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Autore: Vergil    26/09/2007    0 recensioni
“Salve, Heishiro... sono felice di rivederti...” Disse l’assassino con un maligno sorriso dipinto sul viso sfregiato. “Oh, mio Dio... tu!” Gemette Mitsurugi. Un altro cammino del valoroso samurai Heishiro Mitsurugi
Genere: Azione, Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Heishiro Mitsurugi, Nightmare, Setsuka, Siegfried Schtauffen
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Soul Calibur
Between Heaven and Hell


“Transending history and the world, a tale of souls and swords... eternally retold.” (Anonimo)


“Siegfried Schtauffen... allora sei tu il colpevole di tutto questo....” Disse Mitsurugi, mentre sentiva la collera farsi strada nelle vene e giungere prima al cervello e poi al cuore.
Un bellissimo giovane dai tratti occidentali, profondi occhi azzurri, lunghi e lisci capelli biondi, il viso attraversato da una lunga cicatrice, le labbra inarcate in uno spietato e sinistro sorriso. Indossava un elegante abito occidentale, la giacca e i pantaloni marroni, le scarpe nere lucidissime, la cravatta scura e la camicia bianchissima, una croce cristiana di metallo appesa al collo, una lunga e insanguinata spada a croce dalle macabre decorazioni all’elsa nella mano sinistra, il bavero del saio di un povero monaco morente nella sinistra.
“Sono passati quattro anni, non è così, Mitsurugi? Mi pareva giusto tornare in questa terra e ricambiare di tutto quello che hai fatto per me...” Disse Siegfried, mentre lasciava andare il corpo del monaco a terra e alzava minaccioso la spada.
“Siegfried... ma che diavolo ti è successo?! Chi sei tu?! Tu non sei il devoto cavaliere cristiano che conobbi quattro anni fa!” Gridò Mitsurugi.
“Eh eh eh... Siegfried? Siegfried Schtauffen? No, io non conosco questo nome... Siegfried è morto quattro anni fa, e ha lasciato posto alla sua vera identità, l’identità che per anni ha tentato di rinnegare, dedicando la sua anima a Dio...” Disse Siegfried ridendo.
Solo allora il samurai capì che quello che aveva davanti non era più Siegfried, ma il demone che si era impossessato del suo corpo e che credevano di aver debellato, un demone oscuro di nome Nightmare, che aveva trasfigurato il corpo del cavaliere a causa della spada maledetta che esso portava con sé.
“Maledetto demone... che cos’hai fatto a Siegfried?!” Ringhiò Mitsurugi, ritrovando l’antico ardore da soldato che in quei tempi si era assopito.
“Heishiro, state attento... Siegfried non è in sé, e l’arma che stringe in mano... non è un’arma terrena, è qualcosa di razionalmente inspiegabile.” Gemette preoccupata Kimiko, mentre indietreggiava di un passo. Mitsurugi non si mosse.
“Te l’ho detto, Siegfried è morto nel vano tentativo di salvare se stesso e le persone a lui care... e io, Nightmare... l’ho ucciso. – disse Siegfried, avanzando minaccioso verso il samurai, il sorriso disumano tanto crudele, gli occhi rossi più del sangue che imbrattava la sua spada. – E’ tempo per me di vendicarmi di te, samurai... in passato mi hai ostacolato fin troppo a lungo, e adesso è giunta l’ora che tu riveda l’imperatore che non riuscisti a proteggere quattro anni fa!”
“Ksama....(Bastardo)!” Latrò Mitsurugi, mentre impugnava con più vigore la spada e assumeva la posa da combattimento.
Siegfried, al contrario, non attese un istante di più e si lanciò contro Mitsurugi. I due incrociarono le spade ed ingaggiarono un accanito e cruento duello. Heishiro si sentì risvegliare e tutto ciò che il Bushido gli aveva insegnato tornò alla sua mente, fluendogli in corpo, ossa, muscoli e sangue, scivolando lungo la lama che stringeva in pugno e affrontava quella demoniaca di Siegfried, il quale, a sua volta, sprigionò tutto il suo terrificante potere: la lama fu avvolta da una luce violacea e purpurea e il corpo dello stesso giovane fu illuminato da un oscuro bagliore, rendendolo simile ad una divinità.
Mitsurugi non si fece impressionare e si lanciò subito all’attacco, sferrando al cavaliere decaduto una serie di micidiali tecniche di spada, armoniosamente concatenate l’una all’altra. Siegfried, a sua volta, non ebbe paura e rispose ad ogni attacco con mosse violente e precise. Il duello fu inizialmente alla pari, ma ben presto il samurai riuscì ad avere il sopravvento sull’avversario, lo afferrò per polso e bavero, lo sollevò e lo sbatté violentemente al suolo. Alzata la spada, stava per abbatterla su di lui e trafiggerlo al cuore dannato, ma Siegfried si spostò agilmente e restituì il favore al samurai, afferrandolo per il collo e colpendolo con una testata. Mitsurugi cadde a terra e, in quell’istante di momentanea debolezza, Siegfried gli puntò la spada alla gola.
“Addio...” Disse ridendo. “Heishiro!” Gridò Kimiko, lanciandosi di corsa su Siegfried e tentando di colpirlo in tutti i moda con la lancia.
