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Autore: Molly182    08/03/2013    1 recensioni
Edward alzò la testa e puntualmente i nostri occhi s’incontrarono e mi sorrise.
Erano le persone come lui che mi mettevano davvero a disagio. Erano sempre così sorridenti, sembrava che andasse tutto bene finché sei insieme con loro, ma poi ti ritrovi da sola e tutto è così triste, scuro, grigio. Non ci sono più sfumature ma soltanto un unico colore che ti divora all'interno e la sensazione di nostalgia verso quelle persone che riescono a cambiarti la giornata, che ti fanno sembrare la vita meno schifosa del solito.
E sapevo che ci sarei ricascata, mi sarei lasciata trasportare dalla sua positività se solo mi fossi lasciata avvicinare e avessi dato retta ad ogni sguardo che mi mandava mentre cantava.
Il fatto che fosse un bravo musicista rendeva ancora più difficile la cosa.
"Posso darti una mano?" , mi chiese Edward seguendomi per i tavoli.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chap 4
"Ciao Lory, sono Maddy..."
"Ciao Maddy, come mai sveglia a quest'ora?"
"Volevo chiederti se avevate bisogno di me stamattina"
"Oh no, la mattina il locale rimane chiuso"
"Ne sei sicura?"
"Sì, apriamo stasera alle 8, non ricordi?", disse tranquillamente. "Aspetta... cosa è successo ieri sera?", chiese lei ricordandosi che la sera precedente mi aveva accompagnata a casa il ragazzo dai capelli rossi.
"Niente... mi ha riportato a casa"
"Tutto qui?"
"Beh cosa pensavi che sarebbe accaduto?"
"Non so, magari qualche bacio o del sano sesso sfrenato in auto"
"Non credo che sia molto comodo?"
"Su questo avrei da ridire", rispose ridendo.
"Sul serio... non voglio saperlo", risi anch'io.
"Quindi, qual è il vero motivo della tua voglia matta di lavorare?"
"Edward mi ha chiesto di uscire, credo... ha detto che mi passerà a prendere alle dieci, ma non me la sento di andare, non voglio"
"Sei pazza?", mi domandò incredula. "Forse non hai in mente di quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto"
"Non lo metto in dubbio, è un ragazzo carino, ma non è una persona che frequenterei abitualmente. Lui è così..."
"Espansivo?", mi suggerì.
"Già..."
"Se ci esci, almeno puoi dire di averci provato e se davvero non ti trovi bene con lui puoi sempre tirargli un pugno e scappare"
"Sembra una buona idea", risi insieme a lei.
"E sai già dove ti porta?"
"Non mi ha detto niente"
"Si fa sempre più interessante"
"Lory..."
"Devi solo conoscerlo bene, non è antipatico, anzi, potrai notare anche te che probabilmente è il ragazzo più dolce sulla faccia della Terra... in fondo ti invidio un po'"
"Se vuoi puoi andarci te", scherzai.
"Magari, sarebbe un'ottima opportunità e poi è un ragazzo importante..."
"Aspetta…", le dissi interrompendola per andare a rispondere al citofono. "Si?"
"Sono Ed, scendi?"
"Arrivo", gli risposi togliendo il dito dal bottoncino che collegava le due voci. "È arrivato...", dissi alla ragazza.

“Ripeto: non sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto!”
“Immagino, ma…”
“Stai davvero pensando se accettare o no l’invito di un musicista?”, mi chiese. “Tu sei pazza!”
“Potremmo restare qui per ore a discutere su chi delle due sia la più fuori di testa, ma non arriveremo mai a una conclusione”
“Quindi sbrigati a raggiungerlo!”, quasi urlò dall’altro lato del telefono. "Buona fortuna…"
"Grazie", le dissi per ultima cosa prima di riattaccare il telefono.
Presi la mia borsa e le chiavi di casa. Scesi velocemente le scale e lo trovai seduto in macchina che mi aspettava. Con le dita teneva il ritmo di qualche canzone che passava alla radio e intanto intonata qualche parola.
"Ciao straniera", mi salutò con quelle buffe parole ma istintivamente lo incenerì con uno sguardo. Non mi piaceva che avesse preso così tanta confidenza.
"Edward, non chiamarmi cosi"
"Va bene, Maddy", lo guardai di nuovo come prima. Avevo perso le speranze ormai. "Dove mi porti?", gli chiesi infine.
"É una sorpresa"
"Io dovrei tornare per le sei"
"Tranquilla, ho parlato io con Mark e..."
"Tu cosa?", quasi gli urlali contro. "Stai cercando di farmi licenziare?"
"Assolutamente no, come potrei vederti se Mark ti licenzia?"
"Oh beh, sarebbe un problema in meno"
"Tu non sei un..."
"Mi riferivo a te"
“Questa era cattiva!”

