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Autore: BlackPower    24/09/2007    8 recensioni
Hermione lo cerca, lo brama, lo desidera, lo vuole. Lo vuole arrestare. Lui invece ammalia, seduce, ruba, uccide. Solo per soldi. Iris, giovane poliziotta di Scotland Yard muore in un “incidente”. Perché? Simone Wilson, lunatica impiegata, ammira Hermione come non mai. Perché? Gregory Scott invece prova uno sconfinato odio per la Granger. Perché? Bisogna porsi delle domande in questo mondo, no? “Staccando tutti i petali della margherita, alla fine, si arriva al centro.” “E i petali?” “Bhè… I petali si librano nell’aria, e arrivano agli angeli.” “E loro?” “Loro? Loro li danno a papà.” “E lui che cosa ci fa?” “Lui? Costruisce una città.” “Quale?” “Quella delle margherite.”
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Questa storia è dedicata alla mia nonna materna. Si chiamava Margherita.

 

 

Capitolo 1° : LEI… LEI SA’!

 

 

Scotland Yard.

 

Rumore.

Rumore di fascicoli sfogliati e di tasti di computer schiacciati.

Rumore di telefonate continue all’ 1212 per emergenze vere o false che fossero.

Rumore di chiacchierate tra colleghe sui figli o sulla casa o sui mariti.

Rumore di  conversazioni tra colleghi sul lavoro o sulle mogli o sulla prossima partita di poker da fare il giovedì, accompagnato da della buona birra.

Rumore di tacchi, che…

Tacchi?

 

La porta si aprì di scatto e un ragazzo con i capelli color miele disse trafelato

 

“Hei! Sta arrivando!”

 

E detto questo prese un carrello ed incominciò a distribuire la posta come se niente fosse successo.

Molti altri lo presero d’esempio. Un fremito di passi agitati e di sospiri scocciati si diffuse per la stanza. Donne e uomini in giacca da lavoro e in camicia incominciarono a fare finta di sfogliare fascicoli o di completare alcuni identikit.

Altri prendevano caffé o acqua aspettando… Aspettando lei. Solo per vederla o semplicemente per respirarne l’essenza.

 

“Non vi conviene stare li a far niente. Lei ricorda, lei annota sull’agenda, lai scocca occhiatacce, lei riferisce, lei sente tutto, lei… Lei sa.” disse una donna dai capelli neri e gli occhi gialli.

“Ma smettila di dire stupidaggini Simone. Ha talmente tante cose per la testa che non si ricorda quasi come si chiama. Non succederà niente. E smettila di fumarti le canne. Lo sai che fa male alla salute.” le disse un uomo. Era molto bello, castano con gli occhi azzurri dalle fattezze celestiali. Alto, muscoloso e con il distintivo tirato a lucido ben visibile.

“Fai quello che vuoi Scott. Ma.. non ti conviene dire quelle cose. E… io non fumo un bel niente. Al contrario di te. E a quanto vedo non fai solo quello. Quante prostitute ti sei fatto ieri notte? Quattro? Cinque? Oh, non mi dire che sono addirittura sei?! Ma sei un mandrillo!”

“Senti stronzetta, io…”

 

La porta a vetri si aprì di scatto.

Un rumore di tacchi si propagò per la stanza, seguiti subito dalla figura di una donna.

Era alta e magra. I lineamenti del suo viso erano dolci e morbidi, smorzati però dalla decisione e ira che i suoi occhi, color cioccolato, esprimevano.

I capelli erano castani ricci. Alcuni boccoli ribelli le accarezzavano il viso, dondolando al ritmo sostenuto dei passi. Avvolta da una tenue nuvola di profumo egiziano, faceva voltare le teste di molti, affascinati dalla sua bellezza e allo stesso tempo terrorizzati dalla sua autorevolezza.

Aveva una giacca di lino blu aperta, da cui si poteva chiaramente vedere una camicia bianca che le avvolgeva il petto.

Aveva un paio di pantaloni a imbuto blu notte di cotone che coprivano le scarpe, nere lucide di tacco medio alto, fino sotto il tallone.

Con una mano reggeva alcuni fascicoli strettamente riservati e l’altra era libera, vicino alla borsa di cotone rigido, dal manico lungo, che le strusciava contro la coscia.

Le sue labbra serrate erano coperte da una passata di rossetto rosso scuro. I suoi occhi erano risaltati da una linea di matita e un ombretto color ambra scura. Con fierezza camminava vero il suo ufficio mentre alcuni colleghi la guardavano aspettando un ordine o anche solo un cenno: erano pronti a seguirla.

