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Autore: Ryta Holmes    12/03/2013    7 recensioni
“Se è tardi a trovarmi, insisti, se non ci sono in un posto, cerca in un altro, perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.„ [Walt Whitman]
Spoiler 5 stagione
Fu a quel punto che si inginocchiò per guardare meglio quel vecchio e… non vide nient’altro che un vecchio. Sporco e impaurito. Ed esausto. Con gli occhi di un azzurro vivido che adesso ricambiavano lo sguardo.
“Non dovrebbe stare qui. Quest’uomo va portato in ospedale o in un osp-“ non concluse la frase. La voce gli morì in gola, quando la mano raggrinzita ma forte del vecchio lo arpionò sull’avambraccio. Vide quegli occhi azzurri sgranarsi di sorpresa e poi quella bocca nascosta dalla folta barba bianca spalancarsi come per dire qualcosa.
Ma non ne uscì nulla alla fine. Il vecchio lo guardò iniziando inspiegabilmente a piangere. E lui si sentì a disagio.
“Mi… occuperò io di lui.”
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Desclaimer: Merlin e tutti i suoi personaggi non mi appartengono, se lo fossero sarei ricca, la serie non sarebbe finita e Ginevra avrebbe sposato Lancillotto.

 

MENTRE TI ASPETTO

 

Capitolo 11
 
Il viale era gremito di gente. Applausi, qualche tipica bandierina inglese, le braccine dei bambini che si agitavano cercando invano di attirare l’attenzione degli occupanti del Rolls Roys nero che sfilava lungo la strada, accompagnato da poliziotti in moto di grossa cilindrata.

Merlin osservava la folla che accoglieva festosa l’arrivo dei reali e non provava nulla. O meglio, c’era solo un’emozione che sentiva dentro bruciargli l’anima ed era la rabbia. Tutto il resto veniva offuscato da quel sentimento che lo avvolgeva e non gli dava tregua.

Ignorò gli spintoni della gente che cercava di osservare meglio il passaggio dei reali e che tutto intorno lo inghiottiva. Il suo sguardo era fisso alla struttura che si trovava alla fine della strada: il Municipio, dove si sarebbe tenuto l’incontro dei candidati alla carica di Primo Ministro con la Regina Madre e i suoi discendenti. Un evento importantissimo, che segnava la fine della campagna politica. Dopo di ciò, sarebbe caduto il silenzio su tutti i mezzi di comunicazione decretando la fine della campagna. Le elezioni erano alle porte ed entro una settimana, l’Inghilterra avrebbe conosciuto il suo nuovo Primo Ministro.

La Rolls Roys passò e andò oltre. Merlin la adocchiò quando si avvicinò ai cancelli del Municipio, fino a sparire dietro una coltre di agenti disposti in una maniera che lui sapeva benissimo, perché era stato ore a guardare quel documento con cui erano state date le disposizioni e aveva persino dovuto riscriverlo al computer sotto minaccia del suo ideatore.

A quel pensiero e soprattutto ai ricordi a cui erano legati, non poté non sentire una morsa allo stomaco e quella rabbia si acuì ancora di più. Avrebbe voluto gridare ma poi a cosa sarebbe servito? In fondo nemmeno lui riusciva a spiegarsi il perché fosse così arrabbiato con Lucius Chaste per averlo licenziato.

Sulle prime si era detto che era stato per il fatto di non aver avuto una spiegazione logica. Poi aveva avuto modo di pensare e lentamente la sensazione del tradimento aveva acquisito dei contorni distinti, andando a delinearsi nella sua mente con forza e acuendo quella rabbia che adesso gli incendiava l’anima.

Lucius lo aveva tradito. Lo aveva usato finché gli aveva fatto comodo e poi lo aveva licenziato su due piedi, adesso che non aveva più bisogno di lui.

