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Autore: Laylath    10/03/2013    2 recensioni
Una storia che narra l'arrivo del giovanissimo soldato Kain Fury nel team del Colonnello Mustang.
Non sempre gli inizi sono facili, soprattutto quando si è privi di esperienza e si ha a che fare con compagni così diversi da se stessi: bisogna lavorare bene l'impasto per creare un team affiatato.
E soprattutto bisogna saper crescere
Storia finita di revisionare l'11 novembre 2013
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 10. L’ordine di un soldato.

 

Fury, Breda, mi sentite? Che è successo?” chiamò la voce dell'alchimista di fuoco
Ci hanno attaccati, signore, ma ho capito dove sta il nostro pesce. Ho bisogno di rinforzi. Il ragazzo è dentro un altro palazzo: per poco non lo facevano fuori.” disse la voce di Breda
Resistete! Arrivano Havoc ed il tenente…”
Ma per Fury quelle parole furono una magra consolazione: gli sembrava che in quella vecchia stanza nessuno dei rinforzi l’avrebbe potuto mai raggiungere. Era come se si trovasse in un posto completamente alienato dal resto del mondo, dove gli unici lievi contatti con la realtà esterna erano quelle voci negli auricolari.
“Fury, tutto bene?” chiamò la voce del colonnello.
“Io… ” ansimò il ragazzo
Stai calmo... dimmi com'è la situazione. Sei ferito?
Fury avrebbe tanto voluto parlare, ma la voce gli era morta in gola e si sentiva veramente perduto.
Il movimento che aveva colto qualche secondo prima era stato fatto da un uomo che aveva appena abbandonato il suo nascondiglio dietro un vecchio armadio e ora avanzava lentamente verso di lui.
Il volto dai lineamenti duri e decisi aveva un non so che di animalesco: diverse cicatrici deturpavano quei tratti e sembravano evidenziare ulteriormente gli occhi slavati… occhi che guardavano Fury come una bestia che ha appena trovato una preda inaspettata.
Era l’uomo che il soldato aveva visto il giorno prima nel rapporto del colonnello: Slynt l’assassino
“Ciao, ragazzino: – disse con un ghigno l’uomo – adesso fai il bravo e non chiamare aiuto.”
 
Come si procedeva quando un efferato assassino stava nella tua stessa stanza? Nessuna lezione all'Accademia l'aveva preparato a questo. Nessuna simulazione gli aveva spiegato come si calmava il battito del cuore e la sensazione di viscere attorcigliate che gli attanagliava lo stomaco. Nessuno gli aveva detto che il vero terrore era così paralizzante.
Una piccola parte della sua mente continuava a sentire degli spari e si sorprese a pensare che Breda doveva essere ancora fuori a combattere. Ma tutto il resto della sua persona era intrappolato da quello sguardo animalesco che sembrava trarre energia dalla sua paura.
Fury, rispondimi!” continuava a chiamarlo il colonnello.
Ma la voce dell’alchimista non venne nemmeno percepita dalla mente di Fury: l’assassino aveva ripreso a muovere dei passi verso di lui, continuando a tenerlo intrappolato con lo sguardo.
Una lontanissima parte del cervello del soldato si rese conto che l’uomo era ferito: la giacca era sporca di sangue, con il braccio sinistro che pendeva pesantemente sul fianco e anche i passi che muoveva erano leggermente esitanti. Ma nonostante tutto la forza brutale emanata da quella persona era tale che il giovane ne era completamente intrappolato.
“Sbaglio o sei disarmato, ragazzo? - chiese Slynt facendosi avanti – hai lasciato cadere il tuo fucile a terra?”
Fury si trovò a pensare che non era proprio disarmato, nella fondina aveva la sua M5. Ma l'idea di muovere la mano e prenderla gli appariva surreale.
“Tu sei... Slynt”  balbettò.
“Che bravo, e tu invece sei un povero soldatino alle prime armi, si capisce subito. Però scommetto che hai una pistola con te, vero? Adesso fai la cortesia di darmela.”
Slynt? Dannazione! Tenente, muoviti! E' bloccato con l'assassino!
 “Ci sono quasi, signore!
Fury, non fare mosse azzardate! Resisti che arriviamo! Prendi tempo!
“Porta la mano alla custodia e tira fuori la pistola, ragazzo. Dammela e ti assicuro che me ne andrò da qui senza farti nulla, da bravo” c’era una suadente gentilezza in quella voce e Fury scoprì che la sua mano si stava muovendo verso la fondina. Era come se la volontà di quell'uomo prendesse possesso del suo corpo.
Afferrò l'impugnatura dell'M5 e la tirò fuori.
“Perfetto, ora gettala verso di me.”
Una parte della sua mente voleva lanciare l’arma, far andare via quell'uomo e far finire tutto. Ma un lontano barlume di lucidità gli disse che non aveva nessuna garanzia che una volta data la pistola sarebbe stato risparmiato.
In preda all’istinto di conservazione, tese l'arma contro il suo avversario. Si pentì subito di quel gesto temerario, ma non riuscì ad abbassare le braccia.
“Cosa vuoi combinare, ragazzo? - chiese l'uomo sogghignando e facendosi avanti – le braccia ti tremano e sei terrorizzato. Non sei nemmeno in grado di premere il grilletto. Hai mai sparato a una persona?”
Quella domanda lo congelò. Lui non aveva mai sparato a nessuno: non aveva mai fatto del male a  creatura vivente. Nonostante lui fosse un soldato e quell'uomo un assassino... come poteva anche solo pensare di compiere un gesto così orribile?
“Io non posso sparare – balbettò mentre lacrime di angoscia gli colavano sulle guance – non posso...”
Fury!” chiamò Mustang.
“Dammi quella pistola! – disse Slynt a voce più alta – oppure giuro che me la prendo da solo, piattola!”
Dannazione! Fury, reagisci e spara! Quello ti ammazza!” esclamò il colonnello che aveva sentito la minaccia dell'uomo.
“Non ci riesco! Colonnello, non posso!” pianse. Non era come premere il grilletto davanti a un bersaglio di cartone, davanti aveva una persona viva. Non era un assassino!
“Dammi quella maledetta arma!”
“Io non posso!” gridò il ragazzo serrando le palpebre.
Proprio in quel momento Slynt, intuendo che non era più in grado di gestire il gioco psicologico col ragazzo, si mosse verso di lui, con tutta la velocità consentita dalle sue ferite.
Fury, spara! E' un ordine!” esclamò secca la voce del colonnello.
Il soldato aprì gli occhi, premette il grilletto e il colpo partì, colpendo in pieno l’assassino a un paio di metri da lui.
In tutte le ore al poligono non aveva mai centrato un bersaglio in maniera così perfetta.
 
