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Autore: EthanCarterWate    07/03/2013    1 recensioni
Magia...e molto altro
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
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1.Stean, Inghilterra Avevo quella sensazione ormai da giorni, conati di vomito e il senso di nausea stavano iniziando a infastidirmi. Ancora una volta dovetti lasciare la mensa della scuola per correre a vomitare nei logori bagni della “Saint Eleonore High School ”. Sta volta mi era andata bene, nell’ultima settimana mi era capitato sempre più frequentemente di rovesciare sull’uniforme scolastica che non poteva essere più orribile di quanto già lo fosse di suo: una camicia blu con la ridicola targhetta “Saint Eleonore, il futuro passa da noi”. Non sapevo cosa mi stesse accadendo, ma una cosa era certa, non avevo problemi intestinali. L’unico posto in cui lamentavo malesseri era proprio la scuola. Ok. Forse non amavo studiare, ma non pensavo di odiarlo a tal punto da starci male. La Saint Eleonore era la scuola più prestigiosa di tutto lo Yorkshire. La nostra cittadina “Stean” era nel cuore della Gran Bretagna, a circa 50 km da York. Quando cercavo di immaginarmi Stean geograficamente pensavo sempre a un atollo in mezzo all’oceano e forse non avevo torto: poche centinaia di case concentrate in un piccolo centro e intorno…il nulla. Immense vallate di alberi e boscaglia. L’unico pregio per cui il borgo si distingueva era proprio quella scuola, ben nota in tutta l’Inghilterra per “la ferrea istruzione impartita ai discenti” come spesso amavano vantarsi quella massa di snob dei genitori degli alunni. Personalmente trovavo che fosse tutto uno schifo. Il posto perfetto per quel genere di gente che sa solo pavoneggiarsi dei propri successi lavorativi, come del resto i miei odiosi genitori. Mia madre Megan Blast è manager di un importante multinazionale che si occupa di creme idratanti e pomate terapeutiche, mentre mio padre Peter McHolsing è uno dei più famosi e acclamati giornalisti del Regno Unito e scrive per “The Guardian”. Ovviamente nessuno dei due ha del tempo da trascorrere col proprio figlio e così da quando sono piccolo ho visto più tate che belle giornate. L’unica cosa che gli riusciva bene era lavorare, lavorare e lavorare. Per non sentirsi in colpa “non mi facevano mai mancare nulla” che per loro stava a dire <>, certo per questo non potevo proprio lamentarmi, qualsiasi cosa mi necessitasse bastava schioccassi le dita e avevo tutto. Sempre per non sentirsi in colpa o più che altro per mantenere l’immagine di quelli che si interessano alla famiglia mi avevano iscritto in quella stupida scuola da quando ero nato e ora mi ritrovavo lì al mio quarto giorno di scuola e già andava tutto storto. Rientrai alla mensa con una faccia cadaverica e tornai a sedermi al mio posto dove, con allegria, mi aspettava il primo amico che mi ero fatto in quello strano posto. << Eddy finalmente sei tornato! >> esclamò con l’entusiasmo di chi ha appena perso il gatto. << iniziavo a temere che ti fossi perso nel water >> disse poi con fare scherzoso. << Purtroppo no >> ribattei con sarcasmo << a quanto pare tutti i pianeti si sono allineati contro di me! Non so cosa mi stia succedendo >>. Con Chuck ci conoscevamo solo da pochi giorni, ma mi sembrava l’unica persona di cui mi potessi fidare. Quando ero entrato in classe per la prima volta, ero così spaesato e innervosito di introdurmi in quell’ambiente di fanatici che quasi non mi ero accorto di chi si fosse seduto accanto a me. Inizialmente credetti che anche lui fosse uno di quelli lì concentrati sull’ultimo cellulare o sui vestiti all’ultima moda, ma poi dovetti smentirmi. Ricordo che il professor Darren (di inglese) era entrato in aula la classe si era di colpo ammutolita e Chuck era comparso proprio in quell’ istante beccandosi il suo primo rimprovero. << che schifo questa roba >> dissi scrutando il piatto di broccoli lessi che mi si presentava davanti. << Concordo >> disse Chuck << con quello che pagano i nostri genitori di retta mensile dovremmo perlomeno mangiare qualcosa di decente >> . << Figurati se questi brutti… >> non