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Autore: Cristal_Lily    11/03/2013    3 recensioni
- Io non sono come le altre persone, io non so cosa significhi amare - lo sguardo della più piccola era rivolto altrove, eppure dietro a quelle gemme fredde vi leggeva la sofferenza che stava provando in quel momento. E lei, nonostante non riuscisse a sopportare la vederla in quello stato, non era certa di poter andare avanti. Non in quel modo. Vederla vicino a quell'uomo le provocava una sofferenza che mai aveva provato.
- Neppure io ho mai amato, eppure ci voglio provare - sussurrò facendo un passo avanti, la mano tesa. Ma si bloccò quando la più piccola scosse il capo.
- Mi dispiace, non posso fare soffrire anche te - la guardò allontanarsi, restando da sola sotto quella pioggia incessante. Aveva il cuore spezzato, eppure non si sarebbe fermata.
Lei doveva essere sua.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Viola. 

La mano immobile, le dita stese sul proprio banco mentre una voce estremamente noiosa proveniva dalle labbra di quell'insegnante che neppure si era accorto che lei non stava seguendo la lezione.

Un grande astuccio era posato sul banco di Amelis, aperto, tanti smalti in bella vista ma solo uno aperto. L'odore pungente dello smalto era forte, penetrante, ma le piaceva. 

Come ogni giorno, la studentessa stava aggiornando il suo umore, colorando l'unghia designata con il colore prescelto. Quell'azione in realtà la compiva più di una volta in una giornata, le piaceva segnare in quel modo il suo stato d'animo. Un unghia, un colore differente. 

Una carezza delicata e la sua opera d'arte fu completa. L'indice era perfettamente laccato di viola mentre il medio avrebbe dovuto attendere il suo cambio d'umore. 

Il viola, nella mente della giovane ragazza, simboleggiava la noia. Quella che stava provando in quel momento per via delle parole dell'insegnante che camminava avanti e indietro, senza quasi neppure prestare attenzione ai suoi studenti. Parlava e basta, lo sguardo vuoto mentre ripeteva a memoria la lezione che stava propinando  tutti quegli studenti che, come lei, neppure lo guardavano.

Le sue mani erano un connubio di colori. Appoggiate ora sul banco, la diciottenne guardava la punta delle sue dita, attentamente, osservando ogni colore e ricordando le sensazioni che aveva provato i giorni o le ore precedenti. Non che lo trovasse necessario, ma le piaceva guardare, ricordare. Era un modo come un'altro per estraniarsi, per lasciare che la propria mente vagasse libera oltre quelle quattro mura bianche.

Lasciò che il nuovo colore si asciugasse e poi iniziò a mettere via tutti i suoi smalti che si portava sempre dietro. Quando lei andava in giro per la città si portava sempre via la sua borsa con lo stretto necessario e tra quelle poche cose c'era pure quell'astuccio nero rovinato nel tempo che mai aveva cambiato. Lei non si sentiva veramente legata a nulla, tranne a quel piccolo oggetto che ora carezzava delicatamente con la punta delle dita, lo sguardo puntato alla finestra. 

Eppure la noia quel giorno non era data solo dal fatto che era in classe a seguire un corso che, a suo dire, era inutile. C'era un altro motivo: già sapeva che non avrebbe potuto incontrare il professore dopo le lezioni. L'aveva informata che aveva una riunione e dunque dovevano rimandare il loro incontro al giorno seguente. Nonostante la sua solita apatia, le spiaceva saltare il loro appuntamento: era pur sempre l'uomo che amava e lei desiderava vederlo. Ma non era neppure il tipo di persona insistente: sapeva che il giorno seguente sarebbero stati assieme, e lui si sarebbe fatto perdonare portandole un fiore. Lo faceva sempre. Una rosa rosso sangue che lei avrebbe custodito con premura. Amelis aveva tenuto tutti i fiori che l'uomo le aveva regalato chiusi dentro un libro, a seccare, affinchè il ricordo di lui - come il ricordo di tutti gli altri uomini che aveva avuto nella sua breve vita - durasse in eterno. 

Lei teneva sempre tutto. Tutto ciò che le avevano regalato era nella sua stanza, custodito un po' in giro, senza un ordine preciso. Perchè lo faceva? Non aveva un preciso motivo, le piaceva semplicemente collezionare le cose, del resto lei non stava quasi mai nella sua camera, gli unici momenti che vi passava li dentro erano passati tra le lenzuola, a dormire. 

