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Autore: Ailis_    08/03/2013    2 recensioni
Julya Peskov non era certo prevista nella vita di Stefan.
Eppure quando lei ritorna, la sua presenza è come un uragano nella vita di Stefan.
Julya nasconde un segreto, qualcosa che ha dominato la sua vita per secoli e che ora è talmente vicino da non poterselo lasciare sfuggire.
Il rapporto con Stefan si è incrinato tanto tempo prima, ma lei ha bisogno di lui per la sua ricerca. E quando lui deciderà di aiutarla, Julya scoprirà di provare qualcosa di più della semplice amicizia.
Ma è davvero così? Riuscirà Julya ha trovare ciò che ha cercato per tutta la vita? E perché ne ha così bisogno?
Quando pensano di avercela fatta, ogni certezza crolla e il suo mondo verrà sconvolto. All'orizzonte, comparirà una vecchia conoscenza, qualcuno in grado di riportare a galla qualcosa che Julya pensava di aver dimenticato, un amore che ha segnato la sua vita e il suo cuore, indimenticabile ed eterno. Cosa succederà? Saprà dare retta al proprio cuore ed essere felice?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kol Mikaelson, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Andai a cercare l'amore e mi persi'
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Eyes on the prize- Ekleipsis 4

Bonjour a tout le monde!
Sono tornata, contenti?
Be', spero davvero di sì.
In ogni caso, due piccole note prima di iniziare il capitolo. Per quello che concerne il sacro Graal, mi sono ispirata al film “Indiana Jones e l'ultima crociata”.
Tutto ciò che è scritto sulla coppa da qui in avanti è tratto dal film e da Wikipedia, con giusto qualche variazione da parte della mia fantasia.
Chi ha visto il film sa di cosa parlo, ma era giusto che tutti sapessero che mi sono ispirata a fonti esterne.
Detto questo, vi lascio alla storia


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Eyes on the prize



Quasi tutto il segreto delle anime grandi si
racchiude in questa parola:
perseverando.
Victor Hugo



