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Autore: MikiBarakat96    09/03/2013    1 recensioni
Seguito di "So Wrong, it's Right" (non leggete se non avete prima letto l'altra).
Un anno dopo gli eventi successi nella prima storia, Stella, la sorella di Jack, è riuscita finalmente a realizzare il suo sogno e a superare la sua paura; la sua vita va a gonfie vele, sembra che niente possa andare male e invece ancora una volta si troverà a dover decidere fra la sua carriera e l'amore.
Le recensioni sono sempre bene accette :3
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Time Bomb-.
 
Al mio risveglio, il mattino dopo, non trovai Alex seduto vicino a me, ma una donna con un camice bianco che mi sorrideva come fossi stata un bambino… forse per lei lo ero visto che sembrava aver superato la mezza età da un po’.
<< Ben svegliata, piccola >>, mi disse. << Come ti senti? >>.
Mi misi seduta e sbattei più volte le palpebre per abituare gli occhi alla luce che inondava la camera. << Bene, mi è passato tutto >>, risposi constatando che non avevo ne mal di pancia ne mal di testa e mi sentivo molto più rilassata del giorno prima.
<< Fantastico, allora credo proprio che tu possa tronare a casa >>, disse la donna annuendo.
Casa era una parola grossa, sarei tornata solo dentro al bus, non a casa mia, in quella chissà quando ci sarei ritornata.
La donna mi portò un’abbondante colazione che mangiai solo per metà, troppo preoccupata di vomitare di nuovo, poi chiamò Cassadee che mi portò dei vestiti nuovi insieme al mio spazzolino e un accappatoio nel caso mi volessi fare una doccia; nonostante l’idea mi allettasse, decisi che la doccia me la sarei fatta nel bus, non vedevo l’ora di uscire da quella stanza.
Finalmente uscite dall’ospedale, Cassadee chiamò un taxi che ci portò in un albergo a quattro stelle, dove gli altri si erano fermati per la notte.
<< Alex è partito stamattina presto >>, mi informò Cassadee.
Annuii. << Mi ha detto che oggi aveva un’intervista alla quale non poteva mancare >>.
<< Jack però è rimasto qui >>.  
La guardai sorpresa. << Davvero? >>.
<< Si, ha detto che voleva rimanere per parlarti e che l’intervista era solo per Alex non per tutto il gruppo >>.
Mi sentì sollevata al pensiero che Jack fosse rimasto, per vari motivi: perché dovevamo ancora discutere del nostro litigio, perché il giorno prima non ci eravamo visti, perché così avrebbe passato un po’ di tempo con Debbie e perché non mi sarebbe dispiaciuto passare un po’ di tempo con il mio fratellone come ai vecchi tempi.
<< È decisamente una buona notizia, non vedo l’ora di vederlo >>, sorrisi dirigendomi di corsa verso l’ascensore. << A che piano è la sua camera? >>, chiesi girandomi verso Cass che era rimasta indietro.
Aspettò di avermi raggiunta prima di rispondermi. << Scusami ma adesso non puoi vedere Jack, c’è una cosa che dobbiamo fare >>.
La guardai accigliata, poi mi ricordai. << Oh certo, tu e Debbie dovete vuotare il sacco >>, dissi mentre l’ascensore si apriva e il mio stomaco si attorcigliava in un fastidiosa nodo.
Cassadee annuì. << Debbie ci aspetta nella tua camera che poi è anche la nostra visto che è una tripla >>.
Spinse il pulsante del secondo piano e l’ascensore partì.
<< Una tripla? Quindi… Debbie ha dormito con te? >>, le chiesi.
Mi guardò confusa. << Si… perché? >>.
Non so se sarei stata felice di sapere che Jack e Debbie avessero di nuovo dormito insieme, perché quella situazione mi puzzava ancora di sbagliato, ma forse sarei stata felice per loro che al contrario di me si era divertiti per una notte invece di passarla in un lettino d’ospedale.
Mi strinsi nelle spalle. << Chiedevo solamente >>.
Mi rivolse un’occhiata divertita. << Lo so che stavi pensando che io e Debbie che dormiamo nella stessa stanza senza azzuffarci è un miracolo >>.
Non lo avevo neanche lontanamente pensato Cass.
