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Autore: Tury    10/03/2013    0 recensioni
Questa storia non è altro che una pagina del mio diario. Nel vero senso della parola. È una pagina che ho sentito l'esigenza di scrivere mentre, di ritorno dall'università, viaggiavo da sola in un vagone treno.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono in un treno, guardo fuori dal finestrino. Non è il paesaggio a colpirmi quanto il mio riflesso. Perché, mi chiedo, si è sentita la necessità di mettere dei vetri riflettenti in un treno? Un motivo sicuramente ci sarà, probabilmente diverso da quello che mi è balenato in mente, ma poco importa. Ognuno ha una propria verità dentro. E così, penso semplicemente che chi sta seduto in un vagone è una persona che ha deciso di intraprendere un viaggio. Nulla di più semplice e scontato. Ma quante di queste persone sono pronte ad intraprendere un viaggio in loro stesse? Ecco perché c’è un vetro riflettente, perché io possa vedervi rispecchiata la mia anima. Diversamente da quanto pensiamo, siamo noi stessi la nostra paura più grande, la persona che più di tutte temiamo. E il motivo è semplice. Ognuno di noi si crede in un modo, vive in un modo, si costruisce in un modo. L’essere fuori da quel mondo così accuratamente costruito ci spaventa. Ma purtroppo succede. E siamo dunque destinati a confrontarci con la realtà di fatti. E questo ci fa sempre paura, qualsiasi siano le conseguenze. Attualmente non so cosa sono, chi sono. È assurdo, tutto questo è assurdo ma anche così dannatamente normale. Così dannatamente normale da catapultarmi in un baratro di solitudine, fino a quasi distruggere il mio essere, alimentando in me nuove paure. Ho vissuto questa mia vita credendo di poter essere forte, credendo di essere forte, ma così non è. Forte non lo sono mai stata, come questo mio dolore non è unico. Ognuno di noi ha una sofferenza, una ferita nell’anima. I medici sostengono che la cicatrice che ci accomuna tutti è l’ombelico, ma non è così. Molto prima di recidere quel legame vitale, nell’animo umano si è già aperta una ferita. È quella, la nostra prima cicatrice. Un pensiero pessimista, potrebbe pensare qualcuno. Forse. Non nego che lo sia. Più che altro mi domando come mai, pur condividendo una ferita comune, l’uomo continui a farsi del male. Sono arrivata, meglio finire qui.
Sono di nuovo nel treno. Questa volta il riflesso si vede bene, ancora deve sorgere il sole. È assurdo, sembra un prolungamento del treno, un’appendice. Un mondo parallelo che scorre al nostro fianco e tutto ciò che ci divide è una fragile barriera di vetro. L’uscita di emergenza. Una barriera che può essere infranta con un semplice martellino quando vogliamo evadere da questo mondo. Ora, forse so perché i vetri dei treni sono riflettenti. Per proiettare i nostri sogni nel nostro presente, in questo viaggio chiamato vita.
  
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