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Autore: Rivoltella J    29/09/2007    24 recensioni
“L’hai ucciso”.
Urlava e singhiozzava, tremava e piangeva, lacrime gelide, dolorose, aveva gli occhi gonfi, rossi dal troppo pianto [...]
[...]
“Si, l’ho ucciso, incredibile no? L’ho fatto e ne vado fiero. Vederlo agonizzante davanti a me, strisciava e gemeva, non riusciva più a respirare trafitto dalla lama di quel così prezioso pugnale."

Non fermatevi all'apparenza, perchè non è quello che sembra! ^^ E preparatevi perchè il finale vi sembrerà incredibile... se vi ho incuriosito, leggetela e capirete cosa voglio dire!
Buona lettura!
Genere: Commedia, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ehm, spero non vi faccia così schifo, vi prego, è la prima one-shot di questo tipo che scrivo, mi ci sono impegnata, un esperimento insomma… se riuscite ad arrivare infondo senza morire a metà me lo commentate? Per favore! Trovo sempre tante letture e pochissimi commenti… Le critiche sono sempre bene accette, e i complimenti forse ancor di piùSpero possiate gradire, un bacio a tutti!  Rivoltella J       




“L’hai ucciso”.
Urlava e singhiozzava, tremava e piangeva, lacrime gelide, dolorose, aveva gli occhi gonfi, rossi dal troppo pianto, palpebre stanche di osservare impotenti un mondo così sbagliato, un mondo così cupo, tetro, schiavo dei potenti e manipolato da chi coglie l’occasione e si fa carnefice del tempo.
Immobile, osservava il ragazzo che si trovava davanti a lei, e non si capacitava ancora di quella notizia appresa in un solo secondo, tre parole che le avrebbero cambiato l’avvenire per sempre.
In un solo attimo le era crollato tutto addosso, non riusciva a realizzare, non riusciva a respirare, sentiva lottare il suo petto, incapace di emettere respiri che la facessero tranquillizzare.
Stava per svenire ma doveva lottare, avrebbe dato anche l’ultimo bagliore di vita che le rimaneva per capire il motivo assurdo e dilaniante di quel meschino gesto.
“Si, l’ho ucciso, incredibile no? L’ho fatto e ne vado fiero. Vederlo agonizzante davanti a me, strisciava e gemeva, non riusciva più a respirare trafitto dalla lama di quel così prezioso pugnale. E’ stato stupefacente, esilarante, idilliaco oserei dire, vederlo traballare nella notte, i suoi occhi vuoti erano musica per la mia anima, quella così assurda danza tra dolori lancinanti e rimpianti per ciò che non aveva ancora fatto era affascinante, memorabile.
Non mi ero mai sentito così potente, così avido di celebrità, assetato di vendetta, ho trascorso anni a chiedermi perché fosse piombato nella mia vita senza permesso, si era fatto posto nei miei pensieri, ormai era un’ossessione continua, perenne, si era impregnato in me, non mi lasciava scampo.
Ma adesso basta, le braccia della morte lo stanno stringendo nell’ultimo abbraccio che scorgerà nella sua vita, il destino ha cantato silenziosi lamenti che io ho saputo alimentare, e adesso per lui resta solo il ricordo, e anch’esso col tempo svanirà”. Tremende quelle parole sputate fuori senza diritto.
“Perché l’hai fatto? Era un semplice ragazzo, avevate legato nell’ultimo periodo, mi amavi e lo accettavi per farmi felice, non vi bruciavate con lo sguardo nei corridoi, riuscivate a convivere sotto il peso delle vostre anime troppo fiere e cariche di pregiudizi verso l’altro, avevate trovato un compromesso… o così credevo almeno. Perché l’hai fatto?”, piangeva sempre più.
