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Autore: Diemmeci    10/03/2013    10 recensioni
«Hai bisogno di aiuto?», un ragazzo mi sta venendo incontro, ma non riesco a vedere il suo volto per via del sole che mi sta accecando.
«Sono caduta e temo di essermi slogata la caviglia», informo il ragazzo, il quale riconosco all’istante e sobbalzo per la sorpresa.
Jensen Ackles. Seguo Supernatural da una vita ed ho sempre avuto una cotta per lui. Sento le guance prendere fuoco ed abbasso lo sguardo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dodicesimo capitolo.   

Ho passato la notte in camera, stretta tra le lenzuola del mio letto. Non ho fatto entrare Jensen, perché sapere che fra due giorni non sarà più qui con me fa male. Così tanto che preferisco tenerlo lontano da me. Adesso, però, è mattina e devo affrontarlo da persona matura. Non posso scappare.
Mi tiro a sedere sul letto, asciugando le lacrime che verso dalla sera prima. Mi faccio forza ed esco dalla camera, trovando Jensen disteso sul divano che guarda la televisione. «Ciao», sussurra, quando mi siedo sulla poltrona.
Devo avere un aspetto terribile. «Scusa se mi sono comportata così».
Si avvicina a me, avvolgendomi in un caloroso abbraccio. «Non scusarti. Non avrei dovuto dirtelo in quel modo brusco».
Scuoto la testa. «Hai fatto bene, invece. Prima o poi sarebbe arrivato questo momento, lo sappiamo entrambi».
«Già, solo che non pensavo che sarebbe arrivato così in fretta».
Gli sfioro la guancia, per poi prendere la sua testa fra le mie mani e lo bacio dolcemente. «Non dirlo a me».
Restiamo seduti un altro po’, poi il mio stomaco brontola. Mi alzo dalla poltrona e vado verso la cucina. Il problema, però, è che non ho fatto la spesa da quando siamo tornati, quindi non c’è nient’altro che formaggio.
Rido come una cretina, mentre elimino la parte malandata del formaggio. «Ho già controllato, c’è solo questo», Jensen entra in cucina, per poi indicare il formaggio che sto mangiando.
Sbuffo. «Dobbiamo andare a fare la spesa, credo», ridacchio.
«Stai meglio?», mi chiede con la sua voce profonda.
«Un po’», mento, accennando un sorriso.
Stritola le mie guance con le dita, sorridendomi. «Capisco quando menti, amore».
Amore. «Okay, è vero», ammetto. «Comunque, dopo aver fatto la spesa ti va di conoscere di mia madre?»
Sgrana gli occhi. «Dici davvero?»
«Si, ma se non vuoi ti capisco».
Scuote la testa, facendo intrecciare le nostre dita. Sposto lo sguardo sulle nostro mani e sorrido. «Sono felice di poterla conoscere, solo pensavo che volevi passare un po’ di tempo da soli».
«Abbiamo anche domani, no?»
«La sera parto», sussurra, provocandomi una fitta allo stomaco.
«Lo avevo dimenticato», mi do una manata in fronte, sentendomi una cretina per la seconda volta. «Hai preparato le valige?»
«Le preparo domani mattina».
«Okay».
Mi do una spinta, per poi mettermi a sedere sul tavolo. Jensen si posiziona davanti a me, tra le mie gambe, ed inizia a lasciare una scia di baci umidi lungo il mio collo. Gemo. «Ti ho già detto che profumi di limoni?», sussurra fra un bacio e l’altro.
Sorrido. «Si».
Quando, finalmente, torna a baciarmi sulle labbra posso ricambiare. Intreccio le gambe intorno al suo bacino. «Ti senti pronta a fare l’amore con me?»
Ridacchio, pensando che lo avesse capito. «Sissignore!»
Posa, delicatamente, le mani sul mio sedere e, tenendomi stretta a lui, cammina verso la camera da letto.
Chiude la porta e il resto del mondo rimane fuori.
Siamo solo io e lui.