Pensai, ma stetti al gioco per evitare di farle scoprire segreti che dovevano rimanere tali. << Si, in effetti è un miracolo e mi fa piacere che andiate d’accordo >>.
<< È più un sopportarsi a vicenda >>, mi corresse.
<< Tra un po’ sarete migliori amiche >>, scherzai.
Sbuffò. << Sogna ragazza, sogna >>.
Arrivammo al secondo piano e Cassadee mi fece strada verso la nostra camera che era grande, bianca, pulita... niente male, meglio dell’ultima che avevamo preso a Londra.
Debbie era seduta su uno dei tre letti a leggere un giornalino, non appena mi vide saltò giù dal letto e mi venne ad abbracciare come se non mi vedesse da anni. Ricambiai l’abbraccio.
<< Tella, sono così felice che tu sia uscita >>, mi disse. << Stai bene, vero? Niente giramenti di testa, niente nausea? >>, mi chiese una volta sciolto l’abbraccio.
Stavo per rispondere ma Cassadee prese la parola guardando storto Debbie. << Dacci un taglio con le domande, sta benissimo >>.
Debbie ricambiò l’occhiataccia e tornò a guardare me con un sorriso teso che non mi convinse per niente.
<< Allora, volete iniziarmi a spiegare? >>, chiesi andandomi a sedere sul letto più vicino.
Cassadee e Debbie si posizionarono davanti a me e iniziarono a guardarsi un po’ incerte, poi dopo quella che mi sembrò una lunga discussione silenziosa, Cassadee prese la parola. << Stella, ieri ci hai detto che stavi male perché ti stava per venire il ciclo... >>.
Annuii guardando prima l’una e poi l’altra. << Si >>.
<< Quando ti è venuto l’ultima volta? >>, mi chiese Debbie.
Ci pensai su più di qualche minuto visto che non ero solita segnarmi il giorno in cui mi arrivava il ciclo, ero più una ragazza che aspettava che le arrivassero senza tenere conto dei giorni e che veniva avvertita da quegli orribili dolori alla pancia. << Mi sembra verso i primi del mese scorso >>.
Cassadee mi guardò strabuzzando gli occhi. << Hai un ritardo di diciassette giorni e neanche te ne sei accorta! >>, esclamò con un tono quasi accusatorio.
Mi strinsi nelle spalle. << Non tengo il conto dei giorni >>.
<< Dovresti >>, sbuffò Debbie. << Non ti viene in mente nulla pensando al fatto che hai un ritardo anche di molti giorni? >>.
Mi era capitato anche diverse volte di avere un ritardo del ciclo, ma si era trattato solo di pochi giorni, non di diciassette. Mi sentì lo stomaco capovolgersi ed un’idea si andò piano piano a formare nella mia testa, ma lottai con tutta me stessa per non ascoltarla, perché era meglio così. << Che ho un semplice ritardo ma che tra un po’ il ciclo arriverà? >>, chiesi accorgendomi persino io di quanto il mio tono era sembrato insicuro.
<< Un mese fa hai rivisto Alex >>, disse Cassadee tornando a parlare in tono normale anche se i suoi occhi tradivano una brutta, brutta preoccupazione.
Deglutì a fatica sperando di mandare giù oltre che la saliva anche tutte le parole che avevo appena ascoltato. Non riuscivo a credere a quello che stavano dicendo, era… completamente assurdo!  Come era potuto accadere? Erano davvero sicure di quello che stavano dicendo? Si trattava forse di uno scherzo stupido?
Mentre quelle domande continuavano a vagarmi nella mente, mi ricordai del bagno fatto insieme ad Alex e di quello che era successo dopo… senza preservativo.
Mi venne da vomitare. Mi alzai da letto e mi diressi verso il balcone per prendere un po’ d’aria, improvvisamente mi sembrava di non sapere più come si facesse a respirare.
<< Tella? >>, mi chiamò Debbie.
Mi girai e la guardai. << Non abbiamo usato precauzioni >>, dissi infilandomi le mani nelle tasche dei jeans
visto che avevano iniziato a tremare.
Debbie sembrò scioccata.
