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Autore: _marty    10/03/2013    8 recensioni
Charlotte si porta dietro qualche cicatrice, tiene un paio di sogni tra le mani e prova ad amare, forse più forte degli altri, forse più intensamente. E' una di quelle ragazze che puoi trovare ovunque, per strada ad aspettare un treno, seduta in un bar a bere un caffè o forse in una panchina troppo intenta a leggere, troppo presa da ciò che sta facendo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bittersweet memories'
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Capitolo 4.


 

Era già passata un’ora e Charlotte era lì, su quel terrazzo, a parlare con uno sconosciuto. Erano rimasti in piedi per tutto quel tempo, ad una distanza ottimale, né troppo lontana ma nemmeno troppo vicina, lo spazio indispensabile per sentire le proprie parole. La prima impressione era stata che il ragazzo era più interessato a gustarsi la sua birra piuttosto che parlare con lei, ma poi quando aveva finito di bere aveva lanciato una corda verso Charlotte e lei, stranamente, aveva deciso di afferrarla, non al volo ma quasi. Era assurda quella situazione, se lo era detta più volte durante quell’ora, ma continuava ad andare avanti; trovava un certo conforto nel parlare con lui, a prescindere dai pochi attimi di silenzioso imbarazzo che aveva superato tranquillamente, senza problemi. Avevano parlato di tutto, dei loro problemi, delle idee che avevano e di tutti i sogni che un giorno avrebbero voluto veder realizzati, discorsi importanti con una persona appena conosciuta.
“E’ passata un’ora.”
“Di già?”
Il ragazzo le sorrise.
“Di già.”
Dopo tutto quel tempo continuavano ad indossare le loro maschere di plastica, nessuno dei due se l’era tolta per primo, forse per paura di essere giudicati o forse perché era più facile continuare a pensare di parlare con una persona incognita piuttosto che con qualcuno che abbia un viso ben delineato.
“Passa veloce il tempo con te.”
Continuò lui.
“So essere interessante quando voglio, ma sotto questa maschera non sono così.”
“E come sei?”
Charlotte prese un po’ di coraggio e si tolse, delicatamente, la maschera.
“Sarei così.”
Gli sorrise.
“Quella che ho appena tolto era la mia maschera della sincerità. Spesso tendo a trattenere le cose.”
“Vai benissimo anche così, te lo assicuro.”
Era un gioco di sguardi il loro, adesso lui era in grado di vederla interamente, come la ragazza che era, come Charlotte; solo con un tocco di sincerità in più. Quella maschera l’aveva resa più onesta, l’aveva aiutata a dire tutto, per una volta, a non omettere niente. L’ultimo punto era più che ricorrente nella sua vita, omettere per non ferire, per non ammettere le cose, per lasciare le cose come stavano e per far rimanere stabile quell’equilibrio precario. Lui, però, continuava a non mostrarsi; Charlotte aveva potuto sentire sincerità nelle sue parole, non c’erano pause nel suo parlare, tutto era stato detto di getto, tutto d’un fiato.
“Adesso vorrei capire cosa c’è sotto la tua, di maschera.”
Charlotte si avvicinò gradualmente, era decisa a togliergli la maschera, voleva vederlo, davvero; sorrise, passo dopo passo, e lui sfoderò il suo sorriso migliore.
“Potresti rimanere delusa.”
“Potrei non rimanere delusa.”
Aveva una voce profonda, a tratti ammaliante, accompagnata ad una minimica facciale che seguiva le sue parole; poteva sentirlo ridere attraverso il suo sguardo, il suo mento, le sue labbra. Tendeva a scandire bene ogni parola, dare la giusta tonalità; o aveva avuto una buona insegnante di fonetica alle elementari, oppure aveva seguito uno di quei corsi teatrali di dizione.
