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Autore: GLAM_1D    07/03/2013    6 recensioni
Dal testo: "[...] il fatto che tu sia nel mio studio oggi non fa di te una persona malata o problematica: io sono una psicanalista, e mi piace pensare di essere più che altro una specie di confessore. Non sono un chirurgo o uno psichiatra, tu sei perfettamente sano, e lo è anche il tuo cervello: il mio lavoro è solo quello di ascoltare ciò che hai da dirmi, e guidarti ad una soluzione. Sei umano, e come tutti, non ti è semplice governare la tua mente."
N.B.: Per favore, per correttezza e per rispetto verso me e voi stesse evitate di copiare/prendere spunto dalle mie storie.
E' frutto di un mio lungo e studiato lavoro e non mi va di vedere le mie idee imitate (male) nell'account di qualcun altro.
In caso di forti analogie segnalerò all'amministrazione.
Mi scuso per la freddezza e il cinismo che solitamente non sono mie, ma ho già lasciato correre troppe volte.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SECONDO ESPERIMENTO! DEVO ESSERE SINCERA, SONO STATA SPINTA CALDAMENTE (PRATICAMENTE OBBLIGATA) DALLE MIE COINQUILINE A PUBBLICARLA.
E' LUNGA, LO SO.. E TRATTA DI UN TEMA ABBASTANZA DELICATO.. NON I DILUNGO OLTRE DAL MOMENTO CHE GIA' LA STORIA FA LA SUA PARTE! NON VOGLIO ANNOIARVI ULTERIORMENTE E QUINDI VI AUGURO UNA BUONA LETTURA
:)
SE VI VA, MI PIACEREBBE SAPERE I VOSTRI PARERI SU QUESTA OS.. LO SAPETE, IO ACCETTO TUTTO, DALLE CRITICHE AI COMMENTI POSITIVI :D
A PRESTO, SPERO ;)
KISSES&HUGS, GLAM_1D



Horan?”
Un ragazzo biondo annuì, alzandosi dalla sedia che occupava. Era pallido, molto magro, e indossava una tuta larga che le spalle e i fianchi ossuti sostenevano a malapena. Aveva un'espressione spaesata in volto e continuava a torturarsi le mani, affondate nell'ampia tasca centrale della felpa.
L'assistente gli sorrise per rassicurarlo e distese un braccio per indicargli di precederlo oltre la porta a vetri. Camminava in silenzio, a testa bassa, sospirando di tanto in tanto.
Il corridoio stretto dava accesso a diverse porte di legno chiaro, ma lui sapeva che l'unica che lo avrebbe accolto era l'ultima, quella che stava di fronte a lui. Era sempre così: la tua destinazione è quella che più ti incute timore. E la sua era di misura standard, con la cornice color panna che imprigionava un vetro smerigliato e scintillante, e una targhetta d'ottone:
Dottoressa Lydia P. Price”.
Era fredda, totalmente impersonale. Lui voleva solo un abbraccio caldo, e cosa gli toccava, invece? Una seduta dallo strizzacervelli, un'ora di agonia e domande.
La donna che l'aveva accompagnato fino a lì lo sorpassò e picchiò per tre volte le nocche sul legno. Una voce dall'interno rispose:
Sì?”
Lydia, è arrivato...” diede una rapida scorsa alla cartellina che reggeva tra le mani e dopo un attimo di esitazione continuò: “Horan, Niall Horan.”
Fallo accomodare.”
Niall intanto se n'era rimasto in disparte, indeciso se scappare o restare.
A quel punto era tardi per decidere di pianificare la fuga. Rassegnato, oltrepassò l'assistente e fece capolino dalla porta.
Lydia era seduta dietro una solida scrivania di ciliegio, e dava le spalle ad un'ampia libreria che occupava l'intera parete. Nel vederlo entrare sorrise dolcemente e abbassò gli occhiali, facendoli scorrere piano sul naso.
Dopo aver abbozzato un saluto, l'assistente chiuse la porta dietro di sé, e Niall pregò che quei cardini trattenessero ciò che la donna gli avrebbe fatto dire. Perché lui conosceva già il motivo per il quale si trovava lì, a sudare freddo ed arrossire di fronte ad una ventisettenne che non conosceva.
Niall, giusto? Piacere, sono Lydia.” disse calma la donna, invitandolo ad accomodarsi di fronte a lei.
Lui si limitò ad assentire con il capo, sedendosi e imprigionando le mani giunte tra le cosce.
Niall, il fatto che tu ti trovi qui, ora... Posso darti del tu, sì?” chiese lei, con un filo di imbarazzo dopo un'apparente gaffe.
Certo” mormorò, sorridendo debolmente.
Bene, dicevo, il fatto che tu sia nel mio studio oggi non fa di te una persona malata o problematica: io sono una psicanalista, e mi piace pensare di essere più che altro una specie di confessore. Non sono un chirurgo o uno psichiatra, tu sei perfettamente sano, e lo è anche il tuo cervello: il mio lavoro è solo quello di ascoltare ciò che hai da dirmi, e guidarti ad una soluzione. Sei umano, e come tutti, non ti è semplice governare la tua mente. Nemmeno quello è compito mio. Diciamo che, più che altro, due teste pensano meglio di una sola.”
Niall annuì ancora una volta, poco convinto: lei l'avrebbe fatto soffrire.
 
