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Autore: CassandraBlackZone    07/03/2013    3 recensioni
«Noioso.»
«Che?»
«I freni. Li hai tolti.»
Asia si girò verso la consolle e sbottò un sorriso. «Be’… si cambia.»
Senza girarsi, la siluriana soffocò una risata, salutò con una mano e chiuse la porta sempre dando le spalle. Di nuovo, Asia girò intorno agli innumerevoli comandi della macchina del tempo e in pochi secondi era già all’interno del vortice del tempo. Con una mano sfiorò la leva dei freni. «Dici… noioso?» con fare nostalgico, la ragazza camminò tra i corridoi del TARDIS giusto per aspettare che il suo ospite si svegliasse. Quell’ora la passò a pensare al passato.
Genere: Fluff, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 1, Doctor - 11, Nuovo personaggio, River Song
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Mentre Asia preparava del tè in cucina, Matt se ne stette da solo a giocherellare nella sala da pranzo con una forchetta, riducendo in poltiglia una fetta di torta al cioccolato. Milioni di domande gli rimbombavano nella testa, così anche le parole del giovane alieno: fa che io ricordi, Dottore! Io non devo dimenticare! Che cosa volevano dire quelle parole? Perché lo chiamava Dottore? Che cosa non doveva dimenticare? «Dimenticare…»
«Quella torta va mangiata. E non usata come plastilina da modellare» Il giovane attore alzò la testa del piatto, mentre Asia posava due delicate tazze di porcellana sul tavolo e si sedette vicino a lui. La ragazza si portò una tazza sotto il naso, lasciando che il dolce profumo del tè riempisse le sue narici. «Non c’è niente di meglio di una buona tazza di tè. Una calda infusione di radicali liberi e tannino. Ecco cosa ci vuole per oliare le sinapsi.»
Matt sorrise prendendo anche lui la tazza, e cominciò a bere il tè a piccoli sorsi. Aveva ragione: ci voleva proprio. «Grazie.»
«Ehi, non starai mica pensando al giovane Nitan?» l’uomo si nascose affondando la faccia nella tazza. Sperava davvero di non parlarne. «Senti… non devi badare a quello che hai sentito. Era sotto shock e…»
«Perché sono qui?» chiese lui diretto. Asia tacque subito abbassando gli occhi. Nervosamente, ticchettò sul bordo della tazza con un’unghia. «Anche Vastra ha avuto la tua stessa reazione. In più, ha aggiunto diverse cose.»
«Di che tipo?» domandò lei preoccupata.
«Che io non sono il Dottore.»
Asia fece per aprire bocca, ma tutto ciò che uscì fu: «Ascolta, Matt…»
«È ovvio che io non lo sia! So di essere solo un attore che lo interpreta, ma non mi è possibile credere che… Io mi senta uno schifo, ecco.» Eccola. Di nuovo quella bruttissima sensazione allo stomaco: un misto di frustrazione e rabbia, ma ciò che lo fece infuriare di più era che pur sapendo la verità non voleva crederci. Se c’era qualcosa di più, lo voleva sapere e subito.
Asia si girò verso Matt. Quest’ultimo si voltò per evitarla. «So che magari tu ti senta un po’ confuso, ma ti giuro che Vastra lo ha detto perché… gli manca il Dottore.» Matt ritornò a guardare la ragazza. «Non posso sapere che cosa ti ha detto quando non c’ero. Ma non devi darci troppo peso. Ok?»
Asia prese ad accarezzare una mano di Matt. Il giovane attore sembrò tranquillizzarsi. «Scusa… forse sono io che… non lo so…»
«Sei solo stanco. Dopotutto hai bevuto almeno una ventina di tazze di caffè, dovevi sbollire tutta la caffeina.»
Entrambi sghignazzarono all’unisono dimenticando la storia delle domande per passare ad un argomento più tranquillo, ma lui per un momento ripensò alla piccola chiacchierata con la siluriana: non sapeva se dirle del confronto fatto dalla donna e chiederle se davvero assomigliasse così tanto al Dottore, ma alla fine preferì scacciare quel pensiero e passò oltre. «Dimmi una cosa. Prima hai detto che… Nitano 723 è un pianeta nato quattro anni fa, ma quel ragazzo sembrava avere poco più della tua età. Me lo spieghi?»
