzare nuovamente i dati a mia disposizione… ma con scarsi risultati.
No, niente da fare… Il loro rapporto sembra proprio quello che ci si aspetta da una comune coppia di innamorati.
Ma, quindi, se le mie ipotesi si dimostrano davvero esatte, questo significa che… Hijikata-san e Chizuru-san sono… omosessuali?
Sgranai gli occhi ancora di più, mentre riprendevo a camminare più perché non sapevo che fare, che per altro.
M-m-ma com’è possibile? E’ vero che a vivere tra soli uomini per tanto tempo si sviluppano certi interessi e le cose prendano un po’ questa piega, però…
Rimasi nuovamente scioccata e mi venne la pelle d’oca solo a pensarci.
Oddiomio! Non dirmi che anche Sou-nii è…
Scossi vigorosamente la testa, così tanto che, non appena mi fermai, mi girò per qualche secondo.
“No, no, no. Non è possibile. Non è assolutamente possibile” affermai con tono risoluto e deciso, più per cercare di convincere me stessa, che per reale fiducia nelle mie parole.
Indi tornai a concentrarmi sulla coppia pitbull-furetto per levarmi quei pensieri malsani dalla mente.
Però, effettivamente, ora che ci penso, grazie a questa ipotesi si spiegano tante cose!
Ad esempio, si spiega come mai Chizuru-san, questa mattina, non sentisse la necessità di lasciare la mia camera anche quando volevo spogliarmi! E’ ovvio: non gli interessano le donne, ed è per questo che non gli fa né caldo né freddo vederne una nuda.
E poi si spiegherebbe anche il perché del comportamento ostile di Hijikata-san nei miei confronti! In primo luogo è perché anche lui non è interessato alle donne, quindi al contrario degli altri che invece mi hanno accettata subito, non ha alcun interesse nell’avermi qui alla base; in secondo luogo è perché sin dal principio Chizuru-san si è rivelato sempre molto gentile e disponibile nei miei confronti. Vedendo tutto questo affiatamento tra di noi, forse si sarà ingelosito e pensa a me come una specie di rivale che vuole sottrargli l’oggetto del suo desiderio!
Ma sì, ora è tutto chiarissimo! Fin troppo chiaro!
Mi sembrava quasi di esser diventata una sottospecie di investigatore. Mia madre mi aveva spesso detto che nell’occidente esisteva quel tipo di lavoro e che si veniva pagati anche profumatamente.
Chissà, forse avrei potuto mettermi in carriera e fare la mia fortuna! E stavo valutando davvero la possibilità di farlo.
Ma, giusto per curiosità, un rapporto omosessuale com’è che funziona?
E così, mentre ci ragionavo su, immagini su immagini di quei due avvinghiati l’uno all’altro m’invasero la mente. Alcune caste, che si limitavano a semplici baci, altre un po’ più spinte…
Incominciai ad arrossire, senza rendermene minimamente conto, perché ora le immagini si facevano più vivide e notevolmente più oscene.
Ma, quindi questo significa che tra i due chi può essere il maschio è evidentemente Hijikata-san! Almeno credo…
Provai, quindi, ad immaginare Hijikata nel ruolo femminile della coppia e Chizuru in quello maschile.
Oh…
mio…
Dio…

Non so cosa mi trattenne dallo svenire. Ma perché mi facevo del male da sola? Anche se dovevo ammettere di avere un’immaginazione piuttosto fervida a soli quattordici anni.
No, spero davvero di no…
Cercai di farmi forza più che potevo.
Altrimenti non potrei guardare Hijikata-san senza ridergli in faccia ogni santissima volta!
Ma nonostante i miei pensieri, ero quasi del tutto convinta che, dato l’aspetto e la corporatura, il maschio della coppia fosse quasi sicuramente Hijikata-san.