Lydia sospirò, evitando di mostrarsi troppo sconsolata: se l'avesse fatto avrebbe scoraggiato anche Niall.
Era passata mezz'ora e la situazione con il suo giovane paziente procedeva per buchi nell'acqua.
Niall, lo sai che non ti posso aiutare se non mi parli, vero?”
Il ragazzo annuì debolmente.
Lo so che non è semplice, e che ci vorrà del tempo, ma abbiamo entrambi l'opportunità di aiutarti. Sei certo di non sapere perchè ti trovi qui?”
Il ragazzo la guardò spaesato, e lei provò un moto di stizza: era ovvio che lui sapeva il motivo di quel colloquio, ma non doveva essere lei a parlargliene, o il problema non avrebbe avuto speranze di essere risolto.
Le aveva provate tutte, per entrare in confidenza con lui. Era il suo decimo assistito, e nonostante la giovane età, era malleabile quanto un blocco di granito. Ne dedusse che quella chiusura mentale era completamente volontaria, e ancora una volta la frustrazione la assalì: qual'era il sistema per aggirare delle barriere così solide, fortificate nel tempo?
Si sentiva il poliziotto cattivo nei telefilm americani: tutto ciò che non doveva essere.
Si accomodò meglio sulla sua poltroncina e ringraziò il Cielo che il ragazzo avesse volto nuovamente lo sguardo di fronte a sé, perchè se avesse visto in che condizioni versava, sarebbe scappato a gambe levate infamandola. Quale psicanalista degna di questo nome si sarebbe fatta intrappolare da un suo paziente?
Era disteso sulla chaise-longue del suo ufficio e da quando la occupava non si era rilassato un attimo.
Esasperata, eliminò ogni nozione scolastica che possedeva in merito a quella situazione e si alzò, raggiungendolo e sedendosi al suo fianco. Per evitare che si spostasse, eludendo ancora una volta il dialogo con lei, lo bloccò posandogli una mano sul braccio.
Niall, dovrai parlarne, prima o poi. Che sia io a cavarti le parole di bocca, o qualcun altro, sarà ugualmente doloroso. La differenza sta nel fatto che io posso aiutarti a renderlo meno tragico, e a superarlo più facilmente, senza ombra di giudizio. Là fuori” disse indicando con enfasi la finestra alle sue spalle, “non è detto che sia così, quindi per favore, per il tuo bene, parla con me.”
Aveva annullato ogni etica professionale e annientato le basi del giusto rapporto tra dottore e paziente. Si sentì morire. Abbassò il capo mortificata, quasi certa di aver sconvolto un ragazzo e mandato all'aria la sua carriera.
Niall la fissava allibito: ne aveva conosciuta parecchia, di gente della sua specie, ma mai nessuno gli aveva parlato così, negli ultimi mesi. Fu come una scossa. Là fuori.
Là fuori fa paura.” pronunciò con voce flebile.
Lydia abbassò il capo e nascose un sorriso rincuorato sotto la cascata di lunghi capelli chiari. Subito dopo rialzò lo sguardo e incontrò quello del ragazzo.
Cos'è che fa paura, là fuori, Niall? Ti va di parlarmene?”
Niall scosse violentemente il capo e tornò a concentrarsi sulle sue mani. La donna si rilassò e strinse leggermente la presa sull'avambraccio magro del ragazzo.
D'accordo, hai fatto un grande sforzo. Là fuori le cose sono complicate, e per cominciare a renderle più chiare dovremmo capire come lavora il tuo 'qui dentro'” disse picchiettandosi una tempia con la mano libera, “quindi per oggi non c'è bisogno che tu mi dica altro, se non ti va: abbiamo i nostri tempi, e dobbiamo adattarci anche a quelli.”
Niall annuì lentamente, consapevole che quello che le stava dicendo la strizzacervelli aveva un senso, e rimase muto.
Per oggi abbiamo finito, quindi.” annunciò lei docile, dopo aver atteso inutilmente speranzosa qualche abbozzo di parola.
Il ragazzo, come aveva previsto, assentì di nuovo. Entrambi si alzarono, gli strinse la mano e lo accompagnò fino alla porta, ma prima di aprirla ci tenne a ricordargli un'ultima cosa:
Settimana prossima, stessa ora.”
Cinque minuti più tardi era affacciata alla finestra del suo studio, con una sigaretta tra le labbra e mille pensieri per la testa, mentre guardava un ragazzino biondo tutto pelle e ossa, camminare sul marciapiede, stando rasente al muro.
 