<< Non è stata una cosa premeditata… >>. Ripensai a come quando l’avevamo fatto venti minuti prima mi ero ricordata del preservativo e dopo invece me ne ero dimenticata completamente come un’idiota. Mi nascosi il viso tra le mani e cercai di fare dei profondi respiri. << Mi sono scordata… sono un’idiota >>.
Mentre continuavo a respirare lentamente, sentì una mano posarsi sulla mia spalla. << Non è ancora sicuro, il dottore ha detto che possiamo fare il test per verificare >>.
Alzai la faccia dalle mani e la guardai con le sopracciglia aggrottate. Lo sapevamo tutte e due che di solito si faceva prima il test e poi si andava dal medico per accertarsi che la gravidanza fosse vera e non il contrario, ma probabilmente quello di Debbie era solo un tentativo di farmi sperare ancora che tutto quello fosse solo uno sbaglio… e io avrei tanto voluto crederci, avrei voluto essere convinta al cento percento che non era possibile perché io e Alex avevamo sempre usato le precauzioni, ma non era vero e non potevo mentire alla verità.
Decisi comunque di stare al “gioco”, tanto cosa mi sarebbe costato fare il test? Potevo pur sempre continuare a sperare, potevo attaccarmi a quel bastoncino di plastica che era la mia ultima speranza per continuare la mia vita senza un nuovo problema.
<< Avete il test? >>, chiesi.
Cassadee annuì e andò verso la sua valigia dalla quale cacciò una scatolina rettangolare color celeste che mi passò.
Strinsi tra le mani la scatola e mi diressi verso il bagno continuando a respirare molto lentamente per cercare di mantenermi calma e non lasciarmi prendere dal panico che sapevo sarebbe arrivato molto presto, una volta che il mio cervello avesse registrato tutto quello che stava accadendo e tutte le sue conseguenze.
Sulla scatolina c’era scritto “leggere le istruzioni prima dell’uso” ; nonostante sapessi come funzionava visto che lo avevo visto in milioni di film, decisi di guadagnare qualche altro minuto prima di scoprire qual era la verità anche se la sapevo già.
Seguì alla lettera le istruzioni e una volta finito appoggiai il test sul bordo del lavandino. Dovevo aspettare quattro minuti, i quattro minuti più strazianti della mia vita probabilmente.
Aprì la porta del bagno, Cassadee e Debbie erano sedute su uno dei letti in silenzio con sul viso la stesse espressione di terrore e preoccupazione che avevo io.
<< Quattro minuti >>, dissi guardando l’orologio che portavo al polso.
Annuirono.
Inspiegabilmente mi venne in mente la canzone di Madonna e Justin Timberlake “4 Minutes” e mi venne quasi da ridere mentre me la canticchiavo per far passare in fretta quei minuti. Nella canzone Justin diceva che aveva solo 4 minuti per salvare il mondo… io avevo solo quattro minuti per sperare di salvare… me stessa.
Erano passati due minuti. Solo due minuti. I secondi continuavano a scorrere sul mio orologio. Tic Tac. Tic Tac. Trenata. Trentuno. Trentadue. Trentatré. I battiti del mio cuore si adattavano benissimo a quel ticchettio che ormai sentivo rimbombare nelle orecchie sempre più forte. Cinquantadue. Cinquantatré. Cinquantaquattro. Cinquantacinque. Debbie e Cassadee restavano impalate a fissare il vuoto e questo mi metteva sempre più in agitazione. C’era troppo silenzio in quella stanza, troppa ansia, troppa attesa. Tre minuti. Sessanta secondi e la mia vita sarebbe potuta cambiare o restare quella che era. Non c’era nessuna speranza. Dovevo continuare a sperare.
Chiusi gli occhi.
Un più o un meno.
Due stupidi segni matematici che avevano il potere di farmi crollare.
Tic Tac.
Tic Tac.
Trenta secondi.
Venti.
Il tempo stava per scadere.
Mi avvicinai al lavandino e presi in mano il test. Mi sentivo come se avessi lo stomaco in gola, le mani mi tremavano senza sosta e il cuore era pronto ad esplodere come una bomba. Ero una bomba ad orologeria.
Dieci secondi e sarei esplosa.
Sapevo cosa sarebbe risultato dal test, ormai me lo sentivo dentro, non potevo negare la verità.
Cinque.
Deglutì rumorosamente.
Quattro.
Sii coraggiosa.