Una settimana, cioè sette giorni, centosessantotto ore, diecimilaottanta minuti e seicentoquattro mila ottocento secondi – che poi, lei non li aveva certo contati a uno a uno!- dopo la litigata al Grill, lei e Stefan ancora non si parlavano e Julya sapeva che non era una di quelle volte in cui tutto si risolveva con un bel bicchiere di whisky e tanti cari saluti.
A dire la verità, neanche lei voleva che fosse così facile. Le andava bene essere accusata, disprezzata e ancora accusata, ma c'era un limite a tutto e la sua pazienza non era infinita, anche se qualcuno avrebbe potuto dire che lo fosse, visto che inseguiva lo stesso obiettivo da quasi cento secoli.
Il fatto era che con i reperti storici era più facile; le persone, invece, creavano un sacco di problemi: soffrivano, provavano sentimenti e reagivano di conseguenza, spesso fraintendevano le azioni altrui e non era sempre facile rimediare.
Insomma, c'erano una serie di variabili che rendevano più difficile perseverare.
E Julya... be', lei non era brava a correggere i propri errori, troppo orgogliosa per accettare di averne fatti. Anche ora che Stefan la odiava, non riusciva a non provare rancore verso di lui che, insomma!, era così cieco da non vedere la sua bugia per ciò che era.
E non aveva nessun diritto di essere in collera con lui perché razionalmente lei aveva torto, ma era un vampiro e, anche se oramai non era più una novellina, le sue emozioni erano comunque molto più intense di quanto un essere umano potesse immaginare e gestire.
Comunque, ciò che provava per Stefan non aveva alcuna importanza, non in quel momento. Così decise di dedicarsi al proprio lavoro.
Tirò fuori un fascicolo pieno di documenti, appunti e fotografie e ne estrasse alcune che ritraevano una tavola di arenaria che aveva stimato risalire al XII secolo.
La tavoletta aveva una storia travagliata e per trovarla Julya ci aveva messo secoli. Aveva spremuto tutto il suo ingegno e tutta la sua non trascurabile conoscenza della storia per trovare un manufatto, qualcosa da cui partire.
Alla fine, l'aveva scovata per caso in uno scavo in Turchia mentre fingeva di essere una studentessa in vacanze e curiosava tra i reperti di notte, quando nessuno poteva vederla.
Lei era lì, semi-distrutta e incompleta, ma non era stato possibilità per Julya fraintendere ciò che c'era scritto.
Era latino, non ci era voluto nulla per tradurlo: “dove la coppa che contiene il Sangue di Gesù Cristo risiede per sempre” erano le esatte parole che l'avevano fatta sobbalzare.
Se fosse stata ancora viva, il suo cuore sarebbe partito al galoppo per la scoperta. Avrebbe potuto rubarla, ma aveva preferito scattare foto su foto e lasciare Ankara il giorno successivo.
Era talmente elettrizzata!
Non aveva ancora letto tutta l'iscrizione perciò si apprestò a farlo in quel momento.
Le bastò leggere per intero ciò che aveva trovato per capire di essere a un punto morto. La tavoletta le confermava l'esistenza di un Graal da cercare, ma a parte questo non diceva nulla.
Gole, deserti, montagne, vallate... le venivano in mente migliaia, se non milioni, di posti che potevano corrispondere a quella descrizione e mancava più di metà della tavoletta.
Era a un punto morto e trovare la tavoletta non era servito a niente. Aveva sperato che fosse un gioco facile e dopo tanti anni non si sarebbe arrabbiata se avesse trovato un'indicazione più esplicita, una cosa come “per il sacro Graal da quella parte” o “seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino”.
Invece no: si trovava ancora a giocare alla caccia al tesoro e il colmo era che lei non aveva neanche una cartina del posto in cui scavare.
Ebbe un momento di abbattimento.
Se davvero non aveva in mano altra che aria fritta, allora anche il suo viaggio fino a Mystic Falls era stato una perdita di tempo.
Tutta la tristezza, la rabbia e il dolore non erano serviti a nulla più che riaprire vecchie ferite.
Dovette sopprimere il ringhio che le era salito alle labbra e la tentazione di rompere qualcosa, come se mandare in frantumi un vaso o un mobile potesse permettere a lei di tenere insieme tutti i pezzi.
Alla fine chiuse gli occhi e strinse i pugni così forte da ferirsi. Poi si alzò e uscì dalla stanza a passo di marcia, incurante del sangue che le macchiava le unghie e i polpastrelli: sarebbe guarita da sola, cosa le importava di cosa avrebbe pensato la gente vedendo il sangue?
Incrociò Stefan. Lui stava salendo le scale proprio mentre lei aveva messo il piede sul primo gradino e le scoccò un'occhiata di scherno quando vide i pugni serrati e sentì l'odore del sangue.

Come procedono i tuoi studi?”
Julya assottigliò lo sguardo, indecisa se accettare anche quella stoccata o reagire. Francamente, credeva di aver sopportato fin troppo e non era da lei subire passivamente, qualunque errore dovesse scontare.
Insomma, aveva fatto cose ben peggiori che lasciare Stefan e mai aveva permesso a qualcuno di trattarla in quel modo.
Ma lui era Stefan e, per quanto si impegnasse, non riusciva a vedere in lui che l'amico di un tempo.
Alla fine, optò per la via diplomatica.

Procedono” proclamò con voce stentorea.
Immagino che sia per questo che sei così arrabbiata
Attento” sibilò facendo un passo avanti e avvicinandosi “non sono esattamente dell'umore adatto a farmi prendere in giro”
Stefan rise e si chinò su di lei per sussurrarle all'orecchio. Sembrava un momento così intimo, così dolce che Julya sperò che potesse perdonarla ed essere di nuovo suo amico, proprio quando aveva più bisogno di conforto.
Niente nella sua vita stava andando come lo aveva programmato e, sotto l'aria da dura, sentiva di andare alla deriva.

Sei patetica. Sono contento che le tue ricerche non procedano come speravi”
Julya sentì una marea di sensazioni contrastanti. Il cuore le balzò in gola e poi sprofondò sotto i piedi con un sussulto, boccheggiò e impallidì.
Poi ringhiò, ma Stefan non sembrò per niente impressionato. Sembrava piuttosto divertito e Julya si chiese dove diavolo fosse finito il suo amico. Perché, poco ma sicuro, lui non lo era.
Tremò da capo a piedi per la rabbia, la delusione, la frustrazione e tutte quelle sensazioni che la facevano soffocare, annaspando alla ricerca di aria come se stesse annegando.
Fu sul punto di dire qualcosa, ma la voce la tradì e non le restò altro da fare che schiaffeggiarlo con tutta la forza che aveva.