Niall, che piacere! Entra accomodati!”
Lydia gli sorrise affabile, invitandolo a prendere posto di fronte a lei.
Ciao Lydia.” salutò lui timidamente, sedendosi.
Com'è stata questa settimana?”
Discreta... Sono uscito, sai?” le confessò con una punta d'orgoglio malcelata.
Dici sul serio?”
Il ragazzo annuì, sorridendo cauto ancora una volta.
Erano passate cinque settimane, dalla prima visita di Niall allo studio di Lydia e quello era per loro il sesto incontro. Lydia era felice di come il ragazzo si relazionasse con lei: aveva abbassato parecchio le difese, e un dettaglio alla volta stava poco a poco ricostruendo la vicenda.
Niall, dal canto suo, si impegnava molto per aprirsi alla sua psicanalista. Aveva scoperto che Lydia gli piaceva: era comprensiva, e nonostante si impuntasse molto per farlo parlare, riusciva incomprensibilmente a farlo sentire accolto, mai sotto esame.
Ricordava la prima volta che l'aveva vista: l'aveva spaventato, sapeva che l'avrebbe fatto stare male. Nelle sedute successive, però, gli aveva fatto capire che liberarsi di quel peso lo avrebbe aiutato. Quindi, anche se con estrema difficoltà, aveva pian piano cominciato a svelarle la trama di quell'episodio così doloroso. Era riuscito anche a pronunciare il suo nome, una volta, e ora non sembrava più così dura.
Allora, Niall... La volta scorsa mi hai parlato di lei...”
Faith...”
Lydia esultò interiormente, ma non ne diede cenno.
Faith, sì. Mi hai parlato di come vi siete conosciuti, e di come avete finito per innamorarvi. Tu ti sei sforzato molto, e io sono convinta che ti abbia fatto bene, ma devi dirmelo tu: come ti sei sentito, ripensando così chiaramente a lei, al rapporto che avevate?”
Niall percepì quella fitta al petto, così familiare, quasi una nemica costante, ma la ignorò: aveva capito che per far scemare prima il dolore, bisognava impegnarsi a fare altro, e parlare con Lydia aveva i suoi effetti positivi.
Ripescare nella memoria le prime cose che mi hanno attratto di lei è stato molto difficile... In un certo senso era come se non le avessi mai considerate davvero, se non ci avessi mai ragionato prima. L'ho vista da un punto di vista diverso, più distante, e...”
E hai avuto paura?”
Niall tentennò: era timore?
Sì, avevo paura di perdere il ricordo che ho di lei, come se la lasciassi andare... E non potrei mai farlo.”
Non devi temere di sentirti in colpa. I ricordi rimangono con noi, e se li richiamiamo alla mente, non si modificheranno necessariamente, ma soprattutto, non ci abbandoneranno. Al contrario.”
Il ragazzo la guardò corrucciato, credendo che stesse mentendo.
La scorsa volta mi hai detto che al vostro primo appuntamento portava i capelli sciolti, e che il sole li faceva sembrare biondi, ma che tu la preferivi comunque mora. Era un dettaglio costante nella tua memoria quando stavi con lei, o ti è capitato di ritrovarlo dopo molto tempo?”
Niall annuì, capendo dove volesse andare a parare, e questo lo rese più fiducioso.
Ha ragione. L'ha fatto diventare più vivo.”
Bene, spero che questa consapevolezza ti incoraggi a voler ricordare di più.”
 