Sorpreso, Siegfried si trovò inizialmente in difficoltà e dovette indietreggiare di parecchio per difendersi dalla sacerdotessa, ma alla fine, recuperata una salda posizione, deviò con un’abile tecnica l’ultima stoccata della donna e la ferì al fianco con un leggero fendente. La donna si gettò le mani al costato e sarebbe morta se non fosse stato per Mitsurugi, che si gettò su Siegfried, lo afferrò alla vita e si gettò con lui giù dal tetto. I due precipitarono sul tetto di una piccola abitazione sottostante che attutì la caduta e da lì caddero sino alla strada, ove stavano arrivando gli altri samurai.
“Eh eh eh... niente male, Mitsurugi, ma il duello è appena iniziato e tu sembri già piuttosto fiaccato!” Disse Siegfried rialzandosi tranquillamente, mentre Mitsurugi, barcollando, si reggeva a malapena in piedi, ansimante per lo sforzo. Era naturale che il suo avversario, immune a dolore e fatica grazie al sangue demoniaco nelle vene, fosse ancora in forma dopo una simile caduta, ma il generale non si arrese e si preparò ad affrontare il mostro ancora una volta.
“DAH!” Con un grido, Mitsurugi attaccò nuovamente e Siegfried, silenzioso e sorridente, si difese con estrema abilità dai fendenti avversari, per poi ribattere con colpi sempre più feroci e rapidi, dai quali Heishiro, concentrato e svuotato da qualsiasi altro pensiero, si difese a sua volta con decisione. Il duello pareva durare all’infinito, nessuno dei due aveva la meglio sull’altro, ma alla fine entrambi, il cavaliere dall’alto e il samurai dal basso, sferrarono un lungo e circolare fendente diagonale. Quando le spade ebbero compiuto il proprio movimento, i due spadaccini s’inginocchiarono e a stento non stramazzarono al suolo: un leggero ma ampio taglio lacerava loro abiti e petto.
“Allora, Nightmare, per quanto a lungo vogliamo combattere, eh? Credi non sia disposto a morire pur di distruggerti?!” Gemette Mitsurugi.
“Niente male, Mitsurugi, devo ammettere di averti sottovalutato, sei molto più forte rispetto al samurai che affrontai quattro anni fa... ma non illuderti, quanto sarò di nuovo rinato allora nemmeno la tua spada potrà competere con il mio potere!” Replicò Siegfried, gli occhi sempre più rossi e spietati di prima, il sorriso macchiato dal sangue di un taglio.
Ridendo come una belva, il demone si pulì il labbro con il dorso della mano e fece per continuare il combattimento, quando Mitsurugi vide arrivare Tetsuya e gli altri suoi compagni.
“Mitsurugi-san, ma che succede?!” Domandò Hoshiko preoccupata. Siegfried sorrise sempre più. Terrorizzato, Mitsurugi sgranò gli occhi.
“Allontanatevi immediatamente!” Urlò il generale.
Troppo tardi. Il male nel cuore del demone si sprigionò. “Ci rivedremo presto, Mitsurugi... ah ah ah ah! Lasciandosi alle spalle quella macabra risata, Siegfried alzò la spada e da essa si scaturì un fascio di luce violacea ancora più grande. I samurai, sguainate le spade, s’inginocchiarono al suolo e cercarono di proteggersi il viso con le mani, mentre Heishiro assisteva alla fuga dell’avversario, divorato dalla luce purpurea.
“Maledetto! Non scappare!” Gridò, ma pochi istanti dopo tutto fu calmo e tornò la serena tranquillità del pomeriggio primaverile. Ansimante, Mitsurugi tentò di rialzarsi, sostenuto dalla sacerdotessa Kimiko, appena giunta da lui, e dai compagni.
“Kaguyuki-sama è... in pericolo...” Sussurrò prima di perdere i sensi e cadere fra le braccia di Kimiko.

Mitsurugi riaprì gli occhi. La mente intorpidita e confusa, gli occhi annebbiati da stanchezza e sonno, muscoli e polmoni ansimanti dalla precedente battaglia. Aveva dormito per poco più di un’ora, un sonno tranquillo era un lusso troppo grande per un samurai dal destino triste e tormentato come lui.
Nonostante non ricordasse nulla di ciò che era accaduto dopo la battaglia, Mitsurugi sapeva bene quello che era successo: dopo averlo riportato in caserma, i suoi compagni erano sicuramente tornati a pattugliare fino alle estreme fazioni del Kanto, alla ricerca del misterioso assassino, ignari che questi si stesse muovendo con tranquillità e serenità, come se niente fosse. Come le acque di un fiume in piena, i pensieri del generale si mossero sempre più veloci nella sua testa, sino a fargli spalancare gli occhi e bocca.
“Kaguyuki...!” Mormorò allarmato.
La principessa non sapeva nulla dell’identità del vero criminale, il quale si stava sicuramente dirigendo indisturbato a palazzo per “scambiare quattro parole” con l’onorevole imperatrice d’oriente.
Fece per alzarsi e si sollevò di colpo dal letto, ma una brusca fitta al petto lo costrinse a sdraiarsi nuovamente e a stringere i denti, fra i quali trattenne un gemito di dolore.
