Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Iwuvyoubearymuch    10/03/2013    22 recensioni
Ho provato a mettere nero su bianco ciò che può essere accaduto dopo gli eventi dell'ultimo libro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quanto è passato dall'ultima volta che ho postato? Tre mesi? Quattro? Forse, di più anche. Me ne vergogno troppo. Non potete immaginare quanto mi dispiaccia di aver fatto passare tutto questo tempo, dico sul serio.
Non mi sorprenderei affatto di scoprire che molti di voi hanno dimenticato la storia, o abbiamo smesso di seguirla.  E' comprensibile. Tuttavia, spero che accogliate il nuovo capitolo con lo stesso calore che mi avete sempre dimostrato.
Chiedervi di recensire, a questo punto, mi sembra un reato, ma se volete... Anche gli insulti vanno bene!
Per quanto riguarda il capitolo è da un po' che ci lavorando e non mi ha mai entisiasmato molto. Come è capitato altre volte, mi sono decisa ad aggiungerlo soltanto perché altrimenti non l'avrei mai più fatto e ci tengo troppo a completare questa storia.



Capitolo Quattordicesimo
Il corpo di Katniss era cambiato. Lei faceva finta di niente quando era con me o con gli altri, ma sapevo quanto questa cosa le facesse paura. C'erano volte in cui la trovavo davanti allo specchio, la maglia alzata, a osservare il profilo della pancia che cresceva a vista d'occhio. Non la toccava; la fissava soltanto come se avesse potuto vederla scomparire da un momento all'altro. Era così concentrata, che si accorgeva di me solo quando mi schiarivo la voce oppure la abbracciavo da dietro. Era evidente che era spaventata, lo percepivo. A volte, pensavo che addirittura odiasse questa sua condizione e non potevo fare a meno di sentirmi in colpa. Era per me che aveva accettato ad avere un bambino, ancora convinta di dovermi ripagare per le cose che io avevo fatto per lei in passato. Mi chiedevo come facesse a non capire che per me non era costato nulla.
Se capiva che ero preoccupato, liquidava la questione con la scusa dell'aumento di peso. Non la bevevo, ma a lei lasciavo credere il contrario. Aveva già troppi problemi con la gravidanza, senza che le accollassi anche i miei. Le dicevo che è bellissima, non importava se grassa o magra. Alzava gli occhi al cielo con un piccolo sbuffo, lasciava un bacio veloce sulla mia guancia e poi ritornava alle sue cose. Era così che superavamo questi momenti. Il medico che la visitava diceva che erano degli attacchi d'ansia e che tutto ciò che doveva fare era tranquillizzarsi.
Le prime volte è stato più difficile, poi abbiamo fatto l'abitudine anche a questo e la vita continuava fino all'attacco successivo. Uno di questi mi impietrì dalla paura.
Era mattina ed entrambi eravamo svegli da poco. Da quando ho saputo che Katniss è incinta, ho limitato al minimo l'andirivieni fino in città per lavorare alla panetteria. Una parte del lavoro l'ho portata a casa, in modo da restare con lei in caso di problemi. Katniss stava facendo colazione con le focaccine al formaggio, che ormai divora in continuazione. Improvvisamente una le cadde perché le mani avevano iniziato a tremare in maniera incontrollabile. Feci per chiederle cosa era successo, ma non rispose. Gli occhi erano spalancati dal terrore e dava l'impressione di essere diventata una specie di statua. "Respira" le ricordai, appena mi accorsi che per una ragione aveva smesso di farlo. Lo fece, riprendendo il colorito che aveva iniziato a perdere molto in fretta. Pian piano anche la mani si fermarono, strette nelle mie; gli occhi erano ancora intrisi di paura dopo averli chiusi un paio di volte. Provai a ripeterle la domanda.
"Si è mosso" mormorò lei a fatica, tra un respiro e l'altro.
Aspettai che Katniss fosse distratta per tirare un sospiro di sollievo. In quei pochi minuti, dovevo aver trattenuto il respiro anche io, perché improvvisamente mi ero sentito debole come rare volte nella mia vita. "E' un buon segno. Vuol dire che sta bene" tentai di dirle per calmarla. Riuscì a ben poco.
"Voglio che smetta" sussurrò, asciugandosi le lacrime che avevano cominciato a rigarle il viso e spaccando il mio cuore a metà. 
Le carezzai la testa per non so quanto tempo, ripetendole che nel giro di pochi mesi tutto sarebbe finito.
Col passare del tempo, Katniss ha fatto l'abitudine anche a questo. Socchiudeva gli occhi, stringeva i pugni e aspettava che il bambino restasse fermo. Il medico ci ha consigliato di toccare la pancia e parlare col bambino quando questo succedeva, giusto per fargli presente che fuori c'erano delle persone amorevoli che lo aspettavano con ansia.