Andavate spesso a fare delle passeggiate, uscivate per lo shopping, per un caffè...?”
Sì, a Faith piaceva l'aria aperta.”
La terza volta. Pronunciava il suo nome per la terza volta. Ci riusciva.
E com'era stare fuori con lei?”
Era bello, lei...” la voce gli si ruppe, e lui si portò le mani al volto.
Lydia attese, reprimendo il fortissimo impulso di abbracciarlo.
Niall, cosa c'era che non andava, là fuori?”
Il ragazzo represse un singhiozzo e, spintosi contro lo schienale della sedia, portò le ginocchia al petto abbracciandole strette. Quando i singulti si calmarono leggermente, prese a dondolarsi ritmicamente, mentre stringeva tra i denti il tessuto delle maglia, e piangeva.
Lydia puntò i piedi per terra, per rimanere ferma.
Lo so, non è semplice...”
 
Le dita ossute del ragazzo tracciavano spirali irregolari sul tessuto cangiante della chaise-longue, mentre si apprestava a raccontare tutto a Lydia.
Erano passate nove settimane dalla prima seduta, e lui recuperava la serenità ora dopo ora, passata con la psicanalista. In quei due mesi era scoppiato a piangere innumerevoli volte: davanti a lei, da solo, mentre dormiva, mentre guardava la televisione, ma già questo era un enorme miglioramento, dal punto di vista di Lydia. Il pianto lo aiutava a sfogarsi, e finalmente stava cominciando ad elaborare il lutto. Dopo mesi di occhi asciutti, era finalmente arrivato il momento delle lacrime, e per quanto a Niall non sembrasse possibile, erano davvero un notevole passo avanti.
Lydia, dal canto suo, gioiva ad ogni parola in più del ragazzo e considerava una conquista vera e propria il rapporto che si era instaurato. Dopo le prime esitazioni si era persuaso ad aiutarsi -per quanto il suo inconscio gli concedesse-, confidandosi con lei, ed elaborando un ricordo alla volta, il trauma per la perdita di Faith.
Niall spalancò la bocca, e la richiuse, poi di nuovo, e ancora una volta.
Avanti, pensò Lydia.
Avanti!” mormorò lui, rivolto esclusivamente a se stesso. Alzò lo sguardo e cercò quello della donna. Le sue iridi calde e quel sorriso rassicurante, che aveva imparato a conoscere, lo incoraggiarono, e contro ogni aspettativa, trovò la voce di cui aveva bisogno.
Era una domenica di maggio. Il 13. Lei era tornata dal college il pomeriggio precedente. Ci eravamo visti, la sera. Siamo andati a prendere un caffè. Lei era nervosa, e non voleva dirmi perchè...” la voce gli si incrinò, mentre il ricordo di Faith che si mordicchiava le labbra premeva contro lo sterno. “Io volevo andare a una festa, ma lei era stanca, e nonostante avessimo bisticciato, non mi andava di lasciarla tornare sola, così l'ho accompagnata a casa. Mi ha detto che era solo stanca e che aveva un po' di nausea, e mi ha dato appuntamento per il giorno dopo. Ricordo ancora che stava strappando i fiori dal cespuglio di erica di sua madre, mentre mi parlava, e che era pallida.
Mi ha baciato sulla fronte e mi ha sorriso. Io le ho perdonato istantaneamente tutto e l'ho abbracciata stretta...”
Niall si ridestò, abbandonando poco a poco le immagini della sera del 12 maggio, e ritornò al presente. Alzò il capo, e mentre il volto sorridente di Faith sfumava nelle sue iridi, quello di Lydia compariva poco a poco, sebbene distorto dalle lacrime.
Arricciò le labbra e sospirò rumorosamente, prima di imporsi di ricominciare il racconto.
Poi sono tornato a casa... Non mi andava di festeggiare, il suo atteggiamento mi aveva preoccupato. Mi sono lambiccato il cervello tutta la notte, pensando a cosa potesse preoccuparla tanto. Mi aveva dato appuntamento per la mattina seguente, per colazione. Così ci siamo incontrati in centro. Siamo andati a prendere un caffè, e lei aveva ordinato una dose incredibile di cibo...”
Sorrise amaramente mentre tentennava, ingoiando l'ennesimo groppo amaro.
L'umore sembrava migliorato, ma quando ci siamo messi a passeggiare sulla pedonale era scontrosa. Ha cominciato a lamentarsi, diceva che non la capivo, che non mi sforzavo abbastanza, che non la accontentavo...”
Le lacrime ormai conoscevano bene la strada da percorrere, e senza esitazione presero a solcare quelle guance ormai sature. Non riuscì a continuare.
Niall, se non te la senti di andare avanti, ricordati che non sei obbligato...” mormorò a quel punto Lydia. Faticava a parlare, aveva il viso contratto nella commozione e sentiva di volerlo abbracciare, stringere, cullare, rassicurare, ma sapeva che non poteva farlo. Non era compito suo, lei doveva solo aiutare il suo inconscio.
Niall, placato il pianto, sciolse le spalle e sospirò un'ultima volta: “Lydia, non ci riesco! Non ci riuscirò mai! Era tutto per me! Tutto! Come faccio? Come faccio a lasciarla andare?”
No, Niall, no... Non devi dire una cosa del genere, tu la lascerai andare solo nel momento in cui deciderai di farlo. Nessuno potrà mai strapparti il suo ricordo, lei è tua, e lo rimarrà per sempre. Sarà sempre viva, nel tuo cuore, anche quando ci sarà qual-” si interruppe. La professionalità doveva essere rimasta in corridoio, ragionò, appesa all'attaccapanni, insieme al suo cappotto.
Niall la guardò sconsolato, facendo brillare quegli occhi d'immenso attraverso le lacrime.
Non posso.”
 
