Like
ships in the night
You keep passing me by
Just wasting time
Trying to prove who’s right
And if it all goes crashing into the sea
If it’s just you and me
Trying to find the light
Chasing
your dreams since the violent fifth grade
Trying to believe in your silent own way
Cause we’ll be okay, I’m not going away
Being
me.
Essere
Stiles Stilinski è
complicato.
Non
lo è per via del fatto che il suo migliore amico
è stato morso da un tipo pericoloso
sbucato dal nulla, che è diventato il suo alfa dopo che lui
stesso è diventato
un lupo mannaro. Non lo è perché la ragazza che
dice di amare da sempre
è stata morsa ed è probabilmente
l’unico esempio di persona immune su questo dannato mondo.
Non lo è perché la
ragazza del suo migliore amico fa parte di una famiglia di psicopatici
cacciatori di esseri soprannaturali. E non lo è nemmeno
perché il suo
compagno/nemico di squadra di lacrosse è diventato un
kanima, un abominio
mitologico con il pallino degli omicidi.
Lo
è
perché Stiles ha una cotta incredibile da sempre per Scott
McCall. Già, Scott.
Il suo migliore amico barra cucciolo di licantropo barra bestione
quando c’è la
luna piena. E il fatto che questa cosa lo sconcerti ancora
più dell’improvvisa
apparizione di mostri assetati di sangue nella sua vita, in un qualche
modo può
aprire una finestra sulla portata dei suoi sentimenti e farvi
immaginare l’intensità
dei suddetti.
Essere
Stiles Stilinski, come già detto, è complicato.
Lo
è
quando si alza la mattina con un unico pensiero in mente: un pensiero
dagli
occhi dolci e scuri e dai capelli castani e scombinati. Un pensiero
incredibilmente buono e amaro al tempo stesso, che lo convince a
muoversi e a
sbrigarsi e a fare tardi comunque perché per quanto si
sforzi finisce sempre
per essere un casino iperattivo.
Lo
è
quando lo vede fuori dalla scuola e minaccia di prendergli un infarto;
lo è non
appena si ricorda che da quando Scott è diventato un mannaro
può percepire i
battiti cardiaci e può distinguere la verità
dalla menzogna; lo è quando si nasconde dietro alla fittizia cotta che si è inventato di provare per Lydia: l’ha urlata in faccia a Scott per anni solo per distogliere l’attenzione dai propri sentimenti, così evidenti da fargli venire il sospetto e l’orrore potessero essere riconosciuti anche da quel babbeo, che quando non vuole vedere qualcosa riesce a negarlo nemmeno fosse cieco.
Lo
è
quando lo vede guardare Allison, e deve sforzarsi di distogliere lo
sguardo e
di fare finta di niente per non sentirsi morire e per non tradirsi da
solo per
colpa del proprio cuore malandato.
Lo
è
quando è costretto a recapitargli i messaggi di
quest’ultima, a dirgli che lo
ama con un tono da ‘ehy amico preferirei essere ovunque
tranne che qui’ e a
perdersi mentre lo vede sorridere in maniera così dolce; lo
è quando per un
secondo s’illude che stia parlando con lui, che i suoi occhi
stiano brillando
per via del fatto che è lui a pronunciare quelle parole, e
infine lo è quando
Scott risponde e ci mette in mezzo il nome di Allison.
Stiles
Stilinski è incredibilmente stupido. O almeno, si sente uno
stupido quando
ripensa a determinate cose che ha fatto e ha detto, e si sente un
completo
imbecille quando si rende conto di avere la consapevolezza che le
farà e le
dirà di nuovo.
Quando
ha beccato Scott che baciava per la prima volta Allison negli
spogliatoi, e non
è nemmeno riuscito a trovare la decenza di andarsene e di
non spappolarsi il
cuore mentre se ne rimaneva li, immobile, ad osservarli. Il solito
idiota, con
la bocca schiusa dallo stupore e le mani tremanti mentre spiava il
sorriso più
dolce del mondo diretto a qualcun altro.
“L’ho
baciata.”
Già.
Se ne era accorto. Non tanto per il fatto che li avesse visti, ma per
via della
stressante morsa all’altezza dello stomaco che gli rendeva
difficile persino
respirare. Eppure, aveva fatto finta di niente, o almeno, ci aveva
provato.
Aveva sorriso, con gli occhi spenti.
“Beh,
bello.”
Bello
un cazzo. Orribile. Una delle cose più orribili che gli
fossero mai accadute.
Ma
era andato avanti. Lo aveva fatto per Scott, per non abbandonarlo a se
stesso,
per proteggerlo; perché in ogni caso desiderava la sua
felicità, a prescindere
dal fatto che la consapevolezza di non poter essere felice di rimando a
volte
lo faceva impazzire.
