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Autore: Arte84    10/03/2013    2 recensioni
Un destino che sembra già scritto, viene cambiato dal volere degli uomini. Ma un destino segnato, anche se deviato, può ritornare e decidere di far andare le cose così come dovevano essere fin dal principio. (Revisionata).
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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Capitolo IV

 
Il battaglione era schierato e la cavalleria di Arthur aveva preso posizione.
Il contingente sassone era in numero inferiore.
Tra le urla, il nemico attaccò in modo disorganizzato.
“All’attacco! Forza!” urlò Arthur.
La cavalleria guidata dal re si gettò contro il nemico decimandolo, mentre il battaglione fermava gli assalti uccidendo chiunque osasse opporsi.
 
L’arciere si era appostato dietro una grossa roccia, nel punto in cui il fiume saltava dalla collina per immettersi nella tranquilla vallata, dove ora infuriava la battaglia. Da quel punto strategico poteva osservare l’andamento dello scontro.
Nella mischia aveva già individuato il re di Camelot, ma decise di aspettare il momento giusto.
Lo scontro con i sassoni era stato organizzato per questo: eliminare più soldati e cavalieri fosse possibile e uccidere Arthur con la freccia di Morgana. Non importava poi se lo scontro si fosse risolto a favore dell’uno o dell’altro schieramento.
Si alzò dalla sua posizione nascosta. Incoccò la freccia al suo arco, lo tese e attese pochi istanti.
 
Il grosso sassone non voleva saperne di morire: essersi reso conto che una donna lo stava tenendo a bada, anche se a fatica, l’aveva reso furioso. Artemisia era sfinita.
Merlin se ne accorse e, mormorando un’ incantesimo, fece inciampare il sassone che stramazzò a terra. A quel punto, fu facile per la principessa colpirlo all’addome.
Merlin, soddisfatto, si spostò furtivamente dietro un albero a seguire sir Leon ed Elyan contro un lanciere sassone a cavallo.
Lo scontro stava per terminare a favore di Camelot.
Artemisia, affannata, si guardò attorno soddisfatta: anche Arthur, a qualche passo da lei, sembrava stanco ma aveva ancora abbastanza energia per dare ordini a Parsifal, Gwaine e a Mordred, i quali si allontanarono per eseguirli.
Alzò distrattamente gli occhi verso la collina e lo vide: un’ arciere s’era alzato da dietro un grande spuntone di roccia e aveva teso il suo arco.
La freccia era puntata verso…
“Arthur!” urlò Artemisia. Coprì velocemente i pochi passi che li dividevano, gli si gettò addosso e lo abbracciò guardandolo negli occhi.
L’arciere scoccò la freccia.
“Cosa…” mormorò Arthur sorpreso da quell’abbraccio improvviso.
Con un sibilo, seguito da un rumore secco, la freccia bucò la corazza di Artemisia, penetrando a fondo nella carne della sua spalla destra. Il suo corpo sussultò per il colpo.
“No!” urlò Arthur abbracciandola e sostenendola.
Parsifal, Gwaine e Mordred si resero subito conto di quanto era accaduto e tornarono indietro di corsa. Anche Merlin, sentito l’urlo di Arthur, era corso verso di lui.
“Cos’hai fatto?” urlò Arthur ad artemisia, tenendola ancora abbracciata, mentre l’appoggiava delicatamente a terra.
“Sono una brava guardia del corpo” riuscì a dire in un soffio Artemisia prima che un dolore fortissimo la facesse contorcere. 
“Dobbiamo sfilare la freccia!” disse Merlin acquattandosi accanto alla principessa ed esaminando la ferita.
Parsifal afferrò con una mano il dardo e lo strappò con un colpo secco e deciso.
Artemisia urlò e l’azzurro degli occhi di Arthur che la guardavano fu sostituito da una profonda oscurità.
 
Dopo aver lasciato il comando a sir Leon, Arthur prese in braccio Artemisia svenuta, montò a cavallo aiutato da Mordred e, tenendola ben stretta col braccio sinistro, spronò il cavallo verso Camelot con la destra, seguito a ruota da Merlin.
Solo alla vista delle guglie del castello, Arthur rallentò un po’ quella folle corsa.
La mano di Artemisia strinse forte il braccio di Arthur. Il re abbassò lo sguardo e vide che aveva ripreso conoscenza.
Gli occhi d’onice lo guardavano dolci e brillanti, a contrasto col colorito spento delle guance: “Andrà tutto bene” gli disse e richiuse gli occhi abbandonando la testa sulla sua spalla. “Muoviamoci!” intimò Arthur a Merlin, che annuì.
Il re strinse ancora di più forte Artemisia e spronò nuovamente la sua cavalcatura, mentre sentiva le lacrime pungergli gli occhi e un senso d’angoscia inondare il suo cuore. 
 