Quando il suono della campanella segnò la fine delle lezioni la ragazza si alzò come un'automa e, mettendosi la borsa sulla spalla, uscì dall'aula, ritrovandosi così in mezzo ad una folla di studenti che, tutti eccitati, si dirigevano verso l'esterno. La giovane si limitava a lasciarsi trasportare, fingendo di non sentire i commenti maligni che la gente le rivolgeva, come ogni giorno. Da quando quella ragazza si era messa contro di lei, nessuno più l'aveva lasciata in pace. Ma lei non aveva mai dato a nessuno alcuna soddisfazione, lei proseguiva per la sua strada. 

Lei neppure li vedeva in realtà, nella sua mente era sola o se c'era qualcuno, le sorrideva con gentilezza prima di lasciarla al suo mondo. 

In realtà lei, in quella vita, in quella che tutti chiamavano realtà, non riceveva un sorriso sincero e gentile da molto tempo. Erano passati anni dall'ultima volta. Neppure i suoi amanti le rivolgevano tale gentilezza, i loro sorrisi erano maliziosi, provocatori, mai dolci o cordiali. Ad Amelis però non mancavano, stava bene esattamente in quel modo.

Quel giorno non pioveva. Il cielo era tornato celeste, il sole brillava allegro in quell'immensità blu. 

Amelis preferiva la pioggia. Amava sentire quelle delicate perle d'acqua carezzarle il viso, amava ritrovarsi completamente bagnata, infreddolita. Lei non si ammalava, di rado era successo e neppure la malattia l'aveva mai fermata: malata o meno lei non cambiava la routine della sua giornata. 

Era proprio perchè amava la pioggia che, il giorno prima, aveva ceduto il suo ombrello alla ragazza dai capelli tanto scuri. Lei lo aveva preso solo perchè l'insegnante aveva tanto insistito, e allora lo aveva messo in borsa, lasciandolo li quando era iniziato quel piccolo acquazzone. 

Ancora era strano ripensare al giorno precedente.

Il giorno prima le avevano salvato la vita. Lei le aveva salvato la vita. Alisia. 

Ripensare a quelle gemme terrorizzate portavano Amelis ad estraniarsi ulteriormente: lei non aveva veramente capito il motivo di tutto quello spavento. Era per quello che una delle sue unghie era stata colorata di arancio: Alisa l'aveva incuriosita. Quel sincero terrore nei suoi occhi l'aveva lasciata chiaramente colpita. Però se ne era andata quando l'aveva voluta accompagnare in centro, l'aveva aiutata con il vestito e poi era ripartita. A lei piaceva la sua solitudine. 

Eppure quella ragazza continuava ad essere un punto interrogativo nei pensieri della giovane.

Una volta uscita dai cancelli della scuola, Amelis iniziò a camminare tra la gente in strada. Il suo era un passo lento, lo sguardo era puntato al cielo. Pensava a quanto bello fosse, sia nella realtà, che nel suo piccolo mondo. 

- Oggi sei uscita prima, per fortuna ti ho vista prima di perderti di vista - quella voce, quella che aveva imparato a riconoscere, la fece voltare. Due gemme celesti la catturarono, facendola addirittura fermare in mezzo alla strada mentre quelle labbra piene e carnose si piegavano in un sorrisetto divertito. 

- Sorpresa eh? - chiese sorridente prima di guardarsi attorno, come se stesse cercando qualcuno. 

- Aspetta, vieni - la prese malamente per un braccio e senza chiederle nulla la trascinò in una piccola via laterale che le fece percorrere, sino a sbucare fuori in un'altra via, molto meno frequentata dagli studenti. 

- Cosa c'è? - voce fredda ma occhi che lasciavano trasparire una certa curiosità. Alisia non sembrava intenzionata a prenderla di mira come aveva sempre fatto negli ultimi giorni. Lo sguardo della ragazza in quel momento era differente dal solito. Si erano incontrate anche quella mattina, eppure ad Amelis non era sembrato che qualcosa fosse cambiato. Eppure ora, ciò che vedeva, era diverso. 

- Voglio parlare con te. Lontano da occhi indiscreti - disse semplicemente, alzando le spalle. E lo stesso fece la piccoletta che, con un cenno del capo, tornò a camminare. Non era la prima volta che la gente desiderava parlare con lei lontana dagli altri. In realtà succedeva sempre così: tutti preferivano avere un rapporto segreto con lei, e alla studentessa andava bene. 

- Cosa desideri? - una domanda semplice, concisa. Non era il tipo da girare attorno alle cose, era semplicemente diretta. 

