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Autore: Lady Aquaria    12/03/2013    4 recensioni
"La verità è che io faccio fatica a non pensarci, alla fine mi sono arreso. Ho smesso di provare a liberarmi un po' la testa ma non riesco perché lei c'è. C'è sempre. Con il suo sorriso e i suoi occhi, perfino col suo caratteraccio. E quando non c'è la cerco. La cerco in casa, a Rodorio, la cerco nelle canzoni dei Kiss che ho imparato ad apprezzare e dentro le frasi dei pochi libri che ha letto qui. E sai cosa? C'è ancora. E' ancora dappertutto. L'ho cacciata, ma non riesco a levarmela dalla testa."
E tutto questo, a partire da quel giorno al Goro-Ho.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 15
15.
Nothing's impossible.

 

How did we get to be this far apart? 
I want to be with you, something to share
 
I want to be near you, sometimes I care
 
Even the stars look brighter tonight
 
Nothing's impossible
 
I still believe in love at first sight
 
Nothing's impossible
 

[Depeche Mode – Nothing's impossible]



"A questo punto non so più che cosa pensare." ammise Mei a bassa voce, rivolta più a sé stessa che non a lui. "Troppe domande senza risposte."
Camus le diede il tempo di rifletterci su un attimo, quindi allungò una mano fino a sfiorarle una guancia, sperando che non si ritraesse.
"Se sei qui" azzardò "in fondo conosci già le risposte."
 
La prima parte della notte trascorse senza alcun intoppo, la lite era stata accantonata –solo momentaneamente; chissà perché qualcosa le diceva che il Gran Sacerdote non avrebbe mollato tanto facilmente l'osso- e Camus dormiva tranquillo, almeno a giudicare dal respiro regolare.
Lei invece, no: era stanca ed era stata spesso sul punto di addormentarsi, ma qualcosa l'aveva sempre tenuta sveglia.
Da quando era uscita dal tredicesimo tempio aveva il pensiero fisso su Ares e sugli altri abitanti del Santuario.
…nessuno mi ha obbligato a tornare in Cina e se in seguito l'ho fatto, l'ho fatto solo per te. Pensi forse che se fossi stato obbligato a fare qualcosa nei tuoi confronti ti avrei raccontato cose che nemmeno Milo conosce? Pensi che mi sarei permesso di provare qualcosa per te?
Probabilmente era davvero sincero, a quel punto dubitava seriamente che fosse capace di mentire e per certi versi aveva anche ragione, se non gli fosse importato nulla, non sarebbe ritornato in Cina dopo averla difesa durante l'intervento di DeathMask. E di certo non avrebbe insistito per chiarirsi con lei, poche ore prima.
Gli lanciò una breve occhiata, quindi si alzò dal letto badando bene a non svegliarlo e infilata una vestaglia, uscì dalla camera diretta in cucina: chissà, forse una tisana avrebbe contribuito a farla addormentare.
Attraversò il corridoio a testa bassa, lo sguardo rivolto al display del cellulare e al messaggino che Shunrei le aveva appena inviato –dimentica del fuso orario- senza notare lo stesso alone bluastro incrociato la sera precedente.
"Sto bene. Rassicura Shiryu, va tutto bene." rispose digitando velocemente sulla tastiera. Andava tutto bene, in fondo. Se gli avesse detto la verità, Shiryu avrebbe sicuramente frainteso e avrebbe sollevato il solito, inutile polverone, sicuramente l'ultima cosa della quale aveva bisogno in quel momento.
Riposto il cellulare in tasca, spillò dell'acqua bollente dal samovar accanto al microonde, aprì la credenza alla ricerca del barattolo ermetico intravisto la sera prima, contenente la tisana –alla malva, come indicava l'etichetta- e allungò la mano alla ricerca dell'infusore.
"Aïe! "
Un mormorio quasi indefinito che lei aveva a malapena sentito.
Stavolta, colta alla sprovvista, Mei sobbalzò borbottando qualcosa in cinese, lasciando cadere l'infusore nel lavello: corrugò la fronte, muovendo qualche passo fino al corridoio ed attraversando ancora l'alone.
"Mademoiselle, sono certo che esistano modi più… piacevoli di incontrarci, sapete?"
Mei si voltò ancora, confusa.
"Dietro di voi."
"Oddèi… mi dispiace." mormorò Mei.
L'aveva attraversato ancora,  e, poco ma sicuro, la cosa non doveva essere piacevole, per lui.
"Non mi avete recato alcun danno, sono io a chiedervi venia, vi ho spaventata."
Ah no, c’erano ben altre cose in grado di spaventarla, ma di certo non i fantasmi.
Impiegò comunque qualche secondo per calmarsi e prendere fiato; solo allora riuscì ad alzare lo sguardo sull'alone blu che aveva davanti.
"Non è niente, sono abituata a cose peggiori." rispose, tentando di minimizzare –come dimenticarsi dello spettro maligno che aveva infestato la casa di sua cugina? Quello sì era stato tremendo.- "A dire il vero, per un attimo ho pensato a uno scherzo di dubbio gusto operato da una certa persona alla quarta casa che si diverte a giocare con gli spiriti." Mei trasse quindi un gran respiro. "Non fate caso alle mie parole. Voi dovete essere chi penso, comunque."
L'entità iniziò ad acquistare pian piano un aspetto più definito, mostrandosi per com'era realmente: un giovane uomo con abiti d'altri tempi, un volto regale e occhi luminosi e attenti. Degél, l'uomo del ritratto, il predecessore di Camus.
Dohko le aveva parlato spesso di lui, l'uomo che era deceduto ad Atlantide: un guerriero talvolta freddo ma di gran cuore, prezioso amico e alleato. Per molti aspetti le ricordava il suo successore, tuttavia non riusciva a comprendere del tutto quello strano alone triste che avvertiva in lui nonostante le informazioni ricevute da Dohko.
S'inchinò rispettosamente, emozionata."Oh, come immaginavo. Siete il Maestro Degél." disse, pronunciando il suo nome con un misto di ammirazione e profondo rispetto.
L'uomo chinò appena la testa in risposta al suo saluto.
"Ho deluso le vostre aspettative?" replicò Degél.
Sorrise appena.
"No, certo. Sono onorata di fare la vostra conoscenza. Ho sentito tanto parlare di voi."
 
