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Autore: HG_project    12/03/2013    1 recensioni
Due mondi uniti. I personaggi di Axis Power Hetalia uniti al telefilm statunitense Glee.
Trame, coppie e amicizie. Ma non le solite, quelle dove uno si fida dell'altro solo per farsi prendere il caffè la mattina. Tutti i personaggi creeranno l'ambientazione di una stra, anzi, pazza e musicale amicizia, fatta di coreografie e...bhé, divertimento! H&G_project!
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 3°: This is war…Ma da dove arrivano quei cinque?


“Wow, da chi hai preso quella voce? Come fai ad essere così intonato? Dovresti entrare nel coro della scuola, hermano!”
“Ragazzo, facendo la prova di canto mi è sembrato uno dei più adatti membri per il nostro gruppo. Che ne dice, le va di partecipare?”
“Ehi chico! Ti stavamo ascoltando, ma che ti va di fare il cantante nella nostra band?”

Avevo rifiutato tutto. Naturalmente per prima cosa scartai il coro della scuola. Tolsi di mezzo anche tutte quelle piccole band, che, sapete, appena trovano uno più bravo, ti sostituiscono immediatamente, come un oggetto logorato dal tempo.
Chi sarebbe riuscito a capire cosa cercavo veramente? Forse me stesso, il mio ideale, forse la mia paura d’essere lasciato solo mi avevano spinto a non accettare.
Come si dice “se hai paura di un rifiuto, non dichiararti”. Insomma, se non vuoi soffrire, previeni la sofferenza nascondendoti.
Sorridevo, e rifiutavo l’offerta, o gentilmente, e qualche volta storcendo il naso per come parlassero alcune persone. Ovviamente, mi ritenevo gioviale con tutti, ma sentendo parlare alcuni coetanei, non potevo che…rabbrividire.
Così passai il tempo ad esercitarmi in camera mia, da solo, con quelle canzoni che non tolgono il fiato, ma riempiono il cuore. Le canzoni che, forse, per come posso esprimermi, fanno venire “la pelle d’oca”. Magari per il loro significato. L’importante capacità di cogliere anche il più nascosto dei significati in ogni singola parola. Quello mi piaceva in una canzone.

MA comunque. Torniamo a noi ed al mio momento di tensione e panico. Sì, perché ero terribilmente teso ed agitato per l’inusuale entrata in scena. Dicevano che sarebbe bastato solo un profondo respiro e, dopo aver cantato la canzone, te ne saresti potuto andare. “Ma allora è come in tutte le più normali selezioni per qualsivoglia coro o gruppo!”
No, cari miei. Mai mi era capitato di cantare direttamente su un palco, davanti a tutte quelle poltroncine. Pensare che un giorno una moltitudine di persone sarebbero venute ad ascoltarci, anche nostri coetanei, mi faceva letteralmente entrare in una tachicardia senza fine.
Mi girai appena, quando un ragazzo, da fuori la scena, mi porse un microfono. Dovevo anche amplificare la mia voce? Non che non volessi farmi sentire, ma addirittura fargli accorgere della mia palese tremarella!
Così iniziai a rigirarmi l’oggetto tra le mani, e di tanto in tanto lanciavo un’occhiata al ragazzo biondo, il quale sembrava scomparire gradualmente, sotto la mia vista. Oppure si scusava, andando in bagno e tornando tutto di fretta, così da incespicare tra le poltroncine e cadere disperatamente addosso al secondo componente della mia “giuria”. Alla fine, nonostante la paura e la goffaggine iniziale, mi chiesero finalmente di iniziare a cantare.

Per quella prova decisi, dopo molta, troppa indecisione, di portare un pezzo più o meno conosciuto del gruppo 30 seconds to Mars. “This is war”. Il mio dissidio fu creato SPECIALMENTE dal tipo di canzone a cui avrei prestato la voce per qualche minuto. Gettarsi sul tranquillo, sul dolce, oppure su un genere come, appunto, quello della mia canzone?
Pensavo che, scegliendo un genere, avrei deluso comunque qualcuno che desiderava l’altro, e viceversa.
Il fatto stava che, in quel momento, non mi sarei potuto tirare indietro, o ancora, cambiare canzone. Perché senza che neanche potessi accorgermene, le mie labbra si mossero, e comunicai quasi automaticamente il titolo della canzone che andavo a cantare.
Pronto o no, dovevo farcela comunque. Nonostante il nervosismo, quando mi volta un’istante verso le quinte, e vidi Francis e Gilbert osservarmi e darmi il loro appoggio con un cenno del capo -oltre alle risatine isteriche dell’albino- sulle mie labbra si aprì un sorriso, divertito e felice.
Chissà perché, ma sembrava che per qualche secondo io mi trovassi ancora nell’aula con tutti gli altri.
Tornai a guardare il palco, e la musica cominciò poco dopo la risposta ad una domanda posta dallo strano professore con il piccolo neo appena sotto le labbra.
“Sei pronto?”
Ed io annuii.
Un profondo respiro, il cuore che non accennava rallentare, ma sempre lo stesso sorriso precedente.