Tre.
Strinsi forte il test. Si intravedeva qualcosa al centro.
Due.
Le gambe mi tremarono.
Uno.
Ero scoppiata.
Come un palazzo quando viene abbattuto, caddi a terra senza più nessuna forza, senza più nessun pensiero razionale. Le lacrime uscirono violente dai miei occhi per andare a bagnare le guance e poi le ginocchia che mi ero stretta al petto come un riccio, per proteggermi.
Ero solo una ragazzina. E mi ero rovinata con le mie stesse mani.
Mi sentivo rotta, distrutta, non riuscivo a respirare, i singhiozzi m’impedivano di prendere ossigeno.
Cassadee e Debbie erano accanto a me, percepivo le loro voci, le loro mani, ma era come se fossero lontane anni luce. Ero sola. Non sentivo più nulla, mi rifiutavo di continuare a sentire qualsiasi cosa.
Bomba ad orologeria.
Non potevo tornare indietro.
Mi ripetei una frase mentre i minuti continuavano a passare senza nessuna importanza; quella frase era accompagnata dalla voce di Alex e una melodia.
Well there’s no way out of this.
Piansi per non so quanto, so solo che rimasi rannicchiata sul pavimento del bagno per quella che mi sembrò una vera eternità, per tanti di quei minuti che da un momento all’altro mi aspettavo di veder calare il buio. Ma non successe. Quando smisi di piangere era passata solo un’ora e gli occhi mi facevano così male che non riuscivo neanche a tenerli aperti o a vedere chiaramente quello che c’era intorno a me.
<< Tella?! Per favore, dì qualcosa >>, sentì pregarmi Debbie e nonostante la vista appannata riuscì a scorgere il suo viso proprio davanti a me.
Avrei voluto dirle qualcosa così che non continuasse a preoccuparsi, ma non ci riuscivo, mi sentivo talmente male che non sentivo neanche più gli arti, la lingua… sentivo solo il dolore agli occhi ed una straziante tristezza.
Sbattei varie volte le palpebre e riuscì finalmente a vedere il viso della mia migliore amica imbruttito dalla preoccupazione e rigato da alcune lacrime ancora fresche.
<< Sono… sono… sta… stata un’idiota >>, balbettai. << Avrei… dovuto ricordarmi… delle precauzioni e…  >>, singhiozzai, << e invece sono fregata >>, altre lacrime mi scesero sulle guance ed io appoggiai la testa al muro che avevo dietro per non guardare Debbie. Mi sentivo una delusione, per tutto, per tutti.
<< Tella, so che adesso sei sconvolta e anche se non sono mai stata in questa situazione, posso immaginare come ti senti e mi dispiace tanto, davvero, ma non ti puoi buttare giù in questo modo, possiamo risolvere la situazione >>.
<< E come? >>, sbottai. << Non ci sono soluzioni, la mia vita si complicherà ancora più di prima e sarà tutta colpa mia della mia stupida distrazione… sono una stupida! >>.
<< Auto insultarti non ti servirà a nulla >>, disse. << Okay, non si può tornare indietro, ormai è fatto, sei incinta, ma lo stesso se ti deprimi non risolvi nulla >>.
<< E cosa dovrei fare? Mettermi a saltare dalla gioia perché tra nove mesi dovrò occuparmi di un bambino quando anche io sono ancora una bambina?! >>.
<< Non sei una bambina, hai diciannove anni >>, mi corresse.
<< Sono comunque troppo giovane! E anche Alex, non penso davvero che in questo momento vorrebbe un bambino da me >>.
Improvvisamente sentì il terrore farsi largo dentro di me. Cosa avrebbe detto Alex? Ma domanda più importante: come avrei fatto io a dirglielo? Diamine aveva abbandonato un concerto per venire da me! Se gli avessi detto che ero incinta forse avrebbe lasciato tutto e questo non doveva succedere. Ora capì perché Cassadee e Debbie non l’avevano voluto dire ad Alex e Jack, perché sapevano che io non glielo avrei voluto dire una volta saputo il tutto.
Jack si sarebbe arrabbiato, lui sarebbe stato deluso da me perché ero stata un’irresponsabile e si sarebbe arrabbiato di nuovo con Alex.