Non riusciva a trovare altra spiegazione, perché altrimenti cambiare idea così nel giro di pochi giorni? Se ripensava a quella volta in cui era andato a ripescarlo al lago, dopo che aveva sentito Arthur per la prima volta…

Gli aveva detto che entrambi erano soli e forse avrebbe dovuto capire meglio il senso di quella frase. Entrambi erano soli, per cui Lucius aveva bisogno di qualcuno che gli facesse compagnia fino a che gli avrebbe fatto comodo.

Non vedeva nient’altro Merlin, mentre annegava in quella rabbia sorda e dolorosa. Si allontanò dalla folla, sgomitando perché riuscisse a liberarsi e dopo diversi spintoni riuscì a imboccare una stradina secondaria, meno frequentata, allontanandosi così dalla bolgia.

«Merlin… »

La voce di Arthur risuonò ancora nella sua testa. E ancora e ancora. Aveva ormai perso il conto delle volte in cui era successo. In quei giorni poi, era diventata una fastidiosa litania. Quel suo nome, ripetuto continuamente, con la stessa cadenza e lo stesso tono. Un richiamo che però continuava a non portare a nulla di concreto. Anzi, adesso si era trovato non solo senza Re ma anche senza quel nuovo legame che con tanta fatica era riuscito a costruire dopo anni di solitudine.

«Merlin… »

Ignorò quella voce, stringendo i pugni e le labbra e aumentando il passo, desideroso adesso di allontanarsi da quel caos. Non si accorse che nel dedalo di strade, si era avvicinato al Municipio più di quel che credeva.

«Merlin… »

“Smettila… smettila…” mormorò stancamente, il passo che non accennava a rallentare, anzi adesso quasi correva; le persone che gli passavano accanto sfrecciavano alla sua vista.

«Merlin… »

“Basta!!” un urlo, infine. Merlin gridò portandosi le mani alle tempie e poggiandovi sopra i palmi, poi le abbassò in un gesto stizzito.

“Merlin!”

Un altro richiamo. Diverso da quello che gli risuonava in testa. Questo era tutto vero e la voce era quella di una donna. Sollevò lo sguardo per riconoscere Jennifer, poco distante da lui, dietro le sbarre di un cancello attorniato da agenti in divisa. Merlin si guardò bene intorno e si rese conto di aver raggiunto il retro del Municipio. Anche lì la sicurezza era disposta a puntino ma mancava tutta la folla che salutava i reali davanti la struttura.

La donna fece segno a uno degli agenti di lasciarla passare e in un attimo lo raggiunse, senza dargli il tempo di scappare via. Cosa che probabilmente non era in grado di fare, tanto si sentiva spaesato. Jennifer lo guardava con aria spiacente e fu con un bacio sulla guancia che lo volle salutare: non lo aveva mai fatto.

“Merlin, si può sapere che fine hai fatto? Sei sparito nel momento più importante!”

La guardò sorpreso, rimanendo zitto per un momento, mentre gli sfiorava il braccio e lo controllava come per accertarsi che stesse bene.

“Lucius sembra che stia per scoppiare da un momento all’altro, servi tu per calmarlo…”

“Lucius mi ha licenziato, Jennifer.” Il tono di voce gli uscì aspro e risentito, mentre la guardava freddamente. “Non lo sapevi?”

La donna sbatté gli occhi, mostrando tutta la propria incredulità. “No… non è possibile, Merlin! Andiamo! Lucius non farebbe un passo senza di te, lo sai! Non sarà che avete litigato?”

“No. Mi ha licenziato senza motivo. E’ tutto qui.”

Jennifer scosse il capo, non riusciva ad accettare quella storia e dal tono di voce con cui parlò, si avvertì un certo nervosismo. “Senti, la situazione è troppo delicata adesso per fare i bambini. Sicuramente vi sarete presi per qualcosa ma adesso bisogna essere uniti, manca così poco e Lucius da due giorni sembra così strano…”

“Jennifer, non mi importa!” la interruppe Merlin seccato. “Qui se c’è qualcuno che fa il bambino, quello è lui! Io so soltanto che mi sono ritrovato per strada senza motivo! E poi…” inghiottì le sue parole, quando scorse l’auto di Chaste che si avvicinava al cancello.