*
 
Davanti alla quarta casa DeathMask s'accese una sigaretta, volgendo lo sguardo verso l'undicesima e sbuffando sonoramente.
Non era insolita la comparsa degli spiriti dei precedenti Saint d'Oro, spesso non si facevano nemmeno sentire e non creavano problemi, ma sapere che qualcun altro oltre lui al Santuario era in grado di sentirli e contattarli poteva costituire una bella gatta da pelare: solo gli Dei sapevano che cosa Mei e lo spettro si stavano dicendo, ma ormai era troppo tardi per tornare da Ares e fargli notare quel nuovo dettaglio.
E poi, con almeno tre parigrado dalla parte della ragazza –quattro, si corresse, pensando all'interesse che Aphrodite aveva mostrato nei confronti della cinese- era in netta minoranza. Meglio tacere e pensare al da farsi da solo e senza l'intervento di nessuno.
"Ti tengo d'occhio, picciotta." pensò a voce alta, espirando poco dopo una nuvola di fumo. Avrebbe fatto di tutto per scoprire quanti più dettagli poteva sulla sua vita e su ciò che combinava con Aquarius.
"Chi tieni d'occhio?"
Death guardò Aphrodite, poco distante da lui –di ritorno da una missione, di sicuro- e aspirò una lunga boccata prima di decidersi a rispondere.
"Niente, nessuno." rispose, facendo spallucce.
L'altro si massaggiò il collo, spossato.
"Per il momento farò finta di niente, Tore. Adesso sono stanco, ma domattina ne riparleremo, d'accordo?"
Death gettò a terra la sigaretta e la spense col tacco.
"Come ti pare, cumpà."
"Bene. Vedi di non combinare disastri fino a domani. Ne sei capace, sì?"
"Sì, mammina." replicò Death, prima di rientrare in casa.
"Farò finta di non aver sentito." disse Aphrodite, scuotendo la testa.
 