Nonostante tutti i tuoi tentativi” annunciò con voce tremula “non riuscirai a tenermi lontana e io non mi arrenderò”
Stefan non si aspettava le sue parole né lo schiaffo; barcollò, ma Julya non vide quale fu la reazione successiva perché era già scivolata giù dalle scale ed era uscita di casa sbattendo la porta.


*

E poi se n'è andata”
Stefan finì di raccontare e si accasciò sullo schienale del letto di Elena. Non avrebbe voluto parlarne, ma lei aveva visto che era turbato da qualcosa e lo aveva sommerso di domande fino a quando, stremato, non aveva iniziato a raccontare.
Julya si stava rivelando più problematica di quel che avesse pensato. In quella settimana era rimasta per lo più nella sua stanza e non aveva disturbato, questo era vero, ma Stefan sentiva la sua presenza in ogni momento della giornata.
Sentiva il suo respiro al piano di sopra, il fruscio delle pagine che sfogliava con tanta ostinazione di continuo e gli veniva spontaneo immaginare la sua espressione in quel momento.
Immaginava fosse un mix di disappunto e rabbia silenziosa, con le labbra serrate e un sopracciglio inarcato a riprova della sua insoddisfazione.

E tu non pensi di esserti un po' meritato quello schiaffo?” gli domandò Elena esitante.
Si era detta che sarebbe stata dalla parte di Stefan in quella questione, perché lui era il suo ragazzo e lei una perfetta estranea, ma provava dispiacere per Julya, immaginando il muro di silenzio e rancore con cui doveva trovarsi a combattere ogni giorni a casa Salvatore.
Certo, aveva sbagliato, ma non meritava per questo di essere perdonata?
Segretamente, era stupita dal comportamento di Stefan. Lui non era un santo, aveva commesso molti errori e ne aveva visti commettere agli altri.
Nonostante ciò, aveva trovato la forza di perdonarli o, comunque, di iniziare a farlo. Damon era un ottimo esempio.
Loro si erano uccisi a vicenda, la questione era molto delicata, ma vedeva i passi avanti che facevano l'uno in direzione dell'altro sulla via del perdono.
Ci sarebbe voluto ancora del tempo per riuscire a passare oltre a un gesto così grave, ma era sicura che il tempo avrebbe sanato del tutto le ferite del passato.
Dunque, perché Stefan non riusciva a perdonare un gesto così blando al confronto come quello di Julya?
A volte si chiedeva se non ci fosse di più di quel che Stefan le aveva raccontato.
Rimasero un po' in silenzio, fino a quando Stefan non le fece cenno di andare a sistemarsi tra le sue braccia ed Elena lo fece.
Quando Stefan la strinse a sé, si accorse che nonostante tutto le preoccupazioni non erano scomparse.
Continuava a pensare a Julya, allo schiaffo, a ciò che aveva visto nei suoi occhi e a chiedersi cosa fare con lei.
Ma non era il momento, non ora che Elena era tra le sue braccia e lui avrebbe dovuto pensare solo a lei.
Eppure l'immagine di Julya lo tormentava e forse, dopotutto, lo schiaffo se lo era meritato davvero.
La voce di Elena interruppe i suoi pensieri.

Come vi siete conosciuti?”
E' una lunga storia” ammise con un sorriso nostalgico “c'era un locale a Philadelphia e lei cantava mentre io ero in pista e...”
Tu ballavi?”
Più o meno”
Stefan rise ed Elena si tirò su, guardandolo con gli occhi scuri ridenti “Voglio sapere tutto. Tu che balli senza essere obbligato... questa sì che è una scoperta!”
Rise anche lei e Stefan le fu grato per aver alleggerito l'atmosfera. Passarono il pomeriggio così, Elena a ridere e Stefan raccontando il proprio passato.