- In realtà non lo so neppure io. Voglio capirti, ammetto che ieri mi hai sorpresa. Nessuno mi molla mai in mezzo ad un negozio, mi ritengo offesa - una risata leggera e melodiosa uscì da quelle labbra tinte di rosso, una risata che risuonò nella mente della più piccola. Era un suono cristallino, dolce, che le piaceva. Non era minimamente paragonabile a quella risata rozza e semplicistica che le usciva ogni qual volta che voleva prenderla in giro. Le sembrava più vera quasi. 

- Mi ero sdebitata, non vedevo perchè restare li ancora - scrollò semplicemente le spalle, lo sguardo che continuava a scrutare quella ragazza curiosa. Amelis non sapeva come interpretare il desiderio altrui, era la prima volta in realtà che qualcuno era tanto diretto nei suoi confronti. Solitamente tutti giravano attorno, cercavano un modo per parlarle senza arrivare subito al sodo. Ma non lei, ed era una cosa che la ragazza apprezzava. 

- Ah. Senti, perchè non ci troviamo un posto tranquillo e ci sediamo? C'è un parco qui vicino che sarebbe perfetto - voleva andarsi a sedere? A lei piaceva camminare, la diciottenne quasi non faceva altro per tutto il giorno. Ma le piaceva anche sedersi e starsene tranquilla, lo sguardo puntato chissà dove mentre lasciava che la propria mente si perdesse nei meandri dei propri desideri. 

- Come vuoi, ti seguo - rallentò leggermente il passo e lasciò che la mora le indicasse la via. 

Fu un viaggio fatto di silenzi: le due camminavano l'una accanto all'altra, senza mai guardarsi negli occhi. Non sino a quando non arrivarono a destinazione. 

Il parco in cui era stata condotta era molto grande. Pieno di alberi in fiore, nessuno in vista. Un viale bianco, fatto di sassolini e pietruzze chiare, le condusse attraverso quella vastità verde che la ragazza studiò attentamente, raccogliendo ogni dettaglio di quel luogo anche una volta che si furono sedute su di una panchina nera dietro qualche arbusto che le celava alla vista di qualche possibile passante. 

Li regnava la pace e la quiete. Gli usignoli cantavano una deliziosa melodia mentre il vento faceva risuonare le fronte, dolcemente. Le sembrava di essere finita in uno dei suoi tanti mondi, le ricordava molto uno di quei parchi che la propria mente andava a trovare quando aveva voglia di silenzio e solitudine. 

- Ti piace? - la più piccola si limitò ad annuire prima di voltarsi a guardare la più grande. Anche lei sembrava studiarla con perizia ed attenzione, mille le domande a cui sembrava non voler dare voce. 

- Non lo avevo mai visto - lei camminava tanto, ma non era ancora riuscita a visitare tutta la città. Forse per il semplice motivo che, una volta che trovava un luogo che le piaceva, tendeva sempre ad andare li. E lei aveva un luogo che amava. Non era lontano dalla scuola e lo aveva scoperto qualche mese prima. Lo amava per ciò che succedeva, c'era una cosa che l'attirava sempre li, in un giorno preciso della settimana. Un luogo che riteneva suo e che non aveva mai voluto condividere con nessuno. Ma del resto lei non condivideva mai nulla con nessuno.

A lungo rimasero in silenzio. Amelis non aveva alcun interesse nell'aprire la bocca mentre la ragazza al suo fianco sembrava in imbarazzo, probabilmente perchè mai si sarebbe immaginata in una situazione del genere. E la capiva. 

Incrociò le gambe e posò la propria borsa sulle cosce, tirando fuori il suo astuccio così da aggiornare il suo stato d'animo. Lei lo faceva di continuo, e sicuramente in quel momento ne sentiva il bisogno. Era quasi divenuta una necessità per la diciottenne. 

Sotto lo sguardo incuriosito di Alisia, tirò fuori l'arancione, il colore che lei aveva dato alla curiosità e, senza dire una parola, iniziò a colorarsi l'unghia attigua a quella che avevo dipinto la mattina. Ovvero il medio. 

Una volta che ebbe finito la sua opera - non più di due minuti circa - riavvitò lo smalto che rimise via, lasciando che l'unghia si asciugasse da sola. 

- Perchè ti sei colorata solo un unghia? - il capo della più piccola si voltò ed osservò la ragazza che, curiosa, ora le stava guardando le dita. Tutte le dita avevano un colore differente, era una cosa che solitamente non si accorgeva quasi nessuno. Probabilmente perchè di solito la gente non le guardava le mani. 

