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Autore: Chemical Lady    10/03/2013    6 recensioni
[Enjolras / Nuovo personaggio]
Il rosso è il colore degli uomini irati e del cielo dipinto dei toni dell’alba, ma contiene anche le sfumature di un’anima innamorata e avvolta dalle fiamme del desiderio. E questo Enjolras lo sa benissimo, anche senza che il giovane Marius glielo spieghi alla vigilia delle barricate….
Qual è, quindi, il sentimento umano più forte dell’amore?
*
Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno questa storia! Spero sia di vostro gradimento^^
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Enjolras, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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bananissima2

Titolo: Le couleur du Désir
Rating: 
Arancione.
Betareader: //

Capitolo: 2/9
Avvertimenti: Ho modificato alcuni eventi, rispetto all’opera originale, cercando però allo stesso tempo di mantenere integre le personalità originali dei protagonisti e di dare loro l’opportuna gloria che meritano. .

Genere: Romantico, malinconico e, naturalmente, storico.

Coppie trattate: Het.

Enjolras/Nuovo personaggio.

Disclaimer: Non possiedo la maggior parte dei personaggi di questo racconto, poiché essi sono usciti in un primo momento dalla penna di Victor Hugo e, successivamente, rielaborati dal genio di Claude-Michel Schönberg. I soli personaggi che mi appartengono sono quelli che ho io stessa inventato, ovvero Camille Dupont e la sua famiglia.  I fatti narrati sono in parte inventati da me e in parte sempre ispirati dall’opera ‘Les Miserables’ di Hugo, seguendo però il filone narrativo del musical.

 

Sommario: Enjolras ci è sempre stato presentato come un personaggio tutto di un pezzo, fiero e determinato verso i suoi obbiettivi, al pari di un ‘Dio greco’ anche secondo Grantaire. Ma, come ogni uomo mortale, egli ha anche un lato umano….

 

Il rosso è il colore degli uomini irati e del cielo dipinto dei toni dell’alba, ma contiene anche le sfumature di un’anima innamorata e avvolta dalle fiamme del desiderio. E questo Enjolras lo sa benissimo, anche senza che il giovane Marius glielo spieghi alla vigilia delle barricate….

 

Qual è, quindi, il sentimento umano più forte dell’amore?

 

 

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Per qualsiasi cosa, contattatemi!

 

Enjoy…

 

 

 

Le couleur du Désir

A love story behind the barricades.

 

 

 

 

Part Two: Part of that World.

 

 

 

 

1829, Paris.

 

 

 

Una ventata di aria gelida percorse col passo spedito e caotico di un branco di purosangue in corsa tutta rue de Chaunteverrie, investendola. Istintivamente, Camille si strinse nello scialle sporco, posato sulle sue spalle, stringendo a sé sua sorella minore Odette, scossa dai brividi.

Incredibile come la sua vita era mutata così tanto in un anno e mezzo.

Dopo diversi mesi di pura agonia, sua madre era scomparsa, lasciando un grande vuoto in quella piccola e povera casa. Poi era venuto il tempo di suo padre, di ammalarsi. Si era accorta che qualcosa non andava una sera, quando, una volta coricato dopo la cena, aveva sentito il respiro del padre basso e tremolante. Spento.

Ogni giorno, quando tornava dal lavoro alla conceria, le sue vesti erano impegnate di un fetore acido che infastidiva enormemente la ragazza, andando ad annidarsi anche nei tessuti delle tende o delle sue stesse vesti.

Quell’odore così fastidioso doveva essere la causa le malessere del padre*, poiché nulla che puzzasse a quel modo poteva essere salutare. Lo aveva visto peggiorare progressivamente, fino a non essere più in grado di alzarsi da letto.

Era morto anche lui, un paio di mesi prima, a meno di un anno di distanza dalla moglie, lasciando sole le tre figlie.

I pochi soldi che portava a casa Eloise non bastavano più per tutte loro, così anche Camille si era rimboccata le maniche, cercando anche lei un impiego nella sartoria della sorella.

Purtroppo, la condizione della Francia sembrava peggiorare di giorno in giorno sempre di più, e non esistevamo lavori extra per lei.

Così si era unita alla massa che, giorno dopo giorno, mendicava per le vie di Parigi, chiedendo qualche moneta per poter acquistare un tozzo di pane, anche stantio.

Non importava, poteva abbrustolirlo sul fuoco per renderlo più buono, l’importante era riuscire a riempire lo stomaco e placare la fame.

Non vi era nulla peggio della sensazione che portava il non riuscire ad avere qualcosa sotto ai denti, alle volte per giorni. La fame, alle volte, la debilitava al punto tale da non riuscire quasi ad alzarsi dal giaciglio di paglia sul quale era costretta a dormire. Aveva venduto persino il materasso per poter provvedere ad Odette.

Faceva tutto il possibile per poterle assicurare il necessario per vivere bene. Non in modo agiato, solo un miracolo le avrebbe portato giovamento in quel caso, ma bene. Riuscire a mangiare, avere vestiti caldi….

Tutto ciò che una bambina meritava di avere.

Però le cose andavano sempre peggio, così come per la Francia, anche per lei.

Ormai tutto ciò che le rimaneva, era rinchiudersi in un mondo a parte, fantastico, racchiuso all’interno della sua mente e protetto dalla notte. In quel mondo, a vegliare su di lei, c’era sempre un angelo dai ricci capelli dorati e sottili occhi grigi. Enjolras.