*


Non sapeva neanche lei come avesse fatto a trovare quel locale così carino, ma era contenta di averlo fatto.
Era piuttosto isolato, in una via secondaria, e lei ci era entrata per caso mentre vagava senza una meta.
Aveva sperato di trovare una libreria: i libri la calmavano sempre quando sentiva di essere un groviglio indistinto di sensazioni e non riusciva a capire da dove iniziare per mettere ordine.
Invece aveva scovato quella piccola caffetteria che si era rivelata una cioccolateria e una pasticceria.
E be', lei aveva un debole per il cioccolato e per i dolci, così si era accomodata a un tavolino di legno chiaro in un angolo e aveva ordinato.
Anche se come vampira non aveva bisogno di cibo, lei si era aggrappato con forza al suo lato umano. Non aveva mai pensato di spegnere i sentimenti, anche se forse sarebbe stato molto più semplice, né aveva mai abbandonato le abitudini che aveva quando era ancora viva e il cuore le pulsava nel petto.
Forse sarebbe stato tutto più facile se avesse dimenticato ciò che era stata un tempo, glielo avevano detto in molti, ma lei non li aveva ascoltati.
Smettere di aggrapparsi a ciò che le restava della propria umanità avrebbe voluto dire privarsi anche di momenti come quello, rari sprazzi di serenità che le ricordavano che lei non era solo un abominio della natura.
Aprì un libro e si portò la tazza di cioccolata alla bocca, sospirando poi di piacere. Era tutto ovattato, anche la canzone che usciva dalla radio vintage sulla mensola dall'altro lato della stanza. Persino la musica era vintage in quel posto.
Si immerse nella lettura e Hemingway la cullò con le sue parole. Aveva un modo di scrivere travolgente, asciutto, conciso, ironico, ma non avrebbe potuto essere altrimenti visto che Hemingway era stato un uomo spavaldo e malinconico, a volte un po' spaccone.

Addio alle armi? Davvero?”
La voce di Caroline Forbes la riportò con i piedi per terra e riemerse da quel mix di lettura e ricordo mentre la vampira si sedeva di fronte a lei.

Già. E' un bel libro e Hemingway era un uomo affascinante”
Lo hai conosciuto?”
Caroline era così genuinamente sorpresa che Julya rise. Poi si chiese se fosse mai stata così piena di luce: la invidiava per quello.
Sembrava accettare la realtà così com'era, buttandosela alle spalle con un sorriso ottimista... era mai stata così lei?
Non credeva.
"Sì, prima che cominciasse a scrivere tutti quei meravigliosi libri”

Devi aver avuto una vita davvero eccitante”
Non è stata male” le concesse chiudendo il libro e sorridendole. Caroline le piaceva, non solo per quell'ottimismo innato che sembrava renderla impermeabile a ogni tentativo di distruggerla. Lei era luce pura, bianca, accecante.
E Julya, che non era mai stata luce ma neanche tenebra, ne era affascinata e non capiva come l'altra potesse trovare qualcosa di ammaliante in lei.

A dire la verità” continuò “è stata più di questo. E' stata bella. Sono nata nel 1872, a San Pietroburgo, ma quando sono stata trasformata ero al Cairo e avevo diciotto anni”
E cosa ci facevi in Egitto?”
Julya sorrise della curiosità di Caroline e continuò con la propria storia. Era così tanto tempo che non la raccontava e le faceva uno strano effetto risentirla.

Ero l'assistente di un intellettuale, una sorta di archeologo. Vedi, dopo la traduzione della stele di Rosetta, l'egittologia era diventata materia di enorme interesse e non sai quanti studiosi di storia antica scelsero di unirsi agli scavi.
L'Europa era in fermento: Bismark con la sua Germania era l'ago della bilancia, ma era la belle époque e la vita nelle capitali europee era brillante, c'era speranza ovunque, fiducia nel progresso e l'arte conobbe un periodo di enorme splendore in molti campi.
C'erano scavi in tantissimi luoghi del Egitto. Il mio maestro, Gregory Lewitt, era appassionato di antichità e un esperto di civiltà egizia: una rarità in un impero arretrato come la Russia” si interruppe un momento, ricordando il volto grassoccio di Gregory e il suo sorriso allegro, il naso arrossato per qualche bicchierino di vodka di troppo e lo sguardo penetrante, ma bonario.
Quando era piccola pensava che lui fosse Babbo Natale e non solo perché arrivava puntuale la mattina del sette gennaio (*) per portare qualche piccolo dono a tutti i contadini del suo latifondo.

