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Autore: Fiby_Elle    10/03/2013    4 recensioni
Emma cercò a tentoni il suo flacone di pillole nel cassetto, prima di esprimersi e mettere fine a quel principio di rissa.
“Ma… se tu sei sicuro di essere gay… e tu sei sicura di essere lesbica… si può sapere quale è il vostro problema?”
I due studenti si girarono verso la psicologa, guardandola entrambi in un misto di confusione e imbarazzo.
(...)
“Il problema è che ogni volta che io e il figlio illegittimo di Timon, del duo Timon e Pumbha, ci incontriamo succedono due cose…”
“…”
“O ci scanniamo…”
E Sebastian spostò il colletto mostrando un graffio profondo che partiva dalla clavicola e finiva poco vicino al mento.
Santana si soffiò fiera le unghie lunghe come gli artigli di una iena.
“Oppure?” farfugliò la signorina Pillsbury, non proprio sicura di volerlo sapere davvero.
L’ispanica e l’Usignolo si lanciarono un’occhiata d’imbarazzo ed intesa.
“O finiamo a letto, a scopare come due puttane…”
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Emma Pillsbury, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Santana/Sebastian
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Di verità scomode e biscottini
 

L’orologio a pendolo, fissato alla parete, continuava a ticchettare nervosamente.

Santana e Sebastian riempivano il silenzio coi propri sbuffi e le proprie lamentele, lanciandosi di tanto in tanto sguardi torvi e minacce bieche come due leoni in una gabbia, troppo orgogliosi e superbi per accettare la reciproca supremazia.

Emma, dal suo canto, aveva deciso ormai da un pezzo di ignorare i continui battibecchi dei due e così se ne stava mollemente sbracata sulla sua poltroncina d’ufficio, intenta a guardare il soffitto, sistemandosi sulla fronte, saltuariamente, una pezzolina bagnata.

Soffiò un paio di volte sull’orlo della tazza piena di tisana bollente, dopodiché la sorseggiò, prendendosi tutto il tempo del mondo, sempre più incurante delle battutine sarcastiche provenienti dall’altro lato della scrivania. La vuotò lentamente fino all’ultima goccia, assaporò sulla lingua il gusto caldo e ruvido delle erbe calmanti e solo dopo aver raccolto fino all’ultimo granello di zucchero, lasciando sul tavolo la tazza più pulita di quando l’aveva scelta, tornò a rivolgersi ai due ragazzi.

Lo scatto brusco con il quale la signorina voltò il capo verso di loro, fu già da annoverare tra le migliori scene di film horror, ma niente poté battere l’inquietante sguardo risoluto con cui questa volta cominciò a fissarli.

Santana e Sebastian si guardarono dubbiosi, per la prima volta d’accordo su una qualsiasi cosa.

“Posso farvi una domanda?” proruppe l’assistente, assottigliando gli occhi con fare indagatore.

I due annuirono all’unisono.

“Ma voi, esattamente, perché siete qui?”

Ok.

Tutto ciò era veramente ridicolo.

“A questo punto, me lo chiedo anch’io!” fu la risposta di Santana, accompagnata da uno schiaffo frustrato contro la fronte.

Sebastian, invece, arricciò le labbra sottili in una smorfia minacciosa e sporgendosi un po’ dalla sedia, poggiando i gomiti sul ripiano immacolato della scrivania, prese a parlare lentamente, come si stesse rivolgendo ad una scimmia particolarmente stupida.

“Sono ore che cerchiamo di spiegarglielo, maledizione!” sbottò irritato.

“Forse è andata in overdose di pillole e qualche neurone ha ceduto!” ipotizzò Santana, senza preoccuparsi minimamente di avere un po’ di tatto nei confronti di chi la ascoltava.

Contro ogni aspettativa però, Emma non sembrò dar peso a nessuno di quei commenti al veleno e continuò a squadrarli col suo sorrisetto ambiguo, un po’ saccente, simile a quello degli adulti quando da piccolo ti rispondevano: “non sono cose per te”.

“Vi ho fatto una domanda semplice,” ripeté, tranquilla “perché- siete- qui?”

A quel punto il primo a cedere fu lo stesso Sebastian, arreso ormai all’idea di dover passare il pomeriggio in quella bettola di scuola pubblica insieme al suo peggior nemico e una consulente psicopatica. Sollevò gli occhi smeraldo al cielo, invocò il nome di dio Brian Kinney affinché gli desse la pazienza necessaria, martellò un paio di volte la fronte contro lo spigolo freddo della scrivania e proprio da quella stramba posizione, cominciò a ripetere la storia dall’inizio, trascinandosi dietro svogliatamente le parole.

E dire che se non fosse stato per le minacce della sociopatica che aveva a fianco, a quest’ora poteva starsene allo Scandals a scolarsi una birra… o magari chiuso in bagno a scoparsi il nuovo barista, visto il culo favoloso che si ritrovava.

“Io sono gay. Santana è lesbica.”