Non avevo idea di come avrebbe reagito Alex, sapevo solo che avevo una gran paura di dirglielo. Non volevo che abbandonasse la band per stare dietro a me e… oddio non riuscivo neanche a pensarci… ma non volevo neanche che mi scaricasse con quel peso dentro la pancia. Probabilmente stavo impazzendo, perché Alex mi amava e non mi avrebbe mai lasciata solo a crescere… il bambino… oppure si?
La porta del bagno sbatté –non mi ero neanche accorta che fosse chiusa-, ma sulla soglia non c’era Cassadee come mi aspettavo, ma Jack che aveva l’aria preoccupata.
Bene, la giornata procedeva davvero bene.
Gli bastò guardarmi e guardare il test che qualcuno aveva rimesso sul lavandino per capire cosa stava succedendo. Cassadee era dietro di lui che guardava spaventata la scena. Incrociò il mio sguardo e mimò uno “scusa” con le labbra.
Debbie si alzò e si girò verso Jack che però continuava a guardare me con un’espressione talmente neutra che mi faceva venir voglia di ficcare la testa sotto terra come gli struzzi. Altre lacrime mi pizzicarono gli occhi e mentre le facevo cadere, distolsi lo sguardo da Jack che però continuò a guardarmi.
<< Jack, che ci fai qui? >>, gli chiese Debbie cercando di parlare in modo calmo.
<< Ero venuto per parlare con Stella del nostro litigio visto che George mi ha detto che era tornata dall’ospedale, ma… >>, guardò il test sul lavandino e la scatolina che era accanto, << a quanto pare c’è qualcos’altro di cui parlare >>.
Debbie fece un bel respiro. << Noi… volevamo dirtelo ma… >>.
Jack la interruppe con un gesto della mano. << Non mi servono le scuse, voglio parlare con Stella >>, disse in un tono così duro che mi fece sprofondare il cuore.
Debbie annuì lentamente, poi sorpassò Jack, ma prima di andarsene gli mise una mano su un braccio magro e gli sussurrò: << Non essere troppo duro >>.
Jack non batté ciglio e la porta dietro di lui si richiuse lentamente. Debbie mi rivolse un’ultima occhiata dispiaciuta.
Raccolsi le uniche forze che mi erano rimaste per alzarmi e darmi almeno un contegno, pronta ad affrontare il rimprovero di Jack. Mi asciugai le lacrime con le mani cercando di cancellarne il passaggio. Jack mi si avvicinò senza mai distogliere lo sguardo da me. << Sei incinta? >>, mi chiese senza far trasparire nulla dalla sua voce.
Annuii serrando gli occhi prima di scoppiare di nuovo a piangere. Non riuscivo a credere che con quella parola stesse descrivendo la mia situazione; non avevo neanche mai immaginato di rimanere incinta così presto, non era di certo un mio progetto per il futuro più immediato, mi ero sempre immaginata come cantante e fidanzata con Alex, ma mai con un bambino tra le braccia.
<< L’ho saputo solo stamattina, è per questo che ieri sono stata male >>, risposi riaprendo gli occhi ma tenendo comunque lo sguardo basso.
Jack annuì varie volte. << Come è potuto succedere? >>.
<< È colpa mia, è successo l’ultima volta che ci siamo visti, ho dimenticato il preservativo e… >>.
<< Non sei tu che devi mettere il preservativo! >>, sbottò Jack. << Non è una cosa di cui ti saresti dovuta preoccupare tu >>.
Scossi la testa. << E invece si, ci avrei dovuto pensare anche io >>.
Lo vidi stringere i pugni. << Non ci posso credere, davvero, è…  >>, scosse anche lui la testa.
<< Jack, mi dispiace >>, dissi con un groppo alla gola e le lacrime che mi bruciavano negli occhi.
Mi guardò quasi stupito, poi con mia sorpresa, mi cinse le spalle e mi avvicinò a lui stringendomi forte. Affondai la testa nel suo petto e ricominciai a piangere sentendo di non meritarmi tutta quella comprensione. << Ho rovinato tutto >>, dissi.
<< No, non è colpa tua Tell, è successo, alla persona sbagliata, ma è successo e non possiamo fare nulla >>.
<< Ti ho deluso Jack, ho deluso tutti >>.
<< Ma che dici?! >>.