All'inizio ho pensato che fosse pazzo. Come si fa a parlare con un bambino all'interno del corpo di una persona? Katniss doveva essere della mia stessa idea, perché non l'ha mai fatto. Non ha mai nemmeno pensato di toccarsi la pancia. Così, anche io mi sono sempre tenuto alla larga. Solo quando lei era sveglia, però. Di notte, appena ero certo che stesse dormendo, sollevavo la maglia del pigiama e la sfioravo con delicatezza per non rischiare che si svegliasse. Sorridevo al buio della camera da letto quando il bambino si muoveva contro la mia mano. Mi perdevo a fantasticare che mi aveva colpito con una gamba oppure un piedino e allora immaginavo come sarà quando lo avremo con noi. Non so perché ma ero convinto che fosse una bambina. Già riuscivo a vederla, bella come la sua mamma, che se ne sarebbe andata in giro a colpire ogni cliente della panetteria per imitare la mamma nel bosco. Le rare volte che ero riuscito a trasportare Katniss in una conversazione sulla piccola creatura che si portava dentro, lei mi diceva di avere l'impressione che era un maschietto invece. "Ti porterà via molte torte da decorare" mi disse, fissandomi con quei suoi occhi grigi. Mentre le chiedevo perché mai ne fosse convinta, pensavo al fatto che di qualunque sesso fosse, avrebbe dovuto avere i suoi occhi. "Quando si muove, sembra che disegni" mi disse. Quelle poche parole bastarono a riempire me di orgoglio. Era la stessa sensazione che provavo quando, sempre di notte, la piccola prendeva a scalciare e la mia voce sembrava calmarla.
Un pomeriggio Katniss ed io eravamo sul divano a vedere distrattamente la tv. In realtà, io guardavo un programma su Capitol City senza prestare attenzione e Kanitss sonnecchiava sulla mia spalla. Si era svegliata un paio di volte in pochi minuti e allora ipotizzai che il bambino le stesse dando filo da torcere. Suppongo che Katniss dovette fare appello a tutto il suo coraggio per dirmi le parole: "Peeta, non potresti parlargli un po'?", nonostante cercasse di suonare neutrale. "Si calma sempre quando lo fai"
Rimasi a bocca aperta. Sapeva. Da quanto aveva scoperto il nostro piccolo segreto? “Si sta muovendo?” chiesi, sicuro che il mio tono innocente non l’aveva ingannata neanche per un attimo. Passai tutto il tempo a parlare contro la pancia e ad accarezzarla, anche dopo che la mano di Katniss era scivolata via dai miei capelli e si era finalmente addormentata.
La seconda volta che ero quasi letteralmente morto dalla paura è stato quando, dopo mesi e mesi che nessun scherzetto alla memoria mi aveva costretto ad aggrapparmi a qualcosa, ho avuto l'ennesimo flashback su Katniss. Quasi sempre lo stesso, con l'aggiunta del pancione a terrorizzarmi maggiormente. Non l'ho mai detto a Katniss ma penso che se ne sia accorta, perché per quasi due settimane intere non la sfiorai nemmeno per sbaglio, mi ero tenuto lontano da lei per tutto il tempo possibile e chiesto a Dayzee, la figlia del fioraio - per la quale Katniss ha sviluppato un affetto smisurato - di tenerla d'occhio per me e venire a cercarmi in caso di problemi. Per fortuna, non ha mai dovuto realmente correre in città. Poche giorni dopo, fu lei a tirare l'argomento in ballo.
Afferrò la mia mano e, quando feci per ritirarla, la strinse forte. "So quello che stai facendo" disse soltanto, squadrando il mio viso alla ricerca di conferme.
Non tentai neanche di fingere di non sapere di cosa stesse parlando, mentalmente distrutto all'idea di averla delusa. Erano passati anni e ancora non ero in grado di tenere quelle immagini fuori dalla mente, nonostante tutti gli sforzi miei e del Dr. Aurelius nel cercare di guarire, il supporto di Katniss e i nostri amici del distretto, la cura con cui ogni mattino facevo il gioco degli aspetti positivi che avevo proposto a Katniss quando aveva scoperto di essere incinta. Eppure non era cambiato nulla, se non la distanza tra un episodio e l'altro. Ma questo non era certo un conforto.
"Adesso stai bene e anch'io. Il bambino sta bene" mi tranquillizzò, facendo scorrere l'altra mano sulla mia guancia.
Distolsi lo sguardo. Il bambino stava bene, ma per quanto sarebbe stato al sicuro? Una volta nato, cosa mi impediva di avere un altro flashback, afferrarlo per quel fragile collo che si ritrovava e stringere come avevo fatto in passato con sua madre? Cosa mi avrebbe impedito di non uccidere mio figlio?