Niall volse lo sguardo intorno a sé, lasciò che la brezza gli carezzasse il volto e gli scompigliasse i capelli. La vista dal campanile era qualcosa di eccezionale, l'aveva sempre amata. Era proprio per quel motivo che aveva scelto quel posto: da lì sentiva la città parlargli, per quanto fosse distante e piccola. Racchiudeva nella sua intimità tantissimi ricordi sereni. Sentiva la voce dei luoghi che conosceva da sempre cantare per lui. Si affacciò cauto al parapetto, mentre l'aria lo investiva feroce, spingendolo nella direzione opposta. Si issò con i piedi oltre il bordo sporgente e si dondolò per qualche istante sulle punte. Sì sentì leggero come non gli capitava da tempo, e desiderò di volare, di riavere Faith al suo fianco. Chiuse gli occhi e svuotò la mente: conservò solo il ricordo del grande amore della sua vita, e la volle vestita di bianco, mentre reggeva tra le braccia un fagotto morbido, che gli tendeva. Mentre il cuore correva, riaprì gli occhi. Era pronto.
 
Cara Faith,
ciao. E' una parola così banale, ma è l'unica che mi viene in mente ora, perchè tutto sommato mi basterebbe poterti salutare un'ultima volta. Vorrei poterlo fare, perchè l'ultima volta che ti ho visto non ne ho avuta l'occasione. Se ci penso, allungò ancora il braccio, sai? Mi sei sfuggita per pochi centimetri. Ricordo che ero appena riuscito a calmarti: hai cominciato ad insultarmi per la maglietta che indossavo, e sei finita con il dirmi che forse non ero quello giusto per te. In tutto questo tempo non c'ho mai creduto. Ti conoscevo così bene, eri così fondamentale, che se fosse stato vero, mi si sarebbe spaccato il cuore a metà, ma non è successo.
Scusami, se ti racconterò di nuovo com'è andata, ma Lydia dice che è importante. Sai, lei ti sarebbe piaciuta, saresti felice di sapere che mi ha aiutato così tanto.
Ricordo il vestito che indossavi: era celeste con i fiorellini gialli e arancioni, tutto a balze. L'hai comprato in Croazia, quando ci siamo andati insieme quell'estate. Hai voluto fare colazione, e ti ho portato al “Audrey”. Adoravi quel locale. Avevi una tale fame che hai mangiato anche i miei pancakes, e ti sei lamentata perchè io non mangiavo quanto te. In quel momento risi di gusto, senza capire, senza sapere. Quando siamo usciti, abbiamo cominciato a bisticciare, e siamo andati avanti per parecchio. Arrivati all'altezza della fontana, ti sei fermata e mi hai guardato dritto negli occhi. Mi hai detto che non eri sicura di noi. Lo vedevo nei tuoi occhi, che non era vero. Me lo urlavi dal profondo del tuo cuore,che mentivi, e io ascoltandolo, non credevo a quello che la tua bocca diceva. Poi hai cominciato a correre, e hai svoltato in Coney Street.
Dio Faith, quante volte ti ho sgridato come se fossi una bambina, perchè correvi per strada? Evidentemente una meno del necessario. Ti ho raggiunta e ti ho bloccata, dopodiché ti ho abbracciata forte, e sapevo, lo sapevo, lo giurerei sulla mia stessa vita, che non volevi lasciarmi andare. Ma ti sei divincolata, e con la rabbia o l'angoscia, o la paura, -solo tu puoi saperlo-, hai messo un piede fuori dal marciapiede.
Mi sei scappata, e in cinque secondi ti ho perso per sempre. La mia mano era lì, appesa a un tuo grido che non hai nemmeno avuto il tempo di esalare, mentre tu eri ai miei piedi, già priva di vita.