- Ho segnato ciò che ora sento - disse come se fosse la cosa più logica del mondo. Ma ovviamente per Alisia non lo era e, infatti, aggrottò la fronte. Senza chiederle il permesso, la più grande le prese la mano che iniziò a studiare attentamente, passando il dito su ogni unghia colorata, facendole correre un brivido lungo la schiena al passaggio di quei polpastrelli morbidi e soffici. 

- In che senso? Sii più chiara - disse semplicemente, continuando a tenerle la mano, senza accennare a lasciargliela andare. Amelis sospirò piano e, scostando nuovamente il volto, tornò a guardare quell'immensità verde di fronte ai suoi occhi. 

- Certe volte pure io sento qualcosa. In modo molto lieve rispetto a tutti gli altri, ma quanto basta per invogliarmi a segnarmelo. Ogni volta che provo qualcosa, coloro un'unghia con il colore che ho assegnato a quel sentimento - per lei quello non era un segreto, non si vergognava a parlare di se o dei suoi hobby. Se quello poteva definirlo in quel modo. Lei rispondeva sempre a tutte le domande che le facevano, l'unica cosa che teneva per se era l'identità dei suoi amanti. 

- Dunque anche tu provi qualcosa - la voce altrui era ironica ma al contempo interessata, come se fosse una cosa strana, assurda. E forse era così. Lei non era normale come le altre persone, non ci voleva un genio per capirlo. Lei si limitò a scrollare le spalle, disinteressata. Non si sentiva ferita, lei in realtà il dolore non lo aveva mai provato. O comunque non ricordava di aver mai sofferto, neppure quando era bambina. Aveva saltato la fase della tristezza, era passata direttamente ad ignorare tutto e tutti perchè era meglio così. 

- Cosa significa l'arancione?

- Curiosità - la giovane si voltò e si ritrovò di fronte ad uno sguardo intenso, carico di domande e di dubbi. Ancora non capiva cosa le passasse per la testa, non comprendeva perchè fosse li a parlare con lei quando, fin dalla mattina, l'aveva ripetutamente presa in giro. 

- Curiosa ma non abbastanza da chiedermi il perchè del mio comportamento, giusto? - la sua voce era bassa, sembrava quasi affascinata. Di certo era interessata, vedeva da quelle gemme brillanti che smaniava di scoprire il segreto dei propri pensieri, probabilmente desiderava conoscerla. Il motivo? Non lo sapeva, ma non glielo avrebbe chiesto. Lei non poneva quasi mai domande agli altri. 

- E' interessante vedere il tuo desiderio nei tuoi occhi. E' una cosa curiosa, ma si, non sono  interessata a chiederti il motivo di ciò. Non mi interessa - le sue parole riecheggiarono in quella solitudine e subito la giovane dagli occhi scuri si rese conto che quelle parole avevano provocato un certo malessere nella compagna che aveva distolto lo sguardo tanto velocemente, come se la cosa l'avesse ferita. Forse era abituata ad essere sempre al centro dell'attenzione, forse per lei era normale che le persone si interessassero. Ma aveva trovato la persona sbagliata se desiderava tali attenzioni. 

Le aveva lasciato anche la mano e lei, stranamente, le mancava quel calore che le aveva regalato con quel semplice tocco e quella semplice carezza delle dita. 

Non sapeva cosa le passasse per la mente, ma un nuovo desiderio che forse mai aveva provato in vita sua la spinse ad allungarsi verso la ragazza dai capelli scuri e le riprese la mano. Nessuna parola, solamente una dolce e delicata stretta di mano. 

Quel gesto stupì anche Alisia che si voltò di scatto, osservandola con gli occhi sgranati, attenti e quasi sospettosi. Come se lei avesse desiderato farle del male. Amelis però non era cattiva, e neppure violenta. Voleva solamente tenerle la mano.

- Sei calda - si giustificò semplicemente mentre i loro occhi non accennavano a sfuggire ai gemelli. Un paio chiari, luminosi, che trasmettevano curiosità e un filo di imbarazzo mentre gli altri molto più scuri restavano imperscrutabili. Lunghi minuti passarono, entrambe silenziose, come se non avessero avuto bisogno di parlare. Ed effettivamente per Amelis era proprio così. 

Alla fine, dopo un lungo passare, la ragazza al suo fianco sorrise, scuotendo il capo mentre intrecciava le sue dita alle proprie. 

- Sei proprio assurda Amelis. Un'affascinante e assurdo mistero - quelle parole lasciarono interdetta per qualche secondo la più piccola che espresse una chiara perplessità alla più grande. E a quella sua espressione, la ventenne allungò la mano e carezzò quella sottile rughetta che le si era formata sulla fronte. Una carezza effimera che quasi non sentì ma che la segnò, che le fece provare qualcosa nel petto. 

