Libri > Orgoglio e Pregiudizio
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Autore: Rain Princess    12/03/2013    9 recensioni
Tempi moderni, ma la storia è sempre la stessa: l'orgoglio e il pregiudizio offuscano, oggi come 200 anni fa, la mente di Lizzie Bennett, psicologa in un consultorio, e di William Darcy, manager "scomodo". Il tutto condito con una strana commistione di personaggi e situazioni sospese tra l'antico e il moderno, tra le buone maniere e i social network.
Dal primo capitolo:
"... intanto, nella sua mente, questo “salvatore di aziende” prendeva le sembianze di un uomo sulla cinquantina, sovrappeso e con la giacca chiusa a malapena sulla pancia prominente, capelli sulla via del diradamento e baffi da tricheco, viscido e calcolatore. Magari anche un po’ maniaco. Sicuramente munito di ventiquattrore in cuoio marrone.
Sì, eccolo lì, lo poteva quasi vedere muoversi per la stanza."
Buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi di nuovo qua! Lo so, sono pessima di nuovo, ci ho messo una vita.. è che ho capito che, per farmelo piacere davvero, un capitolo mi deve stare sotto le mani una decina di giorni. A questo aggiungete che sono una bacucca che non riesce a scrivere se non ha un quaderno sotto le mani (proprio non ce la faccio direttamente su Word T_T) e che quindi mi ci vogliono due serate per ricopiare i capitoli, l'ultimo esame, le prove per il musical (sì, canticchio XD) e chi più ne ha più ne metta, e questo è il risultato!
Vi ringrazio per la pazienza!
Detto questo, vi informo che, da brava consumatrice di penne, ho dovuto fare un incontro col sindacato dei miei personaggi e.. mi hanno cambiato un po' le carte in tavola. Quindi la trama originaria sta subendo delle modifiche e dovrò starci dietro (spero di riuscirci in modo decente!), ma d'altronde hanno ragione, si tratta delle loro vite! Quindi è probabile che Mark non sia l'unico personaggio completamente originale che incontreremo, sto contrattando con le new entry XD



Capitolo 3
Saturday Night Live


È una verità universalmente riconosciuta che, quanto più cerchi di non pensare a un problema, tanto più ti ritroverai davanti cose che te lo ricorderanno.


