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Autore: imperfectjosie    07/03/2013    3 recensioni
Premo per l'ennesima volta il tasto "Rifiuta" sul cellulare. Vorrei che la smettessi di chiamarmi, vorrei finirla di leggere il nome "Troia" sul display di questo dannato Nokia.
|Ciccio/Miranda/Tracy|
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Un medico in famiglia
Pairing: Ciccio/Miranda/Tracy
Rating: Giallo
Note: Abbandonato all'altare, Ciccio riflette. Muore solo un po', per poi ritornare a vivere.
 

Icaro.




Sono seduto ai piedi di un altare vuoto. 
La Chiesa si è svuotata, ma io resto qui. Non ho parole per definire quello che ho dentro, non sono riuscito a parlare nemmeno con mio padre, cosa che di solito mi riesce facile. Quando ero piccolo era il mio porto sicuro, e pur avendo avuto tutte le ragioni di questo mondo per arrabbiarsi, a volte anche per alzarmi le mani, non si è mai azzardato a farlo. Certo, si innervosiva, mi metteva in punizione, a volte mi faceva pure piangere. Ma sapeva che se chiedevo scusa, se mi pentivo sinceramente, se gli raccontavo tutto, sarebbe tornato ad abbracciarmi e a dirmi che le cose si sarebbero sistemate. Perchè per lui la fudicia era tutto. E lo è ancora adesso, lo so. Ma io non me la sento. Gli ho chiesto di lasciarmi solo, di fare andare tutti a casa. Voglio stare qui, dove il velo bianco di Miranda, sparso sul pavimento, mi ricorda bene quanto sono stato stupido. 
 
Cerco un po' di coraggio, mentre ti guardo da quaggiù. Mi scaldi tu.
 Splendi e mi illumini, ma lacrime di pagliaccio 
bruciano lente il volto di noi uomini, deboli e stupidi. 
Spiegai ali di cera per arrivare a lei. A lei. Dove l'aria è più leggera e amare rende Dei.
 


Perchè sono sempre stato da solo in questa storia, vero Miranda?
Tu dicevi tante belle cose, tu parlavi di sogni, di ambizioni. E io mi sono rimboccato le maniche per riuscire a renderti felice. Ho messo in piedi le fondamenta del nostro futuro da solo e con le tue chiacchiere. Se solo avessi aperto gli occhi prima. Se solo avessi dato retta a Maria, quando di nascosto mi parlava, mi diceva che qualcosa non andava, che tu non avevi lo stesso entusiasmo che avevo io, che non ci mettevi passione, non c'era niente di vagamente stabile in ciò che dicevi. Però io non le credevo. Continuavo a ripeterle quanto eri speciale, quanto eri innamorata di me e quanto saremmo stati felici all'agriturismo. Io e te. 
Stupido, Ciccio. 
E queste due parole hanno la voce di mia sorella.
 
Non rinunciare mai, apri le ali e vai, 
non è l'ultima volta che cadrai, ma ti alzerai.
Vedrai la troverai e allora volerai; oh, Icaro.
 

