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Autore: TheGreyJon    10/03/2013    1 recensioni
Questa storia non punta al realismo assoluto. Si tratta degli ultimi, brevissimi istanti di vita di un uomo, dilatati nella sua mente fino a diventare interminabili. Quello che ho voluto fare è presentarvi una persona sostanzialmente debole di mente e carattere, assolutamente insignificante che rivive, poco prima di essere investita da un treno, un ricordo molto vivido del suo passato che aveva cercato di lasciarsi alle spalle. Non sono mai stato ad un passo dal rimanerci secco, quindi non dovete cercare nel mio racconto il realismo, perchè non era il mio obbiettivo. Quello che avevo in mente era un racconto che offrisse qualche breve spunto di riflessione in un migliaio di parole. Detto questo, vi auguro una piacevole lettura e vi prego di avere pietà di me, poichè questo è il mio primo lavoro su questo sito. Ah, se trovaste un paio di errori di grammatica, vi chiedo umilmenti perdono, ma, nonostante usi il computer e riguardi sempre ciò che scrivo, una svista mi scappa sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È buffo cosa ti possa saltare in mente quando sei ad un passo dalla morte, quando il tuo cervello realizza che è tardi per escogitare qualche soluzione, e la tua coscienza che non c’è più tempo per darsi una ripulita. Già, è buffo.
 
Io mi trovo qui, su questo binario e l’unica luce che vedo in fondo al tunnel è quella del fanale di un treno lanciato a tutta velocità. Mannaggia a me e al mio stupido vizio di non usare i sottopassaggi per attraversare le stazioni. In questo momento, però, nonostante dovrei essere preso da una grande frenesia, tutto mi sembra fermo, quasi immobile, come se i miei occhi stessero guardando una fotografia, anche se in realtà è un treno ad alta velocità. Sto per morire, ne sono certo. Il treno si muove lentamente, ma io sono praticamente immobile, è come se la staticità fosse diventata repentinamente una qualità intrinseca del mondo. All’improvviso l’aria mi sembra più spessa, le mie emozioni più forti, la mia vita più viva. Se non fosse tanto controproducente, uno dovrebbe morire tutti i giorni solo per provare queste sensazioni.
 
La mia vita. Dire che quando sei in punto di morte rivedi tutta la vita davanti agli occhi, rende molto bene l’idea, ma non è come vedere un film alla TV, perché tutto ti appare in 4D. Davanti a me ci sono tre ragazzini. Giocano con la sabbia in una oziosa mattina d’Estate. Fa caldo, è finita la scuola e i tre vogliono godersi un po’ di mare. Jack, come lo chiamano gli amici, è il più alto. Ha 13 anni, ma ha già il fisico; è gentile ed è carismatico, mentre io… beh… ho altre qualità. Gli sono affianco e sto ridendo per una battuta che ha fatto e, che se avessi raccontato io, non avrebbe fatto ridere nessuno. Io non sono come Jack; sono basso e troppo mingherlino, per non parlare delle lentiggini e degli occhiale che (grazie a Dio) non sono costretto a portare anche in spiaggia. Poi c’è lei, Laura. Ha i capelli neri, lunghi fino alle spalle e lisci. La pelle è molto bianca, per questo si mette sempre una protezione molto alta; ed è bellissima. Non c’è altro da aggiungere. Punto.
 
Siamo lì tutti assieme e ridiamo, anche se io non faccio veramente parte del gruppo, ma non voglio ammetterlo.
 
“Ehi! Andiamo a nuotare un po’! Non ne posso più di questo caldo!” Propone Jack. Subito Laura si dice d’accordo. Lei è sempre d’accordo con lui. Sempre. È per colpa di quel suo entusiasmo travolgente, quella carica che ti trasmette quando parla, quando ti guarda. Una cosa che a me manca.
 