Tess bussò alla porta cinque minuti prima delle nove. Lizzie la invitò ad entrare e tirò un sospiro di sollievo quando la vide nella cornice della porta. Si era fidata, voleva farsi aiutare. Una piccola parte di sé penso di essere stata brava con lei e ne gongolò. Varcando la soglia, Tess la cercò subito con lo sguardo, buon segno. La fissò e le fece un piccolo sorriso nervoso. Altro buon segno. Lizzie cominciò finalmente a sentirsi meglio. Si alzò e le andò incontro.
“Ciao Tess. Sono contenta di vederti” le disse sorridendole a sua volta. Tess le fece un cenno col capo e le sorrise un po’ in più ma era evidentemente tesa, lo sguardo si posava tutt’intorno senza sosta e si tormentava le mani.
“Andiamo, Lizzie?” le chiese, ormai impaziente.
Lizzie apprezzò il coraggio che stava dimostrando. Non si stava facendo intimidire dalla situazione, non voleva restare nel limbo dell’incertezza, voleva sapere. Era una ragazza forte.
“Certo. Vieni, ti accompagno nello studio medico”. Le mise un braccio intorno alle spalle e la accompagnò. La sentì rilassarsi appena a quel contatto, ma non si fermò né la guardò. Bussò alla porta e la voce da dentro le invitò ad entrare.
Lizzie esultò: quel giorno era di nuovo di turno Emma ed era proprio quello che ci voleva. Sapeva essere molto rassicurante con le sue pazienti, Tess sarebbe stata in ottime mani.
“Buongiorno Emma!”
“Buongiorno…” mormorò appena Tess.
“Ciao Lizzie, e buongiorno a te!” sorrise luminosa Emma.
Tess si rese conto di non essersi presentata e tese subito la mano alla giovane donna dietro alla scrivania.
“Io sono Tess”
“Emma, Tess è qui per fare un prelievo. Sai se l’analista è già arrivato?”
“Qua non si è fatto vedere ancora nessuno. Che esami deve fare?”
“La solita routine di partenza: emocromo completo, sideremia, facciamo anche la beta”.
Emma la guardò un attimo sorpresa.
“Allora la gravidanza non è ancora sicura?”
“No” disse Lizzie mettendo una mano sulla spalla della ragazza che intanto si era seduta. “Tess ha preferito chiedere direttamente aiuto a noi. Ah, accidenti! Ho dimenticato la sua cartella nel mio ufficio. Scusatemi, vado a prenderla” disse Lizzie, scuotendo la testa per la sbadataggine che la accompagnava quel giorno. Si richiuse la porta alle spalle e si diresse velocemente al suo ufficio, facendo attenzione a non urtare contro nessuno agli angoli dei corridoi.
Intanto Emma, per spezzare il silenzio che si era creato nello studio, guardò di nuovo Tess e le sorrise dolcemente.
“Hai fatto benissimo a rivolgerti a noi, piccola. Vedrai, la nostra Lizzie ti seguirà in tutto e per tutto”.
“E per tutto il resto” disse Lizzie rientrando nella stanza “ci sono un sacco di bravi medici qua”.
“Lo so” rispose più decisa Tess e si voltò di nuovo verso Lizzie, che però era scomparsa nel retro dello studio e stava recuperando dei moduli da uno scaffale.
In quel momento bussarono alla porta.
“Avanti!” disse Emma e la porta si aprì rivelando un infreddolito dottore.
“Buongiorno Emma!” le sorrise.
“Ciao dottore! Prego, entra!” rispose amichevole. “Lei è la tua paziente, Tess”.
L’uomo varcò la soglia, si richiuse la porta alle spalle e tese la mano alla ragazza. “Ciao Tess, io sono…”
“Mark! Che ci fai qui?” esclamò Lizzie sorpresa mentre rientrava nella stanza.
“Come che ci faccio! Sono venuto per il prelievo!” rispose, poi si voltò verso Tess. “Sì, sono Mark, il dottore che ti farà il prelievo più indolore della storia, promesso!”
Emma osservò l’espressione di Lizzie, decisamente sorpresa di vederlo.
“Ma non eri impegnato stamattina?” insisté Lizzie.
“Ho trovato un po’ di tempo. Ora la smetti di fare l’antipatica? Sembri felicissima di vedermi!” rispose Mark fingendosi offeso.
“Certo che lo sono!” si spiegò Lizzie. “Sono solo sorpresa di vederti, tutto qua” disse porgendo i moduli ad Emma che cominciò a riempirli. Mark le fece un occhiolino e Lizzie arrossì per l’imbarazzo.
“Bene, sono felice di vederti anch’io, ma ora non essere egoista e lascia che mi dedichi alla nostra paziente!” disse con un tono da sbruffone e si rivolse a Tess, lasciando Lizzie a bocca aperta per come stava approfittando della situazione per metterla in imbarazzo.
“Allora, Tess, sarò rapido e indolore, quindi tranquilla, sei in ottime mani!”
Tess aveva seguito lo scambio di battute con curiosità e ora guardava il giovane medico che le stava di fronte con simpatia, quel siparietto aveva contribuito a farla rilassare. Sollevò la manica destra della maglia, strinse la mano a pugno e Mark le tastò l’incavo del gomito alla ricerca della vena in cui infilare l’ago. La trovò dopo qualche secondo, disinfettò il punto e la vide trattenere il respiro.
“Dimmi Tess, quanti anni hai?” le chiese per distrarla e, mentre lei lo guardava in viso, concentrato a fare il suo lavoro causandole il minor dolore possibile, Mark infilò con una mossa decisa ma delicata l’ago nella pelle chiara della ragazza.
Tess sussultò appena, non aveva sentito quasi nulla ma cercò comunque di distrarsi rispondendogli.
“Diciotto tra qualche mese”.
“Sembri un po’ più grande, sai?” le rispose Mark che, all’espressione leggermente perplessa della ragazza, pensò bene di precisare. “In senso buono! Non intendevo darti della vecchia, Lizzie è vecchia, mica tu!”
Tess ridacchiò e lui le fece l’occhiolino.
“Ehi, che c’entro io?” ribatté Lizzie appena piccata.
“Dicevo” continuò Mark senza risponderle ma lanciandole un sorriso “che mi sembri molto matura per la tua età”.
“Grazie” mormorò Tess abbassando lo sguardo. Mark l’aveva guardata dritto negli occhi mentre glielo diceva e non aveva potuto reggere il confronto. Era arrossita.
Lizzie lo notò e trovò la cosa piuttosto buffa, stava assistendo al famoso fascino di Mark all’opera.
‘Chissà come mai su di me non fa effetto!” si chiese osservandoli.
Mark aveva riempito l’ultima provetta e si era alzato un po’ sulla sedia per applicarle una piccola medicazione e Tess si era appena irrigidita. Assicuratosi che tenesse, le diede un buffetto e le disse:
“Bene, allora speriamo che vada tutto bene!”
Il colorito di Tess aumentò di un paio di sfumature verso il rosso e Lizzie provò una gran tenerezza nei suoi confronti.
“Dottoressa, va bene se ti faccio avere i risultati in quattro, cinque giorni? Abbiamo un bel po’ di lavoro al laboratorio”.
“Ma guardatelo! Ieri eri talmente libero da fare il centralinista e oggi fai l’uomo impegnato?” lo stuzzicò Lizzie. Non c’era niente da fare, doveva prenderlo in giro ogni volta che poteva.
“Dottoressa Bennett, sei tu che hai dedotto che non ci fosse da fare al laboratorio. Non significa per forza che sia così! Anzi, magari lo fosse!” sospirò Mark riponendo le provette nella valigetta che aveva portato con sé.
“Tra quattro, cinque giorni andrà benissimo Mark, grazie!” intervenne Emma, a cui Mark regalò un bel sorriso luminoso.
“Grazie, tu si che sei un’amica!
“Prego, ma non tardare. Tess aspetterà quei risultati e penso che voglia conoscerli il prima possibile”.
Tess fece un cenno affermativo ad Emma e Mark le si rivolse in tono rassicurante, guardandola di nuovo negli occhi.
“Farò quanto prima, te lo prometto”.
“Grazie, dottore” riuscì a dire Tess sorridendogli di rimando.
“Bene, allora io vado. Buona giornata a tutte, splendide donne!” disse Mark platealmente e, recuperata la valigetta, sparì oltre la porta.
Emma e Lizzie si ritrovarono a scuotere il capo con ilarità di fronte all’esuberanza di Mark. Tess invece ne era rimasta incantata.


