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Autore: Morwen_Eledhwen    07/03/2013    6 recensioni
E se le cose fossero andate diversamente?
Storia ambientata durante e dopo la battaglia alla barricata, con un nuovo personaggio (che, diciamolo, ha una pesante cotta per Enjolras): Angèle, che si reca alla barricata in cerca di Éponine.
Gli si avvicinò e quella fastidiosa sensazione di inferiorità si impossessò di lei come tutte le volte in cui aveva assistito ai suoi pedanti comizi: si sentiva inutile in quella rivoluzione, inutile per il popolo francese, inutile per il povero Gavroche. Enjolras, invece, pareva un angelo portatore di salvezza.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Enjolras, Grantaire, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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V. Every Word That He Says Is a Dagger in Me



Enjolras era un giovane graziosissimo, capace d'essere terribile, angelicamente bello: era Antinoo, sdegnoso.
[...]
Serio, pareva ignorasse l'esistenza sulla terra d'un essere che si chiamava la donna.
[...]
Disgraziato l'amorazzo che si fosse arrischiato ad avvicinarglisi! Se qualche sartina di piazza Cambrai o di via San Giovanni di Beauvais, vedendo quella figurina di ragazzo scappato da scuola, quel portamento da paggio, le lunghe ciglia bionde, gli occhi celesti, la capigliatura al vento, quelle guance rosee, le labbra fresche e quei denti bellissimi, avesse provato il desiderio di quella aurora e cercato di far prove della sua beltà su Enjolras, uno sguardo stupito e terribile le avrebbe bruscamente mostrato l'abisso e insegnato a non confondere col galante cherubino di Beaumarchais il tremendo cherubino d'Ezechiele.
 

Victor Hugo, I miserabili


 
 




Dopo alcune ore, durante le quali Enjolras pareva dormire come un bambino, Grantaire riapparve per dare il cambio ad Angèle e lei poté andare a riposare nell’altra stanza. Si addormentò nell’istante esatto in cui la sua testa toccò il cuscino del letto sul quale Grantaire aveva dormito fino a poco prima. Madame de Lamartine aveva, naturalmente, fatto portare nella stanza anche un vecchio materasso logoro, cosicché entrambi i giovani potessero riposare, ma non lo utilizzarono, o almeno non ancora, perché ritenevano più opportuno che vi fosse sempre qualcuno al fianco di Enjolras.
Quando si risvegliò, era già tarda mattinata. Anzi, doveva essere quasi mezzogiorno.
Balzò in piedi, sentendosi in colpa per aver lasciato Grantaire ad occuparsi di Enjolras per tutto quel tempo senza avergli dato il cambio, e si precipitò nell’altra stanza. Quando spinse la porta, per poco non sbatté contro Monsieur Pauvert. Il medico si scansò per farla passare, alzò il cappello in segno di saluto e se ne andò senza dire una parola.
Angèle aprì bocca per riempire Grantaire di domande, ma lui la fermò portandosi un dito alle labbra e facendo un cenno con la testa in direzione di Enjolras. Allora lei volse lo sguardo verso il letto e notò che il ragazzo dormiva, o almeno così pareva, con il viso rivolto verso la parete e quindi non completamente visibile.
Grantaire si alzò dalla sedia e spinse Angèle fuori dalla stanza, richiudendo la porta dietro di sè.
«Allora?», chiese Angèle in un sussurro che rimbombò lo stesso lungo la tromba delle scale.
«Gli ha cambiato le bende».
«Tutto bene?»
«C’è una piccola infezione nella ferita, ma gliel’ha disinfettata e ci ha messo sopra una qualche sostanza, non so di preciso. Poi gli ha anche dato qualcosa per farlo dormire e sentire meno dolore... Ora non resta altro da fare che attendere», disse Grantaire in tono grave.
Angèle impallidì.
«È grave? Cosa gli succederà?», chiese con voce tremante.
«Calmati, ha detto piccola infezione», la rassicurò posando le mani sulle braccia della ragazza.
Angèle annuì mestamente, puntando lo sguardo verso il pavimento.
Grantaire ci mise un po’ di tempo prima di lasciare la presa, poi incrociò le braccia appoggiando la schiena al muro.
«Dimmi una cosa».
Angèle alzò lo sguardo e vide i propri occhi riflessi in quelli di Grantaire.
«Cosa?», gli chiese.
«Ti piace, non è vero?».
«Eh? Chi? Cosa?», balbettò lei visibilmente imbarazzata.
«Lo sai benissimo chi», le rispose lui in tono divertito.
«No davvero! Chi? Enjolras?», chiese lei fingendo stupore e tentando di mantere un atteggiamento tranquillo, ma senza riuscirci.
«Proprio lui».
«Ma sei matto? Cosa ti salta in mente?».
Grantaire ridacchiò.
«E allora perché sei rossa come l’ultima striscia della bandiera francese?».
«Io? Non...non lo so», balbettò imbarazzata.
«E va bene, la smetterò di fare domande inopportune», le disse sorridendo, poi tornò serio. «Sappi solo che lui è... diverso»
«Diverso?»
«Pare che non gli interessino le donne, o almeno questo è quello che vuole far credere»
«Vuoi dire che gli interessano gli uomini?», chiese Angèle sgranando gli occhi.
«No, no, non dico questo», rispose Grantaire con una risata cristallina, «è che c’è poco altro che gli interessi al di fuori della repubblica, la libertà e tutte queste cose»
Angèle non disse nulla.
«Insomma, non saresti la prima ad illuderti per nulla. Comunque adesso puoi stare tu con lui, se vuoi».
«Non è che voglio!», esclamò imbarazzata.
«Se vuoi possiamo stare con lui tutti e due».
«Buona idea».
Così passarono il pomeriggio in silenzio a leggere i libri di Madame de Lamartine, tutti e due seduti sul pavimento, ai piedi del letto su cui giaceva Enjolras, il quale dormì per tutto il pomeriggio.
Alla sera Madame de Lamartine portò loro qualcosa da mangiare e i due divorarono tutto velocemente e con gusto, quasi fosse la cena più sontuosa che un re potesse offrire, poiché non mangiavano da due giorni. Quando non rimase nulla se non alcune briciole di pane, i due iniziarono a chiacchierare sottovoce, raccontando a turno qualcosa di se stessi. Grantaire le parlò dei suoi pomeriggi nei caffé di Parigi, delle sue partite a biliardo, delle sue dormite durante le lezioni all’università e di tutte quelle che chiamò “le sue ammiratrici”. Angèle dovette più volte portarsi una mano alla bocca per non svegliare Enjolras con le sue risatine. Si rese conto che, nonostante gli orribili eventi accaduti alla barricata, Grantaire non aveva perso la sua giovialità.