feci nemmeno in tempo a concludere la frase che questa fu smorzata dallo stridulo tintinnio della campanella che prevedeva l’inizio delle lezioni pomeridiane. << Oh diamine abbiamo biologia >> dissi alzandomi e iniziando a dirigermi alle scale che portavano al piano superiore. Passai difronte il laboratorio di chimica ed entrai finalmente nell’aula dove si tenevano i corsi di biologia. Non sapevo cosa, ma quel professor Grumell mi trasmetteva una strana sensazione di inquietudine, calibrava tutti con quei perfidi occhi indagatori e non lasciava trasparire nessuna emozione. Quando io e Chuck ci ritrovammo a fissare quelle due palle nere inespressive mi accorsi che l’aula era vuota ed era piuttosto insolito che avessero ritardato tutti. << mi sa tanto che abbiamo sbagliato aula >> bofonchiai a Chuck. Ma lui fece finta di nulla. Il professore si voltò e iniziò a scrutarci attraverso i suoi occhialetti che lo calavano ancora di più nella parte del vecchio psicopatico. << no signor McHolsing >> << Scusi come dice? >> chiesi facendo trasparire una nota di stupore. << no, non ha sbagliato aula >>. Che cosa stava dicendo? << Senta le ipotesi sono due: o abbiamo effettivamente sbagliato aula oppure per qualche oscuro motivo è scomparso il resto della classe >> Fece qualche passo verso di me, lo sguardo fisso sui miei occhi. << Mi dispiace contraddirla quest’oggi, ma la situazione è ben più diversa >> . << C-cosa intende dire signor Grummel? >> biascicai. << Voglio dire che questa scuola e soprattutto lei possedete qualcosa di insolito >> fece una breve pausa << Quest’istituto nasconde antichi misteri e lei…riveste un ben più importante ruolo di quello che pensa >> << Non capisco. Mi prende in giro? >> chiesi voltandomi verso Chuck. << su dici qualcosa! >> Mi fissò con i suoi occhi imperscrutabili e mi fece cenno di ascoltare ciò che il professore diceva. I miei occhi che guizzavano da una parte all’altra, da Chuck al professore; cosa stava succedendo? << Intendo dei chiarimenti! >> sbottai << e subito! Non crederete mica che me ne starò qui impalato a guardare voi due che sembrate nascondere chissà quale segreto di cui non volete tenermi al corrente >> stavo superando me stesso, non avrei mai creduto di potermi rivolgere a un professore in quel modo senza rischiare come minimo una sospensione. << Seguitemi >> disse infine rivolgendosi più a me che al mio amico. Inizialmente rimasi immobile come a voler dire che non mi sarei mosso di lì poi però Chuck mi suggerì di fare quello che mi diceva Grummel se volevo delle risposte. Attraversammo la sala comune posta al centro della scuola e numerosi corridoi che non avevo mai visto prima fino ad arrivare difronte ad una porta dorata con inciso al centro un leone dalla criniera imponente che reggeva su una zampa una bilancia di quelle museali, e sull’altra una palla di fuoco. << Si può sapere dove stiamo andando? >> chiesi rivolto a nessuno precisamente. << Attendi con pazienza >> disse Grummell << I migliori Notturni lo fanno sempre >> << I migliori cosa? >> esclamai. A quanto pare nessuno aveva intenzione di ascoltarmi, quindi cercai di seguire il consiglio e rimasi in silenzio. Chuck e Grummel si guardarono per un istante e Grummel gli fece un cenno col capo. Allora Chuck mise una mano nella tasca interna della sua divisa ed estrasse un ampio mazzo di chiavi. Il professore dopo aver scartabellato l’intero mazzo afferrò una chiave con profonde incisioni contorte e la infilò nella serratura. Questa si aprì con uno scatto facendo intravedere una scala che scendeva nei sotterranei dove c’era il teatro della scuola. L’adrenalina all’interno del mio corpo iniziava a farsi sentire, sentii i battiti accelerare e il panico salire. Dove stavamo andando? Quel posto era strano e perché Chuck sembrava essere complice del professore? Percorremmo le scale per qualche istante e raggiungemmo un’ampia sala rivestita in legno, su cui erano intagliati gli stessi motivi della porta d’ingresso. Nell’aria si avvertiva un’essenza di menta e non so di preciso cos’altro, una fragranza forte ma gradevole e sul tetto si poteva ammirare un antico affresco di colore blu, quasi nero con dei