“Oh, è arrivato finalmente!” Jennifer sospirò abbozzando un sorriso. “E' l'occasione buona per chiarirvi!”

Merlin sollevò gli occhi al cielo, esasperato. “Guarda che non c’è niente da chiarire! Anzi, se permetti io me ne vado.”

L’auto attraversò il cancello e Merlin poté vedere distintamente il volto di Lucius che rimandava lo sguardo su di lui con espressione seccata. Esattamente come la sua. Strinse le labbra, scostandosi da Jennifer.

“Merlin, aspetta! Se magari vi parlaste…” lo sportello nel frattempo si aprì e la figura di Chaste comparve in istante dopo alla luce del sole.

“Non voglio parlare, ti ho detto! Senti Jennifer, lasciam-“

Un grido. Poi tante voci indistinte. Merlin e Jennifer ebbero appena il tempo di voltarsi, prima di sentire alcuni spari che riecheggiarono di un suono inquietante nel silenzio di quel luogo.

“Lucius!” Jennifer esclamò spaventata, portandosi una mano alla bocca mentre Merlin si era già mosso in avanti, preoccupato non del pericolo ma da cosa quegli spari avessero colpito. “Merlin, aspetta!” Jennifer provò a fermarlo ma la voce si perse lontana nelle sue orecchie, pronte invece a captare altri suoni. Un pensiero spaventoso gli artigliò lo stomaco e per un attimo gli mozzò anche il respiro ma poi sentì la sua voce riecheggiare.

“Calmati! Nessuno ti farà del male ma lascia quell’arma!”

Merlin si fece ancora più vicino scorgendo finalmente un uomo con indosso un lungo cappotto rattoppato, che puntava una pistola contro Lucius trattenendolo per le spalle. A terra vi erano alcuni agenti della sorveglianza e Merlin sperò che fossero ancora vivi.

“Dovete morire! Tutti! Questa Nazione va allo sfacelo per colpa vostra!”

L’uomo con la pistola era un invasato. Merlin lo poteva capire dal tono di voce e dal modo con cui tremava mentre puntava l’arma. Veloce si spostò in modo da non essere visto. L’uomo non era stupido, si era posizionato di spalle al muro in modo da proteggersi e con la pistola contro la tempia di Lucius non poteva essere colpito dagli agenti che circondavano il piccolo cortile del Municipio. Merlin sapeva bene che non vi erano cecchini pronti a colpire da quel lato della struttura, perché gli agenti predisposti a quel tipo di sorveglianza così estrema erano stati posizionati sul davanti, per proteggere il passaggio dei reali d’Inghilterra.

“Cerchiamo di ragionare, amico! Io non sono ancora stato eletto, anche se ammazzi me, ne verrà comunque nominato un altro!” Lucius cercava di far ragionare il folle, con una voce che traspariva una calma surreale ma poi Merlin ricordò il suo ruolo di Ispettore Capo nella polizia inglese e che sicuramente doveva avere delle buoni doti da negoziatore.
Il folle però, non si mosse dalla sua posizione, anzi scoppiò a ridere selvaggiamente, provocando un brivido dietro la schiena di Merlin.

“Ho detto che dovete morire tutti! E morirete.” Nel parlare aveva scostato leggermente il cappotto e Merlin, assieme a tutti i presenti aveva capito. L’uomo portava della dinamite addosso.

Deglutì a vuoto, tenendosi pronto a usare la magia, cercando di scacciare la paura di vedere Lucius morire sotto un colpo di quella pistola o peggio carbonizzato dall’esplosione di quel pazzo.

Lucius non disse più nulla, probabilmente cercava le parole per cercare di convincerlo o forse aveva capito che non sarebbero servite più. Merlin si acquattò dietro il muricciolo e studiò la situazione. Se anche avesse fatto volare via la pistola all’uomo, quegli avrebbe potuto farsi esplodere e a quel punto cosa avrebbe potuto fare?

