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Autore: Gozaru    07/03/2013    0 recensioni
[Sequel di "Dalla Centrale Elettrica, con una scossa"]
Capitolo Finale della Serie.
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Chiaki e Shinichi tornano con l'ultima avventura che li vedrà come protagonisti.
Questa volta è richiesto il loro aiuto a Cinnabar Island dove Masaru avrà bisogno di loro.
Sullo sfondo della bellissima isola a sud di Kanto verrà rivelato il passato del giovane allenatore e tutta la strada che ha dovuto percorrere. Tutte le domande avranno finalmente risposta. Ciò che è sempre stato nascosto tornerà a galla con conseguenze disastrose.
Potrebbe essere la fine...
~
[Nella storia c'è un 'Bug Temporale' -se così posso definirlo. Rispetto al Videogioco ho invertito due avvenimenti]
[Storia Sospesa]
Attualmente sto lavorando ad una riscrittura dell'intera serie. Stay Tuned!
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Cap 3 Un passato alla Cannella ~

Capitolo 3
LEGAMI


Esco per prima dalla piccola casetta. Arcanine al mio seguito con il piccolo Pichu sulla groppa: il piccolino cerca ancora di godersi gli ultimi istanti di riposo. Il sole ormai sorto da qualche ora emana forti raggi, tipici in un'isoletta del sud. Inutile dire quanto la temperatura sia diversa rispetto a casa; infatti mi stupisco di quanto possa essere piacevole il tepore del sole sulla pelle verso le dieci del mattino. Inizialmente avevo intenzione di aspettare Shinichi ma un imprevisto mi costringe ad andare avanti da sola: Yukino, alzatasi con il piede sbagliato aveva deciso di stare incollata il più possibile al mio compagno, ignorando, per fortuna i suoi pokèmon. Lasciato quindi il corvino solo in compagnia del suo Butterfree, mi incammino verso la palestra. Ritirato il cane di fuoco della sua sfera, decido di godermi appieno il paesaggio della cittadina che sembra ancora assopita, nonostante l'ora. Il tutto condito dalla pressante sensazione di un dettaglio, anche minimo, fuori posto.
Non ci metto molto a raggiungere la palestra, cercando comunque di cancellare le sonore figure di palta fatte con gli abitanti dell'isola a cui sono stata costretta a chiedere informazioni dopo aver perso svariate volte la strada. Riportata al Centro Pokèmon riesco ad orientarmi sicuramente meglio. Intravedo di già il tetto dell'edificio verso cui mi sto dirigendo quando un verso acuto e minaccioso attira la mia attenzione alle mie spalle. Mi giro, di scatto, evitando un profondo assalto di un Pidgeot impazzito. Lo vedo volare velocemente sopra la mia testa, verso l'immensità del cielo. Il mio cuore, salito in gola per lo spavento, non accenna a calmarsi. Sperando, ovviamente, che la vicenda sia finita, mi concedo due secondi per ansimare come un'asmatica. Abbasso lo sguardo mentre il piccolo Pichu che prima tenevo sulla spalla mi sale sulla testa dandomi delle piccole pacche sul capo cercando di rassicurarmi anche con i suoi buffi e infantili versetti. Cerco di ridacchiare per sdrammatizzare la situazione quando, ancora, il pokèmon volante torna alla carica, questa volta più velocemente e subdolamente di prima. Avverto solo l'aria che in blocco viene spostata, creando una potente corrente che quasi mi sbatte a terra e l'urlo straziante del mio piccolo topino elettrico. Un dolore acuto si fa largo dalla schiena fino al cervello ma lo ricaccio indietro. Rialzo lo sguardo verso il cielo vedendo il mio pokèmon tra gli artigli della bestiaccia.