“Perfetto. Visto che siete certi di questo punto, qual è il vostro problema?”

Sebastian si concesse un’ulteriore botta contro la superficie del tavolo. Magari se continuava di questo passo, si instupidiva quanto la rossa e riusciva pure a sopravvivere a quella cazzo di seduta analitica.

“Vuoi una mano, Smythe?” intervenne Santana, riferendosi naturalmente non alla domanda, ma alla possibilità di rompergli il cranio.

Il ragazzo decise di ignorarla e rispondere alla donna.

“Va bene signorina Pillsbury, adesso glielo ripeto di nuovo, cercando di non andare nei dettagli e turbarla più del dovuto… può darsi che così riacquisti un po’ di sanità mentale! Il problema è che a me piace il pene, Satana è un'amante della vagina, ma ogni volta che ci vediamo noi…”

“Vedi è questo che io non capisco, Sebastian. Continuate a ripetere ‘ogni volta che ci vediamo’, come se fosse costretti a farlo ogni giorno.”

Il ragazzo alzò di scatto il capo dalla scrivania e fissò la signorina Pillsbury con due occhi sbarrati e perplessi, simili a quelli di una lepre davanti ai fari di una monovolume.

“In… in che senso?” domandò e lanciando un’occhiata di sbieco verso Santana la trovò esattamente nella sua stessa situazione.

La signorina Pillsbury si schiarì la voce e incrociò le dita davanti a sé.

“Voi due non frequentate la stessa scuola. Non uscite negli stessi posti, a parte qualche incontro saltuario al Lima Bean. Non vivete nemmeno nella stessa città, eppure dal modo in cui ne state parlando, è come se voi dovesse vedervi per forza, quando potreste benissimo… non farlo!”

Fu la volta di Santana e Sebastian restare lì a fissare il vuoto, inebetiti e incapaci di proferire una sola parola.

“Voi due non vi sopportate, vi augurate la morte a vicenda ogni due parole… non avete motivo per vedervi ogni giorno, no?”

I due ragazzi riuscirono a trovare la forza di girare il capo, guardarsi ad occhi spalancati e tornare a rivolgersi alla consulente, sempre più sorridente visto il miracoloso silenzio che era riuscita ad ottenere dalle belve.

Roba da andarne fieri una vita intera.

“Ma… ma… questo non cambia il fatto che noi… noi non dovremmo andare a letto insieme! Io sono lesbica e lui…”

“Gay! Ho capito, Santana. Ma è possibile che sia solo questo il problema?”

La Cheerios sollevò superbamente un sopracciglio, incuriosita dalle parole della signorina Pillsbury, ma soprattutto sorpresa che qualsiasi cosa le frullasse per la testa, le conferisse addirittura il coraggio di interromperla.

“Non capisco dove vuoi arrivare, Tippete…” intervenne Sebastian, per permettere alla donna di continuare.

Quella non se lo fece ripetere due volte.

“Voglio arrivare al fatto, Sebastian, che secondo me tu e Santana dovreste smetterla di nascondervi dietro al vostro orientamento sessuale.”

“Cosa?!” proruppero all’unisono gli studenti, indignati.

Emma si affrettò a spiegare meglio le cose.

“Se non potete fare a meno di saltarvi addosso ogni volta che siete a distanza ravvicinata, è impossibile negare che tra di voi non ci sia una qualche sorta di attrattiva, mi sbaglio? Siete due persone, mi sembra, molto libere riguardo al sesso; è evidente che quella volta in sala prove voi vi siate lasciati trascinare dalla passione, ma… succede! Siete giovani, avete gli ormoni in subbuglio! Poteva rimanere… l’errore di una sera, una resa dei conti, invece voi l’avete volutamente trasformata in qualcosa di più!”

A questo punto la consulente si sporse in avanti col busto, in modo da poter osservare più attentamente i volti estatici dei due ragazzi dall’altro lato della scrivania.

 “Io penso che voi stiate ponendo la questione sul piano sessuale, focalizzando l’attenzione sulla vostra omosessualità, perché in fondo sapete benissimo che il problema è differente. La domanda è: perché continuate a cercarvi?”

Santana e Sebastian rimasero pietrificati sul posto, incapaci di muovere un solo muscolo ad eccezione delle palpebre.

Le parole della signorina Pillsbury risuonavano nelle loro povere orecchie, minacciose e angoscianti come i rintocchi di un campanile allo scoccare della mezzanotte; per la prima volta nel corso della loro esistenza nessuno dei due aveva la battuta pronta, la risposta sarcastica adatta a rispondere a quella domanda, a ben guardare, così semplice.

Già, perché continuavano a cercarsi?

Si odiavano. Rifiutavano –per quanto possibile- un qualsiasi tipo di attrazione nei confronti dell’uno e dell’altra, eppure il pensiero di dividersi, di non vedersi mai più e di rimanere lontani, lo avrebbero negato fino alla morte, ma li faceva impazzire.