La stessa Gwen spogliò la principessa dall’armatura e Gaius lavò la ferita dopo averla esaminata, mentre Merlin preparava un unguento lenitivo da applicarci sopra.
“La freccia è stata maledetta, sire” dichiarò Gaius tendendo al re la freccia raccolta da Merlin “Si tratta di una magia molto potente. Solo le Grandi Sacerdotesse posseggono tale potere. Altrimenti la ferita della principessa non sarebbe mortale”.
“Morgana…” sussurrò Merlin.
“Era diretta a me” disse pensoso Arthur guardando l’arma tra le sue mani.
“Dalle venature nerastre comparse sulla ferita, temo che il veleno della freccia sia già entrato in circolo”
Gli occhi di Arthur si velarono di lacrime e strinse le labbra con rabbia. Guardò Artemisia priva di conoscenza agitarsi lievemente per il dolore, mentre Gwen le tamponava la fronte con una pezza imbevuta di acqua di rose.
“Dammi una soluzione, Gaius. Devo salvarla” chiese il giovane re.
Gaius si fece pensieroso e sospirò: “Una leggenda vuole che le acque del lago Llyn siano un deterrente contro ogni sorta di maledizione e sortilegio. Si potrebbe tentare lavando la ferita con quell’acqua.” raccontò Gaius.
“Sicuro che funzioni?” chiese Merlin.
“E’ un tentativo. Almeno allieverà le sue sofferenze. Questo tipo di sortilegio uccide le sue vittime col dolore” disse greve Gaius “E il dolore vero e proprio non è ancora cominciato”.
La rabbia montò nel petto di Arthur; guardò Merlin che rispose deciso al suo sguardo.
“Partiamo subito”.
 
Arthur non riusciva a darsi pace ed il senso di colpa lo tormentava: la freccia era destinata a lui. Artemisia gli aveva fatto da scudo col suo corpo a costo di morire.
Stupida e testarda ragazza!
Nella mente gli si presentò l’immagine dei suoi occhi sereni, neri e profondi che avevano assunto un’espressione stupita nel momento in cui il dardo l’aveva colpita. Aveva sentito il rumore che aveva prodotto la punta della freccia nel bucare l’armatura e penetrare nella carne morbida.
Stupida e avventata!
Non voleva perderla: il solo pensiero di non poter più guardare quegli occhi, di non ricevere più per sé quei dolci sorrisi, di non essere più l’oggetto del suo scherno che tanto lo divertiva.
Il pensiero di ciò lo angosciava. E tutto a causa sua! Doveva salvarla.
Merlin seguiva il suo re a fatica: il lago Llyn era a una giornata da Camelot ma con la furia con cui incitava il suo cavallo, avrebbe coperto la distanza in qualche ora.
“Arthur, dobbiamo fermarci per far riposare i cavalli! Altrimenti non riusciremo nemmeno a tornare” gli urlò dietro.
Ma Arthur non lo avvertì nemmeno.
“Arthur! Arthur!”.
Il re tirò le briglie del suo animale con rabbia: “Non possiamo fermarci!” urlò.
“Solo per un’ora! I cavalli sono sfiniti!” chiese Merlin.
Si fermarono e scesero da cavallo. Arthur sfilò la spada dalla cintura sul fianco, la gettò con un moto di stizza a terra e si sedette sulle foglie secche che coprivano il suolo.
Merlin, dopo aver legato i cavalli ad un albero, porse ad Arthur una borraccia.
Il re aveva l’espressione stravolta: “Non preoccuparti. Porteremo l’acqua a Camelot in tempo” assicurò Merlin. Il re bevve l’acqua e non rispose.
Merlin gli si sedette difronte: “Tieni molto a lei?” chiese dopo qualche attimo di silenzio.
“E’ la più cara amica che ho. Mi ha salvato la vita per ben due volte. E’ il minimo che possa fare” disse poi più calmo.
Guardò Merlin difronte a lui: i muscoli della mascella di Arthur si contraevano, facendo percepire al suo compagno una profonda inquietudine.
“Cosa provi per lei?” azzardò a chiedere Merlin.
Arthur lo guardò ad occhi sgranati, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso: “Che domanda è? E’ mia amica e …” sospirò frustato e si umettò le labbra “Non lo so, Merlin. So solo che ogni volta che mi guarda, ogni volta che mi è vicina, mi sento ribollire dentro. Sono tentato di cercare il suo sorriso come posso, di attirare le sue battute. E’ un comportamento stupido, lo so. Certe volte non so come comportarmi, cosa dire”. S’interruppe per un momento.
“Ma amo Gwen” riprese deciso allargando le mani.
“L’amore più cambiare col tempo. Può evolversi diventando più forte, così come può trasformarsi in un profondo affetto” disse saggiamente Merlin.
“Che ne sai tu dell’amore?” chiese Arthur con la fronte aggrottata.
“Non saprei, ma osservo molto” rispose ridendo.
Arthur lo guardò pensoso. “Dobbiamo andare” disse poi alzandosi.
 