Forse… ucciderlo? Strinse le labbra sentendo la gola inaridirsi a quel pensiero. Già lo aveva fatto in passato: aveva ucciso Argravine, poi Morgana. E in entrambi i casi gli era costata una parte della sua anima. Avrebbe potuto farlo ancora?

Nel guardare Lucius in pericolo, ebbe paura: perché si rese conto che avrebbe ucciso, se questo avrebbe significato salvarlo.

Scosse il capo e si impose la calma. Doveva ragionare, doveva trovare una soluzione meno estrema. Meditò ancora qualche istante, poi decise di giocarsi il tutto per tutto. Doveva rischiare.

Non poteva usare la magia davanti a tutti facendo levitare qualcosa, perciò materializzò tra le mani un sasso e lo incantò in modo che centrasse l’obiettivo limitando però la forza al solo scopo di stordire, poi si alzò in piedi all’improvviso e prima che i presenti potessero rendersene conto, lanciò.

La pietra colpì sul capo l’uomo che immediatamente mollò la presa su Lucius, con un grido di dolore. Chaste fu svelto e non appena si rese conto di essere libero – dopo aver lanciato un’occhiata stupita e aver incrociato lo sguardo di Merlin – si voltò bloccando entrambe le braccia del folle perché lasciasse la pistola e non attivasse in qualche modo la dinamite che aveva addosso.

Immediatamente anche gli altri agenti furono addosso all’uomo e gli strapparono via la dinamite, mentre questi ancora intontito dal colpo in testa, si dimenava gridando. Fu così che venne portato via, ormai innocuo e ridotto in manette.

Merlin era rimasto fermo per tutto il tempo, assistendo a quella scena, pronto a ogni evenienza nel caso avesse dovuto usare ancora la sua magia e anche paralizzato da una scarica di adrenalina che gli impediva di muoversi. Jennifer nel frattempo, aveva raggiunto Lucius, in lacrime e spaventatissima e lo aveva abbracciato per accertarsi che fosse tutto intero. L’uomo per contro, le aveva sorriso e Merlin aveva potuto leggergli negli occhi il sollievo per la conclusione positiva di quell’episodio. Solo dopo che il pazzo fu portato via e che Jennifer si fu calmata, Merlin venne preso in considerazione.

Dapprima si avvicinarono alcuni agenti per ringraziarlo. Fortunatamente quelli sopraggiunti dai colpi di pistola, non erano stati uccisi. Un uomo era stato ferito alla gamba, l’altro al torace ma il giubbotto anti-proiettile lo aveva salvato. Era però svenuto quando nel cadere a terra aveva battuto la testa.

Merlin strinse un paio di mani, finché Jennifer non si avvicinò per abbracciare anche lui.

“Vedi che ha bisogno di te? Lo vedi?” gli mormorò lasciandosi ancora sfuggire qualche lacrima di sollievo.

Merlin sospirò, avvertendo una certa ansia nello stomaco. Lucius era l’unico che ancora non si era avvicinato a lui. Quando lo vide, sollevando il capo oltre la spalla di Jennifer, non poté non trattenere il fiato.

«Merlin… »

Ignorò la voce di Arthur che lo chiamava ancora una volta e sostenne lo sguardo di Lucius in attesa che lui dicesse qualcosa. Jennifer pensò bene di allontanarsi, in silenzio, consentendogli un confronto privato.

“Ti devo ringraziare.“ esordì Lucius. Dal tono di voce gli parve in difficoltà.

“Non c’è bisogno…” replicò velocemente Merlin, deglutendo.

«Merlin… »

Scosse il capo per scacciare quella voce.

Lucius spostò il peso del corpo da un piede all’altro, poi annuì a vuoto. “Ok, bene. Grazie comunque… ora devo andare.”

