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Autore: KuromiAkira    25/09/2007    3 recensioni
All’alba sarebbero dovuti ripartire ed erano già le 2 del mattino. Dovevano assolutamente dormire.
Ma dopo una grande guerra come quella in corso, chi riesce più a dormire la notte?
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I ninja sono considerate macchina da guerra eppure sono solo esseri umani.
Hanno un cuore che batte, dei sentimenti, delle lacrime che scendono a ogni vittima.
Hanno bisogno di mangiare e di dormire e non sempre ci riescono, dopo una battaglia.
E dopo una grande guerra come quella in corso, chi riesce più a dormire la notte?


La notte diventa un fastidio perché il silenzio permette al ricordo delle urla di sentirsi ancora, il buio permette al sangue di farsi di nuovo vedere.



Immaginazione, ricordi che fanno ancora troppo male.
Soprattutto se le urla erano di un amico, se il sangue apparteneva a una persona cara.

E lì, in quell’ edificio buio e silenzioso, la mente dei ninja rimasti era proiettata proprio su quei terribili ricordi, anche chi cercava di tenersi occupato preparando lo zaino per il giorno successivo come Naruto, chi si prendeva cura dei feriti come Sakura, chi guardava fuori dalla finestra come Kakashi e Morino, nonostante fuori non si vedesse altro che distruzione, chi cercava di prendere sonno, steso per terra senza coperta né cuscino come Shikamaru.

All’alba sarebbero dovuti ripartire ed erano già le 2 del mattino. Dovevano assolutamente dormire.
Lo pensavano tutti, cercavano di costringersi a chiudere gli occhi e a non pensare, a non pensare ai loro amici, mentre i pensieri andavano a Lee, Choji, Anko e Shizune, che neanche 20 ore prima erano lì con loro e che ora avevano la consapevolezza di non poter rivedere mai più, nemmeno i loro corpi senza vita che erano lontano, in mezzo a quelli dei nemici.


Ma se avessero potuto vederli avrebbe fatto ancora più male.



E la guerra, finita quello stesso giorno, da Konoha, non aveva permesso a nessuno di piangere e sfogarsi, il dolore e la frustrazione erano ancora lì, e nessuno sapeva come liberarsene.
Ormai tutti avevano ormai rinunciato a distrarsi, cercavano solo di concentrarsi e di prendere sonno, fatica vana, da quando per dormire c’è bisogno di concentrarsi?


Erano fastidiose, le tenebre, perché ti lasciano solo, in balia di sentimenti che non si possono controllare.
In fondo, se si potessero controllare completamente, non sarebbero veri sentimenti.



Naruto si era appoggiato contro il suo zaino e guardava il pavimento, Sakura era accanto a lui, rannicchiata su se stessa, col viso nascosto dalle ginocchia, anche Kakashi aveva smesso di guardare fuori.
Si erano tutti rassegnati, nessuno fiatava più, in attesa del sonno o dell’alba che li avrebbe finalmente portati fuori da quell’inferno, fatti ritornare a Konoha, lì, dove avrebbero potuto dare sfogo alle lacrime quanto volevano.


Perché un ninja non deve mai mostrare i propri sentimenti, non in missione.



E tutti probabilmente avrebbero preferito essere veramente delle macchine, macchine senza sentimenti, senza paura, senza indecisioni, solo macchine da guerra, create per uccidere.

E c’era chi invece era uscito fuori, si era seduto sul tetto, guardava il cielo dondolando le gambe a mezz’aria, cercando di osservare solo le stelle e i tetti delle case, cercando di non piangere.
E quando il vento prendeva a soffiare troppo forte si limitava a scostarsi dal viso le ciocche di capelli dorati, portando poi la mano a stringere la stoffa viola della gonna, a muovere le gambe più velocemente, a serrare gli occhi quando le lacrime minacciavano di scendere sul suo bel volto.

Ino era uscita da quella stanza buia cercando di scappare da quell’inferno, rifugiandosi in un inferno ancora peggiore, era fuggita dall’oscurità buttandosi in tenebre ancora più fitte, tutto pur di non sentire l’aria di muta disperazione che vedeva negli occhi dei suoi amici, nei quali si rispecchiava il suo stesso sguardo, uguale al loro.

A un tratto, quasi non rendendosene conto, il suo guardo andò a posarsi al suolo, coperto da sangue e corpi e immediatamente le lacrime cominciarono a scendere, percorrendo le guance e cadendo sul dorso delle mani, ancora chiuse in un pugno.

Cominciò a cantare, con una voce per nulla intaccata dai singhiozzi, una voce troppo fin troppo dolce per appartenere a una col suo carattere e che tuttavia le stava benissimo.

Una dolce ninna nanna che solo lei e i suoi amici potevano ormai sentire, che si espandeva per tutto il villaggio ormai privato dai suoi abitanti, deserto.

E nella stanza l’aria stava facendosi sempre meno pesante, lasciando che gli sguardi di stupore nel sentire quella melodia improvvisa, diventassero più rilassati e rassegnati.

E quando si resero conto di non riuscire più a pensare a nulla, quando senza concentrarsi la stanchezza prendeva il sopravvento su di loro, quando i ricordi si facevano sempre meno nitidi avevano già chiuso tutti gli occhi e si erano abbandonati in un sonno profondo lì, in quelle tenebre così fitte, così fastidiose, che lasciavano entrare ogni ricordo doloroso ma che cambiava, sulle note di una ninna nanna, diventando solo il silenzio che cullava il sonno di chi, nonostante tutto, non sarebbe mai diventato una fredda macchina da guerra.




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È uscita dal nulla questa one-short… ero triste e arrabbiata… stavo ascoltando una canzone molto dolce e triste… e mi è venuta l’ispirazione.
Diciamo che mi son sfogata. Ora mi sento anche meglio.
  
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