Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: KuromiAkira    09/03/2013    2 recensioni
E invece era successo.
Tuttavia, un po' per testardaggine, un po' per dovere, si era recato lo stesso gli allenamenti. In fondo, lui era pur sempre uno dei capitani più forti della Aliea; se si fosse fatto sopraffare da qualche linea di febbre non avrebbe mai potuto sperare di poter conquistare il mondo, no?
[Gran/Reize + Ulvida]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Isabelle/Reina, Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
E, alla fine, era successo.
Se n'era reso conto quella mattina, quando, dopo molti indugi, era riuscito a trovare la voglia di alzarsi dal letto e si era accorto di essere molto, molto stanco.
Il padre li aveva avvertiti che i primi tempi, rimanendo a stretto contatto col meteorite, sarebbero potuti stare male. E, infatti, durante quelle settimane, un po' tutti avevano accusato febbre o malori vari.
Ma lui ancora non aveva avuto nulla e, dopo circa un mese, aveva cominciato, persino con un certo orgoglio, a pensare che sarebbe stato l'unico a non avere ripercussioni.
E invece era successo.
Tuttavia, un po' per testardaggine, un po' per dovere, si era recato lo stesso gli allenamenti. In fondo, lui era pur sempre uno dei capitani più forti della Aliea; se si fosse fatto sopraffare da qualche linea di febbre non avrebbe mai potuto sperare di poter conquistare il mondo, no?

- Sei un idiota! - lo sgridò Ulvida, in piedi davanti alla panchina su cui aveva fatto sedere il capitano, dopo aver notato come barcollasse. - Cosa diavolo speri di ottenere venendo gli allenamenti in queste condizioni? Hai la febbre alta e ti reggi a malapena in piedi. Nostro padre si era raccomandato di stare a letto in questi casi. Non fare il grande uomo - continuò.
- Ulvida, urlarmi nelle orecchie non mi aiuterà - le fece notare Gran, mentre continuava a guardarla con sguardo vacuo. Gli girava la testa e qualsiasi rumore troppo forte lo percepiva come uno spillo nel cervello.
La ragazza sospirò e gli tese la mano. - D'accordo, ma ora vai in camera tua e riposati - gli consigliò, in tono più gentile e calmo.
Ma il ragazzo dai capelli rossi scosse la testa e si alzò da solo.
- Non c'è bisogno che mi accompagni, torna ad allenarti - mormorò, sorridendole. - Ti lascio il comando della squadra - concluse infine, cercando di allontanarsi.
Nel vederlo però sbandare pericolosamente, la centrocampista della Gaia si avvicinò e lo sostenne.
- Non ce la farai ad arrivare da solo nella tua stanza - lo riprese, con rinnovata severità.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un mugolio di dissenso, restio all'idea di doversi fare aiutare da qualcuno per camminare. Se suo padre l'avesse saputo, anche se l'uomo era assolutamente consapevole che anche il capitano della Gaia non sarebbe stato immune ai malori, forse si sarebbe sentito deluso. Era pur sempre il capitano della squadra più forte.
Ulvida, pensando a quanto fosse stupida quella resistenza, riuscì a portarlo dentro i corridoi dell'edificio, praticamente quasi trascinandocelo a forza; poi notò Reize, la cui squadra aveva da poco finito di allenarsi, uscire dagli spogliatoi e decise di lasciare a lui l'onere di far rientrare Gran in camera.
- Al momento giusto! - esclamò quindi, ignorando la smorfia quasi dolorante del compagno di squadra e fermandosi. - Reize, accompagna Gran nella sua stanza. Come vedi, sta poco bene - ordinò.
- Non ce n'è bisogno - insistette il capitano della Gaia, ricevendo un'occhiataccia da parte della sorella adottiva. Sospirò, rassegnato. Odiava sentirsi, ed essere, così debole.
- Ulvida-sama, con tutto il rispetto, io non posso entrare in quell'ala dell'accademia - fece notare invece Reize, avvicinandosi e guardando il superiore con preoccupazione.
La ragazza, notando l'espressione sul volto del capitano della Gemini Storm e pensando che negli ultimi tempi fosse un evento più unico che raro che il ragazzino mostrasse dei sentimenti, gli sorrise.