Arrivarono in prossimità del lago poco dopo, quando già era calato il buio. La notte era fredda, ma serena: la luna illuminava le acque piatte del lago Llyn e tutto il panorama incontaminato circostante.
“Raccogliamo l’acqua e accampiamoci per qualche ora. Con la prima luce ripartiremo” disse Arthur.
Merlin si avvicinò alle acque gelide e calme ed istintivamente s’inginocchiò per immergerci la mano.
Il tempo si fermò.
Il silenzio lo circondava: non sentiva più il richiamo della civetta notturna, né lo sbuffare agitato dei cavalli. Si girò verso Arthur: era rimasto immobile come una statua, mentre prendeva una borraccia attaccata alla sella della sua cavalcatura. Tutto era fermo ed immobile.
“Cosa vuoi dalle acque di Llyn, giovane stregone?”.
Merlin si girò di scatto verso quella voce. Un piccolo esserino luminoso lo guardava con fare curioso. Le ali, simili a quelle di una libellula, battevano veloci rilasciando una scia argentata vicino al naso del ragazzo.
“Chi sei?” chiese Merlin.
“Sono la fata guardiana del lago e preservo queste sacre acque da tutti coloro che vogliono usarle per scopi malvagi” spiegò.
“Il mio re desidera usare l’acqua del lago per uno scopo nobile: salvare una vita”.
“Se il suo intento è nobile e i suoi sentimenti puri e sinceri, l’acqua sprigionerà tutti i suoi portentosi benefici. Me se così non fosse, l’acqua avrà la stessa utilità di quella putrida di uno stagno. Puoi garantire per lui?” dichiarò la fata.
“Garantisco” rispose Merlin.
Non finì di rispondere che la fata era già scomparsa. La civetta strideva, i cavalli sbuffavano e il rumore degli stivali pesanti di Arthur risuonò sul ghiaietto in riva al lago.
Arthur si piegò e riempì fino all’orlo la borraccia: “Tutto bene Merlin?” chiese poi.
Merlin annuì; aveva ancora la mano immersa nell’acqua fredda.  
 
Arrivarono a Camelot mentre il sole era al tramonto.
Arthur e Merlin si misero a correre per i corridoi fino alla porta delle stanze di Artemisia, dove Gaius era in attesa.
Presa la borraccia con l’acqua del fiume Llyn, si avvicinò al letto, dove la principessa si agitava per il forte dolore. Il suo viso delicato era pallido e il corpo scosso da brividi.
Con l’aiuto di Gwen, la sollevarono e Gaius versò l’acqua sulla ferita, mentre Merlin pregava, sicuro che i sentimenti con i quali Arthur aveva raccolto quell’acqua fossero sinceri.
Gaius stette ad osservare cosa accadeva; il colore nerastro che oramai aveva coperto la candida pelle della schiena si andò ad attenuare.
Il medico reale guardò sorridendo il re, che si rilassò sospirando.   
 
“Sei un uomo generoso. Ora però và a riposare” disse sorridendo Gwen al marito.
Arthur ricambiò il sorriso e la vide allontanarsi nel corridoio.
Si girò verso la porta socchiusa della stanza di Artemisia e la vide svegliarsi.
Entrò e si avvicinò al letto, sedendosi sul bordo: “Come ti senti?”
“Come se fossi stata investita da una mandria di mucche furiose” scherzò lei schiarendosi la voce. “Hai ancora la forza di scherzare?” chiese il re sorridendo.
“E’ la seconda volta che ti salvo la pelle: non farci l’abitudine” aggiunse Artemisia.
Tentò di mettersi a sedere con un gemito di dolore. Arthur l’aiutò a sollevarsi delicatamente sui cuscini abbracciandola e tirandola su: era leggera e calda.
Quando si scostò, a sorprese a guardarlo seria; il viso aveva ripreso il suo naturale colore, mentre le guance le si coloravano di un delicato rossore.
“Grazie Arthur” mormorò in un soffio Artemisia, posando una mano sulla guancia del re.
Il giovane sentì un brivido percorrergli la schiena e il cuore accelerare i suoi battiti.
Prese quella mano e le posò un bacio sul palmo senza staccare gli occhi dei suoi; si alzò ed uscì dalla stanza con l’animo e le sensazioni in tempesta.  
  
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