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Autore: Kitri    09/03/2013    10 recensioni
"Ancora una volta il ragazzo non rispose. Si limitò a seguire con gli occhi quella meraviglia, che passando davanti al suo tavolo non si era sottratta ad un nuovo gioco di sguardi, regalandogli l’ultima intensa emozione".
Un colpo di fulmine e una serie di coincidenze, un amore che porterà i due protagonisti a riscoprire se stessi.
La mia prima fanfiction!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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UN ARRIVO INATTESO 
 
 
«La colazione è pronta, dormigliona!» la svegliò dolcemente Mamoru, baciandole la spalla.
Quella mattina si era alzato presto, allegro come non mai.
«Uffa, ma che ore sono?» chiese lei, ancora mezza addormentata.
«Sono le sette e dobbiamo andare a lavorare».
«Le sette ?!? – gridò lei – Ma il mio turno inizia alle dieci! Lasciami dormire ancora un po’, ho tanto sonno».
Mamoru sorrise divertito. Usagi sembrava proprio una bambina in quel momento.
Una scintilla di desiderio si accese nei suoi occhi.
Decise che la colazione poteva aspettare.
Si infilò sotto le coperte e l’abbracciò, piano cominciò a baciarle prima le spalle, poi il collo e il viso, mentre con le mani le accarezzava le gambe e il ventre.
«Mamoru, smettila! Voglio dormire» sussurrò lei con un filo di voce.
«No» le rispose lui, mentre continuava a baciarla e con le mani risaliva famelico, fino al morbido seno di lei.
La sua eccitazione cresceva a mano a mano che Usagi cominciava a cedere.
La sentiva reagire ai suoi tocchi e il suo respiro diventava sempre più intenso.
«L’hai voluto tu, Chiba!» esclamò all’improvviso la ragazza, voltandosi di scatto verso di lui.
Lo spinse supino sul letto e si posizionò a cavalcioni su di lui.
«Ehi, calma, così mi fai paura!» la prese in giro ridendo, ancora più eccitato da questo suo modo brusco di prendere l’iniziativa.
«Adesso sono cavoli tuoi, dottore!» disse lei sensualissima, alzando le braccia per sfilarsi il top e chinandosi a baciarlo.
Lo sguardo di Mamoru si accese ancora di più, mentre un sorriso malizioso compariva sul suo bel viso.
«No, no. Adesso sono cavoli tuoi, dottoressa!».
E così dicendo la avvolse con le sue forti braccia per farla sua ancora una volta.
 
«Dimmi che sono l’unico, Usagi - le sussurrò lui, con il fiato corto, mentre godeva di lei che si muoveva avida e sensuale sopra di lui - Mi sento impazzire al solo pensiero che qualcun altro possa vederti così».
La ragazza, a tale richiesta, avvertì una morsa che le stringeva il cuore e lo stomaco.
Lo guardò negli occhi con intensità e, prendendogli il viso tra le mani, lo baciò.
«Ci sei solo tu, Mamoru».
E a quelle parole sussurrate così, come una promessa, insieme si abbandonarono al culmine del piacere.
 
Se ne stava sdraiata a pancia sotto, con gli occhi chiusi, beandosi delle delicate carezze di Mamoru sulla sua schiena nuda.
«Quante amanti hai portato in questo letto?» esclamò con un’espressione birichina.
Mamoru sorrise, stupito da quella domanda così improvvisa e spontanea.
«Ci crederesti se ti dicessi che sei la prima che entra in casa mia? - le disse lui di rimando, con naturalezza, mentre Usagi sgranava gli occhi per la sorpresa. Poi continuò - Ti ho già detto che, fino all’altra sera, ho sempre voluto dormire da solo. Quindi, poiché non è carino mandar via una donna nel cuore della notte, ho sempre preferito che fossi io ad andarmene».
La ragazza ascoltava con attenzione.
«Un’altra prima volta?» gli chiese diffidente, piegando la testa di lato.
«Un’altra prima volta!» rispose lui deciso con un sorriso che a Usagi sembrò sincero.
Il suono insistente del campanello di casa li interruppe bruscamente.
«E adesso chi è?» chiese Usagi preoccupata, mettendosi a sedere al centro del letto.
«Non lo so - rispose lui, indossando alla svelta i pantaloni e la camicia, che lasciò aperta. - Resta qui, vado a vedere».
Quel modo fastidioso di bussare Mamoru l’avrebbe riconosciuto tra mille, ma, poiché non aveva avuto nessun preavviso, sperò di sbagliarsi.
 