Con il piede destro scosto il velo dal pavimento, cerco di spostarlo lontano, dove dovrebbe fare meno male. Del tutto inutile. Qualcuno bussa al portone della Chiesa.
<< Ciccio. >>
Sollevo gli occhi distrattamente. Chi è? E perchè è qui? Cosa delle parole "Voglio stare da solo" la famiglia Martini non ha capito? Ho gli occhi rossi. Sono stanco, ma cerco di mascherarlo come meglio mi riesce. Perchè un uomo non deve cadere. Perchè non posso permettere che qualcuno mi veda in questo stato. La luce del giorno mi acceca un po', ma dopo svariati secondi riesco a mettere a fuoco la figuria che si staglia all'entrata della Chiesa che io e una persona che credevo di conoscere, avevamo scelto. 
E' Maria.
<< Ciccio, per favore, vieni via di lì. Ti torturi e basta. >>
<< Tu pensi che ci sia qualcosa di sbagliato in me? >> le parole mi escono quasi meccanicamente. Ho bisogno di risposte. Forse anche di un bagno caldo. Ma al momento solo di risposte. Certamente avrei bisogno di risposte da Miranda, Maria non può accontentarmi come vorrei. Ma quel discorso patetico su quanto è ancora giovane e confusa, mi ha fatto solo venire voglia di odiarla di più. Quasi quasi preferisco sentir parlare mia sorella. 
<< Ma che ti viene in mente! >> si siede accanto a me, scostandosi la coda dell'abito da damigella. Mi stringe le spalle e asciuga quella lacrima solitaria che non sono riuscito a mascherare. Sono arrabbiato. Furioso. Mi alzo di scatto, lei sussulta e si stacca violentemente. Batto le mani sulla postazione del prete che avrebbe dovuto sposarmi. E poi la diga si rompe.
Inizio a piangere davvero. Come mai nella mia vita avevo fatto fino a quel momento. 
<< Fratellino... >>
<< Vai via Maria, ti prego. >>
<< Non posso lasciarti così. Oltretutto tra poco chiudono la Chiesa, lo sai. Stasera ci sarà un funerale, devono prepararla. >> digrigno i denti con fare nervoso e mi volto a fissarla. E' diventata una donna, il palo di scopa che mi divertivo tanto a prendere in giro ha lasciato spazio ad una giovane donna, bella, ambiziosa ed elegante. Mi chiedo perchè io debba essere sempre la pecora nera della famiglia. Stranamente il fatto di essere stato piantato all'altare il giorno delle mie nozze, mi fa vergognare non per me stesso, ma per la famiglia che dovevo rappresentare quel giorno. Non sono riuscito a sposarmi. Anzi, non è esatto. Non sono riuscito a farmi sposare.
<< Me la caverò. Sto ancora pochi minuti, promesso. Poi torno a casa. Ma ora voglio stare solo, ne ho bisogno. >> sembra soppesare le mie parole. Abbassa le spalle rassegnata, poi si tira su lo scialle e dandomi un'ultima occhiata, si volta, lasciando mestamente la Chiesa. E lasciandomi solo con i miei pensieri.
 
Quante volte sfiori il Sole e rimani col cuore a pezzi, 
precipiti in un mare di dubbi sui tuoi insucessi.
Solo il Signore sa quanto male m'ha fatto l'amore, 
non ci son parole, rimane tra due persone. 
Ti trovi solo al suolo e non sai più chi sei, 
ti resta di lei solo il delay.
Ma io volerò una voce mi dice "farlo è possibile", 
non smettere di credere per me vuol dire vivere. 
 

Sarei potuto essere un uomo migliore. Forse non ti saresti spaventata. Magari saresti ancora qui. Magari, con il tempo, ti avrei fatto cambiare idea. La verità è che sento di doverti "scagionare" in qualche modo per ciò che mi hai fatto. E questo mi rende ancora più patetico. Sono qui, in una Chiesa vuota, in piedi davanti ad un altare vestito di nero, con tanto di papillon bianco, aspettando il giorno migliore della mia vita, che non è mai arrivato. Tu non sei mai arrivata fin qui, non ne avevi l'intenzione. Il cuore mi si stringe nel petto e le lacrime non accennano a fermarsi. Sono il secondo uomo della famiglia, dovrei essere in grado di controllarmi. Mio padre ha perso mia madre e io mi dispero per una stronza qualsiasi. Ah sì, sei una stronza. E sei una stronza qualsiasi. E prima riesco a ficcarmelo in testa, prima riuscirò a guarire da questa idea malata di futuro che avevo in mente con te.
Stacco le mani da questo altare e cerco di ricompormi. Non ho voglia di andare a casa, ho cinquanta euro in tasca, da qualche parte. Stanotte me la passo in un albergo. Sempre con i miei pensieri. 
 
Arrivare fin lassù non sai più che senso ha, 
ma non vuoi di certo vivere a metà.
Verrà il giorno in cui vedrai nel cielo solo lei.
E con un battito di cuore, volerai. 
 

Sono passate due settimane dal giorno delle nostre nozze. Hai provato a chiamarmi qualche volta, non ti ho mai risposto. Davvero credevi che lo avrei fatto? Per dirti cosa, esattamente? Cosa ti aspettavi ancora da me? Il mese prossimo me ne vado da Poggio Fiorito. Ho deciso di iniziare a cavalcare. Voglio fare il fantino. Voglio mettermi alla prova, voglio lasciarmi alle spalle ogni ricordo brutto, anche ogni ricordo bello, visto che fa male. Magari a cavallo funziona così. Magari l'aria che ti arriva in faccia riesce a cambiare il normale flusso dei pensieri, a disperderne alcuni. Me lo auguro tanto. Premo per l'ennesima volta il tasto "Rifiuta" sul cellulare. Vorrei che la smettessi di chiamarmi, vorrei finirla di leggere il nome "Troia" sul display di questo dannato Nokia. E vorrei placare la rabbia che sento addosso. 
 