Non mi ricordo come sono finito a terra, al tuo fianco, non ricordo nemmeno come sei finita tra le mie braccia. Avevo solo una paura folle, che superava a malapena quella di perdere la memoria di te: perdere te.
Non riuscivo a piangere, vedevo solo il tuo volto privo di quella scintilla che tanto amavo, privo di te. Sono stato in silenzio, chiuso in un dolore così cieco che non riuscivo ad individuare: era nel cuore? Nella mente? Ero io?
Ti abbiamo seppellita in una mattina vestita a lutto, sotto un cielo di acciaio liquido. Non sentivo il tocco di tua madre, di tua sorella, quello della mia: volevo solo toglierti da quella bara, perchè tu dovevi essere al mio fianco. Era così ingiusto, così stupido. Lo è tutt'ora.
Poi è arrivata la notizia, quella che mi ha davvero tolto la voglia di vivere. Stavo facendo le valigie per la Sierra Leone, il tuo sogno. Avevo deciso di inseguirlo, di realizzarlo per te.
Una telefonata, e il mondo, che a stento reggevo sulle spalle, mi è crollato definitivamente addosso.
Mi chiamò Monica: mi disse che finalmente si era decisa a sistemare le tue cose, e che aveva trovato i tuoi diari. L'ultima pagina era del 12 Maggio, il giorno prima che tu morissi.
La leggo ogni notte, prima di addormentarmi, e la cito a memoria:

Caro diario, è il 12 Maggio. Ho incontrato Niall, ma non sono riuscita a dirglielo. Non ce l'ho fatta, perchè ho capito che infondo è meglio che non lo sappia. Lui ha un grande obbiettivo, e gli manca così poco per raggiungerlo! Il mio uomo ha ottenuto un contratto finalmente, ed è così felice! E io sono così fiera di lui, perchè finalmente avrà ciò che si merita!
Tutto ciò sarebbe un ostacolo. Ho provato a confessarglielo, ma con che cuore potrei chiedergli di abbandonare tutto per qualcosa che non ha progettato e voluto? Non ce l'ho fatta, perchè lo amo infinitamente troppo per chiedergli di rinunciare alla sua felicità. Lo lascerò e gli starò lontana. Ad aiutarmi ci penseranno mamma e papà, loro non si tirerebbero mai indietro. E io mi accontenterò di vederlo in tv, di sentire la sua voce, che fino ad ora è stata solo mia, nelle radio nazionali. E quando il mio bambino mi chiederà chi sarà il suo papà, io gli racconterò che uomo straordinario sia e di quale grande talento sia dotato; mi addosserò la colpa di averglielo strappato così presto. O forse gli racconterò un mare di frottole dorate, su quanto le circostanze della vita siano ingiuste a volte, dimenticandomi poco a poco di che persona orribile io sia, invece. Sento che devo fare una scelta, e per ora, la mia priorità è Niall. Già mi sento una madre orribile, ma con Niall a un passo dal suo sogno, e un figlio in arrivo... E' difficile, difficilissimo. Non rinuncerò alla vita, ma nemmeno alla felicità del mio uomo. Ora come ora è l'unica opportunità, poi ci sarà il tempo per modificare il destino nero che vedo ora, ma ora come ora... Voglio proteggerli entrambi. Combatterò per la felicità di entrambi: anche se all'apparenza è una scelta sbagliata, mi sembra la cosa migliore. L'unica.
Buonanotte diario, buonanotte Niall, per l'ultima sera, mi aggrapperò al tuo profumo prima di addormentarmi. Scusami, sono una bugiarda: continuerò a farlo in eterno. Buonanotte Niall, buonanotte piccolo fagiolino, amori della mia vita.
 