Vi posò una mano sopra e sentì ampie bendature fasciargli il torace, la ferita era ancora fresca, la spada di Siegfried non aveva perdonato la sua distrazione. La rossa armatura e il grigio kimono da combattimento erano riposti con cura nel piccolo armadio della stanza, la spada e il fodero ai piedi del letto. Ma per quanto le sofferenze fossero grandi, non lo furono abbastanza da impedire alla volontà di Mitsurugi di essere compiuta.
Siegfried non poteva essere lontano dalle porte imperiali, e non avrebbe avuto difficoltà a sbarazzarsi dei suoi avversari e raggiungere la principessa. L’unico in grado di tenergli testa era lui. Così, rafforzando le fasciature e bevendo lunghi sorsi d’acqua, il samurai si preparò alla battaglia.
Indossò nuovamente il kimono d’allenamento e la robusta armatura rossa, calzò i sandali e ripose alla cintura la spada. Stava per lasciare la stanza quando il suo sguardo cadde al meraviglioso tramonto dietro le colline. Allora ricordò. Kaguyuki non era la sola donna che quella sera avrebbe dovuto vedere.
“Setsuka-sama...” Sussurrò, mentre recuperava da un cassetto la lettera dell’assassina.
L’avrebbe dovuta incontrare al tramonto sul tetto del santuario, e ormai il crepuscolo non era lontano. Ma come poteva andarsene e abbandonare alla crudeltà di quel demone l’imperatrice che aveva giurato di proteggere con la vita? Mai il generale si era trovato a dover compiere una simile scelta, e mai prima d’ora si era trovato così indeciso e traballante.
“Kaguyuki-sama... o Setsuka-sama?” Si domandò.
Stringendo i denti per la frustrazione, cadde in ginocchio e sbatté le mani al suolo, maledicendo se stesso per essere così debole e indegno di aver intrapreso la via della spada. Non c’era tempo da perdere, tutti lo stavano aspettando, e qualunque cosa avesse fatto, ci sarebbe stato sempre qualcuno a cui avrebbe voltato le spalle.
Onore o amore? Lealtà e fedeltà o sentimento e passione? Alla fine Heishiro si alzò e, chinando il capo, sospirò. “Kaguyuki-sama... perdonatemi.” Disse, mentre usciva dalla stanza e, montato a cavallo, si dirigeva verso il tempio.
“Forse non tutto è perduto – pensò mentre cavalcava – Forse riuscirò ad arrivare in tempo a palazzo e impedire che Siegfried le faccia del male... forse posso farcela!”
Ma inutilmente tentava di consolarsi, per quanto volesse essere ottimista e speranzoso, come samurai, non poteva sopportare una simile mancanza, il disonore di un dovere incompiuto verso il Tenno-sama. Già una volta si era trovato in una simile situazione, e ciò era costato la vita dell’imperatore precedente.
Ma ormai aveva deciso, e quel che gli rimaneva da fare era pregare che Siegfried non raggiungesse Kaguyuki prima di lui.
Veloce come il vento, Mitsurugi attraversò la città e raggiunse finalmente i pressi del ponte di Tokyo. Per un istante l’emozione gli tolse il coraggio persino di guardare davanti a sé, ma alla fine alzò gli occhi e fra le fronde degli alberi sul fiume vide una misteriosa giovane voltargli le spalle, il capo coperto da un elegante ombrello da viaggio. Non si rese nemmeno conto che il suo cuore batteva così forte da scuotergli il petto e che i suoi piedi correvano senza che lui l’avesse voluto. Ansimava, e non era per la stanchezza, al contrario, non si era mai sentito così forte e pieno di vita prima d’ora, nonostante, allo stesso tempo, tremasse e non riuscisse nemmeno a respirare.
Lentamente, la donna si voltò e mostrò il meraviglioso e sorridente volto dell’assassina che Mitsurugi affrontò quattro anni prima, la principessa Setsuka, così dolce e mortale, così bella e sensuale, così misteriosa e sfuggevole, così affascinante e attraente da riuscire a conquistare persino l’orgoglio del più valoroso spadaccino.
Heishiro aprì la bocca, ma non volle parlare, terrorizzato che anche il più piccolo e lieve sussurro potesse spezzare quel sogno così fragile e delicato.
Non gli pareva ancora vero. Finalmente la rivedeva, dopo quattro anni. Non era cambiata affatto, era rimasta la bellissima assassina di un tempo, mentre per lui i giorni erano parsi interminabili.
“Mitsurugi-san... sono felice di rivedervi...” Disse Setsuka dopo alcuni istanti. Mitsurugi fece alcuni passi e si sentì così leggero da credere di dover volare via al più debole soffio di vento, assieme ai petali che decoravano come una dea la donna davanti a lui.
“Setsuka-sama... io... io...” Balbettò Heishiro.
“Ci sono tante cose che dobbiamo dirci, non è così, onorevole samurai? Ma non preoccupatevi, io so già tutto, o non vi avrei detto di incontrarci qui. Ditemi la verità... siete rimasto sorpreso dalla mia lettera?” Domandò Setsuka. La sua voce era così calda e profonda che Mitsurugi desiderò rimanere ad ascoltarla in eterno.