Tutti vogliono volare, 
ma quanti sono disposti a rischiare di farsi male, cadere e ricominciare? 
Tanti si accontentano solo di camminare, 
ma tarpando le ali al cuore, che cosa si vive a fare? 
Perchè senza amare siamo angeli a metà 
a volte viene da pensare "Quello vero non esiste",
ma il cielo è pieno di stelle e di certo c'è una di quelle più belle che splende solo per me. 
Ma è coperta da qualche nuvola passeggera, 
ormai non ho più paura e resisto in questa bufera. 
Perchè noi persone dopo storie che finiscono, 
siamo proprio come tanti Icaro che dicono:
Non rinunciare mai, apri le ali e vai, 
non è l'ultima volta che cadrai, ma ti alzerai.
Vedrai la troverai e allora volerai; oh, Icaro.
 

Sono passati 6 mesi. Non conto più le culate che ho preso sull'erba e le contusioni alle caviglie. Ma non mi importa, inizio a stare bene. Sai, col senno di poi penso tu mi abbia fatto un favore. Una volta sei addirittura venuta fin qui per spiegarti, per chiedere scusa, per dirmi che ti sei sbagliata, che solo con me potevi essere felice. Impagabile è stato il tuo sguardo, quando hai sentito chiaramente che non ti amavo più. Non c'era nemmeno più un briciolo di amore in me, per la tua persona. Perchè mi davi nausea. E così mi sono preso la mia vendetta. Davvero nulla in confronto a ciò che tu avevi fatto a me, ma non importa. Perchè adesso sto bene, adesso non odio più l'amore, non sono più arrabbiato, deluso, triste. Non ce l'ho più con il mondo intero, nè più mi azzardo a mandare a fanculo mio padre. Mi stavo distruggendo per colpa tua. Anzi, stavo distruggendo le persone che mi amavano, che credevano in me. Ero caduto così a fondo, che riuscivo a raschiarne il pavimento. Ma ora sono risalito. E sto bene. Ah, come sto bene Miranda. Sapessi senza di te come respiro a pieni polmoni. Hai finito di inquinarmi l'aria, i pensieri e il cuore.
<< Ehi Ciccio! >> mi volto quasi di scatto, posando gli arnesi per la pulizia del mio cavallo.
<< Ehi. Come è andata? >>
<< Ho sempre paura, ma adesso riesco a fare qualche metro senza sentire le gambe molli come gelatine. E lo devo a te. >>
Il ricordo della cavalcata notturna mi colpisce. Sorrido compiaciuto.
<< Tu come stai? >> sembra curiosa, speranzosa forse. Non nascondo che all'inizio l'idea di aprirmi con un'altra mi sembrava una follia. A volte la trattavo male, spesso senza volerlo davvero. Lei è così diversa, così Vera. Lei profuma di donna, non di latte, biscotti e capricci.
<< Bene. >> 
Solleva il sopracciglio incuriosita. Ridacchio divertito.
<< Davvero, sto bene. Finalmente dopo tanto tempo. Come vedi anche io ti devo qualcosa! >>
Arrossisce e io sento lo strano impulso di baciarla. Penso che lo farò, magari questa notte, durante un'altra delle nostre cavalcate notturne. Mi piace quando stringe le braccia intorno alla mia vita. Forse dovrei lasciarmi andare, forse dovrei davvero. No, senza il "forse". Mi lascerò andare, perchè lo devo a me stesso.
<< Ti va di mangiare un boccone? >> 
<< Volentieri! >> Ribatto quasi immediatamente. Abbandono i ferri da lavoro sul ripiano, accanto alle briglie dei nostri amici corridori, poi la raggiungo. Distrattamente, la prendo per mano. Non si sposta, non fa nulla per evitarlo. Anzi, stringe le sue dita intorno al mio palmo con forza. Sento che sarà la volta buona. Ci avviamo verso l'uscita, non prima di spegnere le luci della stalla. Una bella pizza in Paese è quello che ci vuole. Mi volto a fissarla giusto il tempo di accorgermi che lo stava facendo pure lei. E' così carina quando si imbarazza. 
A proposito. Lei è Tracy. Ti piace, Miranda?
Spero di sì, perchè non puoi capire quanto piace a me.



END.
  
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