Lizzie accompagnò Tess alla porta.
“Allora mi raccomando, stai tranquilla, non agitarti. Per l’inizio della prossima settimana avremo i risultati delle analisi e ci comporteremo di conseguenza. Fino ad allora non fasciamoci la testa, ok?”
Stava cercando di rassicurarla senza però darle troppe false speranze. Aveva usato la prima persona plurale per farle capire che, comunque, non si sarebbe ritrovata sola in quella situazione.
Tess fece un profondo respiro per calmarsi, come le aveva insegnato Lizzie.
“Va bene, cercherò di stare tranquilla. Tanto, ormai, quel che è fatto è fatto, giusto?” cercò di sdrammatizzare.
“Beh, direi!” disse Lizzie e la abbracciò. “Sei sempre sicura di non voler dire niente a Simon?”
La ragazza si rabbuiò all’istante.
“No, preferisco di no. So com’è fatto e non la prenderebbe bene sapendo che, ora come ora, non può fare nulla per saperne di più. Se le analisi saranno positive glielo dirò, altrimenti gli avrò risparmiato l’ansia che sto provando io ora”.
“Te l’ho detto Tess, condividere con qualcuno le cose belle o brutte che viviamo fa bene, sempre. Ci fa crescere insieme. Ma il mio è solo un consiglio, lo sai.”
“Sì, lo so e ti ringrazio”.
“Ti chiamo io quando mi arrivano i risultati, così li leggiamo insieme, ok?”
“Va bene. Allora a presto”.
“A presto, Tess. Intanto, buon weekend”
Quando la ragazza sparì oltre l’angolo del corridoio, Lizzie si richiuse la porta dietro e si augurò che quella piccolina non dovesse portarsi da sola un peso enorme sulle spalle. Come spesso le capitava sul lavoro, sperò che il suo intuito fine si sbagliasse.