«Per la terza volta: devi prendere la pasta De Cecco!», esclamo esasperata.
Stiamo facendo la spesa,ma a quanto pare Jensen non è in grado di trovare un pacco di pasta da solo. Sembra perso. «Ho capito, ma Barilla è buona lo stesso. O no?»
Mi do una manata in fronte. «Okay, lascia Barilla!»
Dopo un’ora e mezza riusciamo a raggiungere la cassa, e il nostro carrello trabocca di cose da mangiare. In casa non è rimasto più nulla.
Quando arriva in nostro turno, la cassiera ci guarda a bocca aperta e mi aspetto che urli , ma inizia a passare quello che abbiamo preso. Jensen si gratta la nuca in imbarazzo, forse perché la maggior parte delle persone è voltata verso di noi.  «Scusa, potresti farmi una autografo?», chiede la cassiera, porgendo a Jensen un pezzo di carta e una penna.
Lui annuisce, più che felice. «Ovviamente. Come ti chiami?», ma ci sta provando?
«Valentina», risponde, ridacchiando.
Quando ha finito di scrivere, do un’occhiata al foglio e riesco a leggere:
AValentina,
con tanto affetto
Jensen Ackles.
Ecco a cosa serviva il nome.
«Grazie, ciao!», esclama felice, prima che lasciamo il supermercato.
Una volta che siamo fuori, raggiungiamo la macchina e posiamo nel porta bagagli tutte le buste. «Tua madre sa che stiamo andando?», mi chiede, mentre mette in moto la macchina.
Annuisco. «Le ho mandato un messaggio prima».
«Non so nemmeno il suo nome. Come si chiama?», è curioso.
Abbasso lo sguardo sul cellulare, che segna l’arrivo di un messaggio. «Katia».
Apro il messaggio e lo leggo:

Rach, Camilla insiste nell’invitare te e Jensen domani a pranzo da noi.
Non siete obbligati, però fammi sapere al più presto.
Josè. Xx.


«Camilla ci ha invitati a pranzo a casa loro, domani», dico, attirando la sua attenzione.
Sul suo volto spunta un sorriso. «Mi sta simpatica quella ragazza. Josè è fortunato».
Per la prima volta sento una strana sensazione crescere dentro di me. Avverto la rabbia che bolle. «Davvero fortunato, si», fortunatamente non nota la mia ironia.
«Camilla è molto dolce, Josè la merita davvero», continua, facendomi arrabbiare ancora di più.
«Sei un cretino!», urlo, sbattendo i piedi sul cruscotto, come una bambina.
Jensen ride. «Ci sei cascata».
Sgrano gli occhi, non capendo. «Come?»
«Ti volevo fare ingelosire e ci sono riuscito!»
Gli do una pacca sulla spalla, sentendo la mia rabbia diminuire. «Fingevo», gli faccio la linguaccia.
«Si, fingevi proprio». Mi prende in giro, continuando a ridere.
Che cretino!
«Quindi», riprendo il discorso del pranzo, «andiamo o no?»
Storce le labbra. «A te va?»
«Da una parte si e l’altra no. Decidi tu, però».
«Allora andiamo. Ci farà bene stare tutti insieme», sorride.
Digito il messaggio a Josè e, dopo averlo inviato, sposto lo sguardo fuori dal finestrino. Sospiro.
«Rach, ma sei italiana perché hai un nome straniero?», mi chiede, cambiando argomento.
«Mia nonna era Americana e si chiamava Rachel, quindi mia madre ha voluto darmi questo nome», gli spiego.
«Hai fratelli o sorelle?», mi sta facendo il terzo grado.
Mi rattristo, annuendo. «Avevo un fratello».
«Avevi?»
«Se ne è andato cinque anni fa, purtroppo».
«Non lo sapevo, mi dispiace amore». Stringe la mia mano e un brivido percorre il mio braccio.
Ricambio la stretta. «Non potevi saperlo», accenno un sorriso. «Tu, invece,hai fratelli o sorelle?»
«Non eri una mia fan?», alza un sopracciglio.
«Ero, ora sono la tua ragazza e fingo di non sapere il tuo albero genealogico», ridacchio.
«Oh, davvero astuto. Comunque, ho un fratello e una sorella».
«E come si chiamano?», chiedo nuovamente, fingendo che non lo sappia, quando invece non è così.
«Joshua e Mackenzie», mi sorride, scuotendo la testa.
«Wow, non lo sapevo!», butto la testa all’indietro, ridendo.
«Come no!», Jensen si unisce alla mia risata.