Mi scostai dal suo petto per guardarlo negli occhi. << Pensa quando lo sapranno mamma e papà, come pensi che reagiranno? Mi abbracceranno e mi diranno che sono felici?! >>.
Jack non rispose nulla.
Scossi la testa. << Li ho delusi, loro si fidavano di me, pensavano che sarei stata attenta ma invece non lo sono stata >>.
<< Non continuare a prendertela con te stessa, non serve a nulla >>, disse asciugandomi una guancia bagnata.
<< Non riesco a smettere di pensare che sia colpa mia, perché ora… sarà tutto un casino, come faccio con i concerti? >>.
Scosse la testa e sciolse l’abbraccio. << Alex mi sentirà, non credere che la passerà liscia per quello che ha fatto >>.
Il panico si impadronì di me e quasi urlai mentre dicevo: << No! >>.
<< Cosa no? >>, chiese perplesso. << Non dovrei urlargli addosso che ha messo incinta mia sorella perché non si è ricordato di mettere il preservativo e ora siete tutti e due fottuti?! >>.
<< Non gli devi proprio dire nulla >>.
<< Perché no? >>.
Da una parte non era giusto che Alex non lo sapesse, ma volevo davvero rovinare anche lui? Volevo davvero farlo stare male quanto stavo male io? Volevo davvero che rinunciasse a tutto per me? Già io avrei dovuto abbandonare tutto perché non avevo scelta… avrei tanto voluto averla, avevo iniziato la mia carriera solo da un anno e le dovevo già dire addio.
<< Voglio solo che mantieni il segreto, per adesso non mi sento di dirglielo >>, dissi.
<< Ma… così sarà tutto sulle tue spalle… insomma… non puoi nasconderglielo, deve prendersi le sue responsabilità >>.
<< Jack, per favore >>, gli dissi. << Non ho detto che non glielo dirò mai, ho detto solo che per ora non ho intenzione di dirglielo >>. Lo guardai. << Io tengo il tuo segreto e tu tieni il mio >>.
Mi guardò leggermente storto, poi arrendendosi sospirò.  << Va bene, ma ora è meglio se pensiamo un po’ a cosa fare >>.
Scossi la testa. << Tu non devi pensare a nulla, devi tornare in Inghilterra >>.
<< Neanche per sogno! >>, esclamò alzando la voce. << Io non ti lascio in questo stato >>.
Sorrisi tristemente. << Devi, perché se non torni Alex capirà che c’è qualcosa che non va >>.
<< Non me ne frega un cazzo di quello che penserà Alex, io non ti lascio da sola, non adesso >>, mi guardò serio.
Gli accarezzai una guancia. << Non sarò da sola, Cassadee e Debbie saranno con me >>.
Andò avanti e indietro per il bagno poi tornò a fermarsi davanti a me. << Se ti senti male di nuovo voglio che mi chiami, voglio che per qualunque problema tu mi chiami senza esitazioni >>.
<< Lo farò >>, garantì.
Mi guardò negli occhi ed io notai che i suoi luccicavano leggermente. << Come posso lasciarti in questa merda? Sei la mia sorellina e… Dio! Pensavo che avrei avuto dei nipoti a cinquant’anni, non adesso! >>.
Mi bruciarono gli occhi. << Credimi anche io >>.
Mi abbracciò e io sprofondai di nuovo nel suo petto cercando di confortarmi. << Non sei una delusione per me >>.
<< Ti voglio bene >>, gli sussurrai.
<< Anche io, tanto >>, mi strinse di più a lui ed entrambi scoppiammo in lacrime, le sue poche e silenziose, le mie dolorose e disperate.
 
(Jack)
 
Debbie mi accompagnò fuori dalla stanza che condividevano con Stella così da permettere a Stella di riprendersi un po’ e lo stesso anche a me. Sapere che Stella era incinta era stato come fare una doccia fredda, mi ero sentito il sangue congelarsi nelle vene e il corpo paralizzarsi per qualche minuto. All’inizio ero stato preso da un moto di rabbia indescrivibile, ma subito era sparito quando avevo incrociato lo sguardo triste e doloroso di mia sorella. Non avevo mai pensato che l’accettare Alex e Stella come fidanzati mi avrebbe portato a questo, a diventare zio! Avevo solo ventiquattro anni e mia sorella solo diciannove. Se Alex fosse stato lì probabilmente lo avrei pestato di botte perché aveva messo mia sorella in quella situazione e perché non si era neanche accorto di non avere usato le precauzioni, ma per fortuna non  c’era ed io avevo un po’ di tempo per calmarmi e tornare da lui il più sorridente possibile così da non farlo preoccupare.