Il resto della giornata Lizzie lo passò il più possibile nel suo studio, col mal di testa ancora latente e la paura di andar a sbattere ancora contro uno sconosciuto dal sorriso facile e disarmante.
Finalmente, dopo un turno che le era sembrato eterno, arrivò il momento di lasciare il consultorio. Certo, tornare nel caos di casa Bennett non era il massimo, ma almeno avrebbe potuto stendersi sul suo letto e guardare qualche programma stupido che l’avrebbe fatta ridere o, meglio ancora, avrebbe potuto stare nella penombra a rilassarsi. E se il cielo fosse stato libero, avrebbe potuto guardare le stelle dalla sua finestra.
Ma intanto, varcando la soglia del consultorio, poté pregustare una parte del suo riposo: Jane la aspettava, poggiata al muretto di mattoncini rossi di fronte al cancello della struttura.
Sorrise e la raggiunse.


“Finalmente anche questa settimana è andata!” sospirò leggera Marianne arrotolandosi la sciarpa al collo prima di uscire nell’aria fredda e umida di quella primavera londinese.
“Già, è stata davvero … piena! Non vedevo l’ora di staccare un po’ anch’io” rispose Lizzie, effettivamente stanca, chiudendo gli ultimi bottoni del cappotto e infilandosi un cappellino di lana. Non l’avrebbe mai ammesso, ma la nuova situazione al consultorio, sommata alle sue grandi esibizioni e al bisogno di contenere le frustrazioni derivatene, l’avevano stressata molto. E chi era la causa di tutto? Lui, il maledetto tricheco che pareva aver reso in un batter d’occhio di piombo l’aria lì dentro. Lizzie sentì l’irritazione salirle di nuovo.
“Hai bei programmi per il weekend?” domandò a Marianne per distrarsi.
“Ho la festa di compleanno di nostra madre, non possiamo mancare. E tu?” le chiese Marianne infilando le mani in tasca per il freddo.
“Una mia amica mi ha invitata ad una festa, dovrebbe essere una cosa carina. Ci vuole una serata diversa ogni tanto”.
“A chi lo dici! Beh, magari un’altra volta mi aggrego volentieri, se ti va”.
“Certo Mary, figurati! Alla prossima occasione te lo farò sapere di certo!”
“Grazie!” esultò Marianne. “Allora divertiti anche per me domani!”
“Anche tu! A lunedì!” si salutarono per poi separarsi.
Quel giorno Jane non poteva raggiungerla, per cui Lizzie si avviò verso la fermata della metro da sola. Mentre camminava, stretta nel suo cappotto e coi capelli scompigliati dal vento, si sentì chiamare da una voce familiare e si voltò nella direzione da cui l’aveva sentita venire.
“Ciao, Char!”
“Ciao bellezza!” la salutò con un bacio sulla guancia. “Come stai? Che ci fai per strada da sola?”
“Sto uscendo dal lavoro adesso, mi stavo avviando alla metro per tornare a casa. E tu come stai?”
“Bene, grazie. È stata una settimana piuttosto impegnativa, ho voglia di distrarmi un po’”.
“A chi lo dici!” sbottò Lizzie.
“Torni direttamente a casa o vuoi fare un giro?”
“Non ho nessun impegno, se vuoi facciamo due passi”.
“Vorrei andare a Oxford Street per cercare qualcosa di carino, tu hai già deciso cosa mettere?”
Lizzie non capiva e il suo smarrimento doveva essere evidente, poiché Charlotte le chiese con una punta di incredulità
“Senti, non ti sarai mica dimenticata di domani sera?!”
“No, certo che no!” rispose Lizzie, sorpresa dall’enfasi e dalle aspettative che Charlotte stava riponendo in quella serata.
“Come mai sei così eccitata all’idea di domani?”
“Mah, non lo so, ho una strana sensazione! Sento che sarà una gran serata, hai visto mai che incontriamo l’uomo dei nostri sogni?” disse con uno sguardo speranzoso e un’ombra di malinconia sul fondo.
“Oh, andiamo Charlotte! Lo sai che con me questo discorso non attacca, non riesco a perdere la testa dietro al primo bel faccino”.
“Certo che lo so, Liz” disse cambiando tono e guardando altrove. “Tu non sei una che si accontenta, non lo sei mai stata”.
“Solo il vero amore può indurmi al matrimonio, ragion per cui morirò zitella”citò con convinzione Lizzie.
“Non so come fai ad avere la forza di crederci davvero… Io mi sento così sola, e la solitudine mi fa paura. Pensare di non avere nessuno che riempia i miei giorni mi fa male”.
“Char… Te l’ho detto cosa ne penso. Credi che staresti meglio con una persona che non può renderti felice come meriti?”
“Non fare così, Liz, mi fai sentire come se mi accontentassi. Non sono una bellezza e sarei la donna più felice del mondo se solo qualcuno mi degnasse della sua attenzione, e tu invece fai addirittura la schizzinosa!”
“Char, ti sottovaluti!” disse con forza Lizzie per trasmetterle la sua convinzione sull’argomento.
“Lasciamo stare, Liz”.
Lizzie percepì chiaramente il tono amaro dell’amica, come un sapore spiacevole sulla lingua, e se ne sentì responsabile.
“Mi dispiace, Char…”
“Ah, non fa niente!” cercò di sdrammatizzare lei. “Sono solo le mie stupide paure da sindrome premestruale… Niente che una bella serata con le mie amiche non possa cancellare! E, per domani sera,” disse lanciandole uno sguardo quasi di sfida, “lasciami sognare di vederti incontrare l’uomo che manderà all’aria i tuoi schemi!”