«Pichu!» grido sperando che stia bene. In quel momento un ragazzo dalla barbetta incolta e gli abiti trasandati sotto ad un perfetto camice bianco, mi raggiunge. «Stai bene?» mi chiede, per poi cercare di scusarsi «Scusa, quel Pidgeot mi è scappato... Sembra impazzito! Non so che fare!». Tra la sua raffica di parole non riesco a capire altro. Poco basta per non lasciare che la mia furia s'abbatta tutta su di lui. Ma ha comunque preso il mio pokèmon e non può passarla liscia. Mi sento quasi impotente, pensando che nessun pokèmon della mia squadra può volare. Guardo inorridita la scena mentre le mie pupille si muovono velocemente da una parte all'altra e la sagoma del pokèmon si allontana. Poi, il colpo di genio. Che stupida! Nessun mio pokèmon, nemmeno Gengar può librarsi nell'aria. Ma Charizard può. Afferro la sua pokèball più rapidamente possibile mentre una traccia di speranza e risolutezza si dipinge sul mio volto. Con un bagliore rosso fa la sua comparsa il grande drago rosso che, ancora prima di sentire le mi indicazioni e suppliche, mi fa segno di salire sulla sua groppa. Due battiti delle sue possenti ali ed ecco che mi ritrovo ad un paio di metri dal suolo, verso le urla del mio fedele compagno e lasciandomi alle spalle le parole sconnesse del giovane che tenta di trovare un nesso logico in tutta quella situazione. «Oddio! Oddio, non ucciderlo! È un pokèmon delle consegne Espress!» mi grida cercando di dissuadermi. Leggermente irritata per il nuovo ma non insignificante dettaglio, gli faccio un gesto con la mano per fargli capire che ho ricevuto il messaggio. Solo allora Charizard aumenta la velocità verso il volatile che, grazie al cielo, ama tanto l'isola da sorvolarla abbastanza a lungo da permettermi di raggiungerlo. «Lanciafiamme!» tento di gridare. La mia voce esce più roca del previsto a causa dell'altezza ma abbastanza comprensibile da trasmettere il messaggio. Una scia di fuoco esce dalla bocca del drago andando a colpire un'ala del dannato pennuto. Pichu, tra le sue zampe, sembra terrorizzato. Resisti, prego nella speranza che lui possa recepire il mio messaggio. Lo guardo negli occhi e ricevo il suo sguardo, rassicurato. Gli sorrido, facendogli intendere che sarebbe andato tutto bene. Appena un secondo prima di vederlo scomparire. Con l'ala danneggiata, il Pidgeot non riesce più a volare, cadendo in picchiata verso le stradine dell'isola. Sotto di noi, il Centro Pokèmon e un'imminente catastrofe. No... No, No, NO! «Charizard!» supplico «Dobbiamo prenderlo!» senza contare che Pichu è ancora tra i suoi artigli, più serrati che mai. Mi stringo forte al collo e al corpo del drago che, senza aspettare un secondo di più, si butta in picchiata. Chiudo gli occhi per la pressione dell'aria che mi sferza la faccia. La sento sulla pelle e tra i capelli, impaurita che possano venirmi strappati con violenza. Un tuffo al cuore, una bolla d'aria che dalla pancia risale in gola facendomi venire quasi un infarto; come se il vuoto, per un attimo, mi avesse invasa. E poi il nulla, la calma. Sento i versi del mio topino che scoppia a piangere. Charizard che, pian piano, muove le ali, probabilmente per atterrare. Le voci delle persone si fanno più forti e festose. Apro gli occhi in un impeto di coraggio. Attorno al giovane dal camice bianco è apparsa altra gente tra cui l'infermiera del Centro, l'allenatore del giorno prima e molti altri accompagnati dai loro pokèmon. Il Pidgeot viene adagiato a terra, dolorante, e subito l'infermiera si prodiga per il benessere di una creatura che, a detta mia, non lo meriterebbe affatto. Libera, però, Pichu che corre da me in lacrime. Scendo, con le gambe tremanti dal drago e inginocchiandomi a terra, accolgo tra le mie braccia il mio compagno ormai salvo. Un applauso scrosciante si anima dalla folla in visibilio come se fosse stato appena compiuto un miracolo. Mi godo il dolce tepore del mio giallo amico quand'ecco che tutta la pace che nel mio cuore si sta facendo largo viene spezzata. Ancora una piccola fitta sulla schiena e un urlettino non molto virile seguito dalla voce ormai familiare che, scandendo ogni sillaba mi dice che sono ferita. Tre graffi abbastanza profondi ma non letali che mi hanno anche squarciato la maglietta. Perfetto, penso, era una delle mie preferite, sminuendo totalmente la gravità di un qualcosa che potrebbe rivelarsi più serio.
Fortunatamente, una semplicissima medicazione basta e avanza ma nulla si può fare per il mio abbigliamento e di tornare a casa per far preoccupare Shinichi non ci penso nemmeno. Saputa la mia meta, il giovane mi presta il suo camice, presentandosi come uno degli assistenti del capopalestra nel suo laboratorio pokèmon. Mi chiede, anche di riferire al suo capo l'accaduto e che lui sarebbe rimasto al centro aspettando notizie sul pokèmon volante ricoverato per ustioni gravi.
Quando esco dal grande edificio dalla porta a vetri scorrevole, la folla accalcatasi prima è ormai dispersa, ognuno preso dalle sue faccende personali. Senza più pokèmon liberi ma ognuno al sicuro nella sua sfera, Pichu compreso, soprattutto dopo il breve check-up completo al centro, mi dirigo alla palestra, sperando vivamente di non rivivere niente di così adrenalinico. Non ci metto molto a raggiungerla, senza intoppi.