Aveva provato a scoprire qualcosa su di lui, in quell’anno.

Sapeva solo che era figlio di un ricco avvocato di corte, una famiglia baciata dai favori del Re. Un ragazzo così altolocato che non poteva di certo notare una sguattera come lei. Lo aveva visto un paio di volte, a Place de la Concorde, camminare trafelato tra le persone insieme ad altri giovani ragazzi, sicuramente universitari.

Non lo aveva, però, mai fermato.

Come poteva pretendere di cogliere la sua attenzione, lei che sedeva sull’ultimo sudicio gradino della scala sociale?

Non aveva speranze, con lui….

Nei suoi sogni, però, poteva prenderlo per meno e sedersi con lui su una balconata ammantata di verde edera pungente, avvolta da un elegante abito in pizzo color borgogna.

Ogni sera si appoggiava al davanzale della finestra, dopo aver fatto addormentare la piccola Odette, e osservava le stelle, cantando sottovoce un canto di speranza….

Chissà, magari la fortuna avrebbe girato…. Un giorno forse lo avrebbe rivisto.

-When's it my turn? Wouldn't I love, love to explore that shore up above? Out of the sea , wish I could be…. Part of that world-

Nel tempo, però, aveva smesso di sperare.

Aveva smesso di aspettare in qualcosa di migliore, che pareva non voler arrivare mai.

Di certo non si aspettava che qualcosa potesse accadere quella pallida mattina di dicembre.

Qualche fiocco di neve aveva preso a cadere dal cielo, quando lei e Odette arrivarono come sempre all’imbocco degli Champs Elisee. Si sistemarono a sedere sul marciapiede freddo, e subito Camille sistemò la gonna della piccola così che non patisse troppo freddo ai piedi nudi. Quando la vide tremare scompostamente non esitò, si sfilò lo scialle e avvolse la piccola, stringendola poi a sé.

“Non preoccuparti, tesoro mio. Torneremo presto a casa e se Eloise avrà preso della legna, ci riscalderemo mentre preparo una buona zuppa con le lenticchie che Monsieur Lefebvre ci ha portato ieri…

Non si rese conto, presa com’era da quelle accortezze verso Odette, della donna corpulenta che la osservava dall’altro lato della via. Essa infatti aveva interrotto la presa in visione di un paio di succose verze, che sembravano perfetta per il minestrone che aveva in mente di preparare, troppo presa dalla vista di quelle due povere anime. Senza pensarci due volte pagò quel che doveva all’ortolano, cacciando poi le verze in un cesto e recandosi a passo spedito verso le due.

Camille la vide avanzare con passo veloce e immediatamente spostò Odette su un fianco, cercando di frenare il tremore causato dal freddo, e allungò una mano.

“Vi prego, Madame, una moneta.” Sussurrò con vergogna. Nonostante fossero passati mesi da quando aveva preso a mendicare, l’onta subita ancora non voleva attenuarsi.

La donna però la guardò seria, prima di replicare con torno saccente “Ogni favore ha un prezzo anche innanzi al Salvatore, ragazza. Cosa puoi fare tu per rendermi quella moneta che io sono disposta a darti?”

Camille non disse nulla per istanti infiniti, mentre sul suo sguardo cadeva un’ombra. Poi trovò il coraggio “Non vendo i capelli, non vendo il mio corpo. Non sono ancora scesa così in basso da dover gattonare per nessun uomo…

Solo a quel punto, la donna corpulenta esplose a ridere “Ti sto offrendo un lavoro e tu sostieni che io possa portarti su un marciapiede? Non è così che si ringrazia, ragazzina!”

Negli occhi blu di Camille si accese di nuovo una flebile luce di speranza “Un lavoro, Madame? Quale tipo di lavoro?”

“Gestisco un bar, qui vicino.” Le rispose la donna “E io e mia figlia necessitiamo di un piccolo aiuto. Qualcuno che sia ben disposta a servire i nostri clienti con sorrisi e a spazzare i nostri pavimenti senza mai lamentarsi. Pensi di poterlo fare?”

“Potrei far qualsiasi cosa, per un lavoro che conservi così la mia dignità!”

“Allora alzati, dobbiamo darti una ripulita o spaventerai i clienti!” la donna porse la mano ad Odette, che dopo aver guardato dubbiosa e spaventata la sorella, la accettò con riluttanza. Insieme, le tre si avviarono per le vie tortuose di Parigi, mentre Camille sentiva ancora di non potersi fidare totalmente.

Sarebbe stato troppo bello per esser vero….

 

*

 

Madame Hucheloup si era rivelata una donna dall’animo franco.

L’aveva condotta fino al suo bar, le  Musain, ma non erano entrate lì. Prima l’aveva portata nei suoi alloggi, dove le aveva imposto un bagno caldo e un frugale pasto a base di pane e formaggio.

Ovviamente non era stata un poi così grande imposizione, visto che a lungo Camille aveva bramato di poter fare un buon bagno non solo a se stessa ma anche a Odette.

Per non parlare poi del formaggio. Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva potuto permettersi un assaggio.

Poi erano state entrambe vestiti che obiti dimessi dalla figlia di Madame Hucheloup, Julié  e, mentre Odette rimaneva alle cure della ragazza, la proprietaria del bar aveva condotto Camille nel suo nuovo luogo di lavoro per insegnarle il mestiere.