Lizzie entrò nella stanza zoppicando su due scarpe diverse.
“Che ne pensi?” chiese alla sorella.
Jane si girò sulla sedia e si soffermò a guardarle i piedi: quello destro era in una comoda ballerina nera, il sinistro invece in un decolleté, sempre nero, che non aveva l’aria altrettanto comoda ma era molto bello.
“Dipende se vuoi dare più importanza al look o alla comodità, ti stanno molto bene entrambe”.
“Jane, ti prego, non cercare di difendere le mie scarpe! Dammi un parere, non le sto mica accusando di avermi fatto incarnire un’unghia!”
“Non le sto difendendo,” replicò Jane con convinzione, “è che riesco a vedere gli aspetti positivi di entrambe!”
“Ah, ci rinuncio, sei incredibile!” sbottò Lizzie buttando gli occhi al cielo. Sfilò entrambe le scarpe e tornò nel bagno a piedi scalzi mentre Jane si voltava di nuovo verso lo specchio per continuare a truccarsi.
Lizzie tornò con una spazzola, la posò sul tavolino a cui sedeva Jane e le riinfilò di nuovo, poi se ne andò davanti allo specchio e si guardò da varie prospettive. Voleva sentirsi bene e bella quella sera, e sapeva che solleticare la sua vanità l’avrebbe fatta stare meglio, come per una chissà quale sorta di rivincita contro la vita e, indirettamente, il tricheco che gliela stava rendendo pesante.
“Bene!” esclamò soddisfatta quando ebbe deciso.
“Quale ha vinto?” chiese curiosa Jane e per niente indispettita dalla divergenza di poco prima.
“Voglio sentirmi chic stasera, quindi metterò i decolleté. Ma tanto lo so che la mia resistenza sui trampoli è limitata, per cui infilo le ballerine nella borsa e, quando mi faranno troppo male i piedi, farò a cambio”.
“Sei sicura che le ballerine ci entrino in borsa?” chiese Jane perplessa.
“Mi inventerò qualcosa per farcele entrare! Tu hai deciso cosa mettere?”
“Sì, un vestitino. E tu?”
“Jeans, top nero e gilet nero con paillettes”.
“Mi piace! E se dopo vieni qui ti sistemo anche i capelli”.
“Grazie sorellina!” disse Lizzie affacciandosi nello specchio alle sue spalle per farle un gran sorriso.
Jane ricambiò, poi tornò a passarsi un filo di mascara sulle ciglia. Lizzie si vestì, giusto nel tempo necessario a Jane per completare la sua opera e andare a recuperare il suo vestito, lasciando la toletta libera per Lizzie che cominciò a truccarsi a sua volta.
Mentre si passava sulle palpebre un velo di grigio, Jane comparve alle sue spalle con già indosso un vestitino blu a maniche lunghe con dei fiorellini e i capelli raccolti, morbidi sulla nuca, con qualche ciocca che le sfuggiva qua e là. Lizzie la ammirò muoversi per la stanza per qualche secondo, poi tornò a concentrarsi sul suo make-up.
Un paio di minuti dopo, mentre si dava l’ultimo leggerissimo tocco di colore sulle guance, sentì le mani della sorella sulle sue spalle.
“Sei pronta?” le chiese Jane prendendo la spazzola.
“Sì, ho appena finito.”
“Bene” rispose solo Jane, deliziandosi di potersi prendere cura della sorella, e cominciò a spazzolarle i lunghi capelli castani mentre l’altra, sotto la carezza leggera e costante della spazzola, si rilassò.
Quando i capelli furono morbidi e districati dai mille nodi che Lizzie ci faceva con le dita, Jane li alzò in una bella coda ferma che lasciava libero il ciuffo e ne studiò l’espressione soddisfatta. Le fermò qualche ciocca più corta con delle fermagline, poi fece un passo indietro.
“Siamo pronte”.
“No” disse Lizzie cercando qualcosa in un scatolo. Ne estrasse un fiore di stoffa che appuntò tra i capelli della sorella. “Ora siamo pronte!”