Prima che l’uomo potesse muoversi, la voce di Merlin uscì da sola, carica di rabbia. “Tutto qui?”

Lucius sollevò le sopracciglia ma non diede altro segno di sorpresa. “Non è cambiato niente, Merlin.”

“Vorrei tanto sapere che cosa è cambiato.” Sbottò ancora lui. “Perché tu hai cambiato le carte in tavola ma ti sei dimenticato di spiegarmi il perché!”

“Merlin, io sono sempre stato il tuo datore di lavoro. Se ti ho licenziato è stato perché ho i miei buoni motivi, perciò stop. Il nostro rapporto di lavoro è chiuso. Mettiti l’anima in pace.”

“Credevo non ci fosse solo un rapporto di lavoro, tra di noi.”

Lucius attese alcuni istanti prima di rispondere, parve meditare le parole, poi sollevò le spalle. “Hai creduto male, allora. Addio Merlin.”

Avrebbe dovuto dargli un pugno. Avrebbe dovuto inseguirlo e picchiarlo. Invece restò lì, immobile. La rabbia a mangiarlo vivo e un fastidioso pizzicore agli occhi.

***


Nebbia e acqua intorno a lui. Avalon lo circondava con la sua calma asfissiante. Merlin si guardò intorno riconoscendo il lago e la barchetta sulla quale già una volta si era ritrovato. Si sporse oltre il bordo, cercando qualcuno e lasciando vagare lo sguardo oltre le nebbie fumose.

Sapeva chi stava per comparire, lo aveva sempre saputo. Attese impaziente, finché il grigiore non si schiarì e dal nulla comparve quella figura che tanto aveva atteso.
Arthur Pendragon lo salutò e gli sorrise.

“Arthur…” mormorò, ma la voce si perse nel nulla.

“Merlin…”

Lo vide mentre si accostava alla barchetta, figura fusa con il lago, come fosse una sua essenza.

“Vieni a prendermi Merlin… io sto arrivando, vieni a prendermi…”

Voleva chiedere dove, voleva chiedere quando, ma la sua voce era persa e lui non aveva più la forza. Lasciò che la figura del Re del passato e del futuro iniziasse lentamente a sbiadire fino a perdersi nuovamente nelle nebbie.

Poi chiuse gli occhi…e quando li riaprì, torno alla realtà.

 
Si mise a sedere, lentamente. Gli occhi bagnati di lacrime e le immagini di quel sogno, ancora a premere sulle sue pupille. Aveva sognato di nuovo Arthur.

Arthur che gli diceva stava tornando. Arthur che gli diceva di andarlo a prendere.

Strinse i pugni e il tessuto del lenzuolo del suo letto. Era tornato nella sua muffita casetta da pescatore, non sapendo più cosa fare, dove andare.

Ma in quegli ultimi giorni qualcosa si era rotto in lui. Si era rintanato in quella casa senza più voglia di mangiare o di vivere. La rabbia lo divorava, la sensazione di smarrimento lo annegava e quella voce, la voce del Re, non faceva che risuonare nella sua testa sempre con più frequenza. Lo chiamava giorno e notte e più lui provava a scacciarla più quella tornava insistente. E adesso erano tornati anche i sogni.

Quando quel miscuglio di sensazioni si fece insopportabile, lanciò un grido e di colpo si alzò. Il pianto e la foga di quel gesto aumentarono il suo respiro ma lui non ci badò. Uscì fuori da casa e si avvicinò alla riva, come aveva fatto tante volte.

Il lago, come immaginava, era calmo e immobile.

“Che diavolo vuoi da me?! Che diavolo vuoi!!” la sua voce gridò sfogando tutta quella sofferenza che sembrava non avere mai fine. “Dimmelo, maledetto!! Non ce la faccio più! Cosa vuoi da me!! Cosa vuoi…” Non sapeva a chi si stesse rivolgendo, se a quel lago silenzioso, al Re che lo ignorava o a chi per ultimo lo aveva ferito.