Le aveva spiegato sbrigativamente dove trovare le cose che occorrevano e come comportarsi in determinate situazioni. La ragazza non ci aveva messo molto ad imparare.

Come primo incarico, le venne affidata la pulizia totale del locale, in tempo per l’apertura di quel pomeriggio.

Grata della possibilità che le si era palesata innanzi, Camille si era sbrigata, tirando a lucido tutto il bar, dai tavolini, al pavimento, alla scalinata che conduceva al piano superiore.

Il legno non era mai stato così lucido, a sentir la proprietaria che subito stabilì come salario, cinque franchi a giornata.

Camille quasi non ci credette, era molto più di quanto si sarebbe mai aspettata. Chiede il motivo di un simile salario – Eloise ne guadagnava solamente tre, e lavorava parecchio cucendo le divise dei militari- e la risposta fu pratica: fino a che gli affari andavano bene, poteva permettersi un paio di braccia in più per lavorare e un paio di mani in più da dover pagare.

Non lo ammise mai, ma Camille sapeva che aveva scelto lei come aiuto spinta dalla pena che le doveva aver fatto insieme ad Odette. La ringraziò più e più volte per quel buon cuore generoso, insieme ai ringraziamenti rivolti al Signore che aveva, infine, deciso di accogliere le sue preghiere.

Non poteva chiedere di meglio, anche se peccando, c’era qualcosa che ancora non aveva e che tanto bramava.

Mancava, infine, un’ultima richiesta che il buon Padre forse non avrebbe accolto….

O magari si.

 

*

 

Non lavorava in quel bar da nemmeno una settimana, quando un pomeriggio accadde ciò che tanto aspettava ma che, in un certo senso, dava per improbabile.

Se ne stava al bancone, lucidando un paio di bicchiere e chiacchierando con un cliente abituale, un tale Grantaire, quando un ragazzo moro fece il suo ingresso dirigendosi verso di loro.

“Cambeferre!” disse allegro il moro ricciolino, alzando una bottiglia verso quello che non poteva essere nient’altro che un caro amico “Ho il supremo piacere di farti fare la conoscenza della più deliziosa e virtuosa delle fanciulle di tutta Parigi, Mademoiselle Camille.”

“Incantata di far la vostra conoscenza, Monsieur Cambeferre!” rispose la giovane, trillando una risata allegra quando quest’ultimo le prese con delicatezza la mano conducendola alle labbra, per baciarla come un vero galantuomo.

“Poche sono le donne rimaste virtuose a Parigi” commentò poi, prendendo posto davanti a lei su di uno sgabello “Fortunato sarà l’uomo che riuscirà a condurvi all’altare!”

“Non gettare mala sorte tra noi, ingrato!” disse Grantaire mentre Camille li guardava divertita, servendo il nuovo arrivato  “Potrei forse esser io quell’uomo, se questo bellissimo e raro fiore mi concede un appuntamento!”

Camille sorrise intenerita, prendendo uno strofinaccio per asciugare un paio di boccali “Siete dolce come miele, Monsieur Grantaire, ma non credo che sarebbe di buon costume, da parte mia, concedere tale confidenza ad un cliente abituale!”

“Ah, credo di capire il perché reclinate il mio invito” sussurrò divertito il ragazzo, passandosi una mano nella zazzera bruna “Il vostro cuore è già stato preso! Oh me sfortunato!”

Camille non rispose, limitandosi ad abbassare il capo, mentre Cambeferre prendeva la parola, ruggendo divertito “Nella tua sfortuna vi è la buona sorte di questa bella ragazza!”

“Non faresti ridere nemmeno un ubriaco!”

“Quindi non sono riuscito a farti ridere, Grantaire?”

La ragazza ascoltò divertita quello scambio di sottili ma allo stesso tempo amichevoli  malevolenze , non accorgendosi della porta che veniva nuovamente aperta, stavolta da tre ragazzi.

Grantaire, che era rivolto in quella direzione, attirò l’attenzione di qualcuno alzando un braccio “Chiediamo il parere di qualcun altro, va ben? Joly! Courfeyrac! Venite qui!” disse ridendo, mentre Camille alzava gli occhi scorgendo due giovani accompagnati da un terzo nascosto dietro di loro “Dite a Cambeferre che io ho sedotto più donne di quante la sua povera mente stolta possa vagamente concepire. Tu poi lo sai meglio di tutti, vero Enjolras?”

Il fragore di vetro in mille pezzi interruppe ogni possibile scambio di battute. Tutti si voltarono verso il bancone, dove a Camille era appena sfuggito dalla presa della mani tremolanti un boccale.

“Va tutto bene, Camille?” domandò stranito Grantaire, mentre Cambeferre si alzava e andava dietro al bancone ad aiutarla.

“Fate attenzione Mademoiselle, o vi ferirete!” disse concitato il rosso, mentre lei tirava un sorriso forzato e tesoro.

“Non preoccupatevi Monsieur, sono solo sbadata, posso provvedere io stessa!”

Alzò gli occhi troppo rapidamente e senza pensare alle conseguenze di quel gesto. Infatti, come colpita da un fulmine, si trovò davanti gli stessi occhi grigi che per mesi le avevano fatto compagnia in sogno.

 

*

 

Enjolras aveva atteso per molto il momento in cui l’avrebbe rivista, ma si trovò del tutto impreparato dinnanzi a quegli occhi blu come il cielo notturno, che tanto aveva desiderato scorgere tra la folla.