“È la verità”
"Ti prego, dimmi altre cose dolci come questa", scherzò.
"Non ti sopporto"
"Cerca di essere più originale"
"Avrei altri milioni di insulti, ma sono una ragazza fine e per ora mi trattengo"
"Sono curioso del seguito"

Mi girai a guardare fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva veloce. Passammo gran parte del viaggio in silenzio, semplicemente accompagnati dalla musica che passavano alla radio, probabilmente rendeva la situazione meno imbarazzante di quella che era.
"Tra quanto arriviamo?", gli chiesi vedendo il cartello che indicava che stavamo lasciato Londra alle spalle.
"Vedrai", si limitò a dire. Tutto questo mistero non mi piaceva.
Non avevo la minima idea di dove saremmo andati, una parte di me stava morendo dalla voglia di scoprirlo mentre l'altra non voleva pensarci troppo. Forse quella parte aveva paura di quel ragazzo che mi faceva tante domande e che mi girava attorno nonostante ci conoscessimo da così poco tempo. Probabilmente aveva paura che se mi fosse fidata di lui, se avessi dato troppa importanza ai suoi gesti gentili o alle parole che diceva sarei rimasta ferita ancora una volta.
"Benvenuti a Brighton", lessi il cartello alla mia destra. "Brighton?", gli chiesi.
"Brighton!"
"Cosa ci facciamo qui?"
"Ti porto al molo"
"Hai organizzato qualcosa o hai improvvisato?"
"Diciamo che ti porto in un posto speciale", disse parcheggiando la sua macchina. 
"Cos'ha di speciale?", gli chiesi scendendo dall'auto e seguendolo lungo il pontile.
"Ci vengo quando ho bisogno di pensare, di rimanere un po' da solo, di stare appunto lontano dalla gente. Hai in mente quando ti riprendi da una sbronza e ti senti vuota con un terribile mal di testa? Hai tutta una confusione in testa e l'unica cosa che hai bisogno è di riordinare le idee"
"Quindi sei tu il ragazzo ubriaco che si aggira a Brighton completamente nudo?", scherzai.
"No, forse potrebbe essere il principe Harry, ma penso che non sia la sua zona abitudinale”, rise. “Però mi piacerebbe conoscere questo ragazzo. Deve essere un tipo interessante!"
"Comunque è bello..."
"Il ragazzo nudo?"
"No, il fatto che tu abbia un posto speciale dove rintanarti quando le cose vanno male"
"E tu, signorina Madeline hai un posto speciale?", chiese iniziando a camminare davanti a me portandosi le braccia dietro la testa. Di sicuro sarebbe caduto.
"Al momento non ne ho trovato ancora uno"
"Se vuoi possiamo condividerlo"
"Non fa troppo 'ragazzi del liceo'?", gli chiesi. "E poi è il tuo posto, non vorrei rischiare di incontrarti anche qui"
"Sarebbe così terribile?"
"Ancora non lo so", dissi rimanendo vaga. "Non è meglio che ti volti prima di cadere?"
"Ti farei ridere", dichiarò sorridendo.
Qualcosa nel mio cervello fece scoppiare una scintilla. Quel semplice sorriso mi aveva fatto tingere le guance con un velo di colore rosso.
"Posso farti una domanda?", mi chiese interrompendo quel breve silenzio che si era creato tra noi.
“Dimmi” 
"Che ci fai qui?"
"Mi hai invitato tu!"
"Intendo a Londra, non ti mancano i tuoi genitori e i tuoi amici?” 
“Ma io non me ne sono andata da un momento all’altro, ci ho pensato e ripensato e quando ho sentito che fosse il momento giusto di andarmene, l’ho fatto” 
“E hai già chiamato qualcuno?” 
“Non ancora...” 
“Allora credono che sei stata rapita da degli alieni”, disse ridendo e continuando a camminare davanti a me senza perdere il contatto con i miei occhi. 
“Non dire sciocchezze!”, risi. "Sanno che sono partita, ma non sanno per dove”
"Io non riuscirei mai ad andarmene da un momento all’altro e abbandonare tutto. Ancora non mi capacito di come sia riuscito a venire a Londra, ma l'ho fatto per il mio futuro e ora sono qui con diversi album pubblicati e tour per diverse città", confessò. “Ancora non mi hai detto perché l’hai fatto” 
“Vedi, a un certo punto tutto intorno a te inizia starti stretto”, dissi appoggiandomi alla ringhiera di legno e guardai il tiepido sole in cielo. “La città ti soffoca, le persone su cui potevi contare ti deludono e scappare è l'unica idea che ti viene in mente, arrivati a questo punto pensi «Che si fottano tutti!» così vai all'aeroporto e ti informi sul primo volo che sarebbe partito e lo prendi”, gli raccontai. 