D'altronde, lui era un inglese. Aveva ereditato la proprietà da sua madre o qualcosa del genere: alcuni dettagli della mia vita passata sono un po' sfuocati. Comunque, aveva un modo di trattare coloro che lavoravano alle sue dipendenze che lasciava intendere che non fosse russo. Era gentile, soprattutto con noi bambini e aveva aperto per noi una scuola dove potessimo ricevere un'educazione rudimentale. Non so bene perché scelse di essere il mio istruttore privato, non so cosa vide in me, ma mi prese sotto la sua ala e mi insegnò tutto ciò che sapeva. Poi, a diciotto anni, mi chiese di seguirlo in Egitto. Sono morta lì, per una febbre”
E poi cosa hai fatto?”
Ho viaggiato. Mi ci è voluto un po' prima di riuscire a controllarmi del tutto, ma alla fine ce l'ho fatta. Nel frattempo, ho visitato l'Europa e ho conosciuto personaggi di cui tu hai letto solo nei libri di storia. Ho conosciuto Lev Tolstoj e ho letto il manoscritto di Guerra e Pace quando era ancora solo una bozza, ho visto la costruzione della Torre Eiffel, ho ascoltato Emily Dickinson leggere le sue poesie e ho assistito alla prima esposizione di un sacco di quadri di Monet, Degas e quanti altri”
Hai conosciuto Emily Dickinson?”
La voce di Caroline e il sussulto con cui si era avvicinata le fecero capire che doveva essere una fan della grande poetessa che anche lei aveva tanto apprezzato. Annuì e sorrise.

E quando hai conosciuto Stefan?”
Quella era una nota dolente.
Julya non era sicura di volerne parlare, ma ricordava quella notte e la faceva sempre sorridere, a volte con nostalgia.
Caroline se ne rese conto.

Scusa, non dovevo chiedertelo”
No, non preoccuparti. E' solo che dopo gli avvenimenti recenti mi chiedo se torneremo mai a essere le due persone che eravamo una volta”
Caroline si fece seria in volto e avvicinò la sedia a lei.

Sai, forse dovresti parlarne con qualcuno. Quando è stata l'ultima volta che ti sei confidata con qualcuno?
Uhm, era il 1910 e me n'ero andata da poco da New Orleans. Ero ubriaca e credo di aver parlato con un venditore di tappeti, a Nairobi”
Caroline scoppiò a ridere e alla fine Julya la imitò “In effetti” ammise tra una risata e l'altra “ho questo vago ricordo e credo che alla fine mi abbia anche convinta a comprarlo, uno dei suoi tappeti”
Allora risero di più e fino ad avere le lacrime agli occhi, poi ripresero a parlare e lentamente il discorso si fece sempre più personale.
Julya aveva avuto delle amiche, ma non aveva mai approfondito nessun legame, un po' perché troppo impegnata a studiare -quando era umana, per avere un futuro migliore di quello che le sarebbe spettato se fosse rimasta a San Pietroburgo- un po' perché troppo presa dalla propria ricerca – dopo, quando era stata trasformata.
Perciò era una sensazione insolita quella che provava in quel momento, con Caroline. Si sentiva libera, compresa e accettata per quello che era, importante.

Che cosa stai cercando così disperatamente, Julya?” le chiese a tradimento. Non si aspettava una domanda così diretta, ma avrebbe risposto.
Probabilmente le sue ricerche si sarebbero bloccate a quel punto morto, perciò cosa aveva da nascondere? Foto di una tavoletta e fogli pieni di favole della buonanotte?