Colonnello, qui io e Breda abbiamo preso il pesce. Tutto in ordine!
Portatelo al quartier generale. Falman, vai a informare le altre divisioni che la missione è finita!
Sissignore!”
Fury… Fury, maledizione, rispondi!
Dannazione, non avrei dovuto lasciarlo solo. Fermo tu! Non osare muoverti!
Sono quasi arrivata!
Le voci venivano da tanto lontano, come se l’auricolare avesse avuto un guasto e facesse sentire solo l’eco. Forse se le stava solo sognando, come stava sognando quella pozza rossa che si allargava sotto quell’uomo disteso a terra davanti a lui. Doveva essere per forza un sogno, perché non era possibile che una persona potesse perdere tutto quel sangue e avere quell’espressione così orribile nel viso. E poi lui non avrebbe mai potuto sparare così perfettamente da colpire un punto vitale al primo colpo.
Una goccia di pioggia stava scivolando lungo la sua lente destra: gli dava fastidio alla vista, si sarebbe dovuto levare gli occhiali e pulirli. Magari il sangue che vedeva era solo dovuto alle lenti sporche. Per migliorare la situazione doveva prima di tutto abbassare le braccia e lasciare quella pistola. Era semplice, perché non ci riusciva?
“ Fury eccomi! – esclamò il tenente Hawkeye spalancando la porta e puntando la pistola – Oh, cielo… no!”
Era strano, la voce del tenente era sia dentro la stanza che negli auricolari.
Ma lui ora doveva abbassare la pistola: quella goccia sugli occhiali era così fastidiosa.
“Fury… Fury! – mormorò la donna accostandosi a lui – E’ tutto a posto, sono qui. Da bravo, adesso abbassa le braccia e lascia la pistola.”
“Non… non ci riesco, mi dispiace. Vorrei tanto, ma…” sussurrò senza riuscire a girarsi a guardarla.
 “Ssh, tranquillo ti aiuto io – lo tranquillizzò lei posando le mani sulle sue e allentando gentilmente la sua presa dall’arma – è tutto finito, piccolo soldato. Adesso vieni, andiamo fuori a prendere un po’ d’aria”
Tenente che succede?” chiese la voce del colonnello
“E’morto per colpa mia… ” riuscì a dire senza distogliere gli occhi da tutto quel sangue.
“Non guardare. – mormorò la donna stringendolo a sé e conducendolo verso la porta – Non guardare più, ti prego. Colonnello, l'assassino Slynt è morto, mentre il soldato Fury è… fisicamente illeso.”
Capisco... Portalo via da lì.
“Vieni, piccolo – sussurrò il tenente – ci sono io a proteggerti, va tutto bene”
Fury annuì con inerzia a quell’affermazione.
Ma nonostante fossero usciti fuori da quella stanza maledetta, il sangue non andava via dalla sua mente.


 
  
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