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Autore: ShinigamiGirl    12/03/2013    11 recensioni
Mia prima ff di Death Note, in cui narrerò del periodo alla Wammy's House e delle vite di Matt, Mello e Near prima e durante il caso Kira, sotto il punto di vista di una ragazza che vive con loro, senza alcune modifiche alla trama originale. Spero di non essere troppo banale, e che vi piaccia!
Buona lettura....^^
DAL CAPITOLO 2:
"Mi facevo chiamare Debby, un diminutivo di Deborah, ma il mio vero nome era Michelle Dreamer.
Per quel che ne sapevo, in quel momento i migliori dell’istituto erano Mello e Near."
DAL CAPITOLO 6:
"-Ehi, quello è cioccolato?- mi chiese Mello, indicando il mio cupcake.
Lo spezzai a metà, dandogliene un pezzo.
Cupcake al cioccolato, una combinazione che sarebbe andata avanti per le indagini."
DAL CAPITOLO 24:
"-Allora...?- incalzai.
-Siamo tutti nella merda- fece Mello, senza togliere lo sguardo dalla tv.
-A quanto pare non tutti possono essere uccisi da Kira, però- disse Matt, quasi riflettendo fra sé.
-Probabilmente manderanno i rinforzi a L ora- commentò il biondino.
-Intendi l’FBI?- chiesi io.
-Sì, Capitan Ovvio- rispose lui, con tono di scherno."
DAL CAPITOLO 34 (EPILOGO):
"Questa è la vera storia, la storia della Wammy’s House".
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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 Settembre 2002.
Erano passati esattamente sette mesi dal mio arrivo alla Wammy’s House, e avevo compiuto i dodici anni sei mesi prima, in aprile.
Mi ero ambientata abbastanza bene, ero risultata simpatica fin dall’inizio, per mia fortuna.
L, non l’avevo più visto, anche se era un fatto prevedibile.
Ero cresciuta, intanto, soprattutto il mio esser donna era venuto fuori, con un tempismo assurdo, ma c’erano altre due ragazze che mi hanno aiutata nel superare lo shock della crescita del mio corpo. Eravamo le uniche femmine, una di loro si chiamava, o meglio, era soprannominata Vera, mentre l’altra Rose.
Avevamo tutti un nome falso, io compresa.
Mi facevo chiamare Debby, un diminutivo di Deborah, ma il mio vero nome era Michelle Dreamer.
Per quel che ne sapevo, in quel momento i migliori dell’istituto erano Mello e Near.
Forse più Near: Mello era molto impulsivo e ciò lo portava ad esporsi troppo e essere parecchio emotivo.
L’albino Near, dal canto suo, era decisamente calmo e riflessivo, e falliva meno spesso. Le poche volte che succedeva, era per il semplice fatto che le informazioni che riesce a ottenere coi suoi metodi, nei test, non sono sicure al cento per cento, dato che non si mette mai troppo in gioco.
Avevo spesso e volentieri pensato che insieme avrebbero potuto tranquillamente raggiungere il livello di L.
Sì, perché era questo l’obiettivo di noi tutti ragazzi della Wammy’s House: essere un degno successore di L.
A proposito di questo, tutti eravamo a conoscenza della storia avvenuta qualche mese prima, riguardante BB, ed eravamo consapevoli che era a causa di questo scopo, che tutti vogliamo raggiungere, che lui era impazzito.
Era triste sapere che una motivazione così nobile fosse riuscita a creare un serial killer, perciò non se ne parlava molto, era imbarazzante per tutti.
Io però, dopo essere riuscita a consultare negli archivi della tenuta tutti i documenti riguardanti quel caso, avevo dovuto ammettere a me stessa che BB era stato geniale.
Era un peccato che avesse incanalato gli stimoli intellettivi in un’opera così orrida…
-Debby! Ci sei?
Vera mi riportò al presente.
Mi riscossi: -Certo, scusami…