- Non preoccuparti: ti do io l'autorizzazione ad entrare negli alloggi della Gaia - lo rassicurò, avvicinando Gran all'altro ragazzo che, senza più alcuna altra scelta, cinse la vita del superiore col braccio, sorreggendolo.
Poi, pur evidentemente a disagio, accennò un inchino di saluto con la testa e si voltò, dirigendosi verso le camere.
Ulvida si trattenne qualche istante a osservarli, piegò le labbra verso l'alto mentre scuoteva la testa e incrociò le braccia al petto - Se è Reize ad accompagnarti non ti lamenti, eh Hiroto? - mormorò, prima di tornare in campo.

Il capitano della Gemini Storm, reggendo senza alcuna fatica Gran, arrivò velocemente a destinazione.
Non aveva incontrato nessuno, quindi non aveva dovuto dare alcuna spiegazione e, quando le porte automatiche si aprirono, non gli fu difficile far stendere il superiore sul letto.
Con ritrovata, ostentata, indifferenza Reize osservò il ragazzo, che teneva gli occhi chiusi e respirava pesantemente. Il ragazzo dai capelli verdi si guardò attorno, riflettendo sul fatto che, forse, era meglio non lasciarlo dormire con la scomoda divisa. Scosse poi la testa, scacciando il pensiero: non aveva il permesso di cambiarlo e, inoltre, sarebbe stato troppo imbarazzante.
- Con permesso, Gran-sama - bisbigliò allora, certo che l'altro non si fosse ancora addormentato. Si voltò verso l'uscita ma, immediatamente dopo, si sentì afferrare per il polso.
Si rigirò quindi verso Gran, ma l'altro non aveva ancora aperto gli occhi. - Resta - sussurrò, tuttavia. La mano del capitano della Gaia scivolò in quella di Reize e le loro dita si intrecciarono. Sentendosi improvvisamente più sereno, il ragazzo dai capelli rossi si addormentò subito dopo.

Quando Gran riaprì gli occhi, era già buio. La prima cosa che notò furono le stelle da oltre la finestra.
Si accorse di una mano sulla sua fronte solo quando questa smise di carezzargli la frangia e, vagamente confuso, il ragazzo voltò la testa verso sinistra.
Illuminato solo dalla luce arancione dell'abat-jour, Reize sedeva sul letto e fissava il superiore senza particolare espressione, quasi fosse addirittura assorto in chissà quali pensieri. L'arto rimase immobile fin quando il capitano della Gemini Storm non si rese conto che l'altro si era svegliato, poi la ritrasse e distolse lo sguardo. L'altra mano, però, stringeva ancora quella del capitano della Gaia.
Gran ricordò velocemente cos'era successo e si mise a sedere.
- Reize... - mormorò, stupito. - Che ore sono? - domandò poi, portandosi la mano destra sulla tempia.
- Le dieci di sera - gli rispose l'altro, tornando a guardarlo. - Sembra che la febbre sia scesa un po'. Come si sente, adesso? - domandò, alzandosi e lasciando la presa dell'arto del superiore. Quest'ultimo ne sentì subito la mancanza.
- Un po' meglio - rispose, sedendosi in modo più composto e osservando il sottoposto. Gli sembrò quasi di tornare al passato, quando erano piccoli.
Essendo cresciuti in un orfanotrofio insieme a più di cinquanta bambini, infatti, più volte all'anno scoppiavano delle vere e proprie epidemie di influenza.
Siccome Hiroto e Ryuuji erano sempre insieme, ogni volta si ammalavano negli stessi giorni e, durante quel periodo, continuavano a rimanere l'uno accanto all'altro, anche di notte.
Negli anni precedenti, quindi, al ragazzo con i capelli rossi era capitato parecchie volte di svegliarsi con accanto l'amico; spesso si rendevano conto solo al risveglio di essere rimasti mano nella mano tutto il tempo e, nel constatarlo, ridevano.
Nel ricordare quei particolari, Gran sorrise.
- Sei sempre rimasto qui? Non sei nemmeno sceso per cenare? - domandò, quasi felice.