«Amore mio!»
La donna, ancora molto bella nonostante l’età, l’aveva salutato saltandogli al collo e riempiendolo di baci.
«Ciao mamma - aveva risposto lui, cercando di liberarsi dalla sua stretta – Che ci fai qui? Non ti aspettavo».
«So che avrei dovuto avvisarti, ma ho preferito farti una sorpresa» disse lei, trascinando dentro casa la sua pesante valigia, che Mamoru guardò con disappunto, non promettendo nulla di buono. Quanto tempo aveva intenzione di fermarsi?
«Ci sei riuscita!» esclamò con un sorriso nervoso.
Voleva bene a sua madre, senza dubbio, ma vedersela piombare in casa all’improvviso, senza un’adeguata preparazione psicologica, non era certo il massimo.
«Il mio Mamo-chan! Fatti vedere! Ti fai sempre più bello!» esclamò ancora la donna, osservando suo figlio con quello sguardo d’amore che solo una mamma può avere.
Mamoru era infastidito e il pensiero di Usagi bloccata nella sua stanza lo rendeva ancora più nervoso.
«Mamma, – le disse conducendola nell’angolo cucina che costituiva un unico ambiente con il salotto – perché non prepari un bel caffè, mentre io finisco di prepararmi? Sai tra un po’ devo andare in ospedale».
E così dicendo, senza lasciarle neanche il tempo di rispondere, la abbandonò per raggiungere Usagi.
La ragazza, chiusa nella stanza di Mamoru, aveva sentito tutto e ora era in preda alla più totale agitazione.
«La cosa migliore da fare è che tu ti vesta e venga di là a conoscerla» le disse Mamoru cercando di farla ragionare.
«Conoscere tua madre?!? - esclamò lei quasi sconvolta – Neanche per sogno, mi vergogno! Cosa penserebbe di una donna che esce improvvisamente dalla camera da letto del suo Mamo-chan?» disse poi sottolineando con sarcasmo il vezzeggiativo usato poco prima da mamma Chiba.
«E che vuoi fare? Restartene nascosta in camera mia per giorni oppure calarti con una fune dal settimo piano? Guarda che ha una mentalità molto aperta e le farà sicuramente piacere conoscerti».
Sospirò nervosa, mentre andando su e giù per la stanza, pensava a cosa fare.
Mai come in quel momento Usagi desiderò possedere uno di quei favolosi poteri magici, come l’invisibilità o il teletrasporto. A malincuore fu costretta ad ammettere che Mamoru aveva ragione, non c’era altra scelta che uscire da quella stanza e presentarsi a sua madre.
«Questa me la paghi, Chiba!» disse lei, sbuffando al pensiero di ciò che stava per affrontare.
Mamoru sorrise divertito dall’espressione ridicola di Usagi.
«Vestiti ed esci! Stai tranquilla, ci sono io».
E dopo averle posato un bacio sulle labbra, la lasciò sola con il suo nervosismo.
 
«Mamma – disse lui non appena vide la ragazza uscire tentennante dalla sua stanza – Lei è Usagi».
La donna si voltò verso di lei, che se ne stava immobile e rossa come un peperone, vicino alla porta della camera da letto.
«Buongiorno, signora Chiba» fu l’unica frase che riuscì a pronunciare.
«Chiamami Kaori, cara» disse la madre di Mamoru andandole incontro sorridente e abbracciandola, come se la conoscesse da sempre.
Usagi, tra le braccia calorose della donna, guardò Mamoru quasi con odio, come se fosse lui l’artefice di tutto. Il ragazzo, intanto, non riusciva a trattenersi dal ridere per la comicità della scena.
«Vieni a sederti cara, c’è il caffè. E ho anche portato una bella crostata. Non sai che piacere è per me conoscere la fidanzata di mio figlio! Devo dire che sei molto bella, Mamoru ha davvero degli ottimi gusti».
«Ehm, ma io … ».
Usagi cercava di dire qualcosa, ma Kaori parlava a raffica e non le dava la minima possibilità di esprimersi.
«Solo un caffè, Usagi!» la prese in giro il giovane medico, rincarando la dose.
Sua madre era tremenda e Usagi era sul punto di morire per l’imbarazzo.
«Ti ho già detto che me la paghi?» sussurrò Usagi minacciosa, a denti stretti, passando accanto a Mamoru, mentre Kaori la trascinava per un braccio verso il tavolo della cucina e continuava a parlare.
«C’è anche la crostata di marmellata che ti piace tanto» fu la risposta ironica di Mamoru a quell’ennesima ridicola minaccia della ragazza. Poi le rivolse uno di quei bellissimi e innocenti sorrisi, ai quali proprio non sapeva resistere.
Rassegnata, Usagi prese posto accanto a lui per la colazione più rapida che ricordasse dai tempi del liceo.
«Ora devo scappare, si è fatto tardi!» esclamò dopo un paio di minuti pronta a fuggire via il più lontano possibile.
«Di già?» chiese Kaori un po’delusa.
«Mamma, anche Usagi è un medico, il suo turno inizia tra un po’ – disse alla fine Mamoru, quasi impietosito, per salvarla dalle grinfie di sua madre, che di lì a poco avrebbe iniziato l’interrogatorio. Poi rivolto a lei – Non vuoi che ti riaccompagni a casa a prendere la tua macchina?».
«No, ti ringrazio. Vado a piedi. Al ritorno mi farò dare un passaggio da Naru » rispose la ragazza che fremeva per andar via.
«Ok, ti accompagno alla porta».
Usagi salutò educatamente la signora Chiba e seguì Mamoru sull’uscio di casa.
«Scusa! Non immaginavo che piombasse così all’improvviso in casa mia – le disse lui chinandosi per baciarla – Ci vediamo dopo».
«Non ti scusare, - rispose Usagi con un sorriso ironico e decisamente più rilassato, bloccando il suo bacio con la mano - Tanto me la paghi lo stesso».
E così dicendo, andò via, lasciando Mamoru stupito e, al tempo stesso, curioso di sapere che tipo di punizione lei aveva in mente di infliggergli.
 