Eppure… Chi l’avrebbe detto che avessero quei gusti? Beh, non che ci sia qualcosa di male, però… Dovrò stare attenta a non offenderli in alcun modo! Chissà, senza rendermene conto potrebbe scapparmi qualche parola fuori posto. Meno male che me ne sono accorta prima di fare figuracce che mi avrebbero messa in imbarazzo!
“Hikaru-chan” mi sentii chiamare, all’improvviso, interrompendo il mio ragionamento perfetto.
Indi mi voltai istintivamente e trovai Chizuru-san intento a raggiungermi, procedendo con passo affrettato, ma senza correre.
“Oh, uke-san…” mi scappò, di sfuggita. “Cioè, volevo dire: Chizuru-san!” mi corressi, appena in tempo per evitare un altro guaio. Anche se un risolino mi sfuggì da sotto i baffi.
“C’è qualcosa che non va?” mi domandò, chiedendosi evidentemente perché mi fossi portata entrambe le mani alla bocca e stessi continuando a tenerle fisse lì.
“N-n-no, no! Niente di niente, figurati!” . Eppure, nonostante tutto, continuai a ridacchiare tra me e me, sperando che grazie alla barriera fatta con le mie mani, il suono di quei risolini non lo raggiungesse.
“Capisco” rispose con aria un po’ imbarazzata. “Ecco, io…”
“Chizuru-san, per favore, lasciami parlare per prima” lo interruppi, smettendola di pensare a quelle cose futili e concentrandomi sull’argomento che avevo capito volesse affrontare con me e quello che io – prima di perdermi nelle mie fantasie – volevo affrontare con lui.
Senza aspettare la sua risposta, esordii: “Hijikata-san me ne ha parlato. Mi ha detto che eri preoccupato del fatto che ce l’avessi con te, ma non so se te l’ha ancora riferito, o meno… Io non sono affatto arrabbiata con te. Anzi, onestamente era pensare che lo fossi tu nei miei confronti che mi ha fatta star male”
“Oh, ma io non ce l’ho assolutamente con te!”
“Lo so, l’ho capito” lo rassicurai. “E’ solo che prima non ne ero tanto convinta e mi sono lasciata prendere dalla paura e il timore. Scusa, quindi, se sono scappata, ma… credimi, sei una persona che non potrò mai avere in antipatia. Perché sei stato sempre dolce con me e mi hai sempre difesa. Sono davvero contenta che tu ti prenda cura di me! E non sai quanto mi è dispiaciuto quando Sou-nii ti ha incolpato, pensando che fossi stato mio complice. Ti chiedo ancora scusa! Scusami se ti ho coinvolto!” ripetei, inchinandomi così tanto da sentire qualche osso della schiena e del collo scricchiolare.
“Hikaru-chan, per favore, alzati. Non c’è alcun bisogno che ti scusi a tal punto”. Lo vidi avvicinarsi a me e prendere le mie mani tra le sue. “Onestamente stamani non ho preso tanto bene il dispetto che hai fatto ad Okita-san. Non pensavo che la tua ostilità nei suoi confronti fosse ancora così forte. Pensavo di essere riuscita ad appianare in qualche modo la discordia che c’era tra voi, ma non è stato così. Quando ho visto, dunque, che i miei sforzi erano stati vani, ci sono rimasta davvero male, ma poi, ripensandoci per tutto il pomeriggio, sono arrivata alla conclusione che evidentemente Okita-san deve averti ferita più profondamente di quanto potessi pensare” .
Sussultai a quelle parole, mentre lo vidi sorridermi maggiormente. “Nonostante il tuo dispetto sia stato alquanto imbarazzante, potrai mai perdonarmi per non averti capita?”.
“Io non ti perdono proprio di niente, Chizuru-san!” esclamai, per poi rassicurarlo subito aggiungendo: “Semplicemente perché non hai nulla di cui farti perdonare. Anzi, potrai perdonare tu me per averti coinvolto nel mio scherzo infantile ed averti fatto riprendere da Sou-nii?”