“Non avrei mai creduto che voi mi scriveste dopo un silenzio durato così a lungo, ma credetemi, non potevate farmi un regalo più bello... io non riconosco nemmeno me stesso dopo aver conosciuto voi... e ora non so più ne cosa voglio ne cosa devo fare...” Disse Heishiro.
“Mitsurugi-san... oh, io invece vi riconosco perfettamente, non siete diverso dal generale di un tempo. Provai emozioni così belle battendomi in duello con voi che sentii sempre qualcosa di cambiato in me, ogni notte vi ho sognato e combattevo con voi ancora una volta, in quella notte di pioggia... non ho mai più ritrovato da nessun’altra parte ciò che provavo con voi... e ora capisco perché mi abbiate risparmiata e mi abbiate pregato di andarmene da questa città...” Rispose Setsuka.
“Setsuka-sama, so che voi mi odiate e che volete la mia morte per avevi portato via chi vi era più caro, ma io... non posso pensare di perdervi ora che vi ho ritrovata, perché io mi rendo conto solo ora... di aver trovato in voi la donna che ho cercato per tanto tempo...” Disse Mitsurugi, sentendosi sollevato e libero dal peso che aveva trattenuto dentro di sé così a lungo.
“Voi siete la prima persona che ha il coraggio di dirmi queste parole personalmente... molti altri tentarono di possedermi, guidati solo da un deplorevole desiderio carnale. Vigliacchi e vili, usarono qualunque mezzo per avermi senza mostrarsi direttamente a me per paura del mio rifiuto. Voi siete l’unico che ha osato inseguirmi ed ha rinunciato a tutto, avete persino voltato le spalle al vostro imperatore pur di potermi incontrare da uomo, da soldato, da samurai. Non avete idea della mia ammirazione e del mio rispetto per voi.” Disse Setsuka avvicinandosi al generale e fissandolo intensamente negli occhi. Gli fu così vicino che Heishiro sentì il soffice sussurro della donna solleticargli il viso.
“Ho intenzione di chiedervi un ultimo desiderio, Heishiro, e poi vi prometto che niente più potrà separarci.. – continuò la donna, mentre indietreggiava, assumeva la posa da combattimento e chiudeva l’ombrello, ponendolo al fianco come un fodero – ... voglio affrontarvi in duello un’ultima volta, voglio provare ancora una volta quelle emozioni così belle e irresistibili, voglio essere fiera di me come spadaccina e non avere rimpianti come donna. Concedetemi quest’ultimo onore, Mitsurugi-san, ve ne prego... e poi vi prometto che io sarò vostra.”
Mitsurugi esitò dubbioso, sapeva bene che era un rischio troppo alto da correre, un solo movimento sbagliato e lui stesso avrebbe ucciso la donna che amava. Ma non poteva tirarsi indietro, come samurai non avrebbe mai potuto rifiutare una sfida, e per Setsuka avrebbe fatto qualunque cosa. Socchiuse gli occhi e assunse a sua volta la posizione che precede l’inizio del duello.
“E va bene, Setsuka-sama, se è questo quello che volete... allora io sarò lieto di battermi contro di voi ancora.” Disse con voce dura e altezzosa.
Setsuka sorrise. “Ero sicura che non avreste rifiutato... ma vi avverto, darò tutto quello che il mio corpo mi concede in questo duello, e lo stesso dovrete fare voi, se non volete morire...” Disse.
“Giuro sul mio onore che combatterò sino all’ultimo respiro, Setsuka-sama, e che vi affronterò come se voi foste ancora la spietata omicida di quattro anni fa...” Replicò Heishiro sicuro di sé, incapace tuttavia di trattenere un luminoso sorriso pieno di gioia.
Finalmente sorrideva, sorrideva felice e sereno, libero da qualunque tensione o emozione, sorrideva al suo nemico, così come avrebbe dovuto sorridere a chiunque.
I due samurai sfoderarono lentamente le spade, lui dalla guaina alla cintura, lei dall’ombrello che teneva al fianco, il luogo in cui da sempre aveva tenuto nascosta la propria arma. Passarono diversi istanti, in cui i due rimasero a guardarsi negli occhi e a concentrare le proprie energie. Poi, quando percepirono nell’aria il movimento dei pensieri e della volontà dell’avversario, colpirono.
Si mossero tanto veloci che nemmeno si resero conto di aver già incrociato le spade e di trovarsi di nuovo a brevissima distanza l’uno dall’altro. Finalmente, quelle straordinarie emozione che riuscivano a farli volare oltre qualunque cielo, l’eccitazione di un duello contro un avversario degno della propria spada, un avversario forse addirittura più forte e in grado di sconfiggerli. Né Mitsurugi né Setsuka potevano descrivere con le parole qualcosa di più bello, il sapore del rischio della sconfitta, di correre su di un filo sospeso nel vuoto e poter precipitare da un momento all’altro. Era questa la filosofia di un duello fra samurai: sarebbe bastato un solo sospiro e uno dei due sarebbe precipitato, spezzando quel delicato equilibrio. Fu un duello intenso e senza esclusione di colpi.
