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Autore: Filira    07/03/2013    4 recensioni
[TheBrick!Verse - LesAmis Centric - Bromance e Slash, pay attention!]
Giugno 1832, Parigi è in fermento. La rivoluzione serpeggia tra le vie della città, sospira, attende. Rivoluzione che nasce in luoghi angusti, affollati da giovani menti. Enjolras, Bahorel, Combeferre, Courfeyrac, Feuilly, Grantaire, Jean, Joly, Bossuet. Il giorno prima della rivoluzione. All'alba del sei giugno 1832.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Enjolras, Gavroche, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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#ilpaesedellemeravigliedell'autrice
Oh, hi! Wannabe friends? Ehm, ecco, io lo so che Hugo si starà rivoltando nella tomba. Lo so, ne sono cosciente. Perciò chiedo scusa a lui, a Enjolras, a Granntaire, a papà Mabeuf(?),e  anche a voi. Mi dispiace, non volevo ma ho DOVUTO farlo. Devo esorcizzare la fissazione in qualche modo XD prometto che il prossimo capitolo avrà più senso. Eh, uhm. Ho provato a far qualcosa di decente, vediamo che ne esce D: au revoir! 
   




L'Aube du six Juin
01 - A la volonté du
Peuple





"A la volonté du peuple!"

Una voce gracchiante, roca, si levò dall’angolo più buio e sudicio dell’angusto locale. L’essere – perché dal suono della voce non si sarebbe davvero potuto distinguerne il genere – se ne stava rannicchiato su di una di quelle sedie dalle gambe spropositatamente lunghe, e dalla base d’appoggio stretta e scomoda priva di schienale, così da parire più simile a un uccellaccio che a un uomo.
Probabilmente anche per il gracchiare di cui s’è detto in precedenza.
Ma, comunque, tal uomo – perché sì, era un uomo – non era l’unico occupante della fumosa e sconosciuta bettola; se infatti si è lasciato percepire inizialmente solo il grido di quella figura nascosta dalla fumosa atmosfera del locale, pare giusto adesso lasciar percepire il resto dei rumori che animavano la stanza.

Un vociare sommesso, che pareva seguire un andamento al contempo costante e incostante. Una contraddizione evidente, direte. Ma non l’unica che animava tal bettola, naturale escrescenza dei sobborghi parigini d’inizio ottocento. Era tutto causato da un folto gruppo di giovani che, muovendosi freneticamente per la stanza, si spostavano continuamente da un capannicolo di compagni all’altro, avvicinandosi con aria concitata e biascicando certe parole che, l’avessero sentite le guardie nazionali che passeggiavano oziose e ubriache per la stradina sottostante, avrebbero portato al rizzarsi di baffi – davvero di moda al tempo – e allo schioccare di baionette. Ma quel luogo pareva protetto, isolato e inarrivabile. Al Corinto, parole come “cittadino” e “repubblica” risuonavano allegre e vivaci, adagiandosi sul morbido tessuto di una bandiera rossa intessuta da robuste mani femminili e sui buffi rigonfiamenti di una coccarda tricolore.

Era il 1832, sotto il lastricato apparentemente solido del regno di Luigi Filippo cominciava a scorrere la linfa di una nuova idea. Pura, cristallina, tale idea – che nient’altro era, se non l’utopia di una repubblica francese – nutriva e nel frattempo era essa stessa generata dalle giovani e ferventi menti di uomini appena sbocciati, ragazzini che per le strade malfamate della città parlavano al popolo che li osservava con occhi che tradivano la fame, parlando di equità e giustizia a chi avrebbe ucciso per un tozzo di pane. Nei salotti buoni, quelli dove la rivoluzione sembrava un miraggio lontano e assurdo, si rideva di quei giovanotti che- sfrontati, loro! – inneggiavano al rovesciamento del governo. Si denigravano le bandiere rosse, l’uguaglianza e il termine “cittadino” veniva pronunciato con quella leggera curvatura delle labbra che dava al termine quel non so che di dispregiativo. Quindi, da una parte dalla fame, dall’altra dall’opulenza, questi ragazzotti appena cresciuti erano costantemente accerchiati da personaggi che ne osteggiavano la causa. Eppure l’ignoravano. O, probabilmente, avevano fiducia nel futuro.