Mi accorsi che stavo piangendo soltanto quando Katniss asciugò una lacrima che era scivolata giù fino al mento. "Va tutto bene, Peeta. Ce ne occuperemo insieme, come abbiamo fatto finora" continuò, sussurrando al mio orecchio con una dolcezza a cui raramente si lasciava andare. "Baderai a lui quando starò male e ci penserò io se dovesse toccare ancora a te. Faremo tutto insieme" 
Non erano affatto parole nuove. Anzi, eravamo costretti a ripetercele a vicenda ogni volta che, nel corso degli anni, i flashback mandavamo me nel panico e gli incubi facevano urlare Katniss dal terrore nel cuore della notte. A molte cose avevamo fatto l'abitudine, e quella, purtroppo, era una delle tante.
A ogni modo, Katniss riuscì sul serio a tranquillizzarmi. In fondo, aveva ragione. "Okay" sussurrai, annuendo, la voce rotta. "Okay" Se eravamo giunti a quel punto, forse, avremmo potuto farcela anche a crescere un bambino. 
Ne ho avuto la conferma oggi, osservando gli occhioni azzurri della bambina che Katniss tiene fra le braccia, la manina così fragile eppure decisa poggiata contro la guancia della sua mamma. Le somiglia molto, sebbene il colore degli occhi non corrisponda; quello sembra averlo ereditato da me.
"Prendila" mi dice Katniss, a voce talmente bassa che stento a sentirla. E' molto affaticata, come normale che sia dopo aver partorito. Eppure, qualcosa nella sua voce, mi fa capire che non è mai stata più contenta di oggi, che dopotutto non è spaventata come che ho temuto avesse potuto essere durante tutto il periodo della gravidanza.
Il pensiero che finalmente abbia ottenuto un briciolo della felicità che ha da sempre meritato mi fa sorridere.
Esito qualche istante alle sue parole. Allungo le braccia, ma poi le faccio ricadere lungo i fianchi. Katniss si sporge in avanti col corpo, tendendomi la bambina con pacatezza. "Su, Peeta, prendila"  mi incita, dolce e con quel fare comprensivo che preannuncia le innaturali doti materne di cui è capace, di cui è sempre stata capace prendendosi cura di Prim dopo la morte del padre.
Allungo ancora le braccia e il modo in cui Katniss sussurra: "Vai da papà" all'orecchio della piccola, mi riempie il cuore di orgoglio e felicità.
E quando quella creaturina, non molto più grande di un pezzo di pane, è tra le mie braccia devo trattenere le lacrime. E' incredibile quanta purezza e innocenza e delicatezza sia racchiusa in una persona così piccola; tanta da volerla stringere forte e non lasciarla andare via per nessuna ragione al mondo. Aver aspettato tutto questo tempo per averla con noi adesso mi sembra quasi un crimine. E sono sicuro dallo sguardo incantato di Katniss che anche lei la pensa allo stesso modo. Nulla potrebbe rendermi più felice e appagato.
Poco dopo, restituisco a malincuore la bambina a Katniss e mi preparo alla parte difficile di tutta la giornata. Non so come dirglielo senza rovinarle il momento, quindi le dico soltanto: "C'è qualcuno che vuole vederti" prima di rivolgerle una lunga occhiata.
Lascio un bacio leggero sulle sue labbra, sfioro la guancia della bambina e, a fatica, mi allontano dal letto d'ospedale e mi avvio verso la porta. Mentre mi trovo faccia a faccia con la madre di Katniss e Gale, spero che Katniss non la prendi troppo a male per aver avvisato le persone a cui tiene.
E' stata una cosa dell'ultimo minuto. Precisamente, una settimana fa, dopo un falso allarme della piccola che mi ha letteralmente mandato nel panico, mi sono detto che a Katniss avrebbe fatto piacere avere accanto a sé sua madre, sebbene negli anni i riferimenti a lei siano stati meno che scarsi. Quale donna, mi sono detto, non vorrebbe avere il supporto della madre in un momento del genere?
Per Gale, vale più o meno lo stesso principio. Con la differenza che tutti questi anni mi sono sentito in colpa per essere il motivo della fine della loro amicizia. In passato ne sono stato geloso al punto di farmi stare male, ma il pensiero che Katniss avesse dovuto sacrificare un pezzo della sua vita così importante, mi ha fatto stare anche peggio. Me ne sono accorto tremendamente tardi, è vero, ma è sempre meglio che non accorgersene affatto.
Rivolgo un sorriso rassicurante alla madre di Katniss e stringo la mano di Gale, alla cui gamba è aggrappato un vispo bambino dai capelli scuri che deve essere suo figlio, prima di scivolare fuori dalla stanza.
Mi precipito a casa, ormai con le idee chiare su come dipingere la camera della nostra bambina.
  
Leggi le 22 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Iwuvyoubearymuch