Charlotte, Lizzie e Jane varcarono la soglia del Netherfield e subito la musica le avvolse, benché fosse certamente più ovattata che in pista.
C’era qualche ragazzo in fila davanti al guardaroba, per cui dovettero aspettare qualche minuto per poter lasciare cappotti e borse. Tennero solo i documenti e dei soldi per poter prendere qualcosa da bere, poi andarono incontro alla musica.
Nella sala faceva caldo, nonostante l’ambiente fosse enorme. Almeno un paio di centinaia di ragazzi si agitavano forsennati sulle note trascinanti di un rock’n’roll anni ’60, e le luci li rendevano allegre macchie a intermittenza di colori in movimento.
Avevano varcato la soglia della sala da pochi secondi, quando dalle casse sparse un po’ ovunque partì un travolgente
Crocodile Rock

Charlotte, che le guidava verso il centro della pista, si girò immediatamente verso le altre due e, 
incurante della folla che si spostava e spintonava, cominciò a ballare. Lizzie la seguì a ruota e anche Jane non si fece pregare. 
Si ritrovarono in cerchio a ballare imitando le movenze di quegli anni, agitando le braccia su e giù, passandosi le mani con le dita a V 
davanti agli occhi, a far finta di andare sott’acqua col naso chiuso, e in un attimo erano entrate nel mood di quella serata a tema.
Ballavano e ridevano a guardarsi a vicenda, sentendosi per niente ridicole e con l’unico obiettivo di godersi appieno la serata. Non c’era da contenersi, solo da lasciarsi andare alla musica. Via tutta la stanchezza, le ansie, le preoccupazioni, i brutti pensieri, le pressioni e le figuracce di un’intera settimana, Lizzie alzò le braccia, chiuse gli occhi e dimenticò tutto. Niente più discorsi assurdi di prima mattina, niente più preoccupazioni per le sue pazienti e in particolare per Tess, niente più tentati omicidi con tazze di caffè bollente, niente più Mr Tricheco a farla sentire un’inetta principiante.
Più si liberava di tutta quella negatività, più si sentiva più leggera e bella e il dj sembrava che fosse in sintonia coi suoi pensieri, perché fece partire
Pretty Woman

