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Autore: Shinsey    12/03/2013    1 recensioni
Dico solo una cosa: anche Malfoy è un essere umano, e a volte può essere più simile ad Harry di quanto non si pensi. Sta a noi cogliere questa simiglianza.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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*Noia, noia e ancora noia. 
Quello era il massimo del divertimento in Casa Malfoy. 
I miei genitori erano diventati quasi ombre, e spesso e volentieri non si attardavano a salutare o anche solo a rimanere alla Villa qualche minuto di più, solo per vedere come stessi.
Quel giorno non avevo nemmeno voglia di uscire dalla mia stanza.
Sapevo già di essere solo; non volevo che la loro non presenza enfatizzasse il fatto che fossi figlio unico e la tristezza che già aleggiava cupa da giorni.
Non mi ero nemmeno preoccupato, sciupato com'ero, di aprire le finestre e prendere una buona e sana boccata d'aria, perchè ero certo che, qualora l'avessi fatto, mi sarei preso un malanno per via della scarsa abitudine a cui mi ero sottoposto per buona parte dell'estate.
Mi ero chiuso da tutto e tutti, non volevo intromissioni nella mia vita, specie se a bussare alla porta della mia camera era Codaliscia, con le mani tutte sporche e le unghie marce.
Ormai non badavo nemmeno più allo scorrere del tempo, già parecchio lento da parte sua, non aveva bisogno di attenzioni e riguardi dalla mia.
Volevo vivere un'esistenza scialba e inutile?
Ci stavo provando, se non altro per cercare di attirare l'attenzione dei miei. 
Avessi almeno una volta raggiunto il mio obiettivo!
Non appena sentivo dei lievi rumori, mi appostavo accanto alla porta, sbirciando oltre il buco della serratura.
Di mio padre e mia madre si poteva sentire solo un sussurro, e in quel breve flusso di parole, non vi era mai una volta che nominassero il loro figlio prediletto.
Delusione, empatia e nostalgia mi avevano portato così a chiudermi in un luogo circoscritto. Potevo usare quel tempo per riflettere, sì, ma su cosa? 
Avevo già abbastanza pensieri sparsi per la mia testa, e non mi serviva di certo un monologo per crearvi un ordine, bensì un dialogo.
Ma chi era disposto a conversare con me?
C'era il servo, ma no, lui non era degno.
Era un traditore, sia di onore che di aspetto. 
Mischiarmi con lui era fuori discussione.
Assolutamente!
Dopo tutto,perchè mai avrebbe potuto e dovuto capirmi se era un famigerato buono a nulla?

Ero così immerso nei pensieri, o forse ci stavo annegando, che quasi non sentii uno strano rumore, come se qualcosa si fosse scontrato contro la finestra.
Dapprima sbuffai, credendo di essermelo immaginato, poi invece, percepii uno sbattito d'ali continuo e persistente.
Dopo attimi di esitazione, il tempo che ci mise il mio cervello a collegare le informazioni e quello che stava succedendo, decisi di alzarmi, in fretta e furia, dal mio giaciglio.
L'impeto con cui esercitai tutta la potenza delle mie forze, produsse in me uno stato confusionario e un forte mal di testa, dovuto alla pressione, troppa, del sangue che in un battibaleno era giunto pompato fino all'anticamera del cervello, non più molto sfruttata, nell'ultimo periodo.
Con non pochi capogiri, arrivai incespicando verso la finestra, ancora coerentemente chiusa da giorni.
La aprii, un po' faticosamente, e il risultato con cui questa mi riportò alla realtà, fu decisamente molto più doloroso di un semplice mal di testa.
La luce del sole mi arrecò un assurdo prurito ai bulbi oculari, che occupò per una buona manciata di minuti, sbattiti di palpebre.
Strofinandomi gli occhi, che ormai erano intenti a lacrimare, intravidi il motivo di tutto quel trambusto che mi aveva fatto riconquistare la consapevolezza del mondo esterno.
Era un gufo, abbastanza grosso e robusto, con delle piume favolose: lo riconobbi; senza alcun dubbio doveva trattarsi del messaggero della mia amica Pansy.
Come volevasi dimostrare, il mio istinto non errò di una virgola, sebbene in quei lunghi giorni non avesse fatto altro.
Legato ad una zampetta, come un piccione viaggiatore, vi era un rotolo stretto di pergamena leggermente ingiallita, proprio quella che piaceva alla ragazza Serpeverde che conoscevo da ben più di tre anni.
Srotolai il tutto dopo averlo con cura slegato, appoggiai il nastrino sul mio letto, deciso a tenermelo come piccolo souvenir.
La sua calligrafia, immutata nel corso degli anni, mi era non poco familiare, in quanto molto spesso mi ero seduto vicino a lei e, in qualità di compagno di banco, mi ero trovato a cercare di decifrare la sua scrittura molto originale.
Lessi il messaggio più e più volte, finchè quasi mi rimase impresso nella mente, tanto da ricordarmelo a memoria.
Decisi che dovevo risponderle il più velocemente possibile, ma nel frattempo dovevo godermi quei momenti così lontani dall'ordine del giorno a cui mi ero sottoposto.
Intinsi la mia penna nel calamaio e, non sapendo in realtà cosa scriverle, feci colare l'inchiostro che bagnò, a causa della mia disattenzione, la carta linda che avevo sottratto dal cassetto di mia madre tempo prima e che ora tenevo al segreto sotto il mio materasso.