*
 
"Perdonate la mia audacia, ma sono curioso di conoscere il motivo che ha spinto una fanciulla giovane come voi a stabilirsi in un posto come questo." domandò Degél.
Sulle prime si era guardato intorno, concentrandosi sulla stanza e osservando incuriosito molti oggetti, spiegandole subito dopo che di solito abitava nell'ultima stanza in fondo alla casa, quella che Camus usava a mo' di studio e che aveva osato spostarsi solo per poterle parlare.
"Mi spiego meglio. A parte le ancelle, nessuna donna ha mai abitato queste stanze. Potete non rispondermi o rimettermi a posto a male parole, se  vi sentite offesa."
Probabilmente sì, era stato troppo audace, pensò Degél, ma era curioso: anche se l'avvento di quella che il suo successore e i suoi compagni chiamavano tecnologia aveva migliorato la qualità della vita del Santuario, rimaneva pur sempre un luogo inospitale per una fanciulla non abituata agli usi del luogo.
Mei sorrise.
"Non mi avete offesa."
Giustamente quella era casa sua, da qualche anno conviveva con un uomo e di colpo ecco che si aggiungeva una donna.
Ovviamente voleva saperne di più. Dopotutto era pur sempre un uomo del diciottesimo secolo, un periodo nel quale il rapporto tra uomini e donne era completamente diverso e dove era assolutamente impensabile una convivenza tra due persone al di fuori di un regolare matrimonio.
Degél interruppe il suo flusso di pensieri dopo aver qualche istante.
"Desolato, devo contraddirvi. A differenza di molti altri non sono come pensate. I tempi sono cambiati e lo capisco bene."
"Prego?" replicò Mei, corrugando la fronte.
"Nulla di così grave." minimizzò Degél. "Ad ogni modo dovrei parlarvi. Avete del tempo da dedicarmi?"
 