Faith... Mi avresti reso l'uomo più felice della Terra, lasciandomi essere il tuo uomo, e il padre di nostro figlio. Conoscendoti, nel tuo fastidioso altruismo onnipotente e onnipresente, so che è stata una sconclusionata scelta d'amore, e ciò dimostra quanto mi amassi.
Piango, Faith, queste macchie umide che distorcono l'inchiostro, sono le mie lacrime.
Piango perchè nonostante i tuoi piani, avrei fatto di tutto per essere al tuo, al vostro fianco.
Piango, perchè se avessi capito prima che aspettavi nostro figlio avrei fatto di tutto per dissuaderti dal lasciarmi. Perchè la mia felicità, amore mio, sei tu, lo eri e lo sei tutt'ora, sarebbe stato il nostro bambino, la nostra famiglia. Non la musica. Lei non ha più alcuna sonorità, ora che non ci sei. Non c'è melodia che eguagli il suono della tua voce. Darei l'anima, per poterla riprodurre, per sentirla un'ultima volta. Vorrei sentirla pronunciare il nome di nostro figlio, mentre lo culli la notte.
Avresti voluto un maschio, e avresti voluto chiamarlo Duncan. Io avrei sempre voluto una femmina invece, e mi prendevi in giro perchè dicevi che mi avresti costretto a farla giocare con le bambole al tuo posto. Avrei voluto chiamarla Isabella.
Saremmo stati due magnifici genitori, piccola mia. E i nostri bambini sarebbero stati così belli... Con una madre come te, del resto... Quanto eri bella, principessa?
Faith, mi sembra superfluo dire che mi manchi, ma te lo dico ugualmente.
Ti amo, ti amerò sempre, e conserverò in eterno il tuo ricordo, perchè sfido chiunque, su questo pianeta, a dimenticare la cosa più bella che gli sia mai capitata. L'incarnazione della felicità. Io ho avuto questa fortuna, amore mio, ed eri tu.
Con tutto l'amore del mondo,
per sempre tuo,
Niall.
 
Alzò gli occhi al cielo, distogliendo lo sguardo dai fogli che erano sparsi intorno a sé, a tratti increspati dalle lacrime, a tratti cancellati con fervore. Non era un discorso ordinato, ma era ciò che aveva nel cuore. Gli era stata data l'occasione di averla di nuovo vicino, lei e il loro bambino.
Un salto nel vuoto del suo amore, e li aveva avuti di nuovo al suo fianco.
 
Niall fece il suo ingresso nella saletta d'attesa, gettata nella luce dorata delle cinque.
Buongiorno Jenny. Ho un appuntamento con Lydia.”
La giovane donna annuì e sorrise cordiale: “Ciao Niall! Che piacere! Fai da solo, o ti accompagno?”
Niall gli sorrise a sua volta e scosse la testa, aprendo con decisione la porta che conduceva al corridoio. La penombra creava un'atmosfera protetta, e ridacchiò ripensando al ragazzo che otto mesi prima strascicava i piedi lungo il parquet.
Si fermò un istante a guardare il rettangolo di luce che filtrava dal vetro smerigliato della sua destinazione di arrivo. Risalì con lo sguardo, incontrando la cornice della porta, e lì, all'estremità destra del suo campo visivo, ecco un paio di scarpe di tela bianche e lise, sulle quali ricadeva il risvolto dei pantaloni della tuta, troppo larghi per delle gambe eccessivamente esili. Sconvolto, incrociò lo sguardo di un sé stesso che stentava a riconoscere: pallido, magro, con la morte negli occhi. Lo stava trapassando senza vederlo: fissava la porta d'uscita con indecisione.
Incerto, Niall accennò un saluto, ma quel riflesso evanescente non si curava di lui.
Gradualmente, l'ombra del suo ricordo prese a svanire, e infine venne spazzata via dalla porta, che si aprì con una certa urgenza.
Niall!”
Lydia gli corse incontro, abbracciandolo.
Niall, tutto bene?”
Il ragazzo ricambiò l'abbraccio, sospingendo la testa della donna contro il suo petto.
Sì, tranquilla” la scostò da sé e la guardò, rassicurandola con un sorriso.
Allora andiamo?”
 