- Che colore ha la perplessità? - le chiese chiaramente divertita e lei scosse il capo. Lei non aveva mai avuto un colore per quel particolare stato d'animo. Mai in tutta la sua vita era rimasta tanto sorpresa. Lei era la prima che gliela faceva provare.

- Non ce... - non fece a tempo a finire la frase che una forte melodia, una canzone già sentita, interruppe le sue parole, facendo agitare la sua vicina che le lasciò la mano per prendere il cellulare che continuava a suonare. 

- Pronto?? Oh, Craig ciao! - sentiva l'agitazione di lei, lo vedeva anche nei suoi occhi che dal paesaggio passavano al proprio viso, come se si sentisse in colpa per ciò che stava facendo. Amelis distolse lo sguardo ed iniziò a guardare il prato di fronte a se, tanto verde e rigoglioso, lasciandole la sua privacy.

- Ciao bellissima. Sei impegnata?? Ti va di venire da me? Ci siamo tutti

- Oh, emm..si! Sono liberissima, cosa vuoi che abbia da fare? Arrivo subito - Alisia chiuse la chiamata e poi si voltò verso di se prima di alzarsi e afferrare la borsa che aveva appoggiato sulla panchina. Solo quando le si parò davanti Amelis alzò lo sguardo per incontrare quelle immensità chiare. 

- Devo andare ma voglio parlare ancora con te. Non ho finito, domani, ci troviamo direttamente qui, dopo le lezioni. Ok? - pure quella richiesta la sorprese. Non aveva ancora finito, cosa voleva dire? Forse voleva cercare di scoprire altro di lei, o forse voleva sapere che colore aveva la perplessità?

In realtà Amelis non era obbligata a tornare li, non aveva alcun legame che la legava con quella ragazza tutta trafelata che attendeva una sua risposta. Lei saltellava, chiaramente di fretta, e la cosa la rendeva..buffa. 

- Si, dopo le lezioni - non seppe cosa la spinse ad accettare. Forse proprio la perplessità, quella nuova sensazione che aveva provato per la prima volta, ma aveva accettato nonostante tutto. 

E nuovamente tornò perplessa quando la vide illuminarsi, un bellissimo e dolcissimo sorriso che le si dipinse sulle labbra, riflesso anche in quelle gemme che riuscivano a ipnotizzarla. 

- Perfetto, e tieniti libera tutto il pomeriggio. A domani - la ragazza tentennò qualche istante, chiaramente incerta sul da farsi mentre l'eco delle sue parole svaniva tra gli alberi. Amelis la guardava, attentamente, mentre l'incertezza altrui la teneva bloccata di fronte a se. Poi allungò la mano e le carezzò velocemente il capo prima di voltarsi e correre via, lasciandola da sola. La diciottenne osservò quella figura sparire tra i palazzi, in mezzo a quel verde vivido, tanto acceso come nel suo piccolo mondo. 

Poi abbassò lo sguardo verso la propria mano e la osservò curiosamente prima di riprendere l'astuccio e guardare tutti i colori che aveva. Erano molti, eppure  ne usava principalmente sei. In tutta la sua vita aveva provato solamente sei differenti emozioni. Che erano appena divenute sette. 

Senza pensarci due volte, afferrò il verde che aveva e lo aprì, iniziando a dipingersi una nuova unghia, osservando poi il risultato. Le piaceva. Era il colore giusto, lo sapeva. 

Rimise tutto via e poi si alzò in piedi, ripartendo alla volta del centro città. Si sentiva strana, ma fu una sensazione che, non appena fu rientrata tra la folla, passò. Come quei sentimenti erano arrivati, erano spariti.

Eppure, nonostante tutto, era curiosa ed in parte impaziente che arrivasse il giorno dopo. 

Voleva tanto sapere cosa volesse Amelis da se. 

 

* * *

 

Eccomi qui con il nuovo capitolo!!

Un nuovo scorcio nella vita e nei pensieri di Amelis, una nuova scoperta delle sue "passioni", se le possiamo definire tali. 

E poi c'è Alisia. La scorbutica e stronza ragazza che ora sembra attirata da questa ragazzina tanto strana e che vuole conoscerla. Ma avrà un secondo fine? O semplicemente vuole capire un po' quel mistero affascinante chiamato Amelis? 

Be, lo scoprirete presto ;)

Come sempre le vostre recensioni sono ben gradite, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate di questo capitolo, di questa storia.

Dunque...alla prossima! 

  
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