“A warning to the people 
The good and the evil 
This is war 
To the soldier, the civilian 
The martyr, the victim 
This is war”


Voglio far capire a me stesso che ognuno vive una guerra, e questa coinvolge tutti, purtroppo.

“It's the moment of truth and the moment to lie
The moment to live and the moment to die
 
The moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight
To the right, to the left 
We will fight to the death 
To the Edge of the Earth 
It's a brave new world from the last to the first”

Ma niente e nessuno deve rimanere impassibile, davanti a questa Guerra. È il momento di lottare, lo sappiamo, dobbiamo combattere fino alla fine, per stabilire la pace con noi stessi prima di tutto e con gli altri.

“To the right, to the left 
We will fight to the death 
To the Edge of the Earth 
It's a brave new world 
It's a brave new world 

A warning to the prophet, the liar, the honest 
This is war 
To the leader, the pariah, the victim, the messiah 
This is war
It's the moment of truth and the moment to lie 
The moment to live and the moment to die 
The moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight”

Più la canzone andava avanti, più sentivo la mente divagare per l’intero palco, sopra di me, sotto, a destra e a sinistra. Ma imperterrito continuai la mia prova, muovendomi appena, cercando di capire quali “smorfie facciali” fare . La mia voce passava vertiginosamente da un tono quasi sussurrato al gridare, inspirare velocemente e buttare fuori tutta la rabbia e la frustrazione, sorridendo.

E dire che mi stavo anche rilassando. E probabilmente divertendo. I due giudici stavano immobili, seduti sulle poltroncine. Il biondino aveva gli occhi sgranati, e le guance tutte rosse. Che si fosse impressionato troppo?
D’altronde anche io, cominciavo a chiedermi da dove veniva tutta quella voce. Dietro quel sorriso, nella mente, c’erano tutti i pensieri che andavano smaltiti. Forse il canto stava diventando la mia valvola di sfogo. Probabilmente questo era un bene. Sia per me, che per il “Glee club”.
Mi spaventai solamente nel momento in cui vidi un ricciolo sbucare da dietro una poltroncina, in fondo. Qualcuno…mi stava osservando!
Dovevo resistere, per il bene della prova. Ma da quel momento, ogni istante lanciavo uno sguardo al ricciolo, che si muoveva appena, a ritmo di musica.
Fu davvero difficile finire la mia canzone. Con quella presenza a me “sconosciuta” oltre al palco, finii per pensare di non riuscire a spiccicare parola. Ed invece, nella mia preoccupazione, la musica cessò dopo qualche minuto, le luci si accesero di nuovo, e il ragazzo biondo si esibii in un piccolo e goffo applauso, placato immediatamente dallo sguardo completamente apatico, anzi, perennemente severo dell’insegnate occhialuto, e dagli occhi viola.

Ringraziandoli, vidi sbucare dal proprio nascondiglio, l’intera persona nascosta dietro la poltroncina rossa. Sembrava…era…insomma, aveva tutta l’aria d’essere uno dei fratelli Italiani…Ma uno non era impegnato ad odiarmi, e l’altro non cercava per caso di farlo ragionare?
Che fosse un terzo? Impossibile, quei ciuffi ormai fin troppo riconoscibili appartenevano solo a quella coppia. E in quel caso, si poteva ben dire che il ciuffo fosse quello di Lovino. Il giovane, senza farsi vedere dai due insegnanti, sgattaiolò all’uscita della sala, il ricciolo che verso la fine sembrava aver preso la forma di un…cuore. Aveva un’aria piuttosto sognante. Scemo come ero, non ci feci così tanto caso, ed alzate le spalle, riuscii ad ottenere il permesso di andarmene, sia da quel palco, che da quella sala.
Il bello doveva ancora arrivare. Non appena mi feci avanti nell’iniziale aula d’attesa, un coro di suoni d’apprezzamento, guidati dai miei due nuovi amici, continuavano a complimentarsi sulla voce che mi ritrovavo.
Non mi dispiacque, in fondo, l’essere apprezzato dai miei nuovi compagni. Di solito mi allontanavo dagli altri, con la scusa di non voler stare là a complimentarmi di qualcosa che, in verità, non era di mio merito, ma sentire persone nuove che, insomma…continuavano a dirlo, dandomi NUMEROSE pacche sulle spalle, in qualche modo…mi faceva stare meglio. Come si dice, “in pace con il mondo”. Sorrisi a tutti, ma proprio a tutti.
Anche a quei cinque ragazzi spuntati dal nulla. Sicuramente durante la mia prova.
Li contai di nuovo. Uno…due, tre, quattro…e cinque. Cinque ragazzi biondissimi, perfino uno dagli strani capelli chiari, quasi quanto quelli di Gilbert, con accovacciata sul la spalla una gallinella di mare.
Non potevano essere del posto…o almeno, mi sembrò. Avevano un’aria…come si può dire, Nordica?
Chissà se provenissero dal Nord. Nord Europa, si intende.
Dopo essermi avvicinato ai miei due compagni, mormorai, perplesso:
-Da dove arrivano quei cinque?-
Mi fecero spallucce. Ma come? Loro che sapevano degli esaltati di magia, quelli che riuscivano a capire il carattere di una persona con un “solo” sguardo…(ricordiamo la brillante domanda di Gilbert riguardo a Vargas) non mi sapevano fornire informazioni così facili?
Bhè, poco male, avrei chiesto direttamente a loro.
Antonio, armati di buona volontà, e con il tuo sorriso va da loro, e…parla!