Lydia, vorrei darti una cosa.”
La donna alzò gli occhi dal suo cappuccino fumante e li piantò curiosi in quelli di Niall, attendendo una risposta. Il ragazzo estrasse dalla tasca della giacca una busta bianca e gliela tese. Le la prese e la soppesò: la carta dell'involucro era pesante e rigida, e l'interno sembrava consistente. Non c'era un'intestazione.
Niall, non saranno mica soldi, vero?”
Soldi? Ma cosa vai a pensare?”
Cos'è...? Non sarà mica...?”
Niall annuì con un'espressione a metà tra la soddisfazione e la modestia.
Ci sono riuscito!” annunciò semplicemente stringendosi nelle spalle.
Lydia posò la busta sul tavolo, accanto alle loro mani vicine e lo guardò intensamente.
Niall, io sono davvero fiera di te. Hai fatto il passo più importante. Quando ti ho detto che potevi prenderti tutto il tempo di cui avevi bisogno, credevo sarebbero serviti degli anni, soprattutto per come avevamo cominciato...”
Decisamente poco ortodosso, come sistema, il tuo” commentò lui interrompendola e ridendo di gusto.
...Già, appunto. Con te non c'è stata una singola seduta normale, o... lontanamente professionale. E proprio per questo non capisco perchè poi tu abbia insistito per rimanere con me, anziché cambiare analista. Comunque: ora che sei riuscito a scriverle una lettera, ricordandola e confessando a lei i tuoi sentimenti... Sei guarito!” annunciò con una punta di malinconia nella voce.
Il ragazzo la guardò serenamente, lasciando che un sorriso gli aleggiasse sul volto.
Lydia, non la vuoi leggere?”
La donna lasciò che le dita tamburellassero lievi sulla carta della busta e poi le ritrasse.
No, non posso.”
Niall la tentò con gli occhi.
No, non lo posso fare! Era un esercizio per te, per sfogarti e liberarti di un peso... Sarebbe completamente contro la mia etica professionale, e credimi, a lavorare con te, l'ho tralasciata già troppe volte!”
Il ragazzo ridacchiò, e ripose la lettera nella tasca.
Da amica, la leggeresti?”
Solo se a te andasse di farmela leggere, ma non sei obbligato, non ne vedo il motivo...”
Niall ignorò l'ultima constatazione e chiese: “Allora attenderai domani?”
Domani?”
Oggi è il tuo ultimo giorno da mia analista. L'hai detto tu: sono guarito” rispose compiaciuto.
Lydia lo fissò stranita: quel ragazzo era cambiato così tanto, da quando lo aveva conosciuto.
Le aveva fatto sovvertire ogni buona norma nel suo lavoro, dimenticandosi del suo ruolo, toccandola nel profondo. Nascondeva dietro quella faccia d'angelo il suo più grande fallimento, e il suo più grande risultato: da una parte il crollo della sua professionalità, e dall'altra, un cuore ricucito, e un inconscio libero.
Sì, Niall, sì. Attenderò domani.”
Lui assentì con il capo, mentre la guardava da sopra la tazza di caffè.
Posso farti l'ultima domanda da psicanalista?”
Non so se saprò rispondere senza il lettino del tuo ufficio!”
Sono certa che saprai farlo... Ti spaventa ancora 'là fuori'?”
No. Non è stato il 'là fuori', a portarmela via, e il mio 'qui dentro' ora lo sa perfettamente.” le rispose, picchiettandosi poi una tempia con l'indice, memore della prima seduta che aveva fatto con Lydia.
Ottimo... Sei felice, Niall?”
Non era l'ultima domanda?”
No, era la penultima. Sei felice, Niall?”
Lo sarò presto, Lydia, presto.”

 

   
 
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