Lizzie aprì gli occhi come se si fosse appena svegliata da un sogno lungo e bello. Si ritrovò Jane e Charlotte di fronte che si stavano divertendo 
quanto lei e sentì le labbra stendersi in un ampio sorriso.
Trascinata dalla musica, cominciò a battere il piede a terra a ritmo col tom della batteria e ad ammiccare in direzione di Charlotte, che le si avvicinò con un’espressione che voleva essere ammiccante a sua volta ma che, per le risate che le venivano, proprio non riusciva a mantenere. Invece Lizzie, con un piglio appena più serio, cominciò a ballarle intorno insieme a Jane. Gli si fece un po’ di vuoto attorno e qualcuno si mise a guardarle, divertito e accattivato da ciò che facevano.

Pretty woman don't walk on by
Pretty woman don't make me cry
Pretty woman don't walk away, hey, OK


Si cantarono e mimarono a vicenda quel che restava della canzone. Charlotte non avrebbe saputo dire chi, tra Lizzie e Jane, riuscì a fare l’espressione più addolorata cantando

If that's the way it must be, OK
I guess I'll go on home, it's late
There'll be tomorrow night,


ma l’espressione di Lizzie sul
but wait
What do I see?
Is she walkin' back to me?
vinse decisamente su quella di Jane.

Yeah, she's walkin' back to me


Charlotte prese per mano le due amiche e le tirò a sé

Oh, oh, pretty woman.

