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Autore: karter    12/03/2013    1 recensioni
Ecco la mia prima flash introspettiva.
Parla di una ragazza sola, ferita da tutte le persone che ama e che riteneva la sua famiglia.
In questa flash sono dascritti i sentimenti della 17enne dopo la ferita.
Spero vi piaccia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Correva, correva senza sosta, senza avere una meta, senza guardare il mondo attorno a lei, correva veloce, scappava, voleva fuggire da tutto ciò che la circondava, dal mondo che l' aveva illusa, ferita e poi abbandonata a se stessa. Correva e piangeva, piangeva e correva. Le lacrime sgorgavano senza sosta dai suoi occhi rigandole le guance, confondendosi sul suo volto assieme alla pioggia incessante ormai da giorni. Correva sotto la pioggia piangendo. I capelli, ormai fradici, attaccati al volto. Gli abiti zuppi d'acqua aderivano perfettamente al suo corpo minuto, rendendole difficile la corsa, ma senza fermarla. Il cuore pulsava forte nel petto, il respiro era affannato a causa dello sforzo eccessivo, le gambe le dolevano, il fiato era corto, il suo corpo, stanco e bagnato, le urlava di fermarsi, di smettere di correre, ma lei non si fermava, non voleva fermarsi. Il dolore le inebriava la mente, impedendole di pensare, oscurando la sofferenza, la delusione, la tristezza e lo sgomento che le divoravano il cuore. Se si fosse fermata tutto ciò sarebbe tornato a galla e questo non sarebbe dovuto accadere. Continuò a correre senza sosta, finché le gambe non le cedettero e si ritrovò a terra, completamente fradicia e sporca di fango. Provò ad alzarsi, ma invano. Si guardò intorno e quasi impallidi nel ritrovarsi nel parco in cui tutto ebbe inizio. Non era cambiato nulla dal giorno in cui si erano incontrati dieci anni prima. C'era il laghetto dove nuotavano spensierati i pesci, il grande ciliegio che da bambina considerava il suo unico amico, il gazebo dove si era rifugiata nei giorni di pioggia, tutto era rimasto uguale, forse era un po' invecchiato, ma era rimasto tutto come allora persino quella panchina, nascosta da occhi indiscreti, quasi estraniata dal mondo, era la stessa panchina dove da bambina si rifugiava per fuggire da quella casa che la sfruttava soltanto, da quella casa dove era trattata come una serva, da quella casa che non l' amava e mai l' aveva amata. Quella panchina che aveva accolto i suoi pianti e i suoi tormenti per i primi sette anni della sua vita. Fece forza sulle sue gambe e barcollando si rimise in piedi dirigendosi proprio a quella panchina. Ne accarezzo lo schienale con un dito, ormai fradicio come lei, mentre con l' altra mano tentò di asciugarsi le lacrime che continuavano a scendere copiose, senza sosta. Toccando quel legno freddo le gambe le cedettero nuovamente e si ritrovò di nuovo lì, su quella panchina, proprio come quando era bambina. Si sistemò meglio, portandosi le gambe al petto e stringendole a se con le sue esili braccia. La divisa viola della sua scuola era molto scomoda per stare in quella posizione, ma non se ne curo, posando anche la testa sulle ginocchia, lasciando che i lunghi capelli argentei le scivolassero sul volto, abbandonandosi ad un ennesimo pianto sconnesso.
  
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