Vengo subito accolta da un altro ragazzo che mi stava aspettando. Mi fa i suoi complimenti per il salvataggio del Pidgeot in picchiata, ignorando totalmente il mio scarso aiuto nella vicenda. E mentre, anche lui continua a parlare, mi fa passare attraverso corridoi così puliti che potrei specchiarmi nel pavimento spiegandomi, tra frasi dette a casaccio, le varie funzioni delle stanza oltre le porte. L'ufficio del capopalestra, fortunatamente, è molto vicino alla porta d'entrata. Il giovane bussa alla porta, mi annuncia e, ancora prima che la porta venga aperta, mi saluta con un piccolo inchino e se ne va, tornando al suo impegnatissimo lavoro con cui mi aveva assillata in quella breve visita guidata.
Apro la porta su invito, trovandomi davanti un grosso borsone in texture militare targato in ogni sua fibra Machisu. Non che ci sia scritto ma non può essere altrimenti: lo riconoscerei tra molti, moltissimi altri. La stanza è vuota, non c'è anima viva. Un libro abbandonato sulla grande scrivania è riverso con la copertina verso il soffitto mentre le pagine, spaccate quasi precisamente a metà, sono a stretto contatto con la superficie di legno. Un'altra pila di grossi tomi spunta da dietro al borsone. Mi avvicino. Che ci fanno degli effetti personali di Machisu in questo posto? Tendo la mano verso il borsone quando una voce mi chiama alle mie spalle. 
«Puoi cambiarti se vuoi». Mi giro di scatto e sulla porta vedo il capopalestra, Katsura, che mi sorride. Viene verso di me con fare pacato facendomi le sue scuse per l'accaduto. Niente complimenti? Meno male. «È stato quel pokèmon a portare il borsone». Lo guardo, poi guardo il motivo militare a me tanto familiare. «Cambiarmi?» chiedo confusa. Inclino la testa e aggrotto le sopracciglia. Lui annuisce puntando l'indice contro di me. «La schiena» fa un movimento circolare con il dito «Sei ferita e hai la maglia strappata». Oh! rispondo. L'adrenalina che ancora mi scorre in corpo ha probabilmente inibito il dolore e il ricordo delle medicazione quasi mi era passato di mente. «C'è un bagno?».
Guardo la maglia e gli squarci che ormai l'hanno rovinata. Accanto a me il borsone di Machisu. Lo apro, chinandomi su di esso. Come previsto ci sono i suoi vestiti dentro e qualche altro oggetto che non avrà avuto voglia di portarsi dietro. Ne tiro fuori una maglia bianca senza maniche che subito indosso. Anche senza specchio mi sento molto ridicola con la stoffa monocroma e candida che quasi nasconde i pantaloncini. Eppure mi sento molto meglio, come se fossi al sicuro tra le braccia del mio capopalestra. Non contenta indosso anche una delle sue giacche mimetiche. Risvolto le maniche fino a che non mi trovo a mio agio. Dal fondo della borsa fanno la loro comparsa un paio di accessori che mi appartengono, stretti attorno ad un paio di magliette. Sorrido pensando a quanto sia stato carino nel pensare anche a me. Sono oggettini di uso pratico e quasi ignorati nella vita quotidiana tanto che me li sono dimenticata a casa. Prendo un elastico per capelli decidendo di farmi una coda, alta. Sento i capelli solleticarmi il collo mentre tento di rinchiuderli in una capigliatura non del tutto mia. Anche se sono pronta mi prendo qualche secondo di pausa da tutta quella vicenda pressante. Machisu è la mia famiglia, la mia casa. La persona giusta con cui staccare. Prendo un suo indumento a caso e ci ficco il viso. Inspiro profondamente lasciando che il suo profumo mi pervada i polmoni. Sapone e vecchi ricordi. Ringrazio profondamente che li abbia lavati prima di mandarli. E il mancato odore di sudore mi riporta immancabilmente a Masaru. Tutta questa nostalgia da casa... Gli uomini della mia vita così lontani da me. Sì, c'è Shinichi ma lui è diverso. Come spiegarlo? Lui è tutto ciò che ho adesso ma non può certo oscurare il mio passato. Essere importante adesso non annebbia il passato. Non potrà mai essere come Machisu che mi ha presa con se quando non avevo nessun altro, che mi ha cresciuta come se fossi una sorella minore facendomi sentire una persona importante; non potrà mai essere come Masaru che mi ha sempre soccorsa quando cadevo a terra con il naso sanguinante o le labbra spaccate da uno dei suoi pugni.
Una lacrima mi scende. S'impiglia tra le ciglia ma viene subito rubata dalla maglia di Machisu. Anche se lontano, chissà come trova sempre il modo di consolarmi.