«Sì, è nato quattro anni fa, ma il ciclo vitale di quel pianeta e dei suoi abitanti sono molto veloci. Due anni fa Nitano 723 era pieno di piccoli villaggi nomadi ma ora ci sono metropoli, anche se però le loro armi sono ancora composte da soli archi e frecce laser.»
«Solo» disse Matt ironico.
«Be’, da queste parti sono considerate primitive.»
«Quindi… se il loro processo di urbanizzazione è così celere, allora lo è pure l’età. Come i cani!»
«Se parli di quelli della tua dimensione, allora no.»
Matt inarcò un sopracciglio mentre Asia gli rispose con l’occhiolino. «Vastra ha detto che mi dovresti riaccompagnare a casa. Nella mia dimensione.» aggiunse lui.
«Oh, be’… per quello…» Asia si grattò nervosamente la nuca.
«Matt aggrottò le sopracciglia dubbioso. «C’è… qualche problema?»
«In effetti sì. A dir la verità il TARDIS in questo momento è in fase di manutenzione. Ho installato un programma in modo tale che in caso l’energia scarseggiasse, si arrestasse per un po’ di tempo.»
«Oh capisco.»
«Non appena sarà pronto, stai tranquillo che ti riporterò a casa.»
Jenny entrò nella sala da pranzo con i vestiti sporchi di sangue e terra rossa dell’alieno. Matt e Asia alzarono lo sguardo fissandola preoccupati: la donna sorrise ad entrambi. «Il Nitan si è svegliato. Se volete potete parlargli. Io sono nei sotterranei con Vastra, Asia»
«D’accordo.»
Fatto un leggero inchino la giovane donna si diresse verso le scale che portavano ai sotterranei.
«Caspita. Avete anche dei laboratori» disse sorpreso Matt
«Sì, nei sotterranei. Ma bando alle ciance! Andiamo a salutare il Nitan!» la ragazza prese per mano il giovane attore e salirono correndo le scale del secondo piano. Aperta la porta, videro un alieno blu in pigiama sorridente e ben riposato sul letto: entrambi si avvicinarono al letto.
«Ciao! Grazie mille per avermi salvato! Sono davvero in debito con voi! La zuppa era buonissima, anche se non sapevo che cosa c’era dentro e…»
«Ehi, buono buono!» Asia fermò subito la parlantina dell’alieno soffocando una risata. «Abbiamo tutto il tempo per parlare, ok? Innanzitutto, io mi chiamo Asia e questo è il mio amico Matt.»
«Salve! Il mio nome è Anciar! Piacere di conoscervi!» Il giovane Nitan salutò prima Asia stringendole la mano. Trovatosi davanti Matt il sorriso scomparve: l’uomo si sentì un po’ imbarazzato. Quasi non riusciva neanche a guardarlo in faccia. Rivedere quelle lacrime che erano rivolte a lui circa un’ora fa proprio non ci teneva.
«Ecco…. Io»
«Lo sa, signore. I suoi occhi sono stupendi!» il Nitan allungò le braccia a Matt per abbracciarlo. L’umano ricambiò un po’ confuso e stupito. «Be’… grazie»
«Nel mio pianeta non passano molti esseri umani. Anche se a dirla tutta io sono nato solo un mese fa.»
«Un … un mese fa?!»
«Già. Forte, vero? Io compirò venticinque anni fra una settimana, adesso ne ho diciassette e…» Asia zittì di nuovo l’alieno tappandogli la bocca con un dito. «Ok. Adesso stai un po’ esagerando. Non credi?»
Anciar sorrisei imbarazzato. «Sì, mi scusi.»
«Vastra e Jenny, le donne che ti hanno visitato, stanno ancora cercando la tua famiglia. Stanno cercando di comunicare con il tuo pianeta. Ma pare che nessuno risponda, però non ti preoccupare! Ci riproveranno.»
Il giovane alieno abbassò lo sguardo. Si avvolse nelle lenzuola stringendole forte a sé: i suoi occhi giallo-oro tremavano dal terrore.
«Ehi. Che ti succede? Ti senti male.»
«Non c’è nessuno.»
«Come?»
Il Nitan si strinse le spalle. Le lacrime presero a scivolare lungo le sue guance, mentre lui era impassibile. «Il pianeta è disabitato.»