Si accasciò al suolo, la faccia nella terra, senza più forze nemmeno per piangere. Singhiozzò un’ultima volta, sfinito, desiderando semplicemente di abbandonarsi lì una volta per tutte.

Non avrebbe più dovuto aspettare, non avrebbe più dovuto soffrire, non avrebbe più dovuto vivere. Sarebbe stato tutto più facile…

***


Quando aprì gli occhi, vide solo una luce sbiadita. Sapeva di trovarsi in una posizione scomoda perché non respirava bene e quando lentamente riacquistò padronanza di sé, si rese conto di essere in un posto conosciuto e che delle braccia lo sorreggevano.

“Si può sapere perché mi avete chiamato?” sentì una voce. Anche quella aveva qualcosa di familiare ma aveva la mente così vuota e si sentiva così stanco. A stento sapeva chi fosse ma non aveva altro da ricordare.

“Signore, lo abbiamo trovato incosciente sulle rive del lago e lo abbiamo portato qui.”

Immediatamente reagì, iniziando a dimenarsi, col desiderio di essere lasciato in pace ma aveva così poche forze … non riusciva a pensare a nulla, sapeva solo di dover andare via.
Si dimenò ancora senza successo, mentre chi lo sorreggeva gli diceva di star fermo e di nuovo quella voce gli risuonò nelle orecchie.

“Spero sia qualcosa di importante, perché mi avete fatto lasciare la sala di voto sul più bello!” era seccata e impaziente.

“Lasciatemi andare…” mormorò Merlin, stordito. “Lasciatemi stare…”

“Che ci fa lui qui?” ancora quella voce, sorpresa.

“Signore è per quello che l’abbiamo chiamata! Insomma, non sapevamo cosa farne, lei lo conosce bene e beh… era una situazione particolare… conosciamo tutti questo giovanotto, non potevamo certo sbatterlo in cella.”

Nel suo campo visivo si materializzò una capigliatura bionda e poi un paio di occhi celesti. Dove li aveva già visti? Sbatté stancamente le palpebre, mentre la sua mente sfinita riportava a galla un barlume di ricordi. A chi appartenevano quei tratti così familiari? Di chi erano?

“D’accordo… Mi… occuperò io lui…”

Dove aveva già vissuto questo momento? Si sentì rimesso in piedi ma le sue gambe erano così pesanti, che fece molta fatica a seguire quella persona che lo trascinava via.
“Sei un idiota…” gli sentì mormorare. “Un completo idiota.”

Venne sospinto fino a un’auto in cui lui crollò come un sacco di patate e non si oppose quando venne con malagrazia incastrato dentro perché si potesse chiudere lo sportello. Rimase a occhi chiusi lungo tutto il tragitto, la mente vuota e la stanchezza a impedirgli qualsiasi reticenza.

“Non è possibile che tu mi faccia fare queste figure! Sei tra i piedi anche se non mi vieni dietro! Accidenti… accidenti a te e accidenti a me!”

Quelle parole scivolarono su di lui senza trovare spiegazione. La sua mente affaticata continuava a dirgli che doveva conoscere la voce che si rivolgeva a lui ma non riusciva a delineare un nome. Tutto era confuso e sbiadito e ogni cosa aveva perso di importanza. Solo quegli occhi e quei capelli biondi comparivano a tratti, come se fossero l’unica cosa degna di essergli rimasta impressa.

Dopo poco tempo, l’auto si fermò e quella persona lo trascinò fuori con la stessa dolcezza di prima, se lo caricò in spalla e lo portò chissà dove. Riconobbe il suo letto, solo dopo che ci finì sopra, rimbalzando leggermente per il contraccolpo.

“Dormi per piacere. E quando ti svegli mangia qualcosa. Verrò a controllarti più tardi.”

La voce si era fatta improvvisamente più dolce. Gli occhi celesti comparvero ancora nella sua visuale e si accorse lo fissavano preoccupati. Un lieve calore lo avvolse, assieme a quello sguardo rassicurante.

