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Autore: Oscar7317    09/03/2013    0 recensioni
'Non si sa mai che cosa volere, perché, vivendo una sola vita, non possiamo né paragonarla con le precedenti, né migliorarla in quelle a venire'
Le quattro ragazze del racconto, come tutti gli uomini, vivono un' esistenza imprevedibile perciò si limitano inconsapevolmente a sopravvivere, sogghignano e si fanno più vicine, gli spiriti si toccano e si acciuffano stretti.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno in cui si ritrovarono in villa per stuccare gli spigoli alti dei muri fu uno dei più impegnativi di quell’ estate.
Se non fossero state così impazienti di finire il lavoro, si sarebbero distese su quei vecchi sdraio di vimini e si sarebbero assopite una dopo l’ altra, forse nel mentre conversando, finchè il calore di mezzodì non le avesse abbandonate per sostituirsi ad una temperatura ed a uno spirare di vento assai ben più vivibile.
Solo poi si sarebbero radunate attorno al tavolo di legno sul quale Francesca, all’ età di sette anni, aveva inciso un cuore grande come un pugno in onore delle tre persone che anche quel giorno vi si erano accomodate, contornandolo come petali, con le teste ciondolanti sostenute alla meglio da mani ancora stanche ed intorpidite.
Si era assicurata non pochi rimproveri dalla madre nonostante insieme avessero cercato di convincerla dell’ importanza artistica dell’ opera.
Il padre risolse la questione con un manrovescio alla figlia ed un incitamento a “stare buona” alla moglie.
Quel tavolo era simbolo di serietà, una tacita garanzia di comprensione, attorno al quale erano state prese le più importanti decisioni.
Fin da bambine ogni qualvolta ci fosse stato un problema lo avevano trattato sedute a quel tavolo, i piedi che ancora non toccavano terra e gli sguardi seri.
Avrebbero deciso come trascorrere la serata ed in seguito il discorso si sarebbe probabilmente concluso con risate e strampalate proposte per i giorni successivi alle quali lì per lì non sarebbero mancati i consensi ma che poi in seguito sarebbero state scartate per il troppo caldo o infattibilità della cosa.
Quel giorno però non era un giorno di questo genere.
Una volta applicato lo stucco e sistemati i mobili (ancora imballati e sistemati in soggiorno in attesa), la stanza sarebbe stata utilizzabile.
Era un minuscolo monolocale collegato tramite una porticina bianca al giardino interno di casa F e prima che le ragazze ci mettessero le mani era occupato da scaffali alti fino al soffitto colmi di canne da pesca, ami e oggetti di questo tipo per cui nessuno, in fin dei conti, mostrava interesse da molti anni.
Nonno F aveva insegnato a pescare al figlio all’ età di dodici anni e Stefano soddisfatto più delle attenzioni del padre che dei pesci che abboccavano al suo amo, non smise fino all’ età adulta, forse per abitudine.
Quando Francesca chiese incerta di poter trasformare il ripostiglio del babbo in una casetta estiva alla madre sembrò una buona idea e Stefano per una volta dovette dargliela vinta.
Sgombrò la stanzetta e ripose i mulinelli in cantina, insieme con i suoi ricordi.
Il padre applicò personalmente il pavimento, montò i mobili Ikea e procurò un televisore.
Le ragazze dipinsero i muri, pulirono ovunque e distrussero le tane dei ragni con scale traballanti e urli agghiaccianti.
Arrivate a questo punto mancava talmente poco che di lì a qualche giorno avrebbero potuto inaugurarla.
Erano passate dal ferramenta e pagando avevano sorriso al vecchio venditore con tanto trasporto che questo si era domandato cosa dovessero farci quattro fanciulle così allegre con due barilotti di stucco.
  
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