Sai cos'è il sacro Graal, Caroline?”
La ragazza scosse la testa e Julya continuò la sua spiegazione “E', secondo la leggenda, la coppa in cui venne versato il sangue di Cristo. Ha poteri enormi, tra cui anche quello di riportare in vita i morti. E questo che cerco”

Ma se è una leggenda cosa ti fa credere che esista?”
Anche i vampiri sono leggende, in teoria, ma io non mi sento molto leggendaria, non so tu”
Ma perché ha tanto valore per te?”
Le sorrise appena, misteriosa ed enigmatica “Questo è un segreto, Care. Ma oramai sono a un punto morto e, detto sinceramente, non so più dove andare a sbattere la testa”

Qual è il problema? Posso aiutarti?”
Be', a meno che tu non abbia a disposizione qualcuno che sia su questa terra da almeno un migliaio di anni e possa darmi alcune informazioni, non credo che tu possa fare molto”
Poi accadde qualcosa che non si era aspettata. L'espressione di Caroline fu attraversata da un lampo di comprensione e mutò fino a diventare radiosa.

Oggi è la tua giornata fortunata”


*


Mezz'ora e tante chiacchiere dopo erano davanti alla porta di una bella villa che, a occhio e croce, risaliva ai primi anni dell'ottocento.
Una bella casa in stile coloniale che rivelò un arredo sapiente ed elegante all'interno: fu una bella sorpresa perché i colori si sposavano alla perfezione l'uno con l'altro e decorazioni e ambiente erano chiaramente frutto di un occhio esperto.

Ora mi puoi spiegare dove siamo e cosa stiamo facendo qui?”
Julya era, come lei, una vera e propria maniaca del controllo e non sopportava di non sapere di non avere in mano la situazione, anche se a guidarla era Caroline e di lei si fidava.

Sappi solo che sto facendo un enorme sacrificio a portarti qui: non sono contenta neanche io, ma Klaus è un originale e potrebbe avere le risposte che cerchi”
Aspetta, Klaus Mikaelson?”
Caroline annuì e suonò il campanello senza far caso al volto di Julya. Una mezza dozzina di sensazioni diverse fecero capolino per poi scomparire nell'arco di un millesimo di secondo, tanto che mezzo minuto dopo il suo volto era di nuovo una maschera indecifrabile.
Venne ad aprire proprio Klaus e Julya si chiese se l'avrebbe riconosciuta: dopotutto, erano passati tanti anni.
Lo sguardo di Klaus si concentrò solo su Caroline e sembrò escludere tutto il resto anche quando le fece entrare.
Con sollievo si accorse che Caroline gli piaceva: Klaus non faceva mai favori a qualcuno per nulla, ma forse se glielo avesse chiesto lei, Julya avrebbe ottenuto ciò che voleva.
A dire il vero, si sentiva un'approfittatrice a pensare di agire il quel modo, tuttavia non vedeva altre vie d'uscita dalla situazione ingarbugliata in cui si era ritrovata.
Prese il coraggio a due mani – per un attimo si sentì come una bambina che ha combinato una marachella e teme di essere sgridata- poi si disse che non aveva affrontato una rivoluzione e due guerre mondiali per indietreggiare di fronte a Klaus.

Ciao Klaus, ti ricordi di me?”
Si impresse sul viso un sorriso pieno di supponenza; lui le sorrise e Julya seppe che sì, non l'aveva dimenticata.

Certo. Julya, una delle vampire create da Kol”
Già, quella che era presente la volta in cui gli hai infilato un pugnale nel cuore” gli fece presente con voce pacata, come se il ricordo di quella violenza non le facesse venire i brividi ogni volta che ci pensava.
Ricordava con nostalgia Kol: lui l'aveva trasformata e si era preso cura di lei quando si era risvegliata.
La guardava sempre con un sorriso e gli occhi languidi di passione e sentimento. Non aveva dimenticato come la stringeva a sé e i suoi baci... oh, i suoi baci erano afrodisiaci almeno tanto quanto il suo sangue.
Avevano vissuto insieme per quasi vent'anni prima che Klaus lo pugnalasse.
O meglio, avrebbe voluto ricordarlo, ma la verità era che non aveva mai osato pensare a lui da quando Klaus glielo aveva portato via perché ogni volta che ci provava si sentiva straziata e con un enorme buco nel petto.
Per un po' aveva preferito credere di aver scambiato la gratitudine per amore, ma sapeva che aveva solo tentato di ingannare se stessa per non ammettere che Kol era stato davvero il suo primo amore e che le mancava da morire ogni giorno, anche quando non pensava a lui. Una perdita non può essere cancellata dal cuore e lei non era andata oltre.
In fondo, poteva anche essere diventata una vampira, ma restava sempre quella ragazza piena di speranza che non riusciva a dire addio e, in profondità, che mai si era rassegnata, che lo aspettava ancora.
Comunque non doveva permettere a quel ricordo, per quanto doloroso, di influenzarla in quella delicata conversazione.