Avrebbe voluto reagire diversamente, in effetti, non si sarebbe mai immaginata una situazione simile, non credeva possibile tutto quello che aveva appena udito, rimaneva ferma, a fissare quei due occhi così vitrei e penetranti, due occhi maligni, infuocati probabilmente da una nuova vittoria, gli avrebbe strappato il cuore con le sue stesse mani, cuore di cui era padrona…
Lui, proprio lui, aveva eliminato il suo acerrimo rivale e adesso poteva sentirsi superiore a qualsiasi uomo, superiore e spavaldo verso tutto e tutti, incosciente, malvagio, fuori controllo.
Era riuscito ad uccidere chi nessuno aveva mai scalfito.
Harry Potter era morto e lui era il suo carnefice, il ragazzo che lei amava da infiniti giorni, ormai, si era macchiato di un così atroce delitto, la persona che le aveva reso la vita più bella, che le aveva donato la gioia di vivere di nuovo. Come aveva potuto fare questo, non se ne capacitava, stentava a crederci, voleva capire ma era impossibile.
“Voglio vederlo, almeno per l’ultima volta”. Sapeva che le avrebbe fatto male, era ben consapevole che l’avrebbe dilaniata ma non poteva fare altro.
L’ultimo saluto prima che tutto svanisse, ma il ricordo sarebbe rimasto per sempre, indelebile nell’eternità, cullato da lacrime infinite e tormentato da lamenti repressi.
“Ti accontento, è proprio dietro questa porta, seguimi”, l’assassino considerava con orgoglio la sua impresa, non credeva ancora di esserci riuscito, era il trofeo più ambito quello che si era appena guadagnato, quel premio vinto quando nessuno se lo aspettava, finalmente non avrebbe più rivisto il suo viso, neanche negli occhi pieni di lacrime della sua amata.
“Prima di farti entrare però devo avvertirti, stai attenta. Non sfidare la mia collera, adesso lui è morto, l’ho fatto anche per te se devo essere sincero. Io e te, per sempre insieme, nulla ormai ci dividerà. Quel Potter mi avrebbe sicuramente messo i bastoni tra le ruote, faceva l’accomodante ultimamente, era l’amico che aveva dimenticato le nostre “piccole faide” per mantenere viva la vostra amicizia e lasciarci vivere il nostro amore, liberi. Che persona deliziosa, quel bastardo, l’amicizia così bramata e desiderata l’ha portato fino alla morte”. Si divertiva a sputare fuori questa tremenda tragedia di cui era l’aguzzino, rideva sonoramente, pazzo d’ira e colmo d’orgoglio, ce l’aveva fatta e adesso tutto dipendeva da lui.
Lei, più pallida che mai, gli occhi che bruciavano, i muscoli del corpo troppo irrigiditi, le mani fredde, tremava visibilmente ma doveva provare a dominarsi, doveva cercare assolutamente di controllare se stessa. L’avrebbe ucciso, infilzandogli la bacchetta nel cuore, guardandolo morire, probabilmente urlando. Non ce la faceva.
Era pietrificata, atterrita, svuotata da tutte le sue certezze, le sue convinzioni. Passarono interminabili attimi in cui il silenzio imperversava, momenti terribili che la facevano sempre più cadere nel suo dolore.
Ma doveva reagire, o almeno doveva provarci, lo doveva a se stessa ma soprattutto, lo doveva Harry… Parlò, singhiozzando.
“Sei pazzo, Draco, accecato dall’invidia e succube di una vita dove sei stato l’eterno secondo. Tuo padre ti teneva sotto la sua ala protettrice, sotto la campana di vetro che attutiva i successi degli altri per non farti soffrire troppo. Hai imparato a prenderti quello che volevi, giocando sporco, soffiando via gli ostacoli come castelli di carta distrutti dal vento.
Non è pazzia, è molto peggio, è il frutto di una vita passata a credere in te stesso come l’unico re ma sei inutile, le persone come te non lottano per quello che desiderano, le ottengono a discapito degli altri.
Basta ora, di te mi occuperò più tardi, non voglio avere più niente a che fare con uno stronzo come te. Adesso voglio solo vederlo. Apri questa maledetta porta, aprila”, strillava e l’eco del suo lamento si diffondeva lento e marcato in quella tetra notte, tra candele ormai spente e pareti fredde, che avevano visto e sentito  troppo per quella notte.