Avrebbe
davvero voluto essere innamorato di Lydia. La trovava una bella
ragazza, quello
sì, ma rimaneva questo e nient’altro. Una bella
ragazza per la quale non
provava nulla se non attrazione fisica. Una bella ragazza che non era
in grado
di competere con Scott nemmeno da lontano. Una bella ragazza che aveva
odiato a
morte quando aveva scoperto che aveva pomiciato con il suo migliore
amico. Era
stato tremendamente difficile ricordare a se stesso che non doveva
tradirsi,
che non doveva dire “come hai potuto baciarla, io ti amo da
sempre”, ma bensì: “come
hai potuto baciarla, io la amo da sempre”.
Era
stata una delle esperienze più difficili della sua vita.
Odiarlo, perdonarlo e
infine amarlo ancora, sempre di più, mentre di nuovo si
chiedeva perché. Faticava
già ad accettare Allison, ma almeno lei poteva tollerarla,
perché Scott la
amava sul serio.
No,
a dire il vero non poteva tollerarla. Ma amava Scott, e si era
rassegnato al
fatto di non poterlo mai avere, di doverglielo cedere; perlomeno
finché non si
erano lasciati, e lui si era sentito così in colpa per
l’assurda felicità che
provava e che faticava a nascondere. Si era sentito felice al punto che
avrebbe
potuto dirgli tutto, avrebbe potuto abbracciarlo forte e nascondere il
capo
nell’incavo tra il collo e la sua spalla e amarlo, amarlo per
sempre.
L’aveva
anche fatto ubriacare, e solo a pensarci si sarebbe preso a sassate in
testa. L’unico
ad ubriacarsi, alla fine, era stato lui. E c’era mancato poco
così che
sostituisse il nome di Lydia con quello di Scott. Alla fine, quando si
era
ritrovato a casa, solo ed incredibilmente lucido, aveva preso a testate
il muro
per davvero.
Come
già detto, se ti chiami Stiles Stilinski e hai una cotta
colossale per il tuo
migliore amico che, come se non bastasse, è anche un lupo
mannaro… la tua vita
è complicata. Più di quanto, a volte, tu sia in
grado di sopportare.
*
* *
Stiles
si allungò verso il
comodino, recuperando in fretta e furia il termometro che, la sera
prima, si
era portato appresso in uno slancio di rara preoccupazione per se
stesso. Si
sentiva male. Peggio del solito, per intenderci, con un mal di testa da
fracassargli
il cranio e un mal di ossa in grado di stenderlo. Alla fine si era
addormentato, esausto, senza nemmeno impostare la sveglia.
Quando
si era svegliato aveva scoperto di essere in ritardo, un ritardo
abissale, e di
sentirsi, se possibile, ancora peggio di quanto non stesse quando si
era
addormentato. Aveva preso il termometro, se lo era ficcato sotto
l’ascella ed
aveva atteso, con una pazienza mista ad impazienza perché
tutto quello che
voleva era farsi del male vedendo il volto di Scott.
“Trentanove?!”
aveva starnazzato mentre
leggeva il termometro, buttandolo poi per terra, quasi come se scottasse.
Suo
padre era entrato in camera pochi minuti dopo, con la faccia da
incazzato di
chi sa che dovrà lamentarsi con il solito figlio
ritardatario che, come è ovvio
che sia, ha fatto tardi per l’ennesima volta.
“Stiles,
che brutta cera” aveva detto invece, puntando poi lo sguardo
verso il
termometro riverso a terra. Era riuscito a recuperarlo battendolo sul
tempo, e
una volta letta la temperatura aveva sgranato gli occhi.
“Giorno
di assenza meritata, direi.”
“Come?
No, escluso, proprio no, io ci vado” aveva biascicato Stiles,
facendo per
togliersi le coperte di dosso e alzarsi dal letto.
Peccato
che il suo corpo non ne volesse sapere di assecondarlo, e alla fine si
era
ritrovato nuovamente sul materasso, costretto
all’immobilità dalle braccia di
suo padre. Aveva continuato a muoversi ancora per un po’,
sfidando il profondo
senso di malessere che gli faceva girare la testa finché,
alla fine, aveva
dovuto arrendersi.
“Non
se ne parla. Riposati, torno dopo con le medicine.”
“Ricevuto.”
Aveva mormorato sommessamente, mentre l’umore sprofondava a meno
infinito più uno
e la sua voglia di vivere moriva lentamente.
Ok,
era innamorato di Scott. Ok, doveva sopportare l’idea di
vederlo guardare
Allison con quel sorriso da rincoglionito e quell’aria da
ebete che gli faceva
venire voglia di prendere a pugni qualsiasi cosa si muovesse,
respirasse,
parlasse. Ma non vederlo per niente, no, era straziante. Doveva
vederlo. Ne aveva bisogno.
Stiles
chiuse gli occhi, sospirando. Si sentiva così male a causa
della febbre?
Preferiva
di gran lunga non pensarci.
Si
addormentò, scivolando in un sonno pieno di incubi e di
migliori amici
insensibili e inebetiti da belle morette.