«Mi piace! – esclamò Kaori Chiba decisa, non appena suo figlio ebbe richiuso la porta – Credi che sia quella giusta?».
Il volto di Mamoru si fece serio.
“Sì, lo è, l’ho riconosciuta tra mille! Mi ha fatto letteralmente perdere la testa … ma ho paura che per lei non sia lo stesso!” pensò con un velo di malinconia.
«Non lo so! Mi piace … vedremo!» rispose, invece, vago, a sua madre, con la quale non era abituato a parlare di certe cose e non aveva certo intenzione di iniziare in quel momento.
Kaori lo guardò con un leggero sorriso sulle labbra, avendo capito perfettamente che aveva mentito. Da mamma, le era bastato poco più di mezz’ora per capire che c’era qualcosa di diverso in lui e, forse, proprio per merito di quella ragazza.
 
Mamoru era riuscito a sottrarsi alle attenzioni morbose di sue madre e ad arrivare puntuale al lavoro. Con la scusa di un improvviso turno di notte, era riuscito a evitare, almeno per quella sera, la consueta cena con lei al ristorante italiano più rinomato della Capitale, in cambio, però, di un molto più rapido e indolore pranzo alla mensa dell’ospedale. Lo scambio era più che vantaggioso. Nella mezz’ora della sua pausa pranzo, Mamoru sarebbe riuscito a gestire molto più facilmente la curiosità e l’esuberanza di sua madre e a evitare i soliti discorsi, tipo suo padre e il Natale in famiglia, e soprattutto l’argomento del giorno: Usagi.
E, a proposito di Usagi, doveva assolutamente trovarla per testare il suo umore. Aveva già idea di dove cercarla. Rapido, si diresse verso la stanza 104.
  •  
«Signora Watanabe! Come si sente questa mattina? Le fanno male i punti?» esclamò entrando nella stanza, gettando un’occhiata fugace a Usagi e sfoderando il suo sorriso affascinante verso entrambe le donne.
“Che buffone!” pensò Usagi divertita, mordendosi il labbro per non ridere.
Mamoru si avvicinò alla sua paziente e la visitò con cura, senza tralasciare niente. Era prima di tutto un medico scrupoloso e attento verso i suoi pazienti e non poteva certo dimenticarsene a causa dei suoi problemucci sentimentali.
«Ci ha fatto preoccupare molto ieri mattina – disse quando ebbe finito - Ma adesso i parametri sono nella norma e direi che il peggio è passato».
«Grazie a lei, dottore! E alle amorevoli attenzioni della dottoressa Tsukino» rispose la signora Watanabe, guardando con immensa gratitudine entrambi i medici.
Mamoru sorrise e guardò compiaciuto Usagi, che nel frattempo era arrossita. Un altro aspetto di lei che adorava.
«La dottoressa Tsukino è molto brava – disse rivolto alla sua paziente – con lei è in ottime mani. Darò disposizioni affinché sia l’unica ad assisterla fino alla sua guarigione».
Poi si rivolse ad Usagi.
«Hai due minuti? Ti dovrei parlare».
La ragazza lo seguì fuori dalla stanza nel corridoio.
«Da uno a dieci quanto sei arrabbiata?» le chiese a bassa voce con sguardo tenero.
Usagi abbozzò una specie di sorriso. Anche se l’arrabbiatura le era passata da un pezzo ed era consapevole che Mamoru non c’entrasse nulla, voleva giocare a mantenere il punto. Era troppo divertente vederlo così!
«Nove! - rispose lei – È stato uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita!».
«Dai, per farmi perdonare stasera ti porto a cena fuori» disse lui, quasi supplichevole.
«Il mio perdono non si compra con una cena, caro il mio dottor Chiba!» esclamò Usagi incrociando le braccia sul petto e guardandolo con un’espressione sfrontata.
«Ma io non voglio comprare il tuo perdono con una cena, per quello posso usare il dopocena!» le rispose lui malizioso facendole l’occhiolino.
Usagi scosse la testa sorridendo.
«Sei un buffone, Mamoru! – poi, facendosi più seria continuò - Comunque non sono arrabbiata, stavo scherzando. Il motivo per cui non voglio venire a cena con te è che non mi sentirei a mio agio alla portata di occhi indiscreti. Come non mi sento a mio agio adesso a continuare a ridere e scherzare con te, proprio nel bel mezzo di un corridoio dell’ospedale».