I due spadaccini si scambiavano di posto, arretravano ed avanzavano, concatenando fra loro tecniche di spada d’ogni sorta. Si scontrarono più volte, ma mai riuscirono a prevalere l’uno sull’altro. Mentre Mitsurugi combatteva con tecniche frontali e diagonali, Setsuka sguainava di continuo l’arma da lunghe tecniche circolari a corte stoccate dirette.
Come un’armoniosa danza, i due si muovevano allo stesso tempo e con lo stesso ritmo, seguendo con infallibile precisione ogni singola mossa del nemico e ribattendo con la giusta tecnica.
Setsuka ed Heishiro si misurarono in un ultimo scambio di colpi diretti, poi, muovendosi in cerchio e lungo il ponte, con attacchi verticali e orizzontali provenienti da qualunque direzioni, e infine, arretrando di un solo passo, incrociarono prima gli occhi e poi le spade nel decisivo attacco, al medesimo istante, un unico fendete diretto e sincero, nessun’altro movimento, solo la volontà di portare a termine ciò che si era cominciato.
Quando il gesto fu compiuto, i due spadaccini si erano scambiati di posto e si davano le spalle, ansimando sfiniti, ma sorridenti. Si voltarono e abbassarono le spade, rinfoderandole poco dopo con un’abile mossa.
Il viso orgoglioso del generale era attraversato da lunghe e scure gocce di sangue, poiché una lieve e sottile ferita gli sfregiava la fronte, mentre la misteriosa principessa non potè non nascondere una piccola ferita al fianco.
“Mitsurugi-san... arigato gosaimas...(grazie infinite...) credo di non aver provato mai niente di simile... voi riuscite a farmi sentire come nessun’altro... fremo come una ragazzina quando incrocio la spada con voi...” Disse Setsuka, gemendo quasi eccitata nel guardare il generale, che, a sua volta, tremava e lentamente si avvicinava alla donna.
Non riuscì però a parlare, incapace di scegliere le parole giuste.
“Perché siete scomparsa per tutto questo tempo?” Riuscì alla fine a domandare.
“Perché non riuscivo più a capire cosa provassi per voi, Mitsurugi-san... dopo essermene andata da Tokyo era ovvio che per voi non provassi più solo odio e rancore, al contrario, lentamente mi convincevo che ci fosse addirittura qualcosa di più dell’ammirazione e del rispetto verso un valoroso spadaccino come voi, ma a volte la collera s’impossessava di me e allora giuravo a me stessa di non fare più ritorno in questa città. Altre volte invece avevo paura che voi vi foste dimenticato di me e aveste già trovato una donna con cui condividere il resto dei vostri giorni... ma alla fine mi sono decisa a tornare, pregando che io mi sbagliassi... e sono contenta che le cose siano andate così.” Rispose Setsuka.
“Oh, Setsuka-sama... vi ho inseguita ovunque, ho corso fra i petali di ciliegio alla ricerca del vostro amore... ho pianto come un bambino la notte, sognando il vostro profumo e la dolcezza del vostro sguardo. Avevo capito subito di non poter più fare a meno di voi, il Bushido non è più sufficiente per me, ho bisogno di una donna che possa darmi quello che nemmeno il mondo intero può darmi...” Disse Mitsurugi.
“L’avete trovata, Mitsurugi-san...” Sussurrò Setsuka, mentre lasciava cadere a terra l’ombrello e gettava le braccia al collo al samurai.
Era bellissima. Mitsurugi riuscì a pensare solo queste due parole quando la vide così vicina a sé e potè stringere al petto quel corpo così delicato e irresistibile.
La donna lo guardò con occhi così seducenti che il generale ne rimase ipnotizzato, e poi lo baciò, lasciando che le tenebre della sera li abbracciassero e li portassero via. Rimasero l’uno nelle braccia dell’altro per lunghi istanti, accarezzandosi e senza mai separare le labbra da quelle del compagno. Poi si lasciarono andare e tornarono a guardarsi negli occhi.
“Setsuka-sama...” Bisbigliò Heishiro.
Setsuka gli accarezzò i capelli. “Purtroppo ora non c’è tempo per dedicarci a noi... Tokyo ha bisogno di voi ancora una volta...” Disse.
“Kaguyuki-sama! Me n’ero completamente dimenticato!” Esclamò Mitsurugi allarmato.
“Esatto... voi siete l’unico in grado di proteggerla da lui...” Disse Setsuka. “Allora anche voi sapete tutto su Siegfried?!” Domandò Mitsurugi.
“Sì... per mia fortuna mi trovavo nel Kanto quando quel maledetto iniziò a mietere le prime vittime. Devo confessarvelo, ormai non c’è più niente della spietata assassina che in me, ora sono solo una semplice donna come tante altre, e questo l’ho capito grazie al terrore e alla collera che provai nel vedere ancora una volta la morte con i miei occhi. Ho cercato di seguire le sue tracce e fortunatamente sono riuscita ad impedire che le vittime si moltiplicassero. Siegfried si muoveva con una velocità sorprendente ed è giunto nel villaggio di campagna ad est di qui, ed è lì che mi è sfuggito...” Disse la donna.
“Allora eravate davvero voi la donna che quei contadini avevano avvistato raggirarsi da quelle parti!” Disse Mitsurugi.
