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Autore: Ariadne94    09/03/2013    0 recensioni
Questo è uno dei primi racconti semi-seri che ho scritto. E'nato nella sala d'aspetto di un reparto di neurochirurgia. Una ragazza, una psicosi, un ospedale psichiatrico. Commenti, critiche,consigli e recensioni sono ben accetti.
Buona lettura.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2555 giorni. 7 anni.
7 anni rinchiusa qua dentro. Tra queste 4 mura, a fissare il soffitto di cartongesso con le macchie d'umidità o il pavimento di linoleum verde.
Che differenza dalla mia vecchia vita, quella di 7 anni fa.
Ero perfetta.
Figlia perfetta, studentessa modello, ragazza perfetta.
Io ero perfetta, il mio modo di fare era perfetto, il mio modo di vestire, di camminare e di parlare.
Tutto perfetto. E in un solo momento, il tempo di un respiro, tutto è andato in frantumi.
Ricordo soltanto il mio riflesso nello specchio. Non avevo più una faccia. La mia perfezione era scomparsa. Dopo ci furono solo buio e grida.
Quando mi svegliai ero in questa stanza. Legata al letto dalle cinghie di contenimento. Fissavo quella grande macchia d'umidità sul soffitto e mi sembrava un topo. Io mi sentivo come un topo. Un topo in trappola. Mi tennero d'occhio e legata per alcuni giorni. Poi pian piano potei vagare liberamente tra le altre anime inquiete del reparto, non lo feci per molto. Vedevo specchi ovunque e ne ero terrorizzata. Così cominciai a restare chiusa nella mia stanza per tutto il giorno.
C'ero soltanto io. Nessuno specchio, nessuna voce.
Quando arrivava mia madre fingevo di dormire. Non sarei riuscita a parlarle, a vedere la delusione dipinta sul suo volto. Lei si sedeva sulla poltrona e aspettava. Ogni volta.
Quello era l'ennesimo giorno di visita e tutto si sarebbe ripetuto. Come un mantra. Era la mia vita ora e pensavo non sarebbe mai cambiata. Arrivò mia madre che mi ero già coricata, pronta a fingere di dormire per un paio d'ore. Ma questa volta lei non si sedette sulla vecchia poltrona consunta. Si avvicinò e mi accarezzò i capelli. Un brivido mi corse lungo tutto il corpo. Poi la sentii avvicinarsi alla piccola scrivania e appoggiarvi sopra qualcosa. E se ne andò. Restai ancora per un po' di minuti distesa a letto, confusa. Perchè? Perchè aveva interrotto il mio mantra?Mi alzai, e senza degnare di uno sguardo la scrivania, mi diressi in bagno. Mi infilai sotto il getto caldo della doccia: volevo che scivolasse via tutto. Il passato, con i suoi ricordi e la mia vita perfetta, il presente, con questa stanza, il linoleum verde, mia madre e l'interruzione della mia vita. E perchè no, anche il futuro. Volevo dimenticare tutto. Ogni cosa.
Quando uscii, però, accadde ciò che pensavo non sarebbe mai successo. Mi cadde l'occhio sulla scrivania e vidi cosa aveva lasciato mia madre. Il mio vecchio specchietto da trucco accompagnato da un biglietto: “buon compleanno bambina mia”. Le lacrime mi inondarono il volto e dopo 7 anni, 2555 giorni, rividi per la prima volta il mio viso. Ero sempre io.
I medici l'avevano detto che prima o poi avrei dovuto affrontare la cosa per superare la mia psicosi, ma mi ero sempre rifiutata di farlo. Avevo addirittura coperto gli specchi del bagno con degli asciugamani. E ora ero di nuovo là. Ero di nuovo io. Era tutto finito, il mio mantra, la mia routine apatica. Ero viva. Grazie a mia madre e il suo regalo di compleanno per me. Ancora non lo sapevo ma ci sarebbero voluti mesi prima che uscissi davvero da qui.
Ma la mia vita ricominciò. Come se non fosse mai accaduto nulla.
Per 7 anni, 2555 giorni, ero rimasta in stand-by, imprigionata nel limbo confuso della mia mente.
Ricominciai a vivere: la perfezione se ne era andata. Forse era sempre stato quello il problema. La mia perfezione. La perfezione che gli altri mi attribuivano. Era stata quella a distruggermi e ora, di punto in bianco, non c'era più.
Ero di nuovo io. Viva. Libera.
O almeno era ciò che credevo.
  
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