È dunque in questo contesto che si può calare l’ambiente appena tratteggiato poco sopra, dove una figura celata – che d’ora in poi chiameremo Grantaire, per dover di cronaca – alzando la bottiglia oramai priva di un qualsiasi liquido, aveva sbottato contro il nulla con l’enigmatica frase “A la volonté du peuple!”. Nessuno aveva accolto tale sporadica iniziativa – e probabilmente Grantaire stesso l’aveva formulata in uno stato di semi-incoscienza dovuto all’alcol, essendo piuttosto restìo nei confronti di tal ideale repubblicano, o in generale nei confronti di qualsiasi ideale – così il giovane aveva fatto spallucce, lasciato la bottiglia – che era atterrata poco dolcemente sul pavimento di legno marcito, rompendosi – ed era ricaduto poco aggraziatamente sul tavolino di fronte a sé, prendendo a russare con enfasi.

Fu in quel momento che, all’opposto della sala, due occhi si posarono su tal pietoso spettacolo. Fissi, alteri, severi. Feully, un giovane dagli occhi vispi e la voce allegra, da sempre dedito allo studio almeno quanto al disquisire dell’ingiustizia perpetrata ai danni della Polonia del 1772, stava appunto arringando con foga un qualche discorso inerente a tale stato, quando, colto lo sguardo derivante dagli occhi di cui s’è detto, le parole gli morirono in bocca. Biascicò ancora uno stentato “Delitto, questa divisione è un delitto verso il popolo”, ma, notando di aver perso l’attenzione del suo uditorio, si era risolto nell’abbandonare l’impresa, e si era diretto verso Joly e Bossuet, con la testa bassa e sussurrando ancora la parte finale del suo discorso. Dunque Feully, seguendo l’andamento disordinato di quel gruppo, si era mosso verso la prossima meta, ma una figura, stoica, la stessa che prima aveva adocchiato quasi furiosamente il semi-cosciente Grantaire, non aveva mosso un passo, rimanendo saldamente piantata sulle gambe. Enjolras, dal centro della sala, nel luogo più illuminato del locale, guardava con disdegno a quel cantuccio oscuro e infido, dove stava rannicchiato Grantaire.
Si potrebbe quasi dire che questa particolare disposizione fosse quasi simbolo della loro contrapposizione, ma come si vedrà tale discorso potrà essere affrontato in seguito, alla luce di eventi che portarono comunque a un mutamento nel generale comportarsi del gruppo. Enjolras stava, come s’è detto, nel centro della sala. E si può dire fosse anche al centro di quel sistema di persone, di quell’ammasso confuso ma armonioso d’idee, fautore della linfa rivoluzionaria della bettola, capo di quella piccola parte della rivoluzione, se di capo si potesse parlare, quando si ha a che fare con cittadini che lottano per l’uguaglianza.
Enjolras dunque, la fronte madida di sudore e i ricci solitamente domati, ma in quel momento parecchio ribelli, assistette impassibile alla scena dettata dall’ubriacatura di Grantaire, lasciando trapelare momentaneamente il proprio disgusto per tale presenza a causa di un’effimera smorfia comparsa sull’angelico viso che, se non fosse stato oggetto di attenzione, non avremmo di certo notato.

L’ambiente era in subbuglio, l’avvento di un giovane bonapartista aveva portato una ventata di  novità all’interno dell’ambiente, e le sagge parole di Enjolras risuonavano ancora nell’aria, quanto il potente “Mia madre è la repubblica” con cui il giovane aveva annichilito tale bonapartista – che di nome faceva Marius – nonostante fossero ormai trascorse ore.
Enjolras si voltò, misurando a grandi passi la stanza in tutta la sua lunghezza.
Si fermò, era giunto ormai vicino a Grantaire.
Portò una mano al mento, tentando di nascondere la smorfia che veniva a crearsi sul suo volto a causa del disgusto per il forte puzzo di alcol. Sospirò, con quell’aria grave che faceva parere il più banale dei sospiri il più sofferto dei ragionamenti. Riprese a camminare, portandosi dal lato opposto della sala, verso le scale. Si volse per l’ultima volta, scorgendo rapidamente Courfeyrac che gesticolava, discutendo animatamente con Bahorel. Nello scendere le scale scricchiolanti chinò rispettosamente il capo di fronte alla vedova Hucheloup, ed uscì rapidamente dalla locanda.

Appena gli stivali toccarono il selciato di Parigi e l’aria rarefatta della città gli inondò la gola, sul volto di Enjolras si dipinse un’espressione tendente alla beatitudine, per quanto il suo volto di perfetto marmo potesse subire variazioni.

Chiuse gli occhi, quando alle sue spalle avvertì un leggero scricchiolio.
   
 
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