“Non fare scherzi…”

Poi svanirono e lui sentì un vuoto enorme propagarsi nel petto e la sensazione di smarrimento si acuì, tanto che si mise a sedere con uno scatto e finalmente i ricordi tornarono, all’improvviso, materializzandosi in un solo nome.

“Arthur!”

Aprì gli occhi e vide quella figura tanto familiare in piedi sulla soglia, voltata verso di lui in un’espressione di sorpresa.

“Arthur, non te ne andare ti prego! Torna da me!”

Vide quella figura aprire la bocca come per dire qualcosa, poi portarsi una mano alla testa e infine scuotere il capo.

“Io… devo andare.”

Quando svanì dietro la porta, Merlin era già svenuto.

***


Nebbia. Ancora nebbia. Avalon lo avvolgeva per l’ennesima volta. Merlin aveva vissuto troppe volte quella scena per non sapere cosa sarebbe accaduto di lì a poco.

Non si mosse infatti, attendendo il momento in cui le nebbie avrebbero iniziato a diradarsi. Poi però, fu preso come da un gesto di stizza e con un lampo di magia, decise di contrastare quello che sapeva essere un sogno. Un fastidioso sogno per la precisione, perché ormai non gli faceva più nessun effetto. Ora lo odiava. Fu per questo che utilizzò la sua magia per costringere la barchetta su cui si trovava a tornare indietro.

Non avrebbe visto Arthur stavolta, non lo avrebbe chiamato. Si voltò di spalle, portando l’attenzione al lato opposto, scorgendo lentamente la riva del lago, che a poco a poco si materializzò sempre di più, fino a farsi vicinissima.

La barchetta si insabbiò e Merlin scese nell’acqua, per percorrere gli ultimi passi e allontanarsi del tutto da quel posto. Sapeva di stare sognando e si chiese perché ancora non si fosse svegliato.

Fu quando fatti i primi passi sulla spiaggia, non notò Arthur Pendragon, il Re del passato e del futuro, che capì il perché sognasse ancora. E gli venne spontaneo ridere.

“Merlin!”

Lui scosse il capo esasperato e si avvicinò al Re senza troppa convinzione.

“Non ci credo…”

Trattenne il fiato, quando si accorse che questa volta poteva parlare. Sollevò lo sguardo su Arthur e gli parve diverso, come se la sua consistenza fosse più reale rispetto alle altre volte.

“Merlin, stai andando a prendermi?”

“Dove? Dove devo andare?”

Arthur lo guardò con aria di rimprovero, quella che lui tanto tempo fa aveva odiato e amato nello stesso tempo. “Possibile che tu non l'abbia capito?”

“Ma io ti ho aspettato a lungo!”

“Lo so… ma non ero pronto ancora. Adesso sono completo, puoi venire!”

Merlin sbuffò frustrato. “Ma tu non sei qui! Arthur, dove posso trovarti?”

“Idiota, tu lo sai già! Vieni a prendermi!”

 
Merlin aprì gli occhi di colpo e si sentì mancare il fiato. Aveva capito.

 
Continua…

 
///////
 
Vogliatemi bene…. Sono stanca e distrutta e non so se questo capitolo sia uscito come volevo ma ce l’ho fatta. Soprattutto non so se ci sono strafalcioni perché ho appena finito di scriverlo e anche se tecnicamente non è più lunedì facciamo che è come se avessi tenuto il passo!

Se non vi è piaciuto o c’è qualcosa da correggere, ditemi pure che sistemo tutto! Ad ogni modo spero abbiate notato alcuni parallelismi e che insomma... si è capito ormai :P

Saluto molto velocemente e ringrazio tutti i lettori e un bacino lo mando a Gosa, Parre, AsfodeloSpirito, Strangerinthistown e Poll che hanno voluto lasciarmi un commento!

Ora crollo a letto! Baci a tutti e alla prossima! ;)
 
   
 
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