Lei, Hermione Granger, era la numero uno.

 

Scoccò un occhiataccia a Scott che deglutì vistosamente. Fece dei cenni ad alcuni che erano alle proprie scrivanie a lavorare seriamente, che ricambiarono il saluto con brevi sorrisi.

 

La Granger aprì la porta dell’ufficio, gettando lo sguardo sul tavolo vuoto della sua segretaria.

Chiuse la porta con uno scatto rabbioso. Scostò la tendina e vide la donna dai capelli rosso scuro, Manny, sghignazzare come un oca verso Scott, che le sorrideva mandandole dei baci con la mano.

La Granger fece un ghigno e tirò giù la veneziana.

Appese la borsa sull’attaccapanni di legno scuro. Si sedette sulla sedia girevole  e sprofondò nella sua morbidezza. Si spinse con i piedi e fece due o tre giri, chiudendo gli occhi.

Qualcuno bussò.

Aprì gli occhi e con uno scatto si fermò. Si ricompose, aprì un cassetto tirando fuori una agenda abbastanza grande, foderata di pelle opaca arancione. Prese una penna dal porta oggetti, schiacciò il pulsante e disse “Avanti.”

La porta si aprì e Simone fece capolino con un sorriso largo e felice.

 

“Salve signorina Wilson. Cosa desidera?”

“Bè, volevo solo dirle che il signor Scott, non la smette di chiamarmi cannata.”

“Non preoccuparti Simone. Ho già preso provvedimenti. Dunque… Oggi alla macchina del caffè c’erano: Baxter, Atkins, Norton e … Longfellow. Ah, e ovviamente Scott. Devi dirmi altro Simone?” le chiese mentre segnava con la penna i nomi sull’agenda.

“No capo. Grazie ed arrivederci.” disse la donna. Si voltò e si richiuse la porta alle spalle.

 

La riccia posò la penna sul tavolo e si adagiò comodamente nella poltrona. Quella Simone era proprio strana. Una bella ragazza con alcune caratteristiche alquanto… lunatiche. Se si poteva dire quella ragazza era come una sua fan sfegatata e alquanto strana.

La seguiva ovunque e teneva sempre il suo lungo naso in mezzo ai vecchi fascicoli di casi risolti brillantemente da lei e dai suoi colleghi più fedeli. All’inizio era sempre timorosa, sempre a tremare come una foglia… Poi alla morte di Iris, era come rinata. Non le rovesciava più il caffé addosso o non le metteva la mostarda al posto della salsa verde italiana, il pesto, sulla pasta.

 

Iris… Già, Iris.

 

L’amica, anzi, l’unica persona che si fosse avvicinata così tanto alla sua persona e che potesse veramente chiamare amica. Iris si era sposata con Aubrey Sterne, suo stimato collega e amico pochi mesi prima di quella notte.

Quella notte…

 

FLASHBACK

 

Avevamo appena chiuso un caso di omicidio, quello della maestra d’asilo Sandra Vickers uccisa dal padre di un bambino, perché non accettava i soldi per assicurare il figlio ad una buona scuola elementare… Un pazzo.

Ci salutammo in fretta. Lei doveva andare al Europa Restaurante, per festeggiare il suo compleanno.

Mi ricordo di averle regalato una spilla con una rosa.

Le scrissi nel biglietto: L’amicizia è l’unico cemento capace di tenere assieme il mondo.

Mi aveva abbracciato. Ed io ero felice.

Io andai a casa, prendendo la macchina. Mi offri di accompagnarla davanti al ristorante ma lei rifiutò, dicendomi che ci saremmo riviste presto. Disse che mi avrebbe telefonato.

Io le sorrisi e fuggii via, sulla mia potente macchina: una Panda, della Fiat, marca italiana.

Arrivai a casa poco dopo e mi svaccai sul divano in tuta e con una scatola di gelato alla nocciola, il mio preferito… Mi addormentai in poco tempo con il cucchiaio a mezz’aria.

Ricevetti una telefonata in piena notte.

“Pronto?” risposi assonnata

“Herm… Sono Rupert” mi rispose un uomo dall’altra parte del telefono

“Oh, dimmi capo.” dissi alzandomi preoccupata

“Herm… mi dispiace così tanto” mi sussurrò. Aggrottai le sopracciglia. Non mi aveva detto ‘non chiamarmi capo.’ La faccenda si faceva complicata. Anzi, paurosa

“Herm… Iris… è….” disse il capo tristemente. Lo interruppi. Non volevo sapere. Volevo essere lì.