A cosa devo questa piacevolissima visita?” domandò mentre faceva loro cenno di accomodarsi.
Ho bisogno un favore”
Dritta al punto: mi piace. Sentiamo, di cosa si tratta?”
In realtà, di niente di più che una spiegazione. O notizie, chiamale come vuoi”
Su cosa?”
Ecco, questa è la parte strana. Sono alla ricerca del sacro Graal. E sì, lo so che si pensa che sia un oggetto leggendario, ma possiamo saltare tutta quella parte e passare alle domande?”
Klaus non fece domande, si sistemò meglio sul divano e le fece cenno di continuare.

La settimana scorsa, ad Ankara, ho trovato una tavoletta in cui viene descritto con dovizia di particolari il luogo dove riposa il santo Graal. Purtroppo, la tavola è incompleta e ne manca più di metà, il che la rende praticamente inutile per il mio scopo. Si parla di gole, vallate, deserti, ma è tutto molto vago”
Klaus annuì e si sporse verso di lei “Capisco il punto. Forse posso aiutarti. Lascia che ti racconti una favola della buonanotte”
Si alzò e andò verso una grande cassaforte. Quando tornò a sedersi, aveva con sé un libro dall'aria molto antica che posò con cura sul tavolo.
L'occhio esperto di Julya stimò che doveva essere più o meno coevo alla tavoletta. Lo aprì e ne lesse le scritte in francese antico mentre Klaus continuava la sua storia.

Ho sentito questa storia durante uno dei miei viaggi in Oriente: negli anni delle crociate giravano molti racconti di cavalieri che avrebbero trovato il vero calice di Cristo. Erano tutte fandonie, chiaramente, ma una di queste mi colpì. Il Graal, dopo essere stato affidato a Giuseppe di Arimatea, scomparve e non se ne seppe più nulla per un migliaio di anni, fino a quando non venne ritrovato da tre cavalieri della prima crociata, tre fratelli”
Julya annuì “La conosco” ammise “la leggenda dice che due di questi tre fratelli attraversarono il deserto diretti in Francia, ma solo uno di questi la raggiunse. E si suppone che abbia raccontato la sua storia a un frate francescano prima di morire di vecchiaia”
La voce le tremò nel pronunciare le ultime parole e abbassò di scatto lo sguardo sul libro. Poi guardò di nuovo Klaus con tanto d'occhi e un'espressione di genuina sorpresa sul viso.

Non si suppone” la corresse l'ibrido “quello è il racconto che il frate francescano trascrisse in cui narra la vita del cavaliere”
E rivela il luogo in cui si trova il Graal?”
Accarezzò le pagine con dolcezza, guardandole con desiderio e speranze, come se all'improvviso dovessero prendere vita e raccontarle tutto ciò che custodivano da tanti secoli. Non credeva che un giorno avrebbe mai potuto toccare con mano quel libro -che per lei era sempre stato inarrivabile- ma poterne sfiorare le pagine la faceva sentire un passo più vicina al Graal, allo scopo di una vita intera.
Le tremavano le dita per l'emozione e se avesse avuto ancora un cuore vivo probabilmente avrebbe iniziato a battere furiosamente nel petto, poteva quasi sentirlo.

Non lo so” ammise Klaus “Non l'ho mai letto con attenzione. Suppongo che possa farlo tu”
Dov'è la fregatura?”
Se c'era una cosa che aveva imparato era proprio che nessuno faceva mai niente per niente, figuriamoci Klaus: doveva solo sperare che non fosse un prezzo troppo alto da pagare.
Si sporse verso di lei, un mezzo sorriso a incurvargli le labbra piene.