Inconsapevolmente Asia lo abbracciò. «Scusa, io… non lo sapevo.»
«Ci hanno invaso. Degli uomini di metallo.»
La ragazza si staccò di scatto da Anciar. «Hai detto di metallo?»
«.Sì. È stato tutto all’improvviso. Hanno cominciato ad invaderci due giorni fa e…» la voce di Anciar venne strozzata da una serie di singhiozzii, poi si lasciò a andare in un pianto disperato: le immagini terribile del fuoco, il suono straziante delle urla dei suoi coetanei, i corpi a terra inerti. Il povero Nitan tentò invano di sopprimerle. «Io spero… spero che stia bene!»
Asia baciò la fronte del ragazzo per poi abbracciarlo più forte di prima. Lasciò che le braccia del Nitan avvolgessero il suo collo e che le sue lacrime le bagnassero le spalle. In quell’enorme stanza riecheggiavano le urla strazianti di Anciar. Andrà tutto bene: fu tutto quello che la ragazza poté dire.
 
Matt uscì silenziosamente dalla stanza lasciando che Asia calmasse il povero Anciar, così giusto per aspettare camminò per i corridoi della villetta. «Caspita, sembra un museo.»
Sceso al piano terra, l’uomo si avvicinò ad una finestra ed ammirò quello stupendo scenario Ottocentesco: i classici carri con i cavalli, le donne con abiti in pizzo, gli uomini che s’inchinavano al loro passaggio, il ragazzo-dei-giornali agli angoli dei negozi e le innumerevoli case con i mattoni a vista.
Per un attimo Matt pensò ancora alla probabilità di stare sognando e giusto per precauzione si pizzicò una mano. «Ahi!» le unghie delle dita lasciarono due bei segni rossi e un lieve sensazione di bruciore. Ne era certo. Non stava peri niente dormendo: cosa che avrebbe tanto voluto. «Pazzesco…»
«Ti stupisci per poco» Asia appoggiò una mano sulla spalla di Matt che sussultò dallo spavento.
«Asia!»
«Ciao. Pensavi ad alta voce?»
«Be’, diciamo di sì… Allora? Anciar come sta?»
Asia scrollò le spalle sorridendo. «Sì, sta bene. Ora si è riaddormentato.»
«Ah, meno male.»
«Guerriero sorridente.»
«Cosa?»
«È il significato di Anciar. Ho studiato tempo fa la l’antica lingua Nitantia.»
«Caspita! C’è altro di sorprendente che dovrei sapere?»
«Be’, non per vantarmi, ma oltre a questa so altre 298 lingue. Per ora.»
«Oh, davvero fantas-… tico…»
 «Matt? Che ti succede?»
«Io... non.»
«Ehi?»
Matt all’improvviso si sentì appesantito e cadde all’indietro sotto gli occhi inaspettati di Asia che si precipitò verso di lui chiamandolo a gran voce: voce? No. Lui non sentiva più niente, quasi come se qualcuno gli avesse tappato le orecchie con del cotone e la voce della ragazza si faceva sempre più fioca. Matt ora poteva solo vedere le labbra di Asia muoversi e la preoccupazione sul suo volto mentre gli scuoteva le spalle. Presa dal panico, la ragazza lasciò l’uomo disteso a terra per correre a chiamare Vastra. D’un tratto il giovane attore sentì una voce flebile nella sua testa che man mano diventava sempre più forte: di un uomo o di una donna, questo non riusciva a capirlo, e l’unica parola che pronunciava ripetutamente era Dottore.
Asia tornò subito dopo due minuti accompagnata da Vastra e Jenny, entrambe armate con le stesse apparecchiature usate su Anciar. Non appena si avvicinarono, Matt fece per aprire bocca, ma invece di aiuto, uscì una parola che non si aspettò minimamente di pronunciare. «Dot…tore.»
Asia sgranò gli occhi. Leggendo le labbra di lei, Matt riuscì a capire la parola Cosa, che la immaginò detta con un tono interrogativo e agitato.
Di nuovo Matt provò a parlare e ancora era come se qualcun altro parlasse per lui. «Dimenticare… il … Dottore.»
Sono io questo? Ma cosa sto dicendo? Perché devo dimenticare il Dottore? CHI vuole che io mi dimentichi di lui?