“Sì, ero io... non trovandolo, credetti che quel bastardo avesse lasciato il villaggio, diretto a Tokyo dall’imperatrice Kaguyuki, così, poche ore dopo il suo ultimo delitto, giunsi in città e persi completamente le sue tracce. E’ stato allora che, trovandomi casualmente nei pressi della caserma del palazzo, vi lasciai la lettera e sparii, continuando ad inseguirlo, quando seppi del successo delle vostre indagini al villaggio: Siegfried era ancora lì e voi l’avete costretto a fuggire fino a qui. Ha già ucciso qualcuno dei cittadini, è la prova inconfutabile che egli si trovi qui e che questa volta sia diretto a palazzo. Ma non preoccupatevi. Vi ho visto mentre dormivate, costretto a letto per la ferita, ed è stata grande la tentazione di svegliarvi, ma ho continuato la mia missione e mi sono assicurata che Siegfried non si trovasse nelle vicinanze. Ora però non credo possa trovarsi lontano da palazzo, e voi dovete correre in aiuto della vostra imperatrice.” Disse Setsuka.
“Siegfried... se tu dovessi farle del male...” Ringhiò furioso il generale, mentre volgeva lo sguardo al palazzo.
“Andate, Mitsurugi-san... possa il Buddha accompagnarvi lungo il vostro cammino. Vi prometto che appena questa storia sarà finita... allora tornerò da voi...” Concluse la donna, mentre lentamente si allontanava dal samurai, il quale si era già lanciato di corsa in direzione della propria signora.
Giunto tuttavia alla fine del ponte, si fermò e si voltò di colpo.
“Setsuka-sama!” Esclamò, ma la donna era scomparsa.
“Arigato gosaimas...” Si limitò a dire con un triste sospiro, mentre, ora forte dell’amore di quell’assassina, trovava di nuovo una motivazione per combattere e dirigeva i suoi passi a palazzo, pronto a servire fino alla morte la sua imperatrice Kaguyuki.

Siegfried Schtauffen camminava tranquillo e silenzioso verso le porte imperiali, la meravigliosa spada a croce riposta in un fodero alla cintura dell’elegante abito occidentale marrone. A nessuno sfuggirono i suoi bellissimi capelli biondi, che brillavano alle ultime luci del tramonto, ma egli doveva abbassare lo sguardo, incapace di trattenere un oscuro sorriso, per celare quella maligna luce color sangue impregnargli gli occhi. Nel vedere avvicinarsi quel misterioso straniero, le guardie impugnarono i fucili e lo osservarono insospettite, cercando di guardarlo in volto.
“Straniero, vi preghiamo di fermarvi e di dichiarare la vostra identità.” Disse uno dei soldati quando Siegfried fu arrivato davanti a loro, ma questi proseguì senza dire una parola, come se non ci fossero.
“Ehi, insolente! Non hai sentito?! Chi sei?!” Disse un'altra guardia, mentre tutte quante gli puntavano contro il fucile e facevano per avvicinarsi.
Siegfried si fermò e, lentamente, si voltò a guardarle. Le guardie si videro costrette a fare un passo indietro davanti a quello sguardo così indemoniato e crudele, quasi innaturale, non avevano mai visto un sorriso così malvagio e occhi così rossi.
“Il mio nome è Siegfried Schtauffen... ma voi potete chiamarmi Nightmare...” Sussurrò, dopo che ebbe sguainato la spada e li ebbe uccisi tutti quanti con pochi ma violenti e precisi colpi. Detto questo sfondò con un altro colpo della sua spada il portone e varcò la soglia con il medesimo passo tranquillo e sereno.
Non fece che pochi passi e udì le grida allarmate delle guardie del palazzo precipitarsi verso di lui. Non ebbero bisogno né di domandare né di osservare, a loro era stato dato un solo ordine: sparare a chiunque rappresentasse un potenziale pericolo per l’imperatrice.
“Utè! (Fuoco!)” Dichiarò uno dei soldati, ma quando questi ebbero sparato, il misterioso invasore era scomparso. Abbassarono per un fatale istante le armi per poter vedere meglio, ma questi era alle loro spalle e li aveva già fatti a pezzi con una serie di tecniche di spada che non lasciarono scampo a nessuno. Le guardie tentarono di difendersi con le spade, ma fu inutile: Siegfried li uccise tutti e proseguì nel suo cammino.
Quattro piani lo separavano dalla stanza imperiale, quattro lunghe rampe di scale lo separavano dal collo della principessa Kaguyuki, ci sarebbe stato tutto il tempo per mietere altre vittime, per spezzare il cuore ad altri ingenui che credessero di poterlo fermare. Le guardie accorsero disperate, ma una dopo l’altra furono abbattute.
Fra colpi di spada e fucilate, il duro combattimento proseguiva, ma Siegfried era qualcosa d’impossibile, di disumano, non avevano mai visto nessuno muoversi così, con quel passo così tranquillo e quieto e riuscire a svanire e riapparire come un fantasma ovunque volesse. Il palazzo fu trasformato in un bagno di sangue. Ad alcuni mozzò braccia e gambe, ad altri squarciò petto e costato, mentre ad altri troncò il capo dopo averli disarmati e lasciati per qualche secondo in preda al terrore. Ultimo piano: la sala imperiale. Non ebbe bisogno di aprirne le porte.
