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Autore: carly_0805    08/03/2013    0 recensioni
La monotonia stufa; eppure... senza di questa non si vive.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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monotonia

                                                           MONOTONIA

 

Questo è un giorno come un altro. Tutti i giorni sono uguali, non c’è una novità, un evento… c’è sempre la solita monotonia.

Vorrei qualcosa di nuovo, per un attimo, solo un attimo, qualcosa che possa farmi sorridere davvero. Qualcosa che possa far sorridere anche l’anima e non solo le labbra.

Ci si abitua alle giornate, ai minuti che passano e che scorrono sempre uguali; come acqua in un torrente scorrono velocemente senza fermarsi. Ci si abitua alle stesse persone di tutti i giorni: quelle che quando ti vedono fanno finta di non conoscerti, quelle che ti ammirano da lontano ma ti disprezzano da vicino, quelle che ti vogliono bene fin quando fa comodo a loro.

Ci si abitua a tutto questo, ma non ci si abitua alla monotonia.

Prima o poi si ha sempre voglia di cambiare, sperimentare cose nuove.

Io ho voglio di cambiare, un’altra volta.

Perché mettere un punto e ricominciare è l’unica cosa che so fare bene.

Vorrei andare via da questa città.

Immagino di trovarmi in un altro paese, con altre usanze, con altra gente, altre abitudini, che so già che cambierò. Mi allontano, e se non lo faccio fisicamente, porto via la mente, la annebbio. E ricomincio.

“E c’è poi qualcuno che fa finta di non sentire quello che dico.”

Mi sento chiamata all’attenzione e mi volto verso di lui.

“Certo che ti sento” cerco di giustificarmi.

“Ma cos’hai?”

Sembra preoccupato davvero e questo mi fa uno strano effetto.

Non voglio rispondere alla sua domanda perché la risposta non la so nemmeno io.

Mi volto abbassando lo sguardo e poso gli occhi sulla distesa di erba davanti la scuola; dovrebbero costruirci qualcosa in quel parco, mi sembra così vuoto;  eppure, adesso, vorrei stare proprio lì, se solo sapessi come ci si arriva. Sembra un luogo perso nel nulla.

Io vorrei essere persa nel vuoto, persa nel nulla.

“Allora?”

Lui è ancora li. Mi fissa con gli occhi spalancati.

“Basta! Sto bene non ho nulla.”

“Si ha sempre qualcosa perché il nulla non esiste.”

“Sto bene.” Dico scocciata.

Alzo gli occhi al cielo perché non riesce mai a non recitare la parte del sapientone.

Mi giro e cammino a passo sostenuto verso il cancello.

“Charlie!”

Mi sento poggiare una mano sulla spalla e mi volto di scatto.

Dalle sue labbra esce quella voce un po’ sottile e tremolante che dice: “vieni con me”.

Sono confusa, non voglio andare da nessuna parte, ma lui non mi lascia il tempo né di pensare né di rispondere e mi trascina via correndo verso il retro della scuola, proprio in quei campi che tanto desideravo.

Corriamo insieme mano nella mano tra erba alta e girasoli mentre il sole di mezzogiorno risplende nel cielo.

Si ferma di punto in bianco in mezzo alle alte foglie d’erba e rimane a guardarmi. Mi stringe ancora la mano come se volesse trasmettermi i suoi pensieri.

Questo momento mi è alquanto imbarazzante così volto lo sguardo da un’altra parte e mi soffermo sulle colline che fanno da sfondo sulla scena. In fondo, ora ho quello che voglio: sono qui, in questo parco, lontana da tutta la solita monotonia, lontana da palazzi e solite costruzioni, ma non lontana da lui.

“Non puoi fare sempre finta di niente.” Mi accusa con aria confusa tra superbia e provocazione.

“E tu non puoi sempre fingerti sapiente! Tu non sai nulla!” Ribatto.

“Il nulla non esiste.” Sorride abbassando lo sguardo e arrossendo perché sa quanto odio quella risposta.

Dal suo sorriso noto un improvviso cambiamento in un’espressione seria e intimidita. Probabilmente teme la mia ostilità.

Perfino lui è diventato monotonia, qualcosa a cui penso tutti i giorni, qualcosa che vedo ovunque anche solo per immaginazione.

“Credevo che tu volessi questo.”

“Credevi di sapere cosa volevo.” Rispondo amara ma la mia acidità lo fa arrossire.

“Credevo di farti felice.”

“Credevi che volessi essere felice con te?”

“Non è cosi?”

“Credevi davvero che fosse cosi?”

Lo guardo seriamente negli occhi percependo la sua insicurezza.

Inarca le sopracciglia e mi scruta dalla coda dell’occhio per paura delle mie parole.

Le mie parole non fanno male. Non colpiscono perché sono parole senza senso. Sono parole dietro altre messe lì solo per riempire gli spazi.

Non ricevo alcuna risposta, solo uno sguardo deluso.

Aspetto qualche secondo e poi: “Grazie.” Gli dico sorridendo.

Inarca ancora le sopracciglia ma questa volta perché è confuso. Parecchio confuso.

“La tua solita, fastidiosa e monotona sapienza ci ha portati qui.”

Improvvisamente sorride. Sorride davvero.

Io sorrido davvero.

Apro gli occhi e mi sveglio rannicchiata nel mio letto tra le tante coperte.

Ho ancora la sua immagine impressa, ho il suo viso e il suo sorriso impresso.

Lui è monotonia.

I sogni, i ricordi sono monotonia.

Ricomincerò, lasciando una parte di me ancorata al passato, lasciando che mi scorra addosso solo questo tipo di monotonia. L’unica monotonia che mi fa sorridere davvero.

 

 

 

 

  
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