A quelle parole Mamoru aggrottò lo sguardo.
«Posso provare a capirti, Usagi, ma non credo ci sia molta differenza tra una cena in un ristorante e una birra al Crown».
«Mi dispiace, ma oggi ho deciso così! Cerca piuttosto di passare un po’di tempo con tua madre. È venuta qui solo per te e non è carino che tu l’abbandoni così».
Poi, senza aggiungere altro, se non una specie di sorriso spiacente, girò le spalle per tornare dentro dalla sua paziente, lasciandolo lì da solo e senza parole.
Davvero quella era la stessa Usagi con cui aveva dormito due notti di fila?
La sua lunaticità lo aveva lasciato di stucco. E poi nessuna donna aveva mai detto di no ad un suo invito supplichevole a cena, anzi, ripensandoci, quando mai aveva supplicato una donna? Era sempre stato il contrario ed era sempre stato lui a dire di no.
Sorrise sprezzante e scosse la testa incredulo. Usagi aveva davvero sconvolto la sua vita e i suoi equilibri in così poco tempo!
 
Era quasi ora di pranzo e Mamoru, trovandosi stranamente libero da impegni, aveva deciso di anticiparsi e andare alla mensa, onde evitare di ritrovarsi sua madre in reparto prima del previsto. Uscendo incrociò Motoki e Heles.
«Pranziamo insieme Chiba?» gli chiese Heles.
«Se non vi disturba la compagnia di una signora chiacchierona e invadente … » rispose lui scocciato.
«Tua madre è in città?» chiese Motoki con sarcasmo, capendo al volo.
«Già! Penso che sia venuta qui con il solito intento di convincermi a tornare a casa per trascorrere il Natale» disse Mamoru, quasi nauseato dal ricordo delle feste in compagnia della famiglia Chiba.
«Allora goditi il tuo pranzo, Mamoru!» esclamò Heles, che conosceva bene la signora Chiba e la sua esuberanza.
«Mi conviene andare, prima che … ».
Troppo tardi!
«Motoki, Heles! Come state?» la voce di Kaori giunse alle spalle di Mamoru.
«Che piacere vederla, signora Chiba!» la salutò Heles.
«Lei come sta?» chiese, invece, Motoki.
Mamoru sospirò e guardò i suoi amici sorridendo rassegnato.
«Come volete che stia? – rispose la donna - Dopo un viaggio così lungo per vedere mio figlio, sono costretta ad accontentarmi della sua pausa pranzo per stare con lui. Ma del resto ci sono abituata, anche con mio marito è sempre stato così».
Mamoru sbuffò. Eccola che cominciava a parlare di lui!
«Però, devo dire che stavolta Mamoru mi ha fatto trovare proprio una bella sorpresa a casa sua – continuò Kaori con un sorriso entusiasta, tra gli sguardi interrogativi dei tre ragazzi – Mi ha presentato Usagi, la sua fidanzata. Voi l’avete già conosciuta?».
Quest’ultima frase generò lo sconcerto totale.
Motoki e Heles si voltarono a guardare Mamoru con un sorriso beffardo, mentre il ragazzo, in difficoltà, si portò la mano sul viso e scosse la testa rassegnato. Era in momenti simili che si chiedeva se sua madre conoscesse il significato delle parole discrezione e riservatezza.
«Andiamo, mamma! - disse con un sospiro, prendendola sottobraccio per trascinarla via. Poi rivolto ai suoi amici, che continuavano a guardarlo divertiti, aggiunse - Sì, ok! Vi prometto che ne parleremo quanto prima».
E detto questo si allontanò con Kaori.
«Mamoru che dorme con una donna!» esclamò Motoki disorientato da quella scoperta.
«A casa sua!» aggiunse Heles ancora più perplessa.
«E la presenta a sua madre come la propria fidanzata!».
«Mi sa che abbiamo proprio un bel po’ di cose di cui parlare!».
Heles e Motoki erano a dir poco sbalorditi. Sicuramente si erano accorti del particolare interesse che il loro migliore amico nutriva nei confronti di Usagi, ma non immaginavano neanche lontanamente che si fosse spinto fino a quel punto e, soprattutto, così repentinamente. Lui, Mamoru Chiba, l’uomo di ghiaccio, cinico e distaccato, play-boy incallito, concentrato solo sul lavoro e sulla carriera, si era fatto mettere KO da una ragazzina in pochi giorni.
 