Di certo non si aspettava di scorgerli un tardo pomeriggio di dicembre al Musain, dietro al solito bancone.

Così non aveva fatto assolutamente nulla, se non prendere posto nell’ultimo sgabello rimasto libero, quello più traballante, alla sinistra di Grantaire.

Si era imposto di permettere ai suoi occhi di indugiare eccessivamente sul viso della dolce ragazza che aveva subito provveduto a servirgli un bicchiere del miglior vino rosso che avevano, ma si era più volte ritrovato a rimirarla senza quasi rendersene conto.

Tutto, in lei, era pure poesia.

Dalle mani sottili all’apparenza morbide che si muovevano con appena un tocco delicato di incertezza tra le tante bottiglie poste sulle mensole alle sue spalle, al modo in cui portava i capelli legati in un chignon esattamente come la prima volta che l’aveva vista.

Poi il suo nome.

Camille….

Era bellissimo, dolce e perfetto esattamente come lo aveva sempre immaginato.

Sembrava solo sbagliato il modo in cui lo aveva scoperto…. Di fatto, esso non era uscito dalle labbra rosse della giovane, ma da quelle umide di alcool di Grantaire, nelle mille volte in cui l’aveva chiamata per attirare la sua attenzione.

Era ritrovato infastidito un paio di volte dai comportamenti dell’amico, ma nemmeno gli altri avevano evitato di dar spettacolo. Sembravano tutti fin troppo felici di conoscere la nuova cameriera del Musain, per i suoi gusti.

Di fatto, aveva passato tutta la serata in silenzio, a bere e ad ascoltare discorsi filosofici che non avevano alcun senso logico, se non quello di far sembrare ciascuno dei Les Amis migliore degli altri agli occhi della giovane.

Camille sembrava molto divertita dal comportamento dei ragazzi, che la fecero ridere spesso. Ogni risata era, per Enjolras, una scarica di brividi lungo la schiena.

Anch’essa era poesia.

Poteva paragonarla alla musica più bella mai scritta.

Ma non era lui a suscitarla, anzi…. Si stava comportando da statua di sale.

Quella sera, infatti, non fece molto altro se non riscaldare col fondoschiena uno sgabello traballante dalle imbottiture color panna.

In cuor suo, si era convinto che non si era presentata l’occasione più propizia per parlare con Camille.

E questo avvenne per parecchi giorni.

Non trovava mai il momento adatto per andare da lei e parlarle come si confaceva ad una persona dotata di un minimo di educazione.

Mentre lui non faceva molto altro se non augurarle un ‘Bonjour’ e un ‘Bonsoir’ in base al suo arrivo o al suo andarsene via, gli altri ragazzi non ci misero niente a socializzare con lei. Non aveva quindi problemi di timidezza, quella giovane.

Quello ad avere seri problemi di approccio era proprio Enjolras.

Lui se ne stava sempre in disparte, ad un tavolino, su uno sgabello o appoggiato alle scale, mentre Graintaire la invitava a danzare su una melodia improvvisata da qualcuno che si sarebbe comprato così l’odio di Enjolras a vita, o discuteva animatamente con Joly e Cambeferre. Persino Courfyarc, che di donne sapeva poco o nulla, riusciva a parlarle.

Lui, che per primo l’aveva vista e che quindi aveva, nella sua testa, più diritti degli altri, non si era ancora deciso a far nulla.

Era lei che gli rivolgeva sempre la parola.

Era lei che si faceva avanti….

Lui si limitava a rispondere sbrigativo, senza mai guardarla negli occhi.

Era un suo limite e doveva riconoscerlo.

…. Ovviamente non avrebbe ammesso quella debolezza nemmeno sotto tortura….

 

“Gradite qualcosa da mangiare, Monsieur?”

Joly sorrise, voltandosi verso Camille e guardandola negli occhi mentre ella spolverava la superficie del tavolino dalle briciole di pane “Se hai cucinato tu qualcosa, allora potrei anche accettare.”

La ragazza rispose al sorriso, prima di spostare il bicchiere di Enjolras per poter pulire anche quella porzione di tavolo. Fissò con insistenza il suo volto sperando che egli avrebbe ricambiato il suo sguardo, le sarebbe bastato, ma lui non lo fece. Come sempre.

Riappoggiò il calice e guardo di nuovo Joly “Ho preparato una zuppa di farro. Nulla di chè, devo ammetterlo, ma è calda e con dentro qualche crostino di pane sa farsi apprezzare…

“Ne prendo una porzione!”

“Anche io, oggi fa più freddo del solito e voglio qualcosa che mi scaldi” disse Cambeferre, mentre anche Cour ne chiedeva una anche per sé.

“Posso portarvi qualcosa, Monsieur Enjolras?” chiese la giovane, infilando lo straccio nel cordone del grembiule e guardandolo in attesa. Questi alzò gli occhi dalla superficie di legno del tavolo, puntandoli per un istante in quelli di Camille.

Poi scosse il capo “No, vi ringrazio Mademoiselle, non sono un grande amante del farro.”

“Oh, come desiderate…” Camille tirò un sorriso pallido, prima di sparire in cucina.

“Potevi essere un poco più gentile, cane!” borbottò Cambeferre, tirando una gomitata al suo migliore amico, ben piazzata sulle costole.

Enjolras sussultò, portandosi una mano alla zona colpita e lanciando uno sguardo truce a Cambeferre “Che avrei mai fatto di male??”

