Fanfic su artisti musicali > Lady Gaga
Segui la storia  |       
Autore: shadowsymphony    11/03/2013    0 recensioni
"Adesso mi odierai ogni volta che ti dirò 'va bene'?" chiese lei, sorridendo, appoggiando la testa al suo petto. "Potrei farlo" rispose lui, ridendo. "Ti odio" rise anche lei. "Capisco. Sfoga pure la tua rabbia su di me". "Allora preparati alla tortura" ridacchiò, e si alzò in punta di piedi per baciarlo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lo fissò nei suoi bellissimi occhi azzurri. Era lì. A pochi centimetri da lei. Finalmente. All’improvviso si ricordò che non era truccata, era vestita come un ragazzino, sudata, e in disordine. Si lisciò nervosamente i capelli scompigliati e spinse alcune ciocche uscite dalla coda dietro le orecchie. Sospirò.

“cosa?? Ma che cazzo stai dicendo?!”

“ciao” disse lui, sorridendo. “ciao” disse anche lei, cercando di calmarsi. Avrebbe voluto saltargli addosso e stringerlo e baciarlo e non lasciarlo più, ma non si mosse.

“oh, smettila, lo sai. Ti conosco, ormai”

“entra pure!” disse lui, e chiuse la porta. Lei si spostò di qualche passo, poi rimase ferma. Sentì la voce di un bambino. “oh, è Matthew. È il figlio dei miei vicini, gli faccio da babysitter ogni tanto. Accomodati”. Entrò in cucina e lei lo seguì. Seduto sul seggiolone, c’era un bel bambino biondo e paffuto. Rimase sulla porta e lo guardò. Taylor tirò fuori il bimbo dal seggiolone e lo prese in braccio. “Matty, questa è Stefani” disse, portandolo verso di lei. Il bambino la guardò con i suoi occhioni azzurri e un’espressione curiosa, poi allungò le braccine per toccarla, e afferrò la manica della sua giacca. Lei gli sorrise. “ciao Matthew” disse, accarezzandogli la testa. “gli stai simpatica” sorrise lui. “quanti mesi ha?”. “sette. Ma è già un casinista, basta guardare il tavolo”. La tovaglia, infatti, era tutta schizzata di omogeneizzato. “sei un pasticcione, Matty, guarda un po’! Che figure mi fai fare con la signora?” rise lui, e riportò il bambino nel seggiolone. Anche lei rise. Le era mancato il suo modo di fare così scherzoso. “togliti la giacca, accomodati pure. Allora… cosa… ci fai qui?” chiese il ragazzo, dandole la sedia. Lei lo guardò stupita. “e me lo chiedi anche?! Sono venuta per te!” voleva dirgli, ma non aprì bocca. Lui sembrava comportarsi come se non fosse successo niente, come se non fossero stati insieme per due anni e poi tutto era stato cancellato con un sms, come se non sapesse che aveva fatto mezzi Stati Uniti da sola per ritrovarlo. Ma è vero, non lo sapeva. Doveva dirglielo? Cercò di comportarsi come faceva lui, come se fosse semplicemente passata a casa di un amico che non vedeva da qualche giorno. Sbuffò, si tolse la giacca e si sedette.

“allora… cosa… ci fai qui?” chiese, dandole una sedia. Il cuore gli batteva forte, scoppiava di felicità. Era venuta da lui. dopo che l’aveva cercata dappertutto. Era emozionato, ma cercò di nasconderlo perché lei sembrava… come se non fosse successo niente.

“allora tu non mi conosci ancora.”
“so quello che dico”
“e cosa devo dirti?? Che mi dispiace? Non ci posso fare niente. Te ne devi fare una ragione. Io non posso cambiarlo”


Ma era venuta lì, da lui, dopo che non l’aveva né vista né sentita per un mese… finalmente. Voleva sentirsi dire “sono venuta per te. Non me ne andrò mai più”, e non avrebbe esitato a dirle quello che sentiva davvero. Ma dopotutto si erano… lasciati, o no? Forse era arrabbiata con lui, era lui che aveva fatto tutto quel casino, era lui che l’aveva lasciata. La cazzata più grande mai commessa. Avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata. Ma perché non rispondeva. “ehm… perché sei venuta a Chicago?” chiese la stessa cosa, cambiando le parole. Si sedette vicino al seggiolone di Matthew. “beh… per lavoro” disse lei, seduta sul bordo della sedia e vagando con lo sguardo “poi… ho pensato… ‘è da un po’ che non vedo Tay’”. È da un po’ che non vedo Tay. Aveva pregato ogni giorno che gli telefonasse o mandasse anche solo un sms, era anche andato a New York… e ora lei veniva lì, dopo in mese, perché era “da un po’” che non lo vedeva? Era andata via di casa, senza dire niente, “per lavoro”? Non era molto brava a mentire. Ma doveva stare alla sceneggiata. “ah… beh, sono contento di vederti. Ehm… vuoi un caffè?”. “oh sì grazie, così mi sveglio un po’” rispose, allora lui si alzò a preparare la macchinetta. Matthew iniziò a fare dei versi. “mi sa che vuole il suo peluche di Tinky Winky” disse “glielo prendi, per favore? È sul divano”. Andò a riempire un bicchiere con l’acqua per la macchinetta. Mentre era verso il bancone della cucina a preparare il caffè, la sentì parlare con il bimbo. “ooh che bello. Guarda, s’illumina!” e Matty rise di gusto. Sorrise e fece partire la macchinetta. Si girò e la vide tutta sorridente mentre faceva giocare Matthew. Era sicuramente meglio di lui a badare ai bambini! Si avvicinò a lei, chinata sul seggiolone. Solo in quel momento notò che indossava la sua felpa, quella grigia con la scritta New York, che gli aveva “rubato” qualche tempo prima. “ti piace? Lo vuoi tu? Tieni” disse lei al bambino, e gli diede il peluche, poi si girò e vide il ragazzo dietro di lei. I due si guardarono, per un istante.