“Fate fuoco a volontà! Proteggete l’imperatrice!” Urlò un soldato, mentre con i compagni imbracciava il fucile e, senza esitare, sparava. Troppo tardi. Siegfried, inspiegabilmente, era scampato ai proiettili e li aveva raggiunti, quanto bastava per la spada. Sorrise. Afferrò il soldato per il collo e lo scaraventò contro uno dei suoi compagni, mentre uccideva con un paio di fendenti gli altri che cercarono di aiutarlo. Poi trafisse agli ultimi due rimasti il cuore e si addentrò nella sala imperiale, non curante dell’arrivo di altre guardie alle sue spalle.
“Salve, imperatrice Kaguyuki... è un onore rivedervi.” Disse sorridendo dolcemente.
Kaguyuki era terrorizzata. Quella sala era protetta dalle spade dei samurai scelti in persona, che nel vedere arrivare Siegfried si lanciarono impavidi contro di lui. Il demone fu circondato da più di una ventina di samurai, ma, incredibilmente, riuscì a difendersi da ciascuno dei loro letali fendenti, e ad intrecciare con essi la spada sino a trafiggerli uno dopo l’altro a morte.
Nemmeno i valorosi figli del Bushido poterono far nulla contro di lui, cadendo con onore nella strenua difesa della loro signora.
“Basta, Siegfried! Non so perché tu sia diventato l’assassino che tutti cerchiamo, ma se è la mia vita che vuoi allora vieni a prenderla e risparmia quelle dei miei soldati!” Disse Kaguyuki, mentre, alzatasi in piedi, sguainava la spada coraggiosamente e faceva cenno alle guardie che entravano nella stanza di non muoversi. “Con piacere, principessa... ma ditemi una cosa? Come mai il vostro fedele e valoroso samurai Mitsurugi non è qui a proteggervi?” Domandò Siegfried sempre più sorridente.
Kaguyuki non volle credere al primo pensiero che quegli occhi spietati gli trasmisero. “Il generale Mitsurugi è un soldato sulle cui spalle gravano molte responsabilità e incarichi, non può essere onnipresente, ma sono sicuro che arriverà!” Ribatté Kaguyuki, cercando più che altro di convincere se stessa che il ragazzo.
“Credete pure quello che volete... Mitsurugi non verrà a salvarvi.” Disse il demone, mentre, fulmineo, si lanciava contro la ragazza, la quale non ebbe nemmeno il tempo di difendersi.
Indietreggiò e a malapena riuscì a parare le spietate tecniche dell’avversario, che la sbatté violentemente a terra dopo averla afferrata per il prezioso vestito. Kaguyuki sfuggì dalla sua spada con un abile capriola e, rialzatasi, ingaggiò un disperato duello con Siegfried, contro il quale non poteva competere sebbene fosse lei molto forte.
Siegfried l’attaccava impetuosamente e sulla sua difesa come acqua s’infrangevano i vani attacchi della principessa, che, mossa dopo mossa, era sempre più in difficoltà. Alla fine Siegfried la disarmò e mollò un ultimo fendente alla donna. Ma la sua lama lacerò solamente il raffinato kimono imperiale: Kaguyuki non c’era più. “Non avrai pensato che sarebbe stato facile, vero, Siegfried?” Domandò una voce alle sue spalle.
“Siete stata così agile e veloce da riuscire a sfuggire da questi abiti e spiccare un balzo sino ad arrivare dietro di me... notevole da parte vostra, imperatrice... devo ammettere di avervi sottovalutata.” Disse Siegfried voltandosi lentamente e trovandosi davanti ad una nuova Kaguyuki, non solo diversa negli abiti, ma anche nel carisma con cui fissava il cavaliere, nell’aggressiva voce con cui gli parlò, nella tensione che attraversava i suoi muscoli.
Una nera e scura tuta attillata metteva in risalto tutte le sue sensuali curve, portava robusti e luminosi bracciali e gambali di ferro, un paio di sandali e una maschera sulla bocca. Alla cintura era legato un grosso arsenale di corti pugnali e due guaine nelle quali erano riposte due spade. Il duello poteva continuare.
Kaguyuki si trasformò, sino a diventare una ferocissima cacciatrice. Non diede al cavaliere un solo attimo di tregua, attaccandolo senza pietà con le due spade e costringendolo ad una costante ritirata, mentre le loro spade s’incrociavano. Alla fine riuscì a metterlo con le spalle al muro e a bloccargli con entrambe le lame la spada prima che potesse difendersi, l’abbassò e lo colpì al viso con un pugno, afferrandolo per collo e vita e scaraventandolo contro la parete della stanza che cedette sotto il peso del biondo assassino.
Siegfried rotolò a terra, ma si rialzò subito, pronto a continuare il combattimento. Kaguyuki gli si gettò contro come una tigre sulla preda e ancora una volta parve metterlo in difficoltà, ma appena Siegfried iniziò a combattere con serietà, allora Kaguyuki capì ben presto di non avere speranze. Miracolosamente non fu colpita al ventre dalla spada di quel demonio, che riuscì ad infliggerle solo un piccolo taglio, sufficiente però a distrarla e a lasciarla immune davanti al cavaliere, che la colpì allo stomaco prima con un pugno, e poi con un calcio, scaraventandola a terra.