“Camille è sempre così gentile con te” disse Courfeyrac, appoggiandosi col gomito al tavolo e con una guancia alla mano e guardando esasperato il biondo “In particolare, con te. Ma tu sei sempre freddo nei suoi riguardi…

“Dovresti lasciarti un po’ andare” Concluse Cambeferre, prendendo un sorso di vino. I due ragazzi avevano capito rapidamente chi era Camille per Enjolras, non ci voleva di certo un genio per arrivarci. Soprattutto dopo averlo visto arrossire.

Enjolras che si imbarazza era un evento raro quanto una mucca rosa.

O vedere Grantaire bere acqua.

Avevano collegato le cose et voilà, Camille era la famosa donna che aveva fatto girare la testa al loro amico quella mattina, a Place de la Concorde, un anno prima. Era stato il Destino a farli incontrare nuovamente ed Enjolras sembrava ben intenzionato a buttare tutto all’aria perché, come aveva sottolineato anche Feuilly ad alta voce e con eleganza ‘Enjolras di donne ne capisce meno che un bambino di politica’.

Ovviamente erano arrivate delle ritorsioni per lui, una tale frase era pesata parecchio sull’orgoglio del biondo, che non aveva parlato a Feuilly per due intere settimane.

Si erano tutti offerti di aiutarlo nella conquista, ovviamente in differenti momenti e con differenti livelli di interesse, ma non c’era stato verso di convincere Enjolras a fare qualcosa. Quella conquista, poi, era vinta prima ancora di essere iniziata: Camille non aveva occhi che per lui, ogni volta che lo vedeva si illuminava speranzosa di ricevere anche la più piccola attenzione, prima di rimanere delusa dall’atteggiamento distaccato del biondo.

Non poteva farcela…

Non da solo, per lo meno, e non in quella situazione. Serviva un avvenimento, un qualcosa che potesse sbloccarlo.

“Stavo pensando…Joly attirò l’attenzione degli amici, prendendo un tiro dalla pipa. Aveva appena ringraziato più del dovuto Camille, che aveva portato le tre zuppe al tavolo. Gli occhi del ragazzo si erano illuminati di malizia e ora si era deciso a dire cosa diavolo gli fosse passato per la testa “Pensavo di chiedere a Camille di vederci fuori dal Musain.”

Cambeferre e Courfeyrac lo guardavano straniti, mentre la mano di Enjolras si bloccava a metà strada verso la bocca, stringendo di più il bicchiere.

Vedervi…. Per quale motivo?” chiese Cour, alzando un sopracciglio.

Joly lo guardò ovvio “Per quale motivo, se non quello di tentare di conquistarla con il mio immenso charme, che voi poveri buzzurri potete solo sperare di possedere?” Cambeferre alzò gli occhi al cielo, prendendo successivamente un sorso generoso di zuppa, mentre Cour si voltava verso Enjolras in attesa di una reazione. A lui si rivolse Joly “Sempre che per te non sia un problema…

Il biondo alzò gli occhi così rapidamente verso i suoi da rischiare di farlo cadere dalla sedia per via di un sussulto violento “Perché dovrebbe toccarmi?” chiese tagliente, deciso a non aggiungere altro.

Joly scrollò le spalle “Domandavo, visto che persisti in questo silenzio tombale. Allora vado, non necessito che mi auguriate buona fortuna.”

“Tieni i piedi ancorati al pavimento, non vorrei vederti prendere il volo dalla porta d’ingresso!” Cambeferre lo guardò alzarsi e recarsi al bancone, al quale si appoggiò rivolgendosi alla giovane che prese ad ascoltarlo immediatamente “Tu hai la testa più dura di una parete. Se provassi a sbatterla contro di essa, demoliresti il bar!” aggiunse poi Ferre, guardando Enjolras con disappunto. Il biondo non sembrava molto interessato, visto che alternava lo sguardo da Joly e Camille al tavolino di legno “Lei è laggiù e tu non fai assolutamente nulla per conquistarla, nonostante non ambisci ad altro. Non sei costretto ad indossare sempre questa maschera da uomo tutto d’un pezzo, Etienne”

Enjolras si voltò di scatto “Non chiamarmi così.”

“Ma così ti chiami”

“Non ricordarmelo.” Si portò una mano alla fronte, rassegnato, prima di guardare verso il bancone. Serrò la mascella mentre osservava con attenzione la mano di Joly appoggiarsi sulla spalla lasciata scoperta dallo scollo  del vestito di Camille, e cercò di trattenere l’istinto omicida che stava provando.

Voleva bene a Joly, dopotutto era uno dei suoi amici più fidati, e la ghigliottina non avrebbe risolto niente.

Si morse le labbra mentre guardava Camille sorridere all’amico, annuendo lentamente, come se avesse accettato le avance del giovane.

Gli mancò l’aria, così si alzò.

Chissà cosa stava continuando a dirgli Ferre.

“Ma dove vai, si può sapere?” domandò Courfeyrac mentre Cambeferre lasciava perdere,  prossimo alle mani, visto che con quel testone di Enjolras non si poteva mai discutere.

“A prendere una boccata di aria fresca, torno tra un istante.” Rispose secco il biondo, prima di recarsi all’uscita passando davanti al bancone. Non notò lo sguardo di Camille, che lo seguì fino a che le porte non si richiusero alle sue spalle.