E finirono la canzone in un abbraccio affettuoso che nessuna sciolse per prima.
Il dj mixò il finale della canzone con l’inizio di
Misirlou che, essendo stata la colonna sonora di Pulp Fiction 
ed essendo stata ripresa pochi anni prima dai Black Eyed Peas, era molto nota e mandò in visibilio i ragazzi in pista. 
Qualcuno le urtò, costringendole a separarsi.
Avvicinandosi di nuovo alle amiche e, nonostante tutto, urlando per farsi sentire, Charlotte propose:
“Andiamo a cercare la mia collega? Dovrebbe essere con amici e, a quest’ora, sarà già arrivata!”
Jane fece solo di sì con la testa, col volume che c’era aveva capito solo la parola collega e tanto le bastava. Si presero per mano per non perdersi e si incamminarono nella calca che si agitava frenetica.
Dopo poco Lizzie vide una mano afferrare Charlotte per una spalla e l’amica girarsi di scatto e sorridere: a quanto pare erano state fortunate ed avevano trovato in fretta chi stavano cercando. Vide Charlotte salutare affettuosamente una ragazza bionda, piccolina e con un viso simpatico, e poi additarle. La biondina si aprì in un bel sorriso e si sporse a salutarle con un bacio per ciascuna sulla guancia, come se le conoscesse da tempo, e le due Bennett ricambiarono con pari calore.
Charlotte e la collega si scambiarono un paio di battute urlandosi nelle orecchie, dopodiché fecero segno di andare a bere qualcosa. Lizzie si rese conto di essere assetata e fece segno di sì con la testa e anche Jane si accodò velocemente, si erano scatenate da subito e la temperatura nel locale era davvero alta.
Si avviarono verso il bar camminando al ritmo di
Hit the road, Jack!
e quando riuscirono ad arrivare al bancone la biondina si girò e, complice il volume più basso, disse:
“Scusate ragazze, Charlotte mi ha anche detto i vostri nomi ma, con tutto quel casino, non li ho capiti. Ad ogni modo, io sono Harriet!” ed accompagnò l’ammissione con una bella risata spontanea. Lizzie l’apprezzò per la schiettezza e si sentì ancora meglio predisposta nei suoi confronti.
“Io sono Jane, è un piacere conoscerti!” disse cordiale la sorella.
“Io sono Lizzie e, tranquilla, nemmeno io avevo capito il tuo nome!”
Harriet sembrò sollevata e divertita e richiamò l’attenzione di uno dei ragazzi dietro al bancone, che si avvicinò loro per sentire cosa volevano.
“Una birra!” dissero in coro Charlotte e Jane.
“Tre, belle fredde!” si accodò Lizzie.
“Facciamo quattro e ci passa la paura!” concluse Harriet, e il ragazzo sparì sotto il bancone per prendere le bottiglie. Riemerse qualche secondo dopo, le posò sul piano del bar e gliele aprì rapido, con la manualità di chi lo fa da tempo, e poi scoccò un sorriso malandrino a Jane, la quale arrossì e si nascose dietro una mano per l’imbarazzo, ottenendo di incantarlo solo di più.
Le ragazze pagarono e fecero tintinnare i vetri in un tacito brindisi di sguardi alla loro serata, poi sorseggiarono con avidità il liquido fresco. Dopo, fu un’altra storia.
“Allora Harriet, con chi sei venuta alla fine?” chiese Charlotte.
“Mi sono aggregata ad alcuni amici che erano sicuri di venire, e che a loro volta hanno portato altri amici. Sono quasi tutti lì in mezzo alla mischia, credo”.
“Lavorate nello stesso ufficio?” chiese Jane.
“Sì, ci siamo conosciute lì. Io sono la segretaria del responsabile amministrativo e ho fatto da tutor a Charlotte quando è stata assunta nel nostro reparto”.
“Mi è stata di grande aiuto” disse Charlotte buttando un braccio intorno alle spalle della collega, “mi avrebbero già sbattuta fuori se non mi avesse insegnato alcuni trucchi del mestiere!”. La gratitudine di Charlotte fece arrossire Harriet.
“Non si parla di lavoro stasera, siamo qua solo per divertirci!” disse Lizzie e Harriet alzò la bottiglia nella sua direzione.
“Ben detto!”
“Torniamo dai tuoi amici?” propose Charlotte. “Possiamo benissimo stare tutti insieme!”
“Certo! Sono lì, ne vedo alcuni!” disse Harriet indicando un punto indistinto della pista. Le ragazze afferrarono bene le bottiglie e scesero di nuovo tra la folla, seguendo Harriet che le guidava in fila indiana, con Lizzie a chiudere il gruppo.
Quando finalmente li raggiunsero, Lizzie notò che si erano avvicinate al fondo del locale. Erano nella zona dei divanetti, evidentemente anche gli altri dovevano essersi diretti lì per fermarsi un po’.
I ragazzi erano per lo più di spalle, alcuni seduti e altri in piedi, e chiacchieravano, meno disturbati dalla musica. Harriet si allontanò da Charlotte e richiamò l’attenzione di un ragazzo che si girò e vide le ragazze dietro l’amica. Allungò una mano amichevole e si presentò come Jeremy. Charlotte, Jane e Lizzie gli tesero a loro volta la mano e si presentarono. Sentendo più voci, altri due ragazzi che stavano abbracciati si voltarono, aprendo il cerchio in cui si erano chiusi, e si presentarono come Candice e Julian, e anche a loro Charlotte, Jane e Lizzie strinsero la mano.
Fu nel momento in cui posò lo sguardo oltre la spalla di Candice che il sorriso sul volto di Lizzie si contorse in una piccola smorfia.
Cos’era, uno scherzo? Non era possibile!
Anche dall’altro lato del tavolino uno sguardo cambiò in modo repentino.
“Dottoressa Bennett…”
“Mr Darcy…”






E rieccoci! Ok, stavolta forse sono stata un po' cattivella a lasciarvi così ma credetemi, andava fatto uno stacco! (anche per le mie dita XD)
Beh, che ne dite? Non uccidetemi!
Mi scuso se il layout fa schifo, ho dovuto mandare un sacco di volte accapo per evitare di far venire le frasi talmente lunghe da uscire dallo schermo. Credo che dipenda dai link che ho inserito, scusate, è la prima volta che lo faccio, spero di migliorare!

A presto (si fa per dire XD), baci a tutte!
  
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