<< Tutto okay? >>, mi chiese Debbie fermandosi in un angolino del corridoio e sposando lo sguardo lucido verso di me.
<< Se per okay intendi che mia sorella è incinta del mio migliore amico, che io sono arrabbiato con lui ma che sono più arrabbiato del fatto che devo mentirgli anche su un’altra cosa oltre al fatto che sono innamorato di te… allora si, sono okay >>.
Debbie abbassò lo sguardo. << Non deve essere facile mentire ad Alex, soprattutto se vi siete sempre detti tutto >>, disse. << Lo capisco, anche tra me e Stella è così >>.
<< Lui dovrebbe saperlo, lo sai, vero? >>, le chiesi.
Era impensabile che Stella fosse incinta e non lo volesse dire ad Alex che era il padre e che secondo me doveva prendersi le sue responsabilità. Mia sorella era una stupida, se lo avesse detto ad Alex probabilmente non sarebbe stata così giù, anzi, insieme avrebbero potuto risolvere molti dei problemi che in quel momento lei si stava creando.
Debbie sospirò e mi guardò dispiaciuta. << Non glielo abbiamo detto perché ci sembrava più giusto che lo sapesse prima Stella… poi lei non glielo ha voluto dire >>.
Scossi la testa irritato. << Mia sorella fa sempre scelte idiote >>.
Debbie mi guardò storto. << È spaventata! >>, esclamò alzando la voce di qualche tono. << Come pensi ti sentiresti tu al suo posto? >>. Una lacrima le scivolò svelta sulla guancia ed io le asciugai con un dito la striscia bagnata che aveva lasciato dietro di se.
Feci un bel respiro. << Mi dispiace è… che sono sconvolto e arrabbiato, e anche preoccupato per Stella >>.
Debbie mi prese una mano tra le sue e mi l’accarezzò dolcemente facendomi un piccolo sorriso. << Lo so, ti capisco, non è una situazione facile per nessuno e anche io sono terribilmente preoccupata per lei>>.
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Il suo sorriso si fece più grande. << Se la caverà, le serve solo del tempo e poi io e Cassadee saremo qui con lei, fidati di noi, ce la sapremo cavare >>.
Le accarezzai una guancia. << Mi fido sempre di te, soprattutto quando si tratta di mia sorella >>.
Coprì la mia mano con la sua. << Allora torna dagli altri, tranquillo >>.
Posai le mie labbra sulle sue mentre le mie mani si intrecciavano nei suoi capelli. Il giorno prima avevamo avuto solo qualche momento da soli lontani da Alex e Cassadee, ma lo avevamo sfruttato al meglio recuperando tutto il tempo in cui eravamo stati lontani.
Negli ultimi tempi, Zack si era confidato con la band –una vera novità per noi- dicendo che sentiva Debbie distante, come se non lo amasse più e io avevo finto un forte mal di pancia per non dover essere costretto a dirgli qualcosa che lo incoraggiasse a non lasciarsi deprimere perché probabilmente era solo una sua impressione…  sarei stato un ipocrita se lo avessi incoraggiato e non volevo esserlo, mi costava già tantissimo mentirgli, ma cos’altro potevo fare? Amavo Debbie e nulla avrebbe cambiato i sentimenti che provavo per lei.
Allontanai le mie labbra dalle sue mentre dentro di me una vocina fastidiosa mi continuava a ripetere che ero un traditore e che Zack non si meritava quello che gli stavo facendo.
<< È meglio che vada a vedere gli orari degli aerei >>, dissi allontanandomi da lei nonostante fosse l’ultima cosa che volessi fare.
<< Vengo con te >>, disse e prima che potessi obiettare contro la mia volontà, le dita di Debbie si unirono alle mie e un sorriso felice e sincero mi spuntò sulle labbra.
Perché la cosa sbagliata era anche quella più bella? 
  
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