Si appoggiò alla parete esterna, chiudendo un istante gli occhi per cancellare le labbra di Joly che si appoggiavano sulla mano della donna che lui amava, come a suggellare una promessa.

Chiuse un istante gli occhi, mentre la voce usciva da sola e incontrollata, dando forma alla sua tristezza…

-His eyes upon your face…. His hand upon your hand…. His lips caress your skin, It's more than I can stand!!-

Si affacciò alle vetrate della porta e Joly era ancora lì, appoggiato con entrambi i gomiti al bancone mentre osservava la mora che gli stava parlando, stappando una bottiglia di vino.

Se si fosse innamorata di Joly? L’avrebbe baciato così come avrebbe potuto fare con lui? E se mai si fossero sposati?

No, era troppo da poter sopportare.

Enjolras si incamminò per i viottoli tortuosi, con le mani ben piantati nelle tasche dei calzoni, deciso a non tornare presto al Musain.

-Why does my heart cry ?  Feelings I can't fight! You’re free to leave me, but just don't deceive me and please believe me, when I say, I love you!-

 

 

Enjolras aveva fatto parecchia strada, quando si rese conto di tre cose: la prima, stava camminando nella direzione sbagliata. Da quando i suoi genitori avevano iniziato a fare pressioni su di lui –volevano un matrimonio, poveri illusi- aveva iniziato a vivere negli alloggi universitari, dall’altro capo di rue de Chaunteverrie.

In secondo luogo, aveva scordato la sua giacca al Musain. Se ne rese conto quando riprese a nevicare piuttosto insistentemente e nemmeno il pensiero più infervorato riuscì ad impedirgli di sentire freddo.

Infine, non aveva fatto una gran bella figura. Se n’era andato così, senza dire nulla a nessuno e sicuramente gli altri lo avevano aspettato per parecchio tempo.

Non riusciva nemmeno a capire da quanto mancasse.

Solo quando il campanile di Notredame diede un singolo, squillante colpo di campane capì che era davvero molto più tardi del previsto. Forse avrebbe addirittura trovato il bar chiuso, quindi a che serviva affrettare troppo il passo?

Arrivato trovò tutte le luci spente, come da previsione. Sospirò, alzando gli occhi al cielo e dandosi da solo del cretino; avrebbe avuto un po’ di spiegazioni da dare, il giorno successivo.

Si affacciò per sfizio alle vetrate delle porte, convinto di non scorgere nulla tra quelle mura, se non il mantello nero pece della notte. Si sbagliava.

Di spalle rispetto a lui c’era Camille, che spazzava il pavimento lentamente, con gli occhi volti verso di esso.

Non poteva sentire bene, ma durante quella contemplazione gli parve quasi che la giovane stesse cantando. Lentamente, facendo attenzione a non far rumore, abbassò la maniglia della porta, socchiudendola.

Quello che sentì gli venir meno il fiato.

 

Qualche giorno prima, Camille aveva chiesto una piccola consulenza a Joly. Sua sorella Odette si era ferita con un fil di ferro mentre giocava con i figli del macellaio che viveva dalla parte opposta della loro via, e la ferita faticava a risanarsi.

Joly, studente di medicina alle prime armi, le aveva consigliato dei lavaggi specifici e le aveva portato qualche garza sterile, chiedendo poi alla giovane di tenerlo informato sulle condizioni della piccola.

Questo fu quello che si prefisse di chiederle, mentre si dirigeva al bancone.

Era però fondamentale che Enjolras credesse davvero che quello era un tentativo da parte sua di concupirla, o non si sarebbe ingelosito.

Quel piano geniale non era completamente suo, a dirla tutta. Ci aveva pensato soprattutto Feuilly, che però non si era presentato quella sera.

Sicuramente aveva paura che Enjolras potesse offendersi di nuovo e non parlargli per altro tempo. Ripicche da bambini e paure stupide, insomma.

Si appoggiò alla superficie di legno, lanciando una rapida e furbesca occhiata verso il tavolo. Ferre forse aveva intuito qualcosa visto che stava parlando al biondo che, naturalmente, non batteva ciglio.

“Camille, posso farti una domanda, se non suono troppo indiscreto?”

La mora si voltò stupita verso di lui, annuendo poco dopo “Certo che puoi, Francois

Joly sorrise. Da quando Camille era diventata per loro al pari di una sorella, spesso li chiamava per nome. Era una delle poche persone, eccetto i loro genitori, a farlo.

Il commento che aveva fatto la ragazza quando Grantaire glielo aveva fatto notare era stato schietto: sembrava così informale continuare a chiamarli con il  cognome, quando ormai conosceva tutte le birbonate e i misfatti commessi da ciascuno di loro.

Non aveva tutti i torti, dopotutto.

“Volevo domandarti come sta tua sorella. Il braccio è guarito?”

“Oh, perdonami se ho mancato di riferirti le sue condizioni, ma ho la testa altrove. Sì, la ferita ha cicatrizzato bene, grazie di tutto.” Enjolras passò davanti a loro, uscendo poi dal café senza guardarsi indietro. Camille lo seguì fino a che la sua schiena non sparì dietro alla vetrate, poi si voltò verso Joly. Non le sfuggì l’espressione vagamente compiaciuta del giovane “Non si sente bene, per caso?”

Joly scosse il capo, prima di voltarsi nuovamente verso di lei “Parliamo di Enjolras, l’uomo dalle reazioni più esagerate dell’universo conosciuto….”