Consideralo un pagamento anticipato”
Per cosa?”
Se prenderai quel libro, sarai in debito con me” la avvisò, ma Julya non lo ascoltava più. Non le importava il prezzo che avrebbe pagato: dannazione, avrebbe venduto la sua anima se fosse servito a portarla al Graal perciò qualunque cosa le chiedesse non avrebbe fatto alcune differenza.
Prese il libro con delicatezza e strinse al petto poi, sotto lo sguardo preoccupato di Caroline, strinse la mano a Klaus.
Per lei non valevano contratti scritti o firme: era una donna d'altri tempi e una stretta di mano valeva più di qualunque altra cosa.
Si alzarono e Klaus le accompagnò alla porta. Con la coda dell'occhio, Julya vide che lo sguardo di Klaus era solo per Caroline e accennò a un mezzo sorriso.
Era quasi certa che se era riuscita a farsi ascoltare e a ottenere un favore da Klaus lo doveva alla presenza di Caroline perciò si appuntò di ringraziarla in qualche modo.

Grazie, Care” esalò quando furono fuori “Non hai idea di quanto sia importante per me”
Su questo hai ragione. Un giorno forse capirò perché conta così tanto”
Un giorno lo vedrai con i tuoi occhi” le promise e con il libro in mano le sembrò di potercela fare davvero.
Si fermarono in piazza: da lì ognuna avrebbe preso la propria strada verso casa.

Stai cullando il libro” la prese in giro Caroline nel notare lo sguardo quasi adorante con cui Julya guardava il volume.
Rise e Caroline notò come sembrasse diversa da prima. A volte Julya sembrava cupa e rigida, fredda come una stalattite di ghiaccio, ma aveva un sorriso magico, così luminoso da sembrare fatto di luce pura.
E capiva cosa avesse visto Stefan in lei perché Julya aveva un fascino sofisticato e indefinito che si propagava nell'aria insieme al suo profumo e a quel sorriso, a volte sfacciato, a volte supponente, altre radioso come le stelle, la luna e il sole.
Julya le piaceva, anche se non capiva la sua ossessione per la ricerca di qualcosa che avrebbe potuto rivelarsi una favola. Per il resto, aveva avuto una vita eccitante e splendida, proprio come la sognava Caroline e la invidiava per questo.

Credo che andrò dritta a casa a studiare questo tesoro” annunciò Julya.
Aspetta, aspetta, aspetta! Hai davvero intenzione di chiuderti per chissà quanto tempo in una stanza, da sola, a studiare?”
Non sarò sola” tentò Julya con un sorriso “ci sarà il libro”
Caroline le lanciò un'occhiataccia che Julya interpretò come “cambia risposta, o te lo brucio” o qualcosa del genere.

Non puoi farlo!”
No?”
No! Senti, stasera fai pure quel che vuoi, ma domani ci sarà una festa a casa di Tyler e sarebbe una splendida occasione per rilassarti un po'. Andiamo” aggiunse quando la vide tentennare “il libro non scapperà mica. Dopo potrai studiare tutto il tempo che vorrai”
A quel punto Julya non poté che abbassare la testa e le spalle in segno di resa mentre Caroline le sorrideva entusiasta.
Se non altro, una delle due era felice.

Bene, sono contenta che tu venga”
Ho scelta?”
No”
Chiaramente”
Va bene. Dovrò solo trovare qualcosa da mettere; dopotutto, credo che mi farà bene partecipare a questa festa...”
... alla quale parteciperà anche Stefan” aggiunse Caroline, pronta a ricordarle che oramai aveva detto sì e non poteva rimangiarsi la parola data.
Ci fu minuto di silenzio, poi Julya scrollò le spalle.

Anche una bevuta al Grill però sembra davvero allettante” constatò salvo ricevere una spinta poco delicata da parte di Caroline.
Scherzavo!” si affrettò allora ad aggiungere “Dai, accompagnami a casa”
Ehi, sei tu la più vecchia: non dovresti essere tu ad accompagnare me?” si indignò la bionda e Julya rise con sprezzo.
Mi hai appena costretto a venire alla festa. Accompagnarmi a casa, Care, è il minimo” e si incamminò.
Allora Caroline rise più forte e la seguì.


Continua


**


   
 
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