Erano quattro i passi che li avevano allontanati fino a quel momento, Charlotte continuò a guardarlo dritto negli occhi e poi allungò la mano, la vicinanza era troppa, il confine tra l’isola del ragazzo e quella della ragazza non era più definito e lui lo rese ancora più sbiadito. Superò quella barriera invisibile che entrambi avevano eretto e posò le sue labbra su quelle di Charlotte, non era sicuro che lei avrebbe ricambiato, si conoscevano da un’ora ma a lui sembrava che si conoscessero da una vita. Si era buttato, ci aveva provato e lei stava ricambiando quel bacio, stava mettendo ancora più legna sul fuoco, l’intensità di quel contatto era aumentata e continuava a salire di giri. Si interruppero un attimo per poi riprendere quel bacio, facendolo durare un’altra manciata di minuti. Non appena finirono si guardarono ancora, nessuno dei due sapeva chi dovesse cominciare per primo a parlare, a dire qualcosa.
“Adesso devo andare.”
Il ragazzo esordì per primo.
“Ma non ho visto nemmeno chi sei sotto la maschera.”
Lui iniziò ad allontanarsi.
“Meriti di meglio, Charlotte.”
Aveva detto il suo nome, lo sconosciuto a cui non aveva mai detto il suo nome, aveva appena pronunciato quelle nove lettere; lo guardò dritto negli occhi alla ricerca di una risposta ma lui si limitò a darle le spalle e dirigersi verso la porta. Adesso che lui non poteva vederla, si toccò con le dita le labbra, riusciva a sentire ancora quei baci, era ancora stupita ma non sapeva dove dirigere quello stupore: verso il nome mai pronunciato o verso il caos che le aveva lasciato? Realizzò che avrebbe dovuto seguirlo dopo averlo visto aprire la porta e chiudersela alle spalle, corse fino alla porta nonostante quei maledetti tacchi, la aprì ma di lui nessuna traccia, era stato inghiottito dai corpi che ballavano quasi avvinghiati nella pista da ballo.
“Charlotte!”
Sentì urlare Violet chiamandola, ma continuava a cercarlo, con gli occhi, con il corpo, con il cuore.
“Meno male che era solo una boccata d’aria fresca.”
Rivolse a Violet un’occhiata, le annuì velocemente e poi continuò la ricerca, tutto era in secondo piano, la musica troppo forte, l’ennesima canzone con troppi bassi, con troppo ritmo ma tutto era un sottofondo. Violet provò a chiedere un qualche tipo di informazione su cosa avesse fatto, dove fosse andata ma anche lei era stata messa da parte, poco dopo si convinse che fosse inutile cercare e prese ad ascoltare l’amica.
“Sono stata fuori più di un’ora, lo so. Adesso, però, possiamo andare?”
Quasi implorò l’amica.
“C’è troppa gente e si è fatto tardi.”
Vide Violet accennare un “sì” con la testa ed entrambe andarono a recuperare le giacche. Cercarono Mary per dieci minuti buoni ma di lei nessuna traccia, di sicuro era andata in qualche parte della casa con il ragazzo che aveva rimorchiato a metà serata. Poco prima di andare via cercarono la scatola da cui avevano preso le maschere, per posare le loro ma trovarono solo lo scatolone con le maschere dei ragazzi.
“Potremmo tenerla, tanto Mary non se ne ricorderà domani.”
“Facciamo così.”
Tagliò corto Charlotte.
D’un tratto la sua maschera, come se fosse presa da vita propria, scivolò dalle sue mani e lei si abbassò per raccoglierla cercando di non cadere maledicendo le scarpe poco comode, ancora una volta. Nel momento in cui si rialzò i suoi occhi si posarono sullo scatolo con le maschere dei ragazzi e in quel momento intravide la maschera colorata. Era quella indossata da lui e senza pensarci due volte, la afferrò: di quella sera le sarebbe rimasta qualcosa, insieme ai ricordi.