La mora abbassò il capo, prendendo una bottiglia di vino dai ripiani dietro di lei “Non lo conosco ancora così bene”

Subito, Joly le poggiò una mano sulla spalla, usando l’altra per prendere quella della giovane “Imparerete a conoscerlo” le disse, sorridendo. Lei rispose, annuendo lentamente.

“Me lo auguro.”

“Sicuramente” portò la mano della giovane alle labbra, convinto che dietro alla porta ci fosse ancora il biondo, incapace di smettere di seguire quella scena. Oh, lo conosceva così bene! “Vi chiedo un’ultima premura, prima di lasciarvi al vostro mestiere….”

Camille stappò la bottiglia di vino, prendendo poi due grandi bicchieri. Doveva portarli velocemente ad un tavolo, stava tardando troppo “Chiedi pure, Francois

“Domani potresti portare con te Odette? Così potrò controllare di persona l’avevanzare della cicatrizzazione.”

“Va bene anche nel pomeriggio? Eloise fa sempre storie quando la porto con me al lavoro, la sera…

Il ragazzo annuì “Ve benissimo, passerò verso l’inizio del meriggio, magari per un’altra porzione di quella deliziosa zuppa”

Si scambiarono un cenno e Joly tornò al tavolo dai suoi amici. Camille notò che Enjolras aveva lasciato il cappotto nero sulla sedia, segno che quindi sarebbe senza dubbio tornato a prenderlo.

Poi non era da lui andarsene così, levandole il saluto.

Così attese che le porte si riaprissero per vederlo comparire, ma ogni volta non era mai lui. Arrivò infine la mezzanotte e con essa la chiusura del locale.

Madame Hucheloup affidò il locale a Camille, affinché spazzasse i pavimenti e sistemasse le stoviglie, mentre uno ad uno tutti lasciavano il locale.

Compresi Les Amis, che per ultimi decisero di far ritorno agli alloggi.

“Camille, posso lasciarti questa?” Cambeferre le porse il cappotto di Enjolras, e lei lo prese con lieve esitazione “Forse passerà di qui mentre sistemi il locale…. E se così non fosse, lo vedrai prima delle lezioni di domani mattina. Sicuramente verrà a reclamarla, fuori fa molto freddo e solo un folle potrebbe uscire in gilet e camicia!”

La ragazza lisciò un piega sul tessuto, prima di appoggiare il cappotto su uno degli sgabelli “Sai cosa gli è preso, Fabién?” chiese a Cambeferre che scrollò le spalle.

“Ha perso del tutto la testa” asserì Courfeyrac al suo posto, infilandosi il basco e salutando Camille, prima di uscire fuori seguito dall’amico.

“Allora a domani, Camille” disse Joly, mentre pagava il conto “Ci vediamo domani con Odette.”

“A domani. Buonanotte e grazie ancora.”

Lo guardò infilarsi il cilindro e sparire a sua volta, facendo una piccola corsa per raggiungere gli amici.

Trovandosi del tutto sola, la giovane prese a svolgere il suo lavoro, sistemando le sedie e pulendo i tavoli, spegnendo di volta in volta tutte le candele fino a rimanere con una sola, appoggiata sul bancone.

Prese la scopa dal retro, sospirando.

Come ogni sera, prese a cantare, cercando di chiudersi per un istante in quel mondo fantastico che le aveva salvato la vita per tutto quell’orribile anno precedente.

-What would I give to live where you are? What would I pay to stay here beside you? What would I do to see you smiling at me?-

Strinse il manico della scopa tra le mani, avvicinandola al petto mentre chiudeva gli occhi immaginandosi quanto sarebbe stato bello vedere Enjolras sorridere solo per te. Sentirsi cullata dal tepore del suo abbraccio…

Potergli anche solo tenere la mano e sentirsi parte del suo mondo.

Ma non sarebbe mai successo.

Portò una ciocca di capelli sfuggita al concio dietro all’orecchio, prima di sospirare e riprendere il suo lavoro.

Enjolras era un giovane di buona famiglia, uno studente di legge: davanti al suo cammino brillava uno splendido futuro.

Lei era solo una cameriera, povera e poteva avere vestiti senza toppe ne fori solamente perché la padrona del locale non le permetteva di servire i clienti conciata come una stracciona.

C’era un abisso tra loro due….

Eppure in lei viveva quella piccola fiammella di speranza, che bruciava e ardeva nel suo petto, nonostante tutto.

“Oh Enjolras, verrà mai il giorno in cui mi guarderai allo stesso modo in cui ti guardo io?” domandò a se stessa e, inconsapevolmente, la sua voce arrivò ad orecchie indiscrete, poste dall’altra parte della porta d’ingresso socchiusa….

-Where would we walk? Where would we run? If we could stay all day in the sun? Just you and me and I could be part of your world-

Non avrebbe chiesto nient’altro alla vita, se non poter amare quel ragazzo con tutta se stessa, alla luce del sole. Voleva fare parte di quel mondo non per lo sfarzo delle classi più altolocate, ma solo perché esso era vivo, reale….

Non era confinato dentro alle sue palpebre, accessibile solo in sogno.

Poteva essere attorno a lei, e si trovava a pochi passi da lei, nel sorriso di Enjolras….

Peccato che lo avesse visto solo un paio di volte e mai era per lei.

Ma era comunque bellissimo, di una bellezza rara e preziosa.

