“Le bellissime rose
Che nascono lentamente, per la loro bellezza
Spesso han vita breve, e muoiono
Così aggraziatamente come sono nate”
Atto IV – La Recisione della Rosa Nera
Quel mattino, Juliet si alzo inquieta. Anche se consapevole che qualcosa, quel giorno, sarebbe finito, era preparata al cambiamento solo in parte.
Si vestì, come al solito di nero, e vagò per la residenza.
L’atmosfera era così surreale, con il cielo grigio e le rose rosse, ancora chiuse in piccoli boccioli, che ella ne ebbe quasi paura. I suoi passi leggeri si perdevano nel vento freddo di metà febbraio, lei, che il giorno dopo sarebbe tornata a casa e che era sempre stata così sicura, di colpo non era più sicura di niente.
Un oscuro segreto avvolgeva il suo passato, macchiato di sangue e cosparso di cenere e polvere da sparo.
Quando, tempo fa, un demone uccise suo fratello e metà della sua famiglia, lei riuscì ad ottenere ad ottenere la vendetta e una serafica e innocente bellezza.
Sorrise gelida cogliendo una rosa. Pungendosi il dito con una spina, il sangue scorse a gocce sulla pelle candida.
Sapeva che il cambiamento imminente la riguardava e non ne aveva paura.
Nelle sue stanze, qualche ora più tardi,. Elizhabet stava salutando il giorno di san Valentino meno esuberante del solito, dedicando tutte le sue attenzioni al suo vestito e al regalo per Ciel.
Sorrideva allo specchio, pettinandosi con tanta cura che sembrava ne andasse della sua vita.
Sperava che il braccialetto che aveva comprato a Ciel gli piacesse, perché lei ci teneva particolarmente a san Valentino.
Indossò l’abito che aveva scelto con attenzione per non creare pieghe e legò i lunghi capelli biondi con due nastri azzurri.
Prese il pacchetto e uscì dalla sua stanza.
Sebastian sapeva che qualcosa sarebbe successo, avvertiva qualche sorta di vibrazione negativa, ma non riusciva a capire esattamente cosa sarebbe successo.
Ovviamente, non lo dava a vedere. Eccelleva nel suo lavoro come al solito.
La tavola era apparecchiata, le siepi di rose potate, le stanze in ordine, i pavimenti puliti e lucidati.
Sembra che oggi si siano dati da fare, pensò, ancora perplesso. Uscì in giardino per controllare che Finnian non stesse combinando qualche disastro. Fortunatamente era tutto in ordine.
Si fermò ad osservare i movimenti della ragazza, i suoi lunghi capelli scuri ondeggiare al vento.
Una parte di lui – quella a cui dispiaceva della prossima partenza di Juliet, quella che non era da demone – gli diceva di scappare. L’altra, attratta per motivi a lui sconosciuti da quella ragazza, lo costringeva a restare.
All’ora di pranzo, seduto a tavola, Ciel non faceva che osservare il braccialetto regalatogli da Elizhabet.
Si aspettava qualcosa di estroso dalla sua fidanzata, ma si stupì nel vedere che gli aveva regalato una catenina d’argento incredibilmente fine ed elegante.
Era anche lui nervoso quel giorno e gli era passata la fame.
Mangiò velocemente e si ritirò in camera.
Erano ormai le quattro del pomeriggio e, come d’abitudine per il sole d’inverno, esso stava già per tramontare.
Juliet si ritirò a dipingere, passatempo che amava, e cercò di catturare sulla tela i deboli raggi del sole.
Mescolava i colori e creava i dipinti, la sua residenza, fuori Londra, la sua grande stanza ne erano piene.
Una presenza alle sue spalle le presagiva la fine.
Grell sapeva che non l’avrebbe spaventata.
La vedeva così calma che non si era nemmeno voltata per guardare il suo carnefice.
Esitò, prima di trafiggerla.
- Se devi uccidermi, fallo adesso. Credo sia inutile spingere oltre questa farsa.
- Stupida, davvero non hai paura di me, che sono un Dio della Morte?
- Perché dovrei avere paura di qualcosa che, un tempo, ho sconfitto? Ho accettato il patto con un demone, ne ho sedotto un altro e l’ho privato della sua stessa vita, successivamente, ho sconfitto quell’altro mostro che voleva uccidere me. Ho ucciso l’essenza stessa del male, che a sua volta aveva ucciso la mia famiglia davanti ai miei occhi. Ho passato l’infanzia a lavorare da serva, prima che mi si venisse riconosciuto il diritto alla nobiltà. Non ho paura della sofferenza, della morte. Non ho paura di te.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo. Grell impassibile, Juliet mossa da un insolito coraggio.
- E adesso ti innamori di colui che, appartenente all’inferno, hai chiamato mostro. Mi dispiace ucciderti, sei una ragazza coraggiosa, ma non ti lascerò Sebastian.
Accecato dall’ira, Grell uccise Juliet, lasciandola cadere nel suo sangue, andandosene mentre Sebastian apriva la porta per dirle che era ora di cena.
Ecco, Sebas-chan, il tuo regalo ….
“Dopotutto è uso comune che le rose si recidano a San Valentino.”