**
 
Camus si levò a sedere e si guardò intorno, cercando di mettere a fuoco la stanza con la poca luce offerta dalle primissime ore del giorno e si accorse di essere da solo; sospirò cercando alla cieca qualcosa da mettersi addosso, quindi uscì dalla camera.
"Mei?" l'aveva sentita borbottare qualcosa riguardo a una tisana –ma quanto tempo prima?- e poi, più nulla. "Mei, ci sei ancora?"
Non la trovò in cucina come aveva immaginato, ma nel piccolo salottino, raggomitolata in poltrona, addormentata.
Degél arretrò, lasciando spazio al suo successore, che si era accovacciato di fronte alla ragazza.
Li guardò un po' prima di lasciarsi sfuggire un lieve sorriso amaro, ripensando a sé e a Seraphina.
"…che ore sono?" biascicò Mei.
"Uhm… sta albeggiando e… hai trascorso qui tutta la notte."
Lei mise giù le gambe, raddrizzandosi e facendo una smorfia dopo aver mosso la testa e Camus toccò la tazza con l'acqua.
"Questa ormai è fredda."
"…ovviamente, Cam. Stavo per prepararla quando Degél è…" replicò Mei, interrompendosi.
"Quando Degél è…?" ripeté. "Beh, continua. Che è successo con Degél, ci hai parlato?"
"Prima di risponderti, è una domanda seria la tua, o è sarcastica?"
Camus si strofinò le tempie, sospirando.
"Santi numi, perché ti metti sempre sulla difensiva? Lo capiresti se fossi sarcastico, credimi! Chiedi a Milo come mi comporto quando lo divento." replicò. "Allora… dici che c'è il suo spirito qui… prima non parlavi certo da sola."
Mei si strinse di più nella vestaglia, indecisa.
"Sì. Anche se… parlare non è il termine più adatto, considerato che ho parlato più io di lui."
Camus annuì.
"Immagino."
"Ricorda te, per certi versi. Siete simili in molte cose… Dohko dice spesso che parte dei vostri predecessori vivono in voi."
Stavolta Camus storse la bocca.
"Simili? Magari. Vorrei possedere un decimo della conoscenza che possedeva Degél. Al suo confronto sono ignorante." rispose. "Ha tutt'ora la fama di essere uno degli uomini più sapienti del Santuario. Io m'intendo di fisica e di qualcos'altro, ma da qui a essere simile a lui…"
Mei guardò oltre le sue spalle e sorrise. I fantasmi non potevano arrossire, ma se avesse potuto, Degél l'avrebbe fatto, se lo sentiva: serio o no, sarebbe arrossito.
Camus seguì il suo sguardo e corrugò la fronte.
"Si trova qui, ora?" le domandò.
Mei annuì, indicandogli la porta.
"Non può vedermi." le disse Degél.
"Non ti offendi, vero, se ti dico che non lo vedo?" disse Camus, subito dopo.
Lei agitò la mano, come per minimizzare la cosa.
"Non ci credi, perciò non lo vedi."
"Uh, d'accordo. Di che cosa avete parlato, se non sono indiscreto?"
Degél aveva parlato poco, come aveva detto prima. Non doveva mai essere stato uno di troppe parole, ma quelle poche le avevano fatto comprendere diverse cose che lei, ostinatamente, non aveva voluto capire su Camus, sul Santuario. Persino su sé stessa e su loro due.
Camus forse non era stato troppo gentile con lei davanti al Grande Sacerdote, ma non l'aveva fatto con cattiveria, solo per sviare l'attenzione da lei.
"Le scelte di un uomo non sono mai facili, a maggior ragione se è un Saint di Athena." le aveva detto a un certo punto. "Voi non avete mai fronteggiato una scelta impegnativa?"
Bisognava anzitutto definire meglio il concetto di impegnativo.
"Credo di aver compreso i dubbi che vi assillano, mademoiselle, vi osservo da tempo. Tuttavia dovete considerare che persone come me e come il mio successore non sempre possono comportarsi come desiderano. Talvolta siamo obbligati ad indossare certe… maschere, anche se non vogliamo." aveva cercato di farle capire. "Siamo in noi quando siamo al sicuro nel nostro focolare e dobbiamo essere diversi quando l'occasione lo richiede. Quest'oggi Camus è stato obbligato a essere diverso."
C'era stato un momento, però, in cui aveva stentato a riconoscere in Camus lo stesso ragazzo che aveva conosciuto in Cina: al tredicesimo tempio Camus aveva come smesso i panni umani per indossare quelli del guerriero freddo, razionale e controllato.
"Credetemi, lo conosco da quando era poco più che un fanciullo. Non vi addolorerebbe intenzionalmente per nessuna ragione."
Mei aveva annuito.
"Ma è un guerriero e deve comportarsi come tale."
"Doveva fartelo capire Degél?" domandò infine Camus, dopo aver ascoltato pazientemente tutto il racconto di Mei. "Devo mantenere due distinti comportamenti: quello pubblico e quello privato. Quando sono Aquarius devo comportarmi come si addice a un guerriero dei ghiacci, quando sono Camus lascio Aquarius fuori dalla porta… per questo sono stato freddo, oggi. Tutto qui. Cerca di capirmi, non posso agire come un uomo qualunque."
Annuì di nuovo, mentre vide Degél sorridere e annuire appena, prima di lasciarli soli.
Camus si guardò intorno.
"Lui è ancora qui?"
"No."
"E… ehm… lui di solito non compare anche in camera, giusto?" domandò, facendola ridacchiare.
"Ma no. Di solito vive nel tuo studio, che ai suoi tempi era la sua camera. Non spia nessuno, tranquillo."
Si sporse fino a parlarle nell'orecchio.
"Menomale. Perché ho intenzione di fare qualcosa con te che potrebbe scandalizzarlo."
 