-I don't know when I don't know how, but I know something's starting right now watch and you'll see

Someday I'll be part of your world!!-

Aveva deciso di liberarsi di quelle emozioni, aveva deciso di cantarle alla notte per poterle almeno condividere con qualcuno.

Ma si sa, la notte è imbrogliona e illude le persone.

Così coinvolta, Camille alzò la voce, lasciandola andare del tutto senza alcuna remora, e non si accorse che la candela sul bancone si era spenta. Così come non aveva fatto caso alla porta che veniva aperta del tutto e alla figura che avanzava come in catalessi verso di lei.

Solo quando si sentì afferrare per un braccio, capì di non essere sola.

La scopa le sfuggì dalle mani mentre si voltava per fronteggiare chiunque fosse entrato al Musain alla chiusa. Quando due grandi mani le catturarono entrambi i polsi lei prese a dimenarsi spaventata, chi poteva mai essere così perfido da strisciarle alle spalle e aggredirla?

Era spaventata al punto tale da non riuscire nemmeno ad urlare.

Dalle labbra le sfuggì solo un singhiozzo, mentre, ormai consapevole che era inutile continuare a dimenarsi, si rannicchiò appena su se stessa.

“Camille, fermati!”

Riconobbe subito quella voce.

Aprì lentamente gli occhi, voltandosi verso il volto del ragazzo. La luna che penetrava nella stanza dalle vetrate della porta e dalle finestre lo lasciava in una cupa penombra, ma i suoi occhi si erano già adattati alle tenebre così riuscì a scorgerlo.

Enjolras….?”

“Quello che stavi cantando, lo pensi veramente?”

Lei rimase immobile, pietrificata.

Doveva ammetterlo? Che figura avrebbe mai fatto, quella della ragazzina senza cervello, persa d’amore per un ragazzo che a stento l’aveva guardata al loro primo incontro?

“Io…”

“Rispondi!” disse deciso, tirandola gentilmente per i polsi verso di lui.

Non voleva spaventarla, ma doveva sapere. Sentiva il cuore galoppargli nel petto con insistenza, mentre osservava il volto della giovane, stranito ma comunque bellissimo nel riflesso del pallore lunare.

Lei deglutì piano, facendosi forza.

A che sarebbe mai servito negare, a quel punto?

Si…. Enjolras…. Io sono innamorata di voi, Monsieur…

La presa delle mani del giovane si fece sempre più debole, fino a che non le lasciò andare i polsi. A quel punto lei abbassò il capo, aspettandosi di vederlo afferrare il suo cappotto e andarsene.

Ma non avvenne, perché il biondo appoggiò una mano sul suo fianco mentre l’altra andava ad sfiorare le sue guance, rosse di imbarazzo.

Stupita, alzò gli occhi grandi in quelli ceruli del giovane, che si chinò su di lei, sigillando le loro labbra in un dolce bacio.

Non era bravo con le parole, e di questo era consapevole.

A che serviva parlare, dopotutto, quando poteva dimostrarle a quel modo ciò che provava?

La colse di sorpresa, certo, ma solo per pochi istanti. Poi Camille appoggiò le mani sulle sue spalle larghe, ricambiando con lo stesso ardore quel pegno d’amore.

Qualcosa era cambiato in loro, rimanendo al contempo lo stesso.

Due anime affini che si erano trovate e perse, ma che alla fine non avevano potuto lottare contro al Fato e si erano ricongiunte.

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

Nda.

 

*Le concerie, nella Parigi del 1800, erano causa di molto dell’inquinamento delle acqua della città e di molti morti. Infatti, chi conciava le pelli erano persone che stavano per moltissime ore al giorno a stretto contatto con gli acidi che servivano per rendere malleabile il tessuto, ed essi erano altamente tossici. Non è un caso che dopo molto tempo il padre di Camille si sia ammalato e sia morto. Sicuramente non è mai stato davvero in salute.

 

Le canzoni che ho scelto per questo capitolo sono Part of Your World (con conseguente Reprise), cantata da Camille direttamente dal cartone ‘La Sirenetta’ e El Tango de Roxanne, da Mulin Rouge, per quel che riguarda la parte cantata da Enjolras. Nei prossimi capitoli ci saranno moltissime altre canzoni di musical famosi, riadattate alla storia.

Spero che questa idea vi piaccia :D ho deciso di farlo perché, dopotutto, ho tratto la maggior parte dell’ispirazione dal musical e dal film… non potevo non mettere qualche canzone!

 

 

Il nomi….

Premetto che non voglio assolutamente infangare l’opera di Hugo, ma non ho trovato i nomi dei Les Amis, così ho deciso di inventarli per un fine puramente di trama.

Qui di seguito ve li propongo tutti, così potete darmi un parere:

Etienne Enjolras.

Fabién Combeferre.

Julian Courfeyrac.

Nicolas Feuilly.

Gaspard Grantaire.

Daniel Lesgles.

Francois Joly.

Marcel Prouvaire.

Ho preso i nomi più comuni e quelli che, a mio parere, potevano suonare meglio col cognome. Se avete delle note da farmi, non fatevi scrupoli!

 

Che altro dire?

La storia sta andando molto bene e chiedo venia per la lentezza di aggiornamento ma sto preparando un esame universitario immenso!

Grazie a chi ha recensito la storia e a chi l’ha aggiunta a preferiti o seguite.

Cercherò di essere più veloce col prossimo capitolo!

Un abbraccio, Jessy

 

  
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