Come era potuta accadere una cosa del genere?

Perché non riuscivano a fare a meno di scannarsi, tanto quanto di saltarsi addosso?

Di sbieco, si scambiarono un’occhiata timorosa.

Ad ammetterlo, non lo avrebbero fatto nemmeno sotto tortura, ma nel profondo, tutte quelle domande facevano a entrambi una paura incredibile.

“È lei che mi chiama!” fu il primo ad intervenire Sebastian, parlando con un tono di voce accusatorio simile a quello dei bambini quando vogliono far ricadere su un compagno la colpa di una marachella.

Naturalmente Santana non lasciò correre e incrociate le braccia al petto, arricciando le labbra “Io ti chiamo perché tu mi mandi messaggi!” proruppe indignata, disegnando sul viso una brutta smorfia.

La tregua era finita.

“Sei stata tu la prima a mandarmi un messaggio dopo quella sera! Sei stata tu la prima a chiedere di rivederci!”

“Ovvio! Ti eri rubato le mie mutandine rosse portafortuna!”

“Ma se sono tutte identiche!”

“Dettagli! Fatto sta che io alla Dalton ero venuta innocentemente, sei tu che mi sei saltato addosso!”

“Grazie tante! Ci sei venuta nuda! Altro che innocentemente, volevi farti scop…”

“Smettetela di raccontarvi bugie!” si affrettò a interromperli la consulente, prima che la situazione degenerasse nuovamente in un’escalation di volgarità. Grazie al cielo la frase appena pronunciata fu abbastanza d’impatto da far sì che l’attenzione dei duellanti si focalizzasse su di lei e abbandonassero la battaglia.

Osservò rispettivamente l’una e l’altro ragazzo, ma questa volte non poté impedirsi di sorridere intenerita di fronte all’evidente difficoltà in cui sembravano trovarsi.

Era più forte di loro, purtroppo: quando solo si cominciava a parlare di sentimenti, entrambi si chiudevano a riccio, scattando sulla difensiva.

“Andiamo ragazzi, credete davvero che la causa di tutto questo siano solo un paio di messaggini e una semplice attrazione fisica? Il telefono si può spegnere e gli ormoni possono essere sfogati in tante altre maniere…”

Santana e Sebastian deviarono come la peste lo sguardo troppo materno della signorina Pillsbury, ma non riuscendo a sostenere a pieno il peso di quelle verità così invadenti, caddero con gli occhi al suolo, fissi sul pavimento lucidissimo dell’ufficio della consulente.

Un silenzio carico di imbarazzo e aspettativa avvolse la stanza e i suoi abitanti, rendendo l’atmosfera ancora più tesa.

Nessuno dei due studenti trovava il coraggio di spiccicare una parola, entrambi avvertivano su di sé la morsa opprimente di quella realtà così difficile e allora cercavano inconsciamente di prolungare l’attesa, quasi potesse durare all’infinito e impedir loro di affrontare la verità.

Fu Sebastian il primo a cedere sotto il peso asfissiante di quella tensione; cercando di mascherare il disagio, l’usignolo accavallò le gambe lunghe e toniche e come stesse parlando a se stesso, spostando lo sguardo, ma deviandolo ugualmente verso un punto imprecisato della scrivania, poggiò il mento su una mano e sussurrò flebilmente: “Ma allora cosa ci sta succedendo?”

Emma si rilassò sulla poltroncina e rovistato in un cassetto, cacciò fuori una scatola di biscottini che aprì innanzi a loro, sistemandoli ordinatamente su un piccolo piattino di ceramica.

“Facciamo un gioco…” cominciò, sorridente.

Santana e Sebastian le lanciarono un’occhiata sospettosa.

“Sebastian, voglio che tu mi racconti di quella volta in cui ti sei sentito emotivamente vicino a Santana…”
 



 

Sì, siete tranquillamente autorizzati a picchiarmi, lanciarmi pomodori, venirmi a trovare con una accetta e farmi fuori… magari in quel caso, aspettate almeno che vi pubblichi tutti gli altri capitoli, così saprete come finisce la storia.

Mr and Mrs Smythe sono tornati gente, avete capito bene e visto che la storia è già scritta e concluse sul mio computer, per la vostra gioia (un po’ meno per quella di Emma!) non vi lasceranno più.

Il capitolo è di passaggio per permettere a tutti voi di andarvi a rileggere un po’ gli eventi e poter seguire al meglio il corso della fan fiction! Con ogni probabilità l’aggiornamento arriverà tra le serate di domenica e lunedì, quindi tenete d’occhio Efp!

Cosa ne pensate di questo capitolo? I nostri idoli stanno cominciando a parlare dei propri sentimenti e per la prima volta è la nostra signorina Pillsbury a traumatizzare Santana e Sebastian e non il contrario.

Come ve la immaginate questa famosa “volta emotiva di Sebastian”?

Ci vediamo nel weekend! Un bacio <3
 


 
   
 
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