“Sei determinata a dire queste cose” 
“Lo sono!” 
“E davvero non ti manca nessuno di questi?” 
“Per nulla”, continuai. “Sono cresciuta senza legarmi a niente, non mi sono mai affezionata troppo a qualcosa o a qualcuno, più vuoi bene a qualcuno e più velocemente se ne andrà o farà qualcosa che ti ferirà e sarà troppo tardi per rimediare allo stupido errore commesso” 
“Presto le cose cambieranno...” 
“Cosa intendi?” 
“Adesso sei qui, sei lontana da chi ti ha ferito, non vedo il motivo per non legarti alle persone, non pensi?” 
"Non sono un tipo socievole"
“Però potresti provarci”, non risposi, non sapevo cosa dire. “Ehi, non sto dicendo che se ti affezionerai a noi ti feriremo, soltanto che, magari…” 
“Ho capito cosa stai dicendo”, dissi sorridendo. 
“Come mai Londra?” 
"Chi non ama Londra?", risposi alzando le spalle. "In verità sarei dovuta partire per New York, ho sempre desiderato visitarla oppure magari andarci a vivere”
“Ma sei venuta qua…” 
“Se il primo aereo non fosse stato la mattina successiva probabilmente, ora, sarei a N.Y. con altre persone ma non mi sono pentita della decisione che ho preso, atterrando a Londra ho conosciuto Lory e immediatamente te ma non resterò qui per sempre”.
Per pochi istanti i nostri occhi si scontrarono e una strana elettricità passò tra di noi. Ancora una volta era riuscito a rivoluzionare i miei piani.
"Quindi potresti andartene da un momento all'altro?"
"Immagino di si", dissi facendo cadere il silenzio tra di noi 
"Sai, questo posto è speciale anche perché ho scritto la maggior parte delle mie canzoni oltre che nel mio giardino"
"Perché non mi hai detto che eri famoso?"
"Perché non mi avresti frequentato…"
"Forse non ti avrei frequentato perché non mi stavi simpatico…"
"Perché ora si?"
"Diciamo che non ti odio completamente"
"Allora, quando sarò riuscito a non farmi più odiare ti porterò qui anche di sera, è davvero fantastico, anche se si riempie di coppiette"
"Quindi faremo i guardoni?"
"Tu non lo sai, ma sono il migliore a spiare i piccioncini"
"Non lo avrei mai messo in dubbio"
"Ti va di mangiare qualcosa?", chiese indicando un locale davanti a noi. "È mezzogiorno passato e la giornata è ancora lunga"
"Va bene"
Entrammo in un locale. Era carino, in stile anni 60. Delle foto buffe erano appese alle pareti rivestite con carta da parati. Anche la musica che si sentiva in sottofondo era adeguata allo stile del locale: Beach Boys ed Elvis Presley. Li adoravo.
"Ciao ragazzi, cosa vi porto?", ci chiese una cameriera dopo che ci fummo seduti ad un tavolo. "Ciao Edward", lo salutò la ragazza di mia sorpresa. Mi chiedevo se c’era qualcuno che non lo conoscesse, eccetto me.
"Christine, ciao"
"Cosa ci fai da queste parti? Ti pensavo disperso", scherzò lei portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio. Ci stava forse provando?
"Sono stato in tour" 
"Forte!", gli sorrise. "Beh, cosa vi porto?"
"Per me il solito"
"Quindi hamburger e chips and cheese?"
"Sei fantastica!"
"Per te?", chiese poi la cameriera rivolgendosi a me.
"Io..."
"Fai per due" si affrettò a dire Edward sovrastando la mia voce.
"Da bere?"
"Una birra e una coca?", domandò stavolta chiedendo una mia opinione. 
"Va bene"
"Perfetto, vi portò subito l'ordine", disse continuando a sorridere mentre andava in cucina.
"Sai, penso di essere in grado di poter scegliere..."
"Lo so, però devi assolutamente assaggiare questi panini, sono fantastici"
"Come la ragazza che ci ha provato con te?"
"Christine?"
"Esatto, non hai visto come ti guardava?"
"Sei per caso gelosa?"
"Oh no, volevo solo prenderti in giro"
"Comunque non posso"
"Qualche divieto che ti sei imposto?"
"Qualcosa del genere", rispose vago alzando le spalle.
Mangiammo continuando a parlare del più e del meno. In fondo non stavo passando una brutta giornata e lui non era così male quando evitava di essere così gentile a tutti i costi.