“Ah, quello non m’importava più di tanto…” confessò, un po’ imbarazzato e in difficoltà. “Ciò che temevo maggiormente era che il vostro rapporto s’incrinasse ancora più di quanto già non fosse. Non volevo che il litigio perdurasse ancora molto”.
“Già… Sono cosciente del fatto che i nostri battibecchi stiano dando problemi a tutti…”
“Non è questo, Hikaru-chan” mi corresse, con tono deciso. “Il fatto è che non riesco davvero a vederti litigare con lui, dato che sto incominciando seriamente a capire quanto ci tieni”.
E’ davvero gentile. E’ un tesoro! Ora capisco perché Hijikata-san se n’è innamorato anche se è un uomo!
“Chizuru-san, grazie tante!” dichiarai, non curandomi del fatto che fosse un ragazzo (anche perché dopo il mio precedente ragionamento, ormai non lo vedevo neanche più come una minaccia alla mia femminilità) e abbracciandolo con forza. “Grazie mille!”.
Lui ricambiò immediatamente e mi strinse con dolcezza.
In quel momento non potei fare a meno di pensare che se ci avesse visti Hijikata-san, probabilmente mi avrebbe fatta a fettine per la gelosia. Il che mi fece anche pensare che dovevo trovare un modo per esprimergli, in modo alternativo alle parole, che non ero interessata a Chizuru-san, quindi non ero una sua rivale, e che appoggiavo il loro amore proibito.
Chissà, forse inizierà a trattarmi meglio!
“Allora, Hikaru-chan, vieni?” esordì Chizuru-san.
“Eh?” chiesi perplessa io. “Venire dove?”
“Ma come dove? A cena, no?”
“Ah, no! Non posso!”
“Ma come no? Ancora non vuoi…”
“Non sono ancora pronta per incontrare Sou-nii e riaffrontarlo di nuovo” lo fermai, quasi sul nascere. “Ti prometto che gli parlerò, Chizuru-san. Chissà, magari domattina, o domani sera. Risolverò in qualche modo. Ma voglio che mi venga naturale. Quindi, per favore, lasciami saltare la cena”.
“Capisco ciò che intendi, ma così resterai a digiuno”.
“Credo che la colazione mi sia stata più che sufficiente” affermai, facendogli l’occhiolino.
Lo vidi, quindi, ridacchiare. “Sei assurda, Hikaru-chan!”
“A proposito, Chizuru-san! Hai nessuna faccenda da farmi sbrigare?”
“Eh?”
“Insomma, sì… Dato che non ho niente da fare e non devo cenare, mi chiedevo se avessi qualche commissione da affidarmi”
“Ma è sera! Cosa vorresti fare a quest’ora?”
“Non so. Qualunque cosa! E’ per sdebitarmi di averti lasciata con tutte le stoviglie della colazione di stamani da lavare”
“Oh… A proposito di quelle…” borbottò, con aria mortificata. “Ecco… Non sono riuscita a finirle tutte. Mi spiace, sono dovuta uscire e…”
“Ma è meraviglioso!” intervenni, esultante. “Così posso finirle io! E non ho lasciato tutto il compito a te!”
“Vorresti lavare le ciotole e tutto… adesso?”
“Perché no?”
“Ma fuori è ventilato. Prenderai freddo”.
“Vorrà dire che mi porterò qualche bacinella d’acqua dentro”.
L’aria preoccupata sul suo viso non lo abbandonò per un po’, finché non lo vidi sospirare. “E va bene. Se vuoi così, non posso costringerti, giusto?”
Annuii, mentre lui proseguì: “Allora, Hikaru-chan, occupatene tu. E quando hai finito, vieni da me, per favore. Va bene?”.
Hai, hai!” esclamai, contentissima, per poi avviarmi verso la cucina e mettermi così a lavoro, felice del fatto che, nonostante la brutta esperienza di quella mattina, se non altro – a parte te, e la cosa mi rattristava in fondo al cuore – ero sicura di non aver offeso o recato torto a nessuno.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Hakuouki / Vai alla pagina dell'autore: AliceInHeartland