Entrarono e il cuore di Hermione perse un battito.
Là, davanti al caminetto, illuminato da un tenue bagliore chiaro, giaceva il corpo inerme di Harry, era sdraiato, con il viso rivolto ai due visitatori di quel museo delle reliquie, occhi chiusi, labbra serrate che il silenzio eterno avrebbe ammutolito per sempre.
Si, reliquie.
I corpi senza vita, rigidi, inermi, erano due, i suoi due migliori amici, Harry e Ron, uno di fianco all’altro, uniti fino alla morte per lo scherzo beffardo di un bambino capriccioso che aveva vinto nuovamente.
“Ah, dimenticavo Mione. Ho ucciso anche il rossetto, come si chiama, Weasley”, sogghignava audace, dominante, il re aveva parlato e la poveretta era calpestata da innumerevoli rimpianti, schiacciata sotto quintali di rimorsi, dilaniata da ferite vivide, eterne.
A breve avrebbe seguito gli amici nel vorticoso destino del macabro. Era uscito di senno quel ragazzo, l’avrebbe uccisa a breve, bramava una strage da firmare col suo nome, si avvicina furtivo, feroce, avido di sangue.
Fermandosi a mezzo centimetro dal suo viso, parlò: “Certo, devo pur ammettere che cominciava anche a piacermi quel Ron, così buffo, eccentrico, innamorato pazzo di te da anni, carogna e codardo, non ha mai avuto il coraggio di alzare un dito e venire da te a dichiararsi. Pezzente, dalla famiglia si capisce tutto comunque…”. Ecco sferrato il colpo finale.
Quel biondo demonio la stava dilaniando, distruggendola sotto parole che erano peggiori delle pugnalate, peggiori di quelle che aveva inferto ai suoi due amici.
“Sei un mostro Draco, un mostro senza volto. Quello che credevo il tuo viso, i tuoi occhi in tutti questi mesi si sono rivelati spettri di un passato confuso, menzognero.
Hai ucciso due delle persone più importanti della mia vita, sono là, distesi a terra, sporcati del loro stesso sangue, feriti, umiliati, uccisi da chi merita solo il peggio dall’avvenire. Ti odio, solo questo posso aggiungere”.
“Sì, offendimi pure, ma tu sei in trappola mia cara, io non ti lascerò fuggire via, mai, per nulla al mondo, starai per sempre al mio fianco e mi coprirai… Nessuno lo saprà tranne noi due, un incidente può capitare a volte, si sa, sarà il nostro piccolo segreto amore…”, stava esagerando, forse un po’ troppo, ma non dava peso a questo ormai, il piano era quasi riuscito.
“No. Mai e poi mai ti proteggerò. Dovrai marcire all’inferno, la pena che ti si addice non riesco a concepirla,  è troppo il dolore che mi sta lacerando. Vorrei solo morire, vorrei raggiungerli, sentirli ancora vicini, ovunque essi siano.
I corpi sono qui, immobili, freddi, vacui, ma i loro spiriti saranno lontani da questo luogo di morte e cattiveria, voleranno in alto dove io non potrò ormai arrivare”.
“Se vuoi arrivare da loro basta chiedere, Hermione. Ogni tuo desiderio è un ordine, come sempre… Non ci metterò molto a infliggere la punizione anche al tuo corpo. Se non ti amassi alla “follia” potrei anche ucciderti, sono un perfido bastardo, ma preferisco starti accanto in questa tua lancinante sofferenza. Avrai bisogno di un sostegno, di una spalla sulla quale piangere”.
“Basta! Smettila, maledetto!” e avvicinandosi ai corpi dei due ragazzi scorgeva il rosso sotto ai loro cadaveri, se ne sporcava le mani, li abbracciava disperata.
“Harry, Ron, non lasciatemi vi prego…”, ultimo disperato lamento.