“ma io voglio essere soltanto ME, non essere sempre collegato a te per qualsiasi cosa. Tu non sei me”

“beh devi accettarlo, perché è così, è inevitabile”

“senti, non è che avresti un caricatore per il telefono? È scarico, dovrei fare una telefonata” disse poi lei all’improvviso, volgendo lo sguardo altrove. “certo. Vado a prenderlo” disse lui. Andò in camera e cercò il caricatore nel cassetto. Prima di tornare in cucina, si fermò un attimo sulla porta e cercò di calmarsi. Ma ogni parola che le aveva scritto quel giorno gli ritornava in mente non appena la guardava.

“non posso. Non lo sopporto più. Non puoi capire.”

Poco dopo ritornò in cucina, giusto in tempo per il caffè. Le diede il caricatore e poi andò a controllare la macchinetta, che stava facendo gocciolare il caffè nella tazzina sottostante. “tieni” disse poi, quando la tazzina fu riempita. La appoggiò sul tavolo. “grazie” sorrise lei, dopo aver attaccato il caricatore alla presa della corrente. Bevve il caffè tutto d’un fiato. Lui la guardò, quasi ipnotizzato. “grazie mille. Ehm… senti… non voglio disturbarti ma… ecco… potrei fare la doccia? La doccia dell’hotel faceva paura, non mi ci sono neanche avvicinata. Puzzo come un cavolfiore” chiese Gaga, dopo aver bevuto il caffè. Lui rise. “ma non è vero! Sei un fiore. Comunque… certo, il bagno è a posto” disse. “un fiore, ma va!” rise lei. da quanto non la sentiva ridere così. Era bellissima quando rideva, le si illuminavano gli occhi, e sembrava una bambina. “grazie. Faccio veloce” e andò in bagno.

Entrò nel bagno e chiuse la porta. Il calorifero era acceso, la stanza era magnificamente calda. Si appoggiò alla porta e sorrise. Che tenero che era stato! Quanto le erano mancati i suoi complimenti. Aprì l’acqua della doccia e, intanto che si scaldava, si spogliò e buttò tutto sulla lavatrice. Appeso sulla porta, c’era l’accappatoio di Taylor; era enorme, ma non importava. Lo appoggiò sul calorifero per scaldarlo e poi entrò nella doccia. Chiuse gli occhi e si godette la sensazione dell’acqua calda sulla pelle per qualche minuto, senza pensieri. Bagnò i capelli, e poi prese la spugna e la insaponò con il doccia schiuma da uomo. Non era un granchè, ma almeno avrebbe mandato via il suo magnifico “profumo di cavolfiore”. Le vennero all’improvviso in mente dei flash. Tutte le volte che avevano fatto l’amore in quella doccia. Lì, nell’angolo a sinistra, dove le piaceva appoggiarsi mentre lui le faceva il solletico sulle natiche nude e bagnate e poi… ci dava dentro. Sospirò e si lavò i capelli col doccia schiuma, siccome c’era solo quello. Quando ebbe finito, uscì dalla doccia e si mise addosso l’accappatoio: le arrivava alle caviglie e le maniche andavano almeno 10 cm oltre la sua mano. Le rimboccò alla meglio, allacciò la cintura e si asciugò. Si guardò allo specchio per la prima volta in due giorni: aveva il viso pallido, le guance arrossate e le occhiaie violacee. E lui l’aveva vista così? Si vergognò. Non aveva portato niente per truccarsi. E nemmeno niente per cambiarsi.