- Certo - rispose Reize, distogliendo ancora lo sguardo. - Me l'ha ordinato. -
Nel sentire quella precisazione, Gran aprì leggermente la bocca, sorpreso. Poi aggrottò le sopraciglia e, infine, piegò la testa verso il basso, amareggiato.
- Ah - disse solo, stringendo i pugni sulle lenzuola.
Decisamente, aveva fatto male a porre quella domanda e, ancor di più, aveva sbagliato a illudersi di essere tornato ai vecchi tempi.
Reize non era Midorikawa. Poteva sembrare strano, perché in effetti erano la stessa persona; ma, semplicemente, Reize e Midorikawa erano troppo diversi per essere considerati tali.
Il capitano della Gemini Storm era sempre impassibile e ubbidiente, si ostinava a seguire sempre e solo gli ordini, anche quando non era necessario.
E, sopratutto, non rideva mai. Da quando il progetto Aliea era iniziato, infatti, il ragazzo dai capelli verdi non aveva mai nemmeno sorriso.
Reize non gli piaceva. Preferiva Midorikawa, che era sempre allegro e agiva seguendo il proprio cuore.
In quel momento, forse a causa della malattia, il capitano della Gaia non pensava al fatto che lui, in quel momento, doveva essere Gran, alieno della Aliea Academy. E Gran non si interessava a certe cose. A Gran bastava che Reize assolvesse i compiti assegnatigli dal loro padre.
Ma non era Gran ad essere rimasto in qualche modo ferito. A esserlo era il bambino che, in quei ricordi, amava svegliarsi con accanto il proprio migliore amico; era il ragazzo che, quel giorno, aveva voluto riavercelo accanto, quell'amico.
Reize non piaceva a Hiroto. Era Hiroto a rivolere Midorikawa.
- Non era un ordine - precisò il capitano della Gaia stendendosi ancora e girandosi di lato, dando le spalle al collega, deluso e, in qualche modo, arrabbiato.
Reize non rispose, lo fissò con curiosità, avendo percepito quella collera nella voce solitamente calma dell'altro.
- Devo andarmene? - domandò, insicuro.
- Fai come vuoi - sbottò il capitano di grado Master, non volendo che se ne andasse ma, al contempo, cercando di evitare di dire qualcosa che potesse essere preso come un ordine.
Chiuse gli occhi, aspettandosi che l'altro uscisse dalla stanza. Ma la porta automatica non fece alcun rumore.
Gran si voltò appena all'indietro, giusto in tempo per vedere il sottoposto risedersi sul bordo del letto, dandogli a sua volta le spalle, e poggiare la mano sinistra sul materasso, vicino al corpo del superiore, in una posizione troppo innaturale per non essere stato fatto apposta.
Tornò a osservare davanti a sé qualche istante, indeciso, poi si ristese alla posizione originaria e, senza dire nulla, tornò a stringere la mano di Reize, sentendosi nuovamente come quando era bambino.





Note finali: come dire... sono le tre e mezza del pomeriggio ed è già successo di tutto.
Non sto bene, la sfiga ha colpito tipo tre-quattro volte oggi e sono anche incavolata.
Almeno sono riuscita a mettere su scritto l'idea che mi è venuta stamattina.
Dico sempre che la Aliea e la HiroMido mi ispira angst e poi finisco per scrivere quasi sempre fluff. XD Va beh. Questa, però, è anche un poco malinconica.
Mi piace pensare Gran in questo modo, con Hiroto che ogni tanto ritorna e lo manda in crisi. Reize, invece, no. Midorikawa non si mostra mai XD Il problema di Gran/Hiroto è proprio questo. Ma non significa che Midorikawa non ci sia, in fondo al cuore di Reize.
Mi piacerebbe che la Level 5 mostrasse anche alcuni momenti dentro la Aliea...
Spero non ci siano errori! Word, che di solito uso solo per copia/incollare e vedere se mi sottolinea in rosso le parole, mi si chiudeva appena osavo aprirlo.
Di solito ci mette un po' per chiudersi e faccio in tempo a correggere il testo, questa volta, invece, mi sono dovuta affidare solo ai miei occhi. E, siccome sono malaticcia, non sono certa di cosa vedessero XD Comunque, ho riletto più volte e più volte ho corretto, spero di non aver tralasciato nulla.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: KuromiAkira