puntini gialli e al centro una palla illuminata. << Questa è la sala della luna >> disse Grummell facendo un ampio gesto con le braccia. Mi fermai un istante ad osservare quell’ambiente cercando di dare un senso a quello che stava accadendo. << Non capisco >> proruppi << Cosa succede? perché siamo qui, e soprattutto perché vi scambiate strane occhiate da un po’? >> chiesi allarmato. Mi stavano scoppiando le tempie dal dolore e come se non bastasse la nausea, che sembrava essersi assopita in qualche remoto angolo del mio corpo, si stava ripresentando, stavolta però in maniera molto più acuta. Diedi una rapida occhiata circospetta alla sala e notai che al centro era posto un imponente tavolo di quercia su cui era poggiato un grande libro d’oro. << accomodati su questa poltrona >> mi intimò Grummel indicandomi una soffice sofà beige rivestita in camoscio tra il camino e la finestra. Feci come mi fu detto. Volevo arrivare in fondo a quella situazione, ma l’istinto mi diceva che ciò che stavo per scoprire avrebbe modificato irreparabilmente il corso del mio destino. Una miriade di dubbi e domande iniziarono a insinuarsi nella mia mente: E se Grummel fosse stato uno psicopatico e aveva intenzione di farmi del male? E se invece fosse solo uno scherzo architettato ad arte? Ma la cosa ancora più preoccupante era che Brian non sembrava per niente stupito, anzi collaborava pure. Un rumore metallico e acuto mi riportò alla realtà: Il professore teneva sulla mano destra un insolito aggeggio di forma circolare gremito di tasti e aperture laterali. << Questo, caro Edwin, lo userai spesso >> disse il professore posando sul tavolo quello strumento a me ignoto. Non riuscivo a crederci, dopo solo quattro giorni già mi mettevo nei guai. Avrei preferito di gran lunga starmene a casa immerso nel mio mondo, i libri, l’unico posto in cui trovassi conforto in quella sconfinata massa di desolazione e tristezza. Non ero mai stato uno di quei ragazzi con trecento amici e altri cinquanta pronti da farsi il giorno dopo; avevo stretto solo flebili rapporti di compagnia sin dal primo giorno di asilo. Ormai la solitudine era diventata una prassi nella mia vita, d’altronde nemmeno a casa trovavo qualcuno che mi desse ascolto, eccetto l’ultima governante, Beth, che sembrava l’unica attenta alle mie necessità; ma del resto cosa potevo aspettarmi dalla vita? E’ solo un moto che si ripete per ognuno di noi: si nasce, si cresce e, infine, si muore. Potevi rendere la tua esistenza utile facendo del bene agli altri oppure soddisfacendo i tuoi più insoliti desideri, ma non avresti mai cambiato il corso della triste e misera esistenza umana, e sinceramente la cosa che più mi raccapricciava era vedere persone che sprecavano la vita per arricchirsi e non pensare ad altro se non ad accrescere il proprio potere. << Ora per favore >> dissi facendo ricorso a tutta la calma che il mio corpo avesse avuto il tempo di assimilare << Mi vuole dare una spiegazione a tutto ciò? >> . << Ebbene si, mi sa che il tempo è propizio >> disse dirigendosi verso il tavolo e aprendo con cura il grande libro d’orato. << Quello che stai per ascoltare potrebbe avere gravi effetti sul tuo stato psicologico, potrebbe cambiare l’intera visione della tua vita >> fece una breve pausa per vedere la mia reazione << Quindi, tieni i nervi saldi e non spaventarti se succederà qualcosa di strano >> . Annuii con forza, che stava a dire: ok, dopo questi “incoraggianti” consigli possiamo andare avanti. Si schiarì la voce e dopo aver scartabellato l’intero volume iniziò a leggere. << anima della mia anima, sangue del mio cuore, a te divina Clioh offro ciò che è in mio possesso, anima e corpo >> disse rivolto al cielo in una lingua che non conoscevo, ma che pareva molto antica. Ad un tratto la finestrella che si affacciava sul cortile interno della scuola si spalancò, un brivido mi attraversò la schiena, e un alito di vento si insinuò nella sala portando all’interno un odore strano, probabilmente carta consunta, di quella che trovi quando apri un libro vecchio. La voce del professore appariva insolita rispetto a prima, era più roca e in qualche modo diversa, forse non era proprio