“Non lo faremo Hermione, tranquilla, non lo faremo mai”, i due cadaveri stavano parlando, la giovane non sapeva come reagire mentre le figure si ergevano in piedi davanti a lei, sicuri, sorridenti, vivi.
Stava per crollare, chiusa nelle sue spalle osservava questa scena assurda.
“Il succo di pomodoro è perfetto per certi scherzetti! Draco è stato un attore meraviglioso e tu ci sei caduta come speravamo, il piano è perfettamente riuscito” e abbracciando Malfoy senza problema alcuno si complimentavano per la bravura innata del soggetto.
“Ti chiederai il perché di questa stravagante messa in scena. Potremmo sembrarti psicolabili, ma c’è sempre qualcosa dietro. Ci avevi molto trascurato signorina”, riprese Ron tranquillo, “Negli ultimi mesi il tuo solo pensiero fisso era lui, Draco, Draco e ancora Draco. Eravamo stati eclissati dalla stella dell’amore, la stella più luminosa della tua vita presente, lui.
E a noi non pensavi più, a malapena ci guardavi, ci degnavi di qualche discorso sconnesso intervallato da dolci pensieri sul tuo amato. Noi eravamo stanchi di tutto questo e ci siamo, come dire, ribellati.
Chiamaci pure pazzi, megalomani, eccentrici bisognosi d’attenzioni ma non potevamo più andare avanti così… Forse eravamo solo un po’, gelosi, ecco tutto”.
Ron balbettava ciò che aveva nel cuore nel silenzio agghiacciante avvolto dall’oscurità dove Hermione continuava a piangere.
 “E’ stato strano concepire quest’idea pressoché indecente, ma volevamo lanciarti un messaggio forte, che ti restasse dentro… Ci siamo anche noi, ci siamo stati prima di lui e sempre ci saremo, anche se lui dovesse andarsene un giorno, senza offesa Draco!”, e lanciando uno sguardo d’intesa al biondo Serpeverde, Harry si sentì più sereno.
“Non so cosa dire. Non so se ridere o piangere, vorrei strozzarvi istintivamente, vorrei uccidervi per davvero, ma mi limiterò ad essere razionale una volta di più”.
Respirava affannosamente ma riprese, fiera: “Potrei dirvi scusa, mi dispiace ma come avete potuto arrivare a questo? Non era possibile essere meno macabri, meno folli? Mi sarei uccisa per voi probabilmente, avrei dato la mia stessa vita per un attimo ancora con voi”, la Grifondoro singhiozzava, non si capacitava di quello che stava accadendo in quella buia stanza.
“Abbiamo provato a parlarti ma eri sempre sulle nuvole, Draco di qua, Draco di là, come sono belli i suoi occhi grigi, i capelli perfetti, il fisico statuario…”, Ron si stava dilungando.
“Bè, modestamente”, Draco si pavoneggiava senza ritegno dall’altro angolo della stanza.
“Scherzo di pessimo gusto il nostro, ma ti vogliamo troppo bene, non possiamo permetterci l’errore di perderti, di farti scivolare via dalle nostre vite, che Draco sia per un mese o per la vita noi saremo comunque qui e meritiamo qualcosa di più che semplici sguardi sfuggenti”.
Harry chiedeva perdono e presto l’avrebbe ottenuto.
In silenzio Hermione mosse i primi passi verso i due amici e sussurrò loro all’orecchio: “Scuse accettate, ma sia chiaro, mai più”, e riprendendo un po’ di colore li abbracciò più forte che mai.
“Ehm, scusate il disturbo, bel quadretto, tutto quello che volete, ma, scusa Mione, quella storia che io sono il re e che praticamente sono un fallito cronico, me la spieghi?” e sorridendo alla sua tenera fidanzata si unì all’abbraccio di gruppo e provò a dimenticare quelle parole così dure, così aspre, parole cattive, che lo avevano tanto ferito, frasi irrazionali, che si perderanno forse nelle notti dei tempi, parole cristallizzate nel suo cervello, parole così troppo vere.
 


Beta reader: Lucy Light
  
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