*
 
Milo guardò l'orologio per l'ennesima volta –mezzogiorno meno un quarto- e si stupì di nuovo per l'insolito ritardo di Camus: di solito a quell'ora avevano già terminato tre belle ore di allenamento.
"Camus è di nuovo in ritardo eh?" domandò Aphrodite, cogliendolo di sorpresa.
Milo sobbalzò e si guardò intorno prima di squadrare l'amico.
"Accidenti a te Aphrodite, devi smetterla di spuntare alle spalle della gente!" sbraitò. "Da dove salti fuori?"
"Ero giù nell'arena." rispose Aphrodite. "Dicevo… Camus è di nuovo in ritardo? Lo aspetti da tanto?"
"Mh." gli rispose. "Sono passato stamattina con le baklava ed era chiuso in casa. Sono passato mezz'ora fa con le spanakopita ed è ancora a casa."
Aphrodite gettò un'occhiata verso l'interno dell'undicesima casa e ridacchiò.
"Con una bella fanciulla per le mani, starei chiuso in casa anche io." replicò. Gl'indicò il sacchetto che aveva posato accanto a sé con un cenno. "Provengono dal solito fornaio di Rodorio?"
"Certo che sì. La moglie del fornaio mi conosce da quando ero un tenero e coccoloso batuffolino e spesso mi regala dei pezzi di focaccia." rispose Milo.
"Tenero e coccoloso batuffolino?  Non farmi ridere e spara meno sciocchezze, ti prego." ribatté Aphrodite, afferrando il sacchetto e accorgendosi che era vuoto. "Dov'è finita la spanakopita?"
"Al sicuro."
"…?"
Milo si massaggiò lo stomaco.
"Qui." rispose.
Aphrodite sbirciò l'etichetta adesiva sul sacchetto e sgranò gli occhi.
"Un chilo? Hai spazzolato un chilo di spanakopita da solo?"
"A-ha. E un vasetto di yogurt e miele." replicò Milo.
"Perdiana, sei un pozzo senza fondo. Se io mangiassi con la tua stessa voracità sarei un barile." disse Aphrodite. "Oh, god dag!" [Buongiorno]
"Bonjour." salutò Camus. "Ça va? "
Milo alzò lo sguardo sull'amico e su Mei subito dietro di lui e sorrise sornione: entrambi parevano stanchi e appena usciti dalla galleria del vento.
"Dormito male?"
"Più o meno." rispose Mei. Prima il fantasma di Degél, poi Camus… dormire era stato impossibile.
"Dormito? Secondo te han la faccia di due che hanno dormito?" ridacchiò Aphrodite.
"Era una domanda retorica infatti." annuì Milo. "Allora?"
"Allora cosa? Vuoi anche sapere i particolari?" domandò Camus.
"No, non è il caso." interloquì Aphrodite. "Ogni tanto sarebbe bene farsi gli affari propri, Milo."
Sogghignando, Milo guardò ancora i due, intravedendo qualcosa tra i capelli di Mei.
"Sì, certo." rispose, togliendo qualche filo d'erba rimasto impigliato nella chioma della ragazza. "Affari vostri, naturalmente. Vi va di uscire per pranzo o preferite restare chiusi in casa? Sapete, non si può campare di solo amore." replicò Milo. Guardò Mei rientrare in casa per riassettarsi e assestò un amichevole pugno sulla spalla di Camus. "Devo dedurre che avete fatto pace?"
"Sì." rispose Camus, a bassa voce. Con un… piccolo aiuto esterno, ma avevano accantonato la questione. Decise però di non dire a nessuno del fantasma, troppe cose da spiegare e troppa poca voglia per farlo. "Sì, tutto a posto."
Almeno lo sperava.

***
Lady Aquaria's corner
[Capitolo revisionato in data 8 maggio 2015]
Allora, è trascorso un po' dall'ultimo capitolo, ma ci ho pensato su parecchio prima di pubblicarlo, per via della presenza di Degél, personaggio che apprezzo moltissimo ma che non ho ancora imparato a giostrare al meglio.
-Aïe! è un'esclamazione tipica, equivalente di Ahi!
-Baklava: è un dessert ricchissimo di zucchero, frutta secca e miele molto popolare in Turchia e in quasi tutte le cucine arabe e balcaniche.
-Spanakopita: snack / antipasto salato che assomiglia vagamente alla torta pasqualina, naturalmente prevede la feta e diversi ingredienti, ma il risultato ci assomiglia molto.
-God Dag: buongiorno, in svedese.
Alla prossima!

Lady Aquaria

   
 
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