«Rachel, che bello vederti!», mia madre avvolge le esili braccia intorno al mio corpo.
Vederla, dopo molto tempo, mi fa stare bene, perché lei ci sarà sempre per me. E sempre c’è stata. «Ciao mamma».
Jensen sfoggia il suo miglior sorriso e le porge la mano. «Salve, io sono Jensen».
Mia madre gli sorride e la stringe. «Katia, tanto piacere!»
Ci fa accomodare in salotto, ma prima di sedersi sul divano va in cucina a prendere qualcosa da mangiare. Quando ha ospiti, ad esempio come ora, offre sempre la stessa cosa: la crostata.
«Siete identiche», nota Jensen, disegnando cerchi immaginari sul dorso della mia mano.
Annuisco. «Lo so», ridacchio.
Mia madre torna in sala e porta un vassoio, su cui ci sono tre fette di crostata. Sorrido, perché lo avevo previsto. «La crostata di mia madre è la migliore!», faccio l’occhiolino a Jensen, prendendo un pezzo di crostata e assaggiandone un pezzo. Deliziosa.
«Hai ragione», dice, dopo averla assaggiata. «In America il cibo non è così buono, purtroppo».
«Già», mia madre lo appoggia. «Allora, Jensen, sei l’attore che interpreta Dean Winchester in Supernatural, esatto?»
Le ho sempre parlato di lui, perché è stato il mio primo amore platonico ed anche reale, a quanto pare. Lui annuisce. «Esatto».
Sul suo volto appare un sorriso. «Rachel mi parlava sempre di te, quando viveva ancora qui. Ti amava alla follia!»
Arrossisco violentemente. Come ha potuto dire una cosa del genere? Le lancio un’occhiata che, se avesse potuto, l’avrebbe incenerita. Sposto lo sguardo su Jensen, il quale mi sorride e capisce che stavo morendo di vergogna. «Rachel è meravigliosa», dice, guardandomi.
Mi sciolgo nel sentire quelle parole. Mia madre annuisce, dandogli ragione. «Già».
Sprofondo nel divano, appoggiando le ginocchia al petto. Il mio sguardo va a finire su un punto impreciso e per un secondo immagino che la nostra relazione sia come tutte le altre. Immagino che Jensen non deve andarsene e che resterà con me. Immagino io e lui sposati,magari con dei bambini. «Allora, cosa ne pensi Rachel?», Jensen mi scuote.
Torno alla realtà. «Cosa?»
«A che pensavi, tesoro?», mia madre mi sorride, posandomi una mano sul ginocchio.
«A nulla», mento, sentendomi a disagio al pensiero di dover dire a cosa pensavo davvero.
«Okay. Dicevo a tua madre che domani sera partirò e non appena posso torno e magari veniamo qui a cena».
Accenno un sorriso. «Va bene».
Mia madre si alza dal divano e sposta lo sguardo sull’orologio appeso alla parete. Segna le undici e mezza, quindi deve andare a messa. «Mi dispiace molto, ma devo andare a messa». Si rivolge direttamente a Jensen. «Mi ha fatto davvero tanto piacere conoscerti, bel ragazzo. Ci vediamo presto, mi raccomando!», gli da una pacca sulla spalla. «Tesoro», mi abbraccia, «torna a trovarmi quando vuoi».
«Certo, a presto mamma», le do un bacio sulla guancia.
Usciamo di casa e la prima cosa che faccio è baciare Jensen. Ho un bisogno tremendo di sentirlo mio, completamente. Lo stringo forte a me, come se potesse scivolare e andarsene per sempre. «Sono fottuta», sussurro, rendendomi conto che quello che sto per dire potrebbe complicare tutto.
«E perché?», mi sfiora la guancia.
«Io ti amo», confesso, abbassando lo sguardo ed aspetto chissà quale reazione.
Invece, due braccia mi avvolgono in un abbraccio. «Ti amo», sussurra, baciandomi dolcemente.