«Grantaire?».
I due balzarono in piedi.
«Sì? Enjolras, stai bene? Come ti senti?», chiese Grantaire allarmato.
«Sto morendo di sete»
Grantaire afferrò la caraffa che Madame de Lamartine aveva portato insieme alla cena e riempì il suo bicchiere fino all’orlo, prima di porgerlo all’amico.
«Sembra che tu stia meglio»
«Mi avranno rinvigorito le sciocchezze che stavi raccontando»
Grantaire scoppiò a ridere.
«Ma allora eri sveglio!»
I due iniziarono a chiacchierare e ad Angèle parve che Enjolras si fosse davvero ripreso, ma questo non la rendeva felice. Rimase tutto il tempo in silenzio, mentre i due parlavano tra loro dell’università e della barricata, con una sgradevole sensazione nello stomaco: si sentiva lasciata in disparte, una nullità agli occhi di Enjolras, e si rimproverava per essersi invaghita di quell’angelo dal cuore di marmo come una ragazzina di tredici anni alla sua prima cotta.
«...e se non fosse stato per Angèle ora saremmo nella tomba».
Queste parole, pronunciate da Grantaire, la riportarono alla realtà, risvegliandola da quel turbinio di pensieri.
Angèle alzò lo sguardo: Grantaire la stava fissando con un sorriso, ma Enjolras, seduto con la schiena appoggiata al cuscino che l'amico gli aveva sistemato contro la spalliera del letto, aveva lo sguardo puntato dall’altra parte, verso la finestra, e rimaneva in silenzio.
«Ma la rivoluzione ha fallito», dichiarò gravemente.
Era tutto ciò che aveva da dire? Nemmeno un misero “grazie” a lei che l’aveva salvato, gli aveva dato la sua stanza, il suo letto, e l’aveva fatto curare da un medico che non avrebbe nemmeno saputo come pagare?
Fu in quel momento che le tornarono in mente le parole che una volta Éponine aveva pronunciato riferendosi a Marius: ogni parola che dice è un pugnale che mi trafigge.
Rimase in silenzio per alcuni minuti, senza ascoltare Grantaire che riprendeva a parlare, poi voltò le spalle ai due ragazzi e se ne andò nell’altra stanza.

  
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