Usagi era stata impegnatissima tutto il giorno. Era stata chiamata ad assistere il dottor Furuhata (per lei l’ennesimo improvviso e incomprensibile cambiamento di programma!) e nei minuti liberi passava a controllare le condizioni della signora Watanabe. Però, lavorare tanto le faceva decisamente bene, l’aiutava a rilassarsi e a non pensare sempre alle stesse cose: Mamoru e il sesso favoloso con lui, l’infinità di sentimenti contrastanti che affollava la sua mente in quei giorni, l’arrivo della signora Chiba con relative conseguenze.
Era tardo pomeriggio. Stanchissima, se ne stava appoggiata al bancone a correggere la cartella clinica di un paziente, nella quale aveva trovato alcune imprecisioni, e la confrontava con i risultati delle analisi più recenti.
Mamoru la trovò lì, completamente assorta nel suo lavoro.
Non la vedeva dalla mattina e si fermò a osservarla. Con i suoi capelli biondi raccolti in una morbida treccia, i dolci occhi azzurri e la delicatezza dei suoi lineamenti avrebbe potuto indurre chiunque a pensare che fosse una creatura fragile e indifesa, ma lui aveva già imparato che Usagi era in realtà una donna forte e agguerrita.
Ed era bella, pericolosamente bella!
Sapeva benissimo che quel camice, che la faceva sembrare esile e magra, nascondeva un corpo sinuoso, curve morbide e calde che avrebbero fatto impazzire chiunque, lui per primo ne era vittima. Al solo pensiero di quel corpo, un istinto primordiale si impadronì di lui. Fantasticò di afferrarla con la forza e portarla nel suo ufficio, di possederla lì, magari sulla sua scrivania, solo per il piacere di sentirla gemere sotto di lui.
Il ragazzo cercò di mandar via quei pensieri poco casti e fuori luogo su di lei e rise di se stesso per come quella donna lo stesse facendo uscire di senno. Sì, forse stava impazzendo, ma era comunque felice, perché grazie a lei aveva scoperto sensazioni che non pensava potessero esistere, almeno non per lui. Tuttavia, quel suo essere così sfuggente e sempre pronta a volare via, all’improvviso, come se niente fosse, lo destabilizzava e gli faceva dono di un perenne velo di malinconia. Con quel suo atteggiamento, Usagi era capace di essere come la calda estate in un rigido dicembre, ma anche l’inverno più gelido in fondo al cuore di Mamoru.
Forse sentendosi osservata, Usagi alzò gli occhi dalle sue scartoffie e si voltò. Trovò Mamoru in piedi dietro di lei, fermo a pochi metri di distanza. I loro sguardi si incrociarono, si scambiarono un breve ma tenero sorriso complice.
Il giovane medico stava quasi per avvicinarsi a lei, per rinnovarle l’invito e poter così passare la serata insieme, e non a causa di quell’impulso che poco prima si era impadronito di lui. Desiderava semplicemente stare con lei perché sentiva già di non poterne più fare a meno. Ma, ricordandosi di come lei lo avesse respinto quella mattina, la ragione lo convinse che forse stava correndo troppo, mentre lei era rimasta ancora parecchio indietro.
Andò via senza una parola, mentre la ragazza lo seguiva con sguardo pensieroso.
  
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