Fermo, fermo. Chi…chi è quel tizio occhialuto dall’aria pesantemente inquietante? E perché parla con il ragazzino attaccato a lui, riferendovisi con l’appellativo di “moglie”?
Okay, il piano DEVE saltare, dev-
-Salve ragazzi..! Io…sono Antonio, vengo da Madrid…per caso voi siete del Nord E-Europa..?-
Dannato tizio occhialuto. Sorrisi, sorrisi a trentadue denti, cercando d’ottenere una risposta. E poco dopo, vedendo saltare in piedi uno dei più alti, molto simile all’albino di carattere (forse anche più ego-centrico, ma questo è un dettaglio), mi preparai al discorso. Quasi mi urlò nell’orecchio, lasciando pietrificare la mia mandibola ad un sorriso tirato come una corda.
-OVVIAMENTE! Noi cinque ci siamo incontrati ad un campo scuola ad Oslo, in Norvegia. Là, conoscendoci, abbiamo deciso di venire qui..! Sembra strano, ma noi non sapevamo molto su questa scuola. SONO STATO IO (sottolineiamo l’”IO”) a chiedergli se volessero cantare. E come vedi, SIAMO TANTO ENTUSIASTI! Facciamo un pezzo insieme, sarà FANTASTICO!-
Mi sporsi un attimo. Due di loro cercavano d ignorarsi, anche se l’altro continuava a chiamarlo “fratellino”, incitando a ripetere “fratellone”. Mentre il tizio inquietante sembrava aver ceduto ad un piccolo desiderio della “moglie”, e gli aveva posto un piccolo bacio sulle labbra.
Insomma. Incomincia a capire come il mondo andava a girare, tra tutte queste persone diverse. Iniziai a ridacchiare insieme a lui, e dopo un saluto generale, aprii la porta dell’aula ed uscii fuori, iniziando a percorrere i corridoi infiniti.
Quasi mi parve di vedere due coppiette…
E chissà perché le individuai facilmente…
Due biondini, uno dagli occhi azzurri, e l’altro dagli occhi verdi “sì, occhi verdi…sopraccigl-emh”, di cui si sentiva solo il respiro appena ansante, mentre si…baciavano?
Ed infine, il piccolo fratellino stretto tra le braccia del Tedesco, in un forte abbraccio.
Chissà quante altre “avventure” avrei passato…e dire che quello era il mio primo giorno di scuola.

Un momento. Perché Lovino-slash-Romano si sta avvicinando a me? Perché è arrossito al mio saluto in Spagnolo? Voglio saperlo, su!



//Okay. No. *muore sulla tastiera* Gomen. Gomen. Gomen. Gomen.
Ho avuto il blocco dello pseudo-scrittore. Dovevo finire un altro racconto per un concorso stupidissimo della mia scuola superiore. La mia mente è andata “OFF” per settimane, lasciandomi nell’ignorIanza.
Ma adesso ho finito. Aggiornerò presto. Insomma. Se riesco a non morire una seconda volta.
Oggi ho scritto tutto di fretta, e sarà pieno di errori. “Errata corrige”. Servite a questo, no?
Scherzo carrube mie, vi voglio tanto bene, e se mi potreste dire la vagonata di errori, sarò ben felice di migliorare. Per voi, eh.
Facciamo la conoscenza del quintetto d’archi (?). Avrei voluto mettere i loro nomi, ma, il problema, come sapete è…che alcuni di loro manco ce l’hanno il nome. Fare dei nomi OOC…mhhh-
Mi dispiace, ma dell’Inglese ancora qualche cenno. GOMEEEEEEEEEEEEEEEEEEN ç^ç
Nel prossimo capitolo ci sarà anche lui. Ed aspettatevi altre FANNEFICIONN su Hetaliaxognicosa.
(Anticipazione piccola piccola…A beautiful mind). CIaòòò!
  
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