Rimetto la maglia al suo posto, chiudo il borsone e esco dal piccolo bagno in cui ho passato abbastanza tempo rinchiusa nella mia nostalgia e nella paura di star sprecando il mio tempo. Una finestra da sul grande vulcano dell'isola. Grande, imponente. Solo allora mi rendo conto che è lui che emana quella strana sensazione. Ancora non riesco a descriverla a parole ma l'impressione che ho è di una grande parabolica che anziché raccogliere i raggi fa sì che vengano espansi. Una cupola avvolge tutta l'isola; un getto di strane vibrazioni che scende su tutta l'isola come il getto di una fontana. E io ci sono dentro completamente.
Prima che possa accorgermene, il mio intero corpo comincia a tremare.


Shinichi sfonda praticamente la porta della palestra. Entra urlando il mio nome. Quando mi giro per guardarlo nemmeno mi rendo conto di averlo già addosso. Le sue braccia si stringono attorno alle mie spalle e il suo respiro si fonde col mio, contro il mio collo.
«Ho saputo di un Pidgeot impazzito ma era troppo tardi» mi sussurra, la voce rotta dagli ansimi della corsa a causa della quale il suo intero corpo ancora trema. Davanti ai miei occhi sgranati svolazza il Butterfree dai grandi occhi preoccupati. Mi ritrovo a sorridere e a stringere il ragazzo a me mentre gli sussurro che sto bene. Katsura, non lontano da noi, si schiarisce la voce per attirare la nostra attenzione.
«Stavo dicendo alla ragazza che prima di dirvi qualcosa vorrei testare le vostre capacità». Annuisco ricordando il discorso appena interrotto. Il viso di Shinichi si corruccia in una smorfia piuttosto contrariata. «Perché?». Ovviamente la sua reazione è più che comprensibile, molto simile alla mia avuta molto prima del suo arrivo. Quasi si stupisce non capendo perchè sia l'unico adirato in quella stanza, tecnici e aiutanti inclusi. Sussurro il suo nome facendolo calmare. Tento di appoggiargli una mano sulla spalla ma la spazza via prima del contatto. «Lui potrebbe essere là fuori in pericolo!» quasi grida, facendo un passo avanti. Katsura, completamente calmo, lo guardo impassibile. «E tu vorresti fare la sua stessa fine?» il tono duro, distaccato come un padre che fa una ramanzina. Shinichi, colto alla sprovvista, si ritrova a riuscire solo a guardare torvo quella figura enigmatica. «Bene» conclude l'uomo. Dandoci le spalle si dirige verso il lato corto del campo disegnato a terra, il posto del capopalestra. Tsk! Shinichi si allontana, visibilmente irritato. Non posso far altro che seguirlo. Però non riesco a trattenere un leggero sorriso. In fondo quella è una dimostrazione chiara di quanto tenga a Masaru, anche se forse è solo un riflesso sull'amico d'infanzia della ragazza che ama. Ama. Che stupidi pensieri mi metto a fare in un luogo del genere? Tento di nascondere il rossore quando prendo posto nell'area degli sfidanti. Quante volte mi sono ritrovata da questo lato contro Machisu?
Shinichi mi stringe la mano. Lo batteremo, mi sussurra con lo sguardo fisso sull'avversario. Incastro le mie dita tra le sue. Ci penso io, rispondo facendo un passo avanti, forte anche della sua squadra di pokèmon. Giro la testa, incrociando il suo sguardo sorpreso. Gli sorrido rassicurante e lui subito risponde fiducioso. Fa un passo avanti, raggiungendo il mio fianco. 
«Questo cambio» comincia «ha a che fare con l'abbigliamento?». Il viso dall'espressione compiaciuta rivolto ancora davanti a se. «E se fosse?». Scuote leggermente la testa. «Sei bellissima comunque».
«Mi dispiace!» grida al capopalestra «ma avremo quelle informazioni anche a costo di passare sul tuo cadavere!». Così risoluto, così energico ma anche così stupido. Scoppio a ridere e così anche l'uomo davanti a noi. «Shinichi» lo rimprovero tra le risate. Nella mia mano sinistra, quella libera dalla stretta del ragazzo, si espande una sfera pokè. 
«Se dovessimo ucciderlo non sapremmo mai dov'è Masaru, non credi?».







Aaaaargh! Chiedo venia per il terribile ritardo! Ma ormai sapete come sono fatta, no? Non stupitevi e, anzi, rallegratevi per il nuovo capitolo!
Più Masaru, più Machisu e un po' meno Shinichi ma, ahimè, la storia sarà sugli uomini che gravitano attorno alla ragazzina dai capelli rossi!
Fatemi sapere la vostra opinione, mi raccomando!
E un grazie speciale a chi ancora mi segue!
  
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