la sua voce. << Era una notte offuscata solo da qualche nuvola, ma nonostante ciò la luna si stagliava splendente nel cielo. Per Marion Darkswan era una notte dura, si era già pentita di aver avuto quella avventura amorosa di una sola notte nove mesi prima. Il parto fu molto travagliato, anche perché trovandosi nel buio totale in un bosco, con il solo aiuto della propria domestica non poteva essere altrimenti. Quando i gemelli nacquero Marion non volle tenerli e li abbandonò nel bosco lasciandogli come unico ricordo una veste per stare al caldo che le aveva regalato il loro padre. Qualche minuto più tardi un anziana donna passante di lì sentendo dei muggiti si avvicinò agli esili bambini e decise di portarli con se. Se ne prese cura, e quando i due bambini: Argus e Godric divennero uomini, all’età di sedici anni andarono via di casa, in cerca di fortuna. Quello che i due non sapevano era che quell’anziana donna che loro ritenevano loro madre era una maga, e non una maga qualsiasi, una “guardiana” . Li allevò e insegnò loro dei “trucchi”, così li amava definire, come ad esempio aprire le porte col pensiero, riuscire a spostare oggetti solo con l’utilizzo della mente ed altri ancora…L’anziana donna aveva intuito che Argus e Godric avevano certamente il gene dei maghi, ma non credeva avessero una potenza tale da preoccuparsi, invece si sbagliava. >> la voce del professore riassunse il suo tono originario e il vento che aveva fino ad allora turbinato incessantemente cessò di colpo riportando l’aula alla normalità. << Scusi, ma ancora non ho ancore capito cosa centro io con questa fiaba >> dissi iniziando a innervosirmi. << Caro Mr. McHolsing, quello che ho appena letto è l’antica legenda dei gemelli maghi. Esistono molte altre legende all’interno del sacro libro, ma anche molte fatture e profezie. Quella dei gemelli è una delle più famose e riguarda la fondazione stessa della società magica. Prima di allora ogni mago vagava liberamente nel mondo senza stare ad alcuna regola. Quanti Mortali furono uccisi! Per fortuna, però, Argus, sempre stato il più responsabile tra i due, costituì un club, per così dire, di maghi, i componenti di questo gruppo erano chiamati guardiani della notte, e avevano il compito di vigilare sulle ingiustizie commesse tra i maghi e gli umani e di punire i manigoldi. Ben presto questa società fece notizia e si diffuse dapprima in Gran Bretagna e poi nel resto del mondo. >> << Sono i fondamenti della democrazia moderna >> si inserì Brian a cui brillavano gli occhi da quando il professore aveva iniziato a leggere dal libro. << Voi siete totalmente fumat i>> sbottai << se credete che io sia uno stupido vi sbagliate! Ho quattordici anni, ma non mi faccio prendere in giro così facilmente. E giusto per chiarire, le radici della democrazia risalgono a Rousseau e prima ancora a Solone e agli antichi grec i>> << Edwin…il nostro intento non è quello di farti credere che noi siamo dei pazzi maniaci! Quello che ti stiamo dicendo è la pura verità. Devi collaborare. E’ l’unica soluzione altrimenti… >> lasciò quelle parole in sospeso, vaganti nell’aria, ma io sapevo cosa stava per dire, avevo intuito sin dall’inizio che c’era qualcosa che non andava. << Basta! >> strillai come una furia balzando in piedi. Ognuno ha un limite di sopportazione, e il mio era appena stato infranto. Non riuscivo ad ascoltare più nemmeno un'altra parola proferita da quei due. Se avevano intenzione di rovinarmi la giornata ci erano riusciti pienamente. Valutai diverse opzioni di fuga: scappare dall’ingresso principale o tentare di attraversare la finestra, se così poteva definirsi una fessura non più grande del mio piede. Mi accorsi però che nessuna delle due era attuabile in quanto la prima fosse ostruita da Mr.Grummel che probabilmente aveva intercettato i miei pensieri e non aveva la minima intenzione di farmi scappare e la seconda si era dimostrata troppo complicata da realizzare. Ero in trappola. << Edwin! Fammi il piacere di ascoltarmi e poi sarai libero di reagire come credi, ma devi sapere >> fece Grummel enfatizzando particolarmente sulla parola devi.
  
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