“Domani avrai qualcosa da fare?”
“Dovrei davvero iniziare a sistemare le mie robe, e dovrei comprare qualcosa, sai le solite cose…”
“Ti accompagno io, conosco dei bei posti”
“Non ce ne è bis…”
“Ti passo a prendere a casa tua domani mattina”, disse infine non lasciandomi il tempo di obbiettare.
Anche se faceva sempre di testa sua, infondo mi trovavo bene con lui, ma poi all'improvviso ricevette una chiamata e immediatamente la sua espressione serena si mutò in una scocciata. Probabilmente qualcosa stava cambiando.
"Scusami un attimo", disse prima di alzarsi per rispondere al suo iPhone. 
Lo vedevo parlare all'ingresso. Camminava avanti e indietro, era agitato, si passava nervosamente una mano tra i capelli e gettava la testa indietro. Era piuttosto nervoso.

Mi chiedevo chi fosse stato a chiamarlo e perché lo avesse reso così agitato.
"Tutto apposto?", gli chiesi poco dopo il suo ritorno a tavola.
"Assolutamente", rispose facendomi un sorriso tirato, finto, fin troppo freddo.
"Sicuro?"
"Certo", cercò di rassicurarmi sorridendo di nuovo. "Sono costretto a riportarli a Londra, mi dispiace"
"Tranquillo…"
"Andiamo a pagare", disse alzandosi e dirigendosi verso la cassa. Lo vidi afferrare il suo portafoglio e feci lo stesso. 
"Quant'è?", chiesi.
"Nulla per te, offro io"
"Sul serio..."
"Insisto!" disse porgendo alla cassiera due banconote da dieci sterline.
"Grazie"

Tornammo indietro ma il viaggio fu totalmente diverso dall’andata. Edward teneva saldamente le dita attorno al volante, così come lo sguardo dritto verso la strada. Non parlava, non sorrideva, non si voltava a guardarmi. Mi sentivo a disagio.
Di solito stavo bene in silenzio, mi piaceva, ma l’atmosfera che si era creata non era affatto piacevole. Sembrava di essere al polo nord talmente tanto freddo che emanava.
Avrei voluto dirgli qualcosa, farlo parlare o magari distrarlo, ma non sapevo da che parte cominciare tanto meno cosa dirgli. Non ero mai stata brava in queste così così me ne stetti zitta a fissare il paesaggio fuori dal finestrino, come avevo fatto all’andata.
“Grazie per la giornata”, gli dissi quando fece fermare l’auto davanti a casa mia.
“Di nulla”
“Sicuro che vada tutto bene?”, gli chiesi. “Non hai parlato per tutto il viaggio e non è da te visto che da quando ti conosco non sei mai stato zitto”
“Sono solo un po’ pensieroso…”
“Se domani hai qualcos’altro da fare, non è un problema se non puoi venire”
“Te l’ho promesso”, mi rispose sorridendo, questa volta sinceramente. "Devo prima risolvere solo un problema, un problema che rinvio da troppo e che dovrei lasciare...", disse lasciando sospesa la frase.
“Va bene! Allora a domani…”
“A domani Madeline”
Feci pochi passi verso il portone e mi voltai a guardalo. Restava lì a fissarmi aspettando che aprissi la porta. Davvero volevo che finisse così?
Alzai la mano e lo salutai con un cenno.
Sì, doveva andare così!
   
 
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