Ripresi a giocherellare con il nuovo rompicapo che avevo ricevuto due giorni prima. Watari, colui che accompagnava sempre L, ogni tanto passava per la tenuta e lasciava giochini e rompicapi che noi potevamo usare per svagarci.
-A che pensavi?- chiese Vera, curiosa -Eri così assorta…
-Alle mie solite ossessioni- risposi, quasi in un sussurro, mentre tentavo di staccare i due pezzi di ferro intricati del giocattolino.
Lei sospirò: -BB?
Annuii. Lei era l’unica a sapere della mia avventura negli archivi. L’avrei detto anche a Rose, ma aveva lasciato la Wammy’s House per andare all’università, appena compiuti i diciotto anni. Vera, invece, doveva aspettare ancora quattro anni per poter andarsene.
Eravamo sedute sui gradini del cortile sul retro, e tutti, ragazzi e bambini, stavano trascorrendo il tempo giocando, parlando o leggendo.
Non riuscivo a risolvere il rompicapo, continuavo a distrarmi.
Quel giorno proprio non c’ero con la testa.
Mi alzai di malavoglia, annunciando: -Vado a farmi risolvere questo coso.
Vera acconsentì, alzandosi per rientrare a studiare.
Io, invece, mi diressi verso la parte del cortile che aveva più vegetazione. Mi feci strada tra i cespugli, sapendo dove poterlo trovare.
E, infatti, era lì, seduto a leggere, mentre sgranocchiava una barretta di cioccolato, all’ombra delle foglie.
-Mello, che fai?
Non si degnò di rispondermi. Sapevo che mi considerava una mocciosa, nonostante avessi solo un anno in meno rispetto a lui, ma non mi facevo certo intimorire dal suo carattere ostile e determinato.
Anche io potevo essere ostinata, e non aspiravo semplicemente a farmi aiutare da lui a risolvere un oggetto insulso.
No.
Io puntavo ben più in alto.
Ciò che volevo esser capace di fare non era risolvere rompicapi che alla mia età non avrei potuto neanche comprendere. Io volevo riuscire a capire i ragionamenti delle persone, far di loro una scheda psicologica e utilizzarla a mio vantaggio, applicando i loro metodi di ragionamento quando mi serviva e utilizzare le loro lacune psicologiche contro di essi.
Era un’aspirazione ambiziosa, ma mi fidavo di me stessa, e sapevo che sarei riuscita a rimediare ai miei errori, se ne avessi compiuti.
Sospirai, lasciandomi cadere di fianco a lui, seduta a gambe incrociate.
-Che vuoi?- chiese con tono annoiato.
Gli porsi il rompicapo.
-Me lo risolvi tu?
Mello sbuffò, posando la cioccolata e afferrando il giocattolino.
Lo guardai con attenzione. Le sue pupille color del cielo scattavano da un lato all’altro, analizzando le estremità delle componenti di ferro incastrate.
Se lo rigirò fra le mani, e infine, con un paio di mosse, districò il rompicapo.
-Soddisfatta?- disse, restituendomi le due parti.
Sorrisi, fingendo stupore e gioia.
In realtà ero abbattuta. Come potevo avere un quadro chiaro delle sue linee di ragionamento con un insulso rompicapo?
-Cosa leggi?- domandai, guardando il volume che aveva davanti.
-Psicologia dei killer- rispose, neutro.
Eh già, non potevo in questo modo. Dovevo vederlo in azione, in un caso vero e proprio.
Sentimmo suonare una campana.
Era ora della merenda, e non vedevo l’ora di mangiare un cupcake, perciò mi alzai.
-Tu non vieni?- dissi rivolta a Mello.
Lui mi guardò, da seduto.
-Quando avrò finito la tavoletta- disse, riprendendo in mano la barretta di cioccolato.



Spazio Autrice

Ecco un altro capitolo...
Vi prego, fatemi sapere come l'avete trovato, sono in ansia T-T
Spero di non essere troppo banale, a presto!!!

ShinigamiGirl

   
 
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