«Dottore… Dottore!» Il giovane attore sentì gli occhi che li bruciavano terribilmente e le lacrime che cominciarono a scendere: il suo cuore prese a battere forte sul petto.  Avvertì improvvisamente una grande paura.
Le labbra di Asia questa volta mimarono resisti. Vastra e Jenny sbottonarono la camicia di Matt per fargli un’iniezione. Matt cominciò a sentire le forze venirgli meno, ma allo stesso tempo si sentì rilassato.
«Il… Dottore… non devo ... dimenticarlo...» Matt non riusciva più a tenere gli occhi aperti e così, lentamente, le palpebre si appesantirono sempre di più, offuscando le tre figure attorno a lui per lasciare posto al buio.
 

«Do…Dove sono? Cosa mi è successo?»
«Ma come? Sei stato tu a creare questo posto e non sai nemmeno di averlo fatto?»
Matt aprì gli occhi. Riconobbe quella voce! La voce nella sua testa, la voce che chiamava il Dottore. «Tu! Sei ancora quella voce!»
«Indovinato.»
Lui  si guardò attorno: il suo corpo sembrava galleggiare in un mare nero. Non c’era nulla sotto i suoi piedi. Fluttuava a gravità zero in quel vuoto. «Perché qui è tutto buio? Sono morto?»
«Che? Ma ti pare?! Siamo nella tua testa, razza di ottuso!»
Matt aggrottò la fronte. «La mia… testa?»
«Sì, la tua testa. Che cosa ti aspettavi? Una serie di cassetti con tutti i tuoi pensieri?»
«Se c’erano veramente…  ti avrei subito archiviato nel cestino…»
la voce rise divertito. «Devo dire che il senso dell’’umorismo non ti manca!»
«Adesso basta. Chi sei veramente?»
«Non vuoi sapere perché qui è tutto buio?»
«Perché sono svenuto. Ora rispondi.»
«Oh, non ti facevo così sveglio, ma… non è solo per questo.»
«Che cosa vuoi dire?» Matt era stanco di parlare con quella voce, anche perché ancora non riusciva a distinguerla: o era profonda come quella di un uomo o squillante come quella di una donna. Quell’alternarsi di toni lo confondevano non poco e lo irritava parecchio.
«Io sono semplicemente la tua coscienza, caro il mio Matt Smith.»
«La mia coscienza?»
«Sei lento di comprendonio? Sì, sono quella vocina che ti aiuta nel momento del bisogno.»
«Tu non mi hai aiutato per niente! Mi hai solo fatto scoppiare la testa! Dottore, Dottore, Dottore…. Perché?!»Il giovane attore non si trattenne più. Urlò a gran voce allargando le braccia guardando in alto. Era stanco di essere tollerate e impaziente: al diavolo l’adattamento, pensò lui, voglio tornare a casa.
La voce non rispose.
«Allora?! Rispondimi»
«Per te non è ancora il momento di andare.»
«Cosa?»
«Non tornerai a casa finché non ricorderai.» La coscienza divenne seria e minacciosa: ora era lei ad essere irritata da Matt che non riabbatté disorientato, che si limitò a ripetere le affermazioni della voce.
«Ricordare?»
«Matt Smith, tu non puoi dimenticare, anzi, non devi dimenticare. Ricordati.»
«Ma di chi? Del Dottore? Per quale motivo dovrei dimenticarmi?»
«Invece di continuare a chiedere, fidati delle parole della tua coscienza. Ricorda. Ricorda
 
«Ricorda…»
 Matt sentì nell’aria un profumo da donna che gli fece arricciare il naso per quanto era forte. Aperti gli occhi cercò di mettere a fuoco la figura davanti a lui che sembrava armeggiare un palmare con un pennino. Finalmente riuscì a distinguere una matassa di capelli biondi e ricci, due occhi verdi con una leggera sfumatura marrone. Il giovane attore non ci poteva credere: era River Song che accortasi del suo risveglio lo guardò intensamente negli occhi.
«River So…!» Matt non fece nemmeno in tempo a pronunciare il suo nome, che una mano lo zittì con uno schiaffo sulla guancia e lo indusse subito a gemere dal dolore: per qualche strano motivo, l’uomo ipotizzò che quello schiaffo lo ricevette per qualcosa che ancora non aveva fatto.
   
 
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