“Sì, è vero, fa proprio caldo.” Confermo io. È deciso, dunque: tutti in acqua. Facciamo una corsa e attraversiamo la spiaggia rapidi e strepitanti. Jack è il primo ad arrivare, non ha lasciato neppure un po’ di vantaggio a Laura che è una ragazza. A questo punto per me è essenziale arrivare secondo, quindi accelero e, nonostante l’impedimento della sabbia, la stacco di parecchio. Avete visto? Anche io so essere veloce! Arriva anche lei, fingendo di non aver capito che fosse una gara, e inizia a schizzarci, accusandoci di essere dei bari. Rispondiamo al fuoco. Stiamo per sopraffarla, quando Jack le si avvicina un po’. Io rimango a distanza. Lui la placca, mentre lei grida divertita, e la butta sott’acqua. Riemergono assieme e lei, con un movimento del capo, disegna nell’aria un’umida curva con i suoi capelli bagnati. E ridono. E rido anche io. Lui le si avvicina e le sussurra qualche cosa, poi le da un bacino proprio sotto l’orecchio. Lei arrossisce e lo guarda un po’ imbarazzata. In quello sguardo ci sono mille parole, che possono essere riassunte con un “Ehi, ma come?! Davanti a quello sfigato!?”
Lo so che lo pensavano, ma mi atteggio come se non fosse successo niente e continuo a ridere con in miei due migliori amici.
 
Il mare si sta ingrossando, diventando nervoso. Io mi avvicino a Jack sorridente e gli dico: “Sai, l’altro giorno a Laura è caduto l’anello dalla scogliera…” dico, indicando la parte opposta del golfo.
“non sono stato capace di recuperarlo, ma dovrebbe essere incastrato tra le rocce. Te la senti di provare a prenderlo prima che il mare diventi troppo mosso?”
 
Jack mi guarda un attimo, interdetto. Guarda Laura e guarda il mare. Era già un po’ troppo mosso. “Se non te la senti non fa niente.” Prova a dirgli lei, ma lui si è già lanciato verso la scogliera, percorrendo lunghi tratti di mare con ampie bracciate. Lo vedo allontanarsi e mi avvicino alla ragazza. “Vieni” le dico. “Torniamo alla spiaggia.”
 
Detto ciò le appoggiò una mano sul fianco e la accompagno fuori. Mi piace sentirla vicina, avvertire la sua pelle contro la mia, il suo calore che si mescola al mio. Non mi volto, vado dritto. Finalmente l’acqua l’ascia posto alla sabbia e ci rimettiamo al lavoro con il castello. Sento che dovrei voltarmi, ma fino a quando non lo farò sarò innocente. Così, mi concentro sulla sabbia e non permetto a Laura di girarsi. Odio quando lo fa, quindi non glielo permetto. Sono passati almeno cinque minuti e Jack ancora non si vede. Non posso impedire alla ragazza di scrutare il mare preoccupata, ma provo rabbia lo stesso. Ora Jack non c’è, ma riesce ugualmente ad oscurarmi.
 
Capiamo entrambi che è successo qualche cosa. Mi avvicino a lei e le appoggio una mano sulla spalla, dopo tutto anche io sono amico di Jack. È proprio bello avere un contatto con lei. Si sottrare al mio abbraccio. Sta piangendo. Poi si riavvicina, mi tira un ceffone, mi stringe a se, mi da un bacio sulla guancia e mi dice: “Ti voglio bene, ma ti voglio fuori dalla mia vita.”
 
Accidenti a Jack, non sarò mai come lui! È colpa sua se non le potrò più parlare, ma, perlomeno, un bacio l’ho ottenuto.
 
Il treno si avvicina, sento già il risucchio d’aria provocato dalla vettura. E' freddo e potente, come l’angelo della morte, venuto a reclamare il peccatore. Non è giusto, pensavo di avere più tempo! Mi dispiace di aver ucciso Jack, mi dispiace davvero. Capisco che sia tardi, ma, anche se all’ultimo momento, un pentimento sincero dovrebbe salvarla l’anima, giusto? GIUSTO?!

Cado, sbilanciato dall’aria che mi spinge verso la mia fine. Il binario. La ruota. Freddo. Ferro. Vedo la ruota, vedo
  
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