“Sei silenziosa da quando siamo saliti in macchina.”
Provò a dire Violet, cercando di fare parlare Charlotte.
“Lo so.”
“E cos’hai? Si può sapere?”
“Niente, ho preferito rimanere un po’ fuori in terrazzo. C’era troppa calca.”
“Questo ho potuto constatarlo anche con i miei occhi, solo che quando sei tornata eri diversa.”
“Già.”
“Siamo arrivate.”
“Buonanotte Violet.”
“Buonanotte Charlotte.”
“Domani mi spieghi, giusto?”
“Giusto.”
Scosse la mano salutando l’amica e poi si girò in direzione del portone di casa, aprì con le chiavi che sua madre le aveva regalato per il suo diciassettesimo compleanno, salì con l’ascensore fino al suo piano e poi entrò in casa. Un’ondata di aria calda la investì e prima di gironzolare per casa, per svolgere le solite attività post-festa, scese dai trampoli. Quelle malefiche scarpe, oltre ad essere scomode, erano rumorose e non voleva svegliare i suoi genitori per quel motivo. Infilò le pantofole con il testone gigante di Minnie prima nel piede destro e poi in quello sinistro, sfilò la borsa dal braccio e poi  la seguì il cappotto. Non aveva voglia di spogliarsi in quel momento, non aveva voglia di struccarsi, non aveva voglia di fare nulla, la stanza era immersa nel silenzio, lo stesso identico silenzio del terrazzo, di qualche ora prima.
Fu in quel momento che si sdraiò a terra, la testa inarcata verso destra, le braccia incrociate, ma non del tutto, vicino al petto e le gambe, le gambe erano ognuna in una posizione diversa ma piegate su stesse scaricando il peso sui piedi. Si sentì in imbarazzo per se stessa. Non sapeva definire lo stato in cui era, non sapeva se essere felice per la bella serata che aveva trascorso o arrabbiata perché aveva dato un bacio ad uno sconosciuto che tra l’altro non avrebbe più rivisto. Non sapeva se essere grata o furiosa nei confronti del ragazzo, non sapeva se l’avrebbe più visto, non sapeva come avrebbe fatto a riconoscerlo. Strisciò sui gomiti, verso la borsa che aveva fatto cadere a terra poco prima e recuperò la maschera. Aveva solo questa cosa di lui, una stupida maschera colorata che aveva pure preso in giro; si sdraiò nuovamente sul tappeto e iniziò a contemplarla.

Alla luce era ancora più bella.
Alla luce sembrava più colorata.
Alla luce sembrava più viva.

Viva, come si era sentita lei quella sera. Una maschera stava sciogliendo i nodi, le stava dicendo come sentirsi, le stava rendendo le cose più chiare. Era sicura che non lo avrebbe più rivisto, sapeva poco di lui, le aveva solo detto che anche lui andava all’università, che era intelligente ma si impegnava poco e che dopo la laurea voleva prendersi un anno sabatico per girare il mondo. Conosceva i suoi gusti musicali, il suo libro preferito ma nient’altro. Continuò a giocherellare con la maschera, passandosela tra le mani. Lui però sapeva chi era lei, aveva visto il suo volto, sapeva il suo nome, se lui l’avesse voluto, si sarebbero rincontrati. 








spazio autrice.
Il programma di postare un capitolo a settimana è un pò andato a farsi benedire ma non posso postare costantemente se il capitolo viene letto poco. Questo capitolo è molto più intenso rispetto agli altri, è strano essere arrivati già ad un momento importante della storia in pochi capitoli ma, come avrete capito non andrà tutto così bene per loro. Charlotte è invaghita e anche tantissimo, lo potete capire dalle sue parole e soprattutto ora è nel pallone, per la prima volta è qualcosa che non può controllare e la cosa la infastidisce tantissimo! Dato che siamo già al quarto capitolo mi piacerebbe sapere se secondo voi la storia sta prendendo una piega giusta, se la direzione che ho imboccato va bene e se "il tono" è lo stesso dal primo capitolo. Lascio a voi commenti, vi ringraziamo tantissimo per le recensioni, per tutte le letture e spero che questo capitolo vi piacerà ^^ Ho creato un gruppo su facebook relativo alla storia, potete iscrivervi e magari dire che state leggendo, cosa vi piace, non vi piace! Vedete voi ^^ Alla prossima!

Ringrazio _eterea_  che sta betando la storia.

   
 
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