"Cara Pansy" Cominciai e, decidendo di minimizzare i convenevoli, non per maleducazione, bensì per paura che poi avrebbe rivolto gli stessi a me, sintetizzai le domande riguardo salute e tutto il resto, quasi ripetendo le sue stesse parole.

"Cara Pansy,
Ho ricevuto la tua lettera, perdonami, questo potrebbe sembrarti più un telegramma che una corrispondenza, ma ho troppe cose da dirti che non so da dove cominciare.
Per me è un periodo un po' così, con bassi, più che alti, e se a qualcuno dovesse venire in mente di rifilarmi un elettroencefalogramma, sappi che il test risulterebbe quasi totalmente piatto.
Sai che la scrittura non è il mio forte, quando non sono ispirato, quindi, ti avviso: risponderò brevemente e concisamente al tuo messaggio.
Innanzitutto penso sia inutile chiederti come stai, visto che la risposta è del tutto deducibile da ciò che mi hai raccontato.
Mi ha fatto non sai quanto piacere ricevere tue notizie e anche solo il pensiero che tu mi abbia concesso del tempo, mi fa sorridere.
Ovviamente sarà per il mio fascino indimenticabile, non vedo altre ragioni che ti possano aver spinto a farlo, a parte il legame che ci unisce.
Ok, mi accorgo di parlare come mio padre con certi suoi colleghi di lavoro, ma sono talmente confuso che scrivo le frasi così come mi vengono, punto.
Anche io ho voglia di rivederti ma, ahimè, questo non credo sia possibile prima di settembre e l'inizio della scuola, se non a Diagon Alley.
Non credo di esserci alla finale, e non sai quanto mi dispiace, o almeno credo sia così."

Ad un certo punto sentii dei grossi e pesanti passi dirigersi in corridoio, verso la mia stanza.
La porta si spalancò di colpo, facendomi sussultare malgrado avessi seguito con attenzione la direzione di quegli ultimi.
"Draco!" Mio padre stava sul ciglio della porta, e sorrideva.
Non sapevo a cosa attribuire quell'inarcatura delle labbra, se a maliziosità o voglia di rivedermi.
L'ennesimo dubbio, pensai, fino a quando egli non ritrasse dalla tasca anteriore dei pezzi di carta.
Me li buttò malamente sul letto, in modo tale che io fossi in grado di leggere nei minimi dettagli.
Dalla posizione in cui mi trovavo, dopo averli studiati con attenzione, quasi non presi uno strappo ai muscoli: da seduto a gambe incrociate come ero solito stare, mi drizzai in piedi, euforico.
Incrociai lo sguardo di mio padre, che si era fatto più cupo, allora decisi di mantenere più contegno, quello degno dei Malfoy, e traslai la mia allegria liberatoria in un sorriso abbozzato.
Mentre Lucius se ne tornava da dove era arrivato, io esclamai un veloce "Grazie", per poi precipitarmi a cancellare le ultime righe della lettera che stavo scrivendo a Pansy.
L'argomento Finale era ancora valido e in gioco, e io ne ero orgoglioso e soddisfatto.

"Ci vediamo là" scrissi velocemente, soffocando con la coperta ogni debole risata di gioia originata dal mio cuore più che dalla bocca.
Non aggiunsi altro, convinto che le avrei fatto una sorpresa quando lei avrebbe scoperto di essere ancora una volta mia vicina di posto.
Allegai la lettera dopo aver apportato la mia firma, più uno schizzo, che lettere gonfie e tondeggianti.
E guardai, con una punta di desiderio, il gufo partire, così come era arrivato: messaggero di speranze, felicità e aspettative.*
 
  
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