“Ehm... per favore, potresti portarmi qualcosa per vestirmi? Non ho qua niente” la sentì dal bagno. “subito” prese in braccio Matthew e lo portò in camera da letto, dove c’era un piccolo box con i giocattoli. Lo mise dentro e poi cercò dei vestiti per lei. Aveva solo abiti suoi, però, e le sarebbero stati tutti grandi. Prese un golfino nero che gli andava un po’ stretto, e una tuta grigia. Si fermò davanti alla porta del bagno, indeciso se entrare direttamente o no. “posso entrare?” chiese. “sì sì”. Aprì la porta. Se la ritrovò davanti, col suo accappatoio addosso, che le stava enorme, e rise. “eh scusa, c’era solo questo” rise anche lei. “ti ho portato questi, provali e vedi. La tuta ti starà lunga ma ha i lacci, puoi stringerla in vita, magari ti sta” disse, porgendole i vestiti. “grazie mille. Non avresti anche delle mutande e delle calze?” chiese lei, prendendoli. La guardò stupito. Era venuta lì da lui senza vestiti nuovi, caricatore del telefono, neanche qualcosa per cambiarsi… la sua scusa “per lavoro” non avrebbe retto ancora a lungo. Senza dire niente, tornò in camera. Aprì il cassetto e dentro ci trovò le sue mutandine di pizzo. Le aveva dimenticate a casa sua qualche mese prima. Doveva darle quelle? No, meglio di no. Prese un paio dei suoi slip e delle calze e ritornò in bagno. La porta era ancora aperta, e la vide con l’accappatoio slacciato e legato in vita mentre si metteva il reggiseno, i capelli bagnati appiccicati alla schiena nuda. Non sapeva cosa fare. “ehm… tieni” disse, e lei si girò di soprassalto. Non si coprì, però, rimanendo lì davanti a lui con le spalline del reggiseno non ancora infilate. “grazie” disse,  prendendo gli indumenti. “non so se ti vanno bene le mie mutande, però”. “non fa niente, mi sembrerà di essere un uomo” disse lei, e rise. Anche lui rise. Finalmente la vedeva illuminarsi in volto, la prima volta da quando era entrata. Era stupenda. “beh, io torno di là. Il phon, se ti serve, è sempre nell’armadietto. Fai con calma” sorrise e uscì.

Uscì dal bagno un quarto d’ora dopo, con i capelli ancora un po’ bagnati, il golfino enorme, i pantaloni rimboccati, e ridendo ancora prima di raggiungere la cucina per farsi vedere da lui. “oddio” rise Taylor, vedendola arrivare “beh, dai, non stai poi tanto male”. Era seduto sul divano, con Matthew appoggiato al cuscino, e stavano giocando con un cane di peluche. “sì, dai… almeno non puzzo più di cavolfiore” disse lei. “siediti qui con noi” e le fece posto sul piccolo divano. Un po’ esitante, si sedette tra lui e il bambino. Era così carino, con un sorriso dolce e dei magnifici occhi azzurri… della stessa sfumatura di Taylor. Il bimbo la guardò incuriosito, distogliendo lo sguardo dal peluche che cercava di stringere con le manine. Fece dei versi e rise. Lei si avvicinò con una mano e lui le prese il dito. “cosa c’è?” chiese, sorridendogli “vuoi un altro peluche?”. Sul divano c’erano tanti piccoli animali di peluche e prese un gatto. “ti piace il gatto?” glielo fece mise sulle gambe e il bimbo lo guardò, concentrato. Provò a ripetere la parola “gatto” ma riuscì a dire solo delle sillabe sconnesse. “ga-tto” gli disse ancora. “ga-ga” disse il bimbo. I due ragazzi scoppiarono a ridere. “aaaw ma sei un amore!!” esclamò lei, poi lo prese su e lo mise sulle ginocchia. Il bimbo ridacchiò felice. All’improvviso entrò il ragazzo avvicinare la testa alla sua. Riusciva a sentire il suo respiro sulla guancia. Iniziò ad agitarsi come una ragazzina vicino alla sua cotta per la prima volta, ma cercò di scacciare il pensiero e tornò a giocare con il bambino, che la stava guardando con i suoi occhioni. Sembrava interessato al suo braccialetto. “ti piace?” lo slacciò e lo tenne il pollice e l’indice, per farglielo toccare con le manine. I pendenti pieni di cristalli tintinnavano, toccandosi, e Matthew era affascinato dal suono. Improvvisamente il bimbo fece una faccia strana. Sentì caldo sulle cosce e le venne uno strano presentimento. “mi sa che ha fatto la pipì”. “oddio, ti ha bagnato?” esclamò il ragazzo, prendendo subito in braccio il bambino. “no no” disse, vedendo che i pantaloni erano asciutti. “vado subito a cambiarlo. Tu aspettami qui. Judy starà per arrivare a momenti” e lo guardò correre in camera col bimbo in braccio come se fosse successa una catastrofe, e si mise a ridere.


scusate, questo capitolo non è un granchè, ma mi serviva per collegare le vicende seguenti. non preoccupatevi, i prossimi saranno più interessanti e preparatevi al gran finale ;)
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Lady Gaga / Vai alla pagina dell'autore: shadowsymphony