Kaguyuki, ormai disperata, attutì la caduta con due acrobatici salti mortali, ma quando fece per rialzarsi si piegò di nuovo a terra, gettandosi le mani al ventre per il dolore.
“Urgh... maledizione...” Gemette, mentre guardava con frustrazione e rabbia il ragazzo. Raccogliendo le forze, sfoderò uno dei coltelli e glielo lanciò, ma questi lo parò con precisione incredibile e fece per finire la ragazza. Ma le risorse di Kaguyuki non erano ancora finite. La ragazza estrasse dalla cintura una piccola boccetta e la scaraventò a terra, riuscendo ad occultarsi in una scura nube di fumo, squarciata dalla spada di Siegfried.
Spaesato, troppo tardi il cavaliere percepì la presenza della donna alle sue spalle, che, dall’alto, piombò su di lui, colpendolo al viso con un calcio. Siegfried cadde a terra.
Kaguyuki continuò l’attacco, ma il ragazzo le sfuggì con incredibile velocità e, dopo un ultimo breve spettacolare duello, la ferì di strisciò alla guancia e la disarmò definitivamente. Kaguyuki indietreggiò, inciampò e cadde giù per le scale, ritrovandosi con la schiena a terra e la lama del demone a pochi centimetri dalla gola.
“Molto divertente, principessa, devo ammettere che mi avete dato parecchio filo da torcere, siete stata più difficile del previsto... ma questo è del tutto irrilevante. La vostra vita è mia.” Disse Siegfried, comparso istantaneamente davanti a lei.
Ansimando esausta per la lotta, Kaguyuki capì di non avere più scampo e che l’unica cosa che poteva fare era prendere tempo e pregare che Mitsurugi arrivasse.
“Siegfried... perché hai fatto tutto questo? Che cosa ti è successo? Perchè agisci in questo modo?” Domandò Kaguyuki.
“Io non sono Siegfried... Abbandonai la natura di Siegfried Schtauffen molto tempo fa. Sono il demone che voi avete cercato di uccidere e privare di ciò che mi apparteneva di diritto... e ora sono tornato per vendicarmi di coloro che mi hanno ostacolato in passato. Il vostro generale primo fra tutti.” Disse Siegfried, dopo alcuni istanti di silenzio in cui regnò sovrana la sua risata, dolce e soffice come la morte.
“Nightmare... sei tu allora! Ero convinta che tu fossi morto... come sei riuscito a tornare in questo mondo? Mitsurugi e Siegfried erano riusciti a distruggerti, mi ricordo...” Disse Kaguyuki.
“Verissimo... Heishiro e Siegfried riuscirono a strapparmi la vita dal cuore e distrussero questa spada. Tuttavia, i suoi frammenti rimasero più vivi che mai, e passando di mano in mano ad ignoranti briganti o avidi collezionisti, riuscirono a corrompere il loro animo e a fare in modo che tornassero a ricomporre un’unica spada. Quando questa fu completata, non fu difficile fare in modo che finisse di nuovo nelle mani di Siegfried. Presi la prima nave per questa terra, e per mia fortuna vi ho trovato subito... e ora posso vendicarmi della sconfitta che voi e quel samurai mi infliggeste quattro anni fa...” Disse Siegfried, ormai incapace di trattenere un'inquietante smorfia di collera mista ad euforia.
“Heishiro te la farà pagare, bastardo... anche se io morissi, non potrai comunque fare nulla per sconfiggerlo, lui è sempre stato il più grande e valoroso samurai di questa terra... e riuscirà ad avere ragione anche su di te.” Disse Kaguyuki, le cui parole erano sempre più fragili e delicate, frantumandosi come vetro nel panico che la stava conquistando.
“Addio... Kaguyuki-hime... rivedrete il vostro amato Heishiro molto presto...” Disse il demone, mentre alzava la spada e si apprestava a colpire.
Kaguyuki chiuse gli occhi e vide il samurai, bello e orgoglioso, un po’ triste e chiuso in se stesso, lo sguardo duro come l’acciaio, ma il cuore dolce e romantico, che l’aveva conquistata.
“Mitsurugi-san... perdonatemi se la mia debolezza vi separa da voi. Spero solo di essere stata una giusta imperatrice e che almeno una parte di me resti nel vostro cuore...” Pensò, attendendo che la lama di Siegfried le trafiggesse la gola.
Per un attimo credette anche di sentire la sua voce forte e carismatica gridare il suo nome, come se stesse correndo in suo soccorso. E la principessa era così manovrata dalla paura da non rendersi conto di non stare affatto sognando, che ancora una volta il generale non era mancato al suo dovere e che correva verso di lei, pronto a morire pur di salvare la sua signora, e un istante prima che Siegfried potesse uccidere la principessa, una valorosa ed onorevole spada si frappose a quella del demone, una spada samurai, la più degna di tutte, la spada del grande generale Heishiro Mitsurugi, mentre lui e l’assassino si ritrovavano faccia a faccia, occhi negli occhi, ancora una volta.

  
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