“Dove siete.” gli chiesi con voce dura.

“Di fronte al Europa Restaurante. C’è anche Aubrey

“Arrivo subito. Aspettatemi.”e riagganciai il telefono

Non mi vestii neanche. Mi misi una giacca pesante, infilai le un paio di scarpe da ginnastica e mi scapicollai in garage.

“Moto o macchina, moto o macchina, moto…”

Rifermai di fronte alla mia moto. Una Honda bianca da corsa, bellissima. La misi in moto e attesi l’apertura del garage. E partii a tutta birra.

 

Il vento mi accarezzava la faccia e i capelli frustavano l’aria. Non avevo nemmeno il casco.

Superai Scotland Yard e girai a destra percorrendo tutta la via. In fondo alla strada c’era il ristorante. Vidi luci e sentii il rumore delle sirene.

Frenaii vicino al nastro giallo e lo attraversai.

 

Un agente fece per fermarmi, ma cambiò idea: era Scott. Mi fece un sorriso falso e pieno di rancore e ilarità. Si spostò e vidi ciò che mi fece rabbrividire. Un corpo inerme di una donna in una pozza di sangue. Mi avvicinai spintonando tutte le persone che tentavano di fermarmi.

Mi inginocchiai vicino al corpo: era stato investito più volte e da varie angolazioni. Le ossa erano tutte rotte e alcune formavano dei bozzi nella pelle. Lo stomaco era stato perforato da un pugnale e la faccia era stata sfregiata da qualcosa di appuntito, forse lo stesso arnese che era conficcato nella pancia.

Mi voltai verso il capo  e Aubrey, che piangeva disperato.

Mi chinai su Iris e le diedi un delicato bacio sulla guancia. Adagiai il suo corpo su di me ed incominciai a dondolarla, come se fosse una neonata.

Aubrey mi vide e si avvicinò. Piangendo mi disse

“Per sempre insieme?”  e in attesa di una risposta si affiancò a me e prese la mano di Iris nella sua.

Aspettai. Aspettai così tanto… Alcuni colleghi mi tolsero via il corpo di Iris dalle braccia, e io rimasi lì con Aubrey, a fissare la pozza di sangue. Notai però una cosa: un anello con un serpente. Negli occhi c’erano degli smeraldi ed il corpo era argento. Lo presi e lo misi in tasca.

Mi alzai, seguita da Aubrey.

“Per sempre insieme” gli dissi. E in quel momento ebbi paura.

Tornai a casa e  piansi. Tutto il mio dolore, tutta la frustrazione che il lavoro mi dava, tutte le delusioni d’amore… tutto.

 

FINE FLASHBACK

 

La riccia prese una foto dalla cornice semplice, di ebano. Una donna dai capelli color miele e gli occhi marroni, vestita da sposa, le sorrideva. Era affiancata da un uomo dai capelli neri e gli occhi verdi, vestito da sposo. In basso a destra c’era scritto “Aubrey e Iris. Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già? ”  Hermione sorrise.

Con uno scatto la segretaria aprì la porta.

La castana la scrutò accigliata.

 

“Percaso ti sei dimenticata che devi bussare prima di entrare?”

“Mi scusi signorina, non sapevo che fosse qui.” sussurrò la ragazza spaventata.

“Ci credo. Eri a spassartela con Scott. Che cosa vuoi?” chiese divertita alla segretaria che era sbiancata di colpo.

“Le volevo portare la posta” sussurrò appoggiando alcune lettere sulla scrivania.

“Mi scuso ancora. Arrivederci.” e detto ciò chiuse la porta.

 

“Stupida ragazzina”

Bussarono nuovamente.

“Che c’è!” urlò la donna

La porta si aprì ed un uomo alto e grosso la scrutava con un sopracciglio alzato

“Oh, capo! Scusami. La mia segretaria è una sciocca.”

“Herm, non chiamarmi capo. Il tuo uomo ha colpito ancora”

“Ancora? Dove?”chiesi scocciata. Le uccisioni di quell'uomo erano diventati di routine, oramai

“A casa di Helen Mithchel. È morta. Lei e la governante.”

 

La riccia si alzò, prese a sua borsa e uscì dalla porta, seguita a ruota dal capo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Bene bene… si prospetta una storia interessante, che ne dite? Questo è il mio primo poliziesco thriller. Spero che vi piaccia.

Non chiedetemi da dove mi sia uscita sta storia. Perché non lo so nemmeno io!!!

Recensite

Besi a tutti.

BP

  
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