Non posso credere a quello che è accaduto poco fa.
Jensen ha confessato di amarmi e questo è decisamente la cosa migliore che potesse dirmi. Ora mi trovo in camera mia, distesa sul letto e attendo che Josè risponda alla mia chiamata. «Rach?», finalmente risponde.
«Ciao. Ti disturbo?», chiedo.
«Assolutamente no. Che fai di bello?»
Sorrido. «Sto sul letto. Devo dirti una cosa bellissima!»
«Non tenermi sulle spine e parla!», mi incita Josè.
«Poco fa, siamo andati a casa di mia madre e quando ce ne siamo andati non ce l’ho fatta più e ho confessato di amarlo. E indovina?», faccio una pausa. «Lui ricambia!»
Dall’altra parte della cornetta arriva un urlo. Rido. «È fantastico, Rach!»
«Già, ma c’è anche una cosa terribile che non sai», mi rattristo un po’.
«Sarebbe?»
«Jensen parte domani sera», ho un groppo alla gola, mentre pronuncio quelle parole.
«Di già?», Josè sembra esserci rimasto male. «E qual è il motivo di questa partenza anticipata?»
«Iniziamo le riprese della nuova stagione».
«Stai bene?», percepisco il terrore mentre parla. Ha paura che io stia male.
«Penso tu abbia capito come sto. Mi sento una merda».
«Ora dov’è Jensen?», chiede, cambiando discorso.
Accenno un sorriso. «Prepara il pranzo».
Dall’altra parte sento un urlo, ma non è proveniente da Josè. «Tesoro, devo lasciarti. Camilla vuole che la vada ad aiutare. A dopo!»
Raggiungo Jensen in cucina e, dato che non mi ha vista arrivare, lo abbraccio da dietro, facendolo sobbalzare. «Che cucini?», chiedo, sporgendomi oltre la sua spalla per sbirciare. Purtroppo sono troppo bassa e non riesco a vedere niente.
«La Carbonara».
Un buon profumo inebria le mie narici. «Uhm, sembra buona».
Mi stacco da lui, quindi si volta e cinge con le mani i miei fianchi. Appoggio la testa sul suo petto ed inspiro il suo profumo. «Saresti un ottimo marito», ridacchio.
«Ah, si?», accarezza i miei capelli, per poi lasciarci un bacio delicato.
Mi allontano da lui, sedendomi su uno sgabello. Lo guardo cucinare: sembra concentrato al massimo. «Se mi fissi mi metti in soggezione».
Alzo gli occhi al cielo, ridendo. «Scusami, amore».
«Oggi passiamo il resto della giornata insieme, nessuna scusa».
Mi metto a giocare con delle ciocche dei miei capelli. «Sissignore».
«Bene. Il pranzo è pronto», annuncia, applaudendo.
Rido, scuotendo la testa. «Spero non faccia schifo».
«Stai dubitando delle mie doti di grande cuoco?»
«Be’, devi ammettere che voi Americani cucinate da schifo», continuo a ridere, spingendo le mani sullo stomaco.
Mi stampa un bacio sulle labbra. «Quanto posso amarti?»

Spazio autrice:
ed ecco per voi il dodicesimo capitolo.
Spero vi piaccia khdfsfr attendo con ansia di sapere i vostri pareri.
Grazie per tutte le fantastiche recensioni che